recensione di Mariarosa Mancuso a "Person of interest"
Si potranno - e si vorranno ancora - dire le bugie, tra Facebook e Twitter? Anche la verità ha i suoi rischi: i malcapitati che sperano nel segreto della mail aziendale per lamentarsi dei capi finiscono per pagarla cara. Il navigatore a bordo dell'auto ricorda l'ultimo percorso impostato (Roman Polanski ne ha usato uno nella trama spionistica di L’uomo nell'ombra).
Le telecamere di sorveglianza ronzano ovunque. Le immagini registrate da Google Maps fanno protestare per l'invasione della privacy.
Siamo sotto controllo, in molti casi felici di collaborare. Tranne far scattare l'indignazione davanti a un film come Minority Report. Viene da una storia di Philip Dick, che già negli anni Cinquanta vedeva lontano. Per fare un paragone: gli scrittori di fantascienza a lui contemporanei erano convinti che nel futuro ci saremmo nutriti di pillole, e invece siamo tra il chilometro zero e l'onnipresenza dei libri di cucina. Diretto da Steven Spielberg nel 2002, raccontava una società futura, piuttosto totalitaria, dove i crimini venivano sventati prima di essere commessi. E pazienza per il libero arbitrio.
Il futuro è già qui in Person of Interest, la nuova serie di J.J. Abrams (che, dopo Lost e il prequel di Star Trek, è sotto l'attenta osservazione nostra, e di chiunque abbia la passione per le belle storie). Il miliardario Harold Finch (Michael Emerson) ha costruito una macchina antiterrorismo, capace di intercettare immagini e conversazioni.
Oltre ai terroristi, il cervellone segnala le persone che saranno coinvolte in un crimine.
Senza distinguere fra carnefici e vittime. Un senzatetto, in realtà un ex agente della Cia che tutti credono morto, si incarica della sorveglianza e della prevenzione. L'attore è Jim Caviezel, fustigato e crocefisso nella Passione di Mel Gibson.
Torna la domanda di Watchmen: «Chi sta di guardia ai guardiani?», E se i guardiani, in fondo, siamo tutti noi, bugie e privacy dove finiranno? Non è compito di una serie tv risolvere la questione. Ma quel po’ di inquietudine ce la fa guardare con più gusto.
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