George R.R. Martin tre secoli prima del Trono di spade
di Massimo Gaggi
Ai suoi milioni di fan impazienti promette di chiudersi in una baita sui monti per completare Winds of Winter, l'attesissimo penultimo volume della saga delle Cronache del ghiaccio e del fuoco dal quale Hbo ha tratto Il Trono di Spade, il programma di maggior successo della storia televisiva mondiale, trasmesso in 170 Paesi. Intanto, però, George R. R. Martin offre al pubblico un altro racconto, Fuoco e sangue, scritto con lo stile della letteratura storica popolare. In un incontro con il «Corriere» e con alcune altre testate internazionali nel giorno dell'uscita del romanzo (pubblicato in Italia da Mondadori, traduzione di Edoardo Rialti), l'autore, vestito di nero e col solito berretto da portuale, accetta di rispondere a domande sulla sua opera, la tecnica narrativa, le metafore, le sue visioni politiche e anche dell'infanzia nelle case popolari di Bayonne, un porto del New Jersey affacciato sull'Hudson, di fronte a New York.
Il «Corriere» gli chiede delle sue origini italiane e lui racconta che, effettivamente, il cognome del nonno era Massacola, immigrati italiani, ma poi gioca subito a creare un po’ di mistero: «Ho indagato sui miei antenati e dato il mio Dna. Non posso dire nulla perché su questo è stata costruita una puntata della nuova serie televisiva di Find Your Roots (trasmissione Usa che risale l’albero genealogico dì personaggi celebri, ndr) che andrà in onda a gennaio. Ma ho avuto due grosse sorprese: non sono chi credevo».
In ogni caso queste umili origini hanno fatto di lui uno scrittore di fantasy molto diverso da Tolkien, anche se ammette di ammirare e di essersi ispirato all'autore del Signore degli anelli. "Ma lui era un erudito, io il figlio di uno scaricatore di porto; lui un monarchico coi suoi re saggi, io sono affascinato dal Medioevo, dai re e dai lord, ma non sono un nostalgico. Come Tolkien spargo nei miei racconti indizi e misteri che costringono i lettori a riflettere per risolvere l'enigma o, almeno, costruirci intorno una teoria plausibile. Una spinta a pensare, immaginare, interrogarsi. Ma i miei personaggi sono diversi, dilaniati da dubbi e passioni. Bene e male non sono nettamente separati: come nella vita, ci sono malvagi che poi diventano buoni re ed eroi che si rivelano incapaci di governare".
Tutti attendono Winds of Winter per sapere come si concluderà la feroce battaglia per la conquista dei Sette Regni di Westeros, il continente occidentale, ma, con un improvviso balzo indietro di 300 anni e uno stile di scrittura diverso, da storico, Martin serve al suo pubblico Fuoco e sangue: il racconto dell'ascesa e della rovina della dinastia dei Targaryen nei secoli che precedono gli eventi del Trono di Spade.
Una cavalcata che copre un secolo e mezzo.
Seguirà, tra qualche anno, un secondo volume. Storia ricca, destinata ad alimentare nuovi filoni narrativi, ma pur sempre un prequel. Perché? L'autore spiega la fatica di scrivere Winds of Winter - opera molto complessa che contiene 12 storie intrecciate tra loro - e molto altro, come i riferimenti ambientalisti nella minaccia che incombe oltre la barriera che divide Westeros dal grande Nord, nell'ampia intervista che uscirà domenica 25 sul nostro supplemento «la Lettura».
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