Caccia alle streghe: fiction di donne tra miti e ingiustizie
di Stefania Ulivi
«Abbiamo tutte una forza, dobbiamo solo saperla riconoscere e indirizzare». Sta in questa frase, pronunciata da una delle protagoniste - accusata di stregoneria come le altre donne della misteriosa comunità dedita alla scienze e alle arti al centro della storia - il senso di Luna nera, serie fantasy ambientata nel XVII secolo prodotta da Fandango, la terza in Italia per Netflix, la prima ideata, scritta e diretta da un team di donne. Francesca Comencini, Susanna Nicchiarelli, Paola Randi alla regia. Francesca Manieri, Laura Paolucci e Tiziana Triana (autrice della trilogia su cui è basata, in uscita da novembre per Sonzogno) con Vanessa Picciarelli, per soggetto e sceneggiatura.
Le streghe son tornate e hanno intenzione di restare. «Da tempo - racconta Francesca Comencini dal set a Cinecittà, dove è stata costruita la casa delle streghe zeppa di libri, alambicchi, sfere, strumenti di misurazione e una stanza delle meraviglie - volevo raccontare la soggettività dal punto di vista femminile.
Questo è un maldestro e terroso fantasy, ma non c'è niente più di magico della realtà, soprattutto di quella di cui sono protagoniste le donne in momenti fondamentali come il venire al mondo o lasciarlo». Sei le puntate previste, sedici settimane di riprese, appena terminate. Sarà su Netflix da inizi 2020.
Personaggio chiave è la sedicenne Ade (Antonia Fotaras, già ne Il nome della rosa, Mentre ero via, Il primo re), levatrice, costretta a fuggire dal suo villaggio dopo la morte di un neonato, accusata di stregoneria. Troverà riparo nella comunità di donne nascosta nel bosco al limitare dal villaggio di Serra. L'incontro con Pietro (Giorgio Belli, al suo esordio), il figlio di Sante, il capo dei Benandanti, i cacciatori di streghe sostenuti dalla Chiesa, metterà tutto in discussione.
Gli ingredienti per una saga ci sono tutti: mitologia, amore, scontri di potere, ragione, sentimento, ideologia. Materiale, spiega Felipe Tewes a nome di Netflix, in linea con l'ambizione della piattaforma: «Proporre grandi storie raccontate da voci nuove e fresche». L'Italia, aggiunge Domenico Procacci, Fandango, «è ricca di storie e cultura cui pescano tutti. Vogliamo raccontare noi questo immaginario: 1’Inquisizione è roba nostra, anche le streghe».
L'ambizione, in verità, è fare di più. «Ribaltare il punto di vista del racconto, mostrare corpi femminili con libertà, non misurazione della loro bellezza. E ribaltare l'idea di debolezza femminile su cui è costruita la società. Serve un punto di vista femminile e femminista», rilancia Comencini. «La caccia alle streghe non è raccontata nei libri.
Ma il concetto è conosciuto: è la reazione di una comunità impaurita; aggressiva e odiante, che perseguita qualcuno per cioè che è e non per quello che ha fatto. I riferimenti con il presente sono evidenti.
Torna al passato Nicchiarelli: «La persecuzione delle streghe è stata una strage durata secoli. La forza del nostro racconto è mettere in scena il riscatto di queste donne. Non vittime della storia ma protagoniste: combattono unite e riescono a liberare le altre». Un progetto «rivoluzionario» secondo Paola Randi: «Un team creativo completamente femminile non si era mai visto in Italia».
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