Spazio 1999
di Ignazio Arena e Angelo Gramaglia
ERAN TRECENTO, ERAN GIOVANI E FORTI, E...
13 settembre 1999: meno di due anni prima della famosa odissea di Stanley Kubrick, nel futuro secondo G. & S. Anderson ne comincia un'altra. Possiamo tirare il fiato ancora per un pò il disastro ecologico è rinviato di ventidue anni. Le scorie nucleari di cui la Luna è stata imbottita nel corso di tutti questi anni, esplodono nelle mani, o meglio, tra le basi lunari dell’umanità.
La Luna, scioccata dal botto inaudito, dimentica la sua orbita abituale e prende a gironzolare per gli spazi siderali.
La ballata spaziale comincia, innescata dall’immancabile tragedia nucleare. Purtroppo, a bordo della Luna rimangono gli eroi delle trasmissioni: trecento fra. uomini e donne, intrappolati in una base, tentativo malriuscito d’incrocio tra un' bunker atomico ed un sofisticato ospedale nordamericano. Questi ex-guardiani di scorie sono talmente efficienti da essere attrezzati di tutto punto e perfettamente equipaggiati per una grottesca crociera, talmente imprevista, nelle zone più pittoresche del cosmo. Superato un primo sbalordimento per aver constatato che i lunari sono ancora vivi, vediamo in che mondo si muovono.
Cerchiamo di capire in quale degli infiniti universi paralleli si situi la vicenda di Spazio 1999; non certo in uno di quelli (infiniti) in cui vigono le leggi di Keplero: la Luna, invece di, essere attratta dagli altri corpi celesti e trovare un altro partner con cui legarsi per l'eternità, tira dritto per una rotta che la porta nelle vicinanze di un pianeta per puntata. Così come non si svolge in uno di quegli altri (sempre infiniti) in cui sono valide le leggi della relatività per cui la velocità della luce non può essere superata: la Luna, per poter essere puntuale agli appuntamenti dei telespettatori con i pianeti abitati, deve fare delle maratone cosmiche e sfrecciare a velocità impensabili durante la settimana.
Base Luna trascorre la sua esistenza in uno degli sterminati universi a puntate di Pinewood, dove, come é noto, sì fanno le cose in grande. Ne succedono di tutti i colori e in ogni puntata i fuochi d’artificio non mancano davvero. Invece della solita astronave a viaggiare per i mondi infiniti ti ci mandano In Luna in persona, e al posto di un paio di umani alla conquista del creato parte una folla intera di ben trecento fra uomini e donne.
Ma il fatto di aver scelto il nostro povero satellite, compagno di milioni di anni di tribolazioni terrestri, come astronave, non è che il primo passo falso nella meqalomania dei realizzatori.
Umani, troppo umani.
Da che mondo è mondo sull'aspetto dell'universo si sono state fatte innumerevoli ipotesi; ma quella che ci mostrano gli Anderson non corrisponde a nessuna di queste, né alle più accreditate né tanto meno alle più sballate. Ad ogni pié spaziale sospinto salta fuori un umanoide a fare la parte dell'alieno.
La più elementare delle logiche vorrebbe che non tutti i pianeti toccati dalla Luna vagabonda siano abitati: invece è proprio il contrario! Di più: anche se abitati non è detto che lo siano da esseri altamente tecnologizzati in possesso di sofisticate astronavi con cui ingaggiare furibonde battaglie navali con i nomadi terrestri. Ed invece è proprio ciò che accade quasi ogni volta sullo schermo!
Per esigenze di cast si esibiscono ad ogni puntata, non che sappiamo, ragni evoluti o esseri ameboidi o comunque mostruosi (leggi alieni), ma invece un campionario di umani alienati o belle amazzoni o saggi santoni o geni del male: tutte varianti di luoghi comuni della peggior specie.
E pensare che qualche sagittario o pseudo-capronide sarebbe bastato a dare una veste di credibilità agli storici incontri-scontri fra le varie progenie!
È un palese errore di fondo, comune del resto anche al precedente esordio degli Anderson, la serie "UFO". In Shadow ci si era limitati a far portare a quei ragazzini che dovevano interpretare i pericolosi alieni, delle lenti a contatto così da dar loro uno sguardo con bianche pupille. Stavolta non si è andati più in là di qualche blando camuffamento. Tatuaggi, visi dipinti, cervelli sovrabbondanti per gli intelligentoni, qualche abbigliamento modello Atlantide per i più esotici.
Non passa neppure lontanamente per la testa. agli efferati ideatori che il caso più improbabile negli spazi infiniti è proprio quello che su un pianeta si sia evoluta una specie intelligente di aspetto simile o uguale al nostro. Già sarebbe probabilità assai remota che tale specie fosse caratterizzata da un aspetto eretto, fosse quadrumane, avesse un capo, una sola bocca, un paio di occhi, di orecchi ed un naso. Ma ammettiamolo. Tuttavia non vediamo ancora perché dovrebbe avere delle mani e non un altro tipo di arti, capelli e non squame e cosi via.
Niente di tutto questo in Spazio 1999. Un ingenuo che digiuno di esobiologia prendesse per oro colato la prospettiva che viene offerta sui teleschermi potrebbe candidamente pensare che l'universo sia pieno di Umanità, di Razza Bianca, a vari stadi di cultura, tutti con splendide astronavi e un mucchio di problemi per conto loro. Perché dunque sprecare tanti soldi e tante energie per andare a conoscerli, consolarli, e combatterli?
Il bello è che questi "alieni alienati" non si mostrano affatto sorpresi di incontrare bellicosi terrestri a cavallo di una Luna (che lusso: altro che astronavi, noi arriviamo a bordo di interi satelliti naturali. Il solito imperialismo proiettato negli spazi siderali), ma cominciamo subito in virtù di chissà quale potere paranormale a conversare più o meno amabilmente con i nuovi venuti in perfetto inglese. Lo sappiamo benissimo, è la logica che si piega in modo di produzione dell’universo di Pinewood.
Allora è vero! Ancor prima che arrivino gli anglosassoni uomini d’azione, negli spazi celesti la lingua ufficiale è quella inglese. Non stupisca lo spettatore che tutti gli esseri umani e non umani che nel corso delle varie puntate visitano o vengono visitati dai nostri eroi amino esprimersi in corretto idioma britannico. Per poco evoluto che sia ogni bizzarro abitatore del cosmo quando esce dalla propria scatoletta non può che esprimersi nella lingua che fu di Shakespeare e di Lord Byron! Il non farlo, il non parlare lingue terrestri o non parlare affatto (cosa che sarebbe certo più naturale e meno ridicola), sarebbe grave segno di diseducazione e soprattutto impedirebbe agli scortesi alieni di intavolare frenetiche trattative da un quartier generale all'altro.
Le vie dell'imbecillità sono infinite. Davvero!
Se non ne siete convinti prendete un attimo in considerazione il problema degli attacchi, tra astronavi umane e astronavi aliene in volo. Se l’attacco (o l'attracco) non funziona, l'incontro non avviene. Ma queste cose non sono permesse ai Pinewood: lo spettacolo deve andare avanti senza intralci. E allora, tanto vale facilitarlo: perfette comunicazioni audiovisive tra apparecchiature che nulla, secondo logica, dovrebbero avere in comune, incastri riuscitissimi negli incontri cosmici di astronavi… eccetera eccetera accetera. Così come per gli esseri, i problemi di incomunicabilità non sembrano sfiorare le macchine protagoniste della serie.
Che L'Unificazione Universale sia già' in atto?
Un'utopia chiamata Base Luna.
Veniamo alle contraddizioni interne. Scrutiamo nel falansterio spaziale che, errabondo per l’universo, perseguita immancabilmente ogni alienità che incontri. Ma non lo fa apposta: dalla sua ha le migliori intenzioni e la disperata volontà di sopravvivere per poter trovare un giorno una nuova Arcadia.
Base Alfa è organizzata secondo rigidi schemi piramidali e nel gradino più basso ci sono gli attori che non fanno altro che cadere al momento opportuno o farsi male quando meno se ne avrebbe bisogno o farsi ricoverare all’ospedale proprio quando le disponibilità di energia per Base Luna sono ridotte al minimo, giusto per creare problemi di coscienza al direttore dell'ospedale in contrapposizione al comandante di turno.
In un gradino più alto dell'organizzazione, ci sono gli attori che, di puntata in puntata, assumono il compito di rappresentare l'equipaggio. A causa della brevità delle loro apparizioni (un singolo episodio su ventiquattro), per non creare complicazioni agli ideatori della serie, o paradossi spaziali involontari nelle puntate successive, vengono posti sotto l'effetto di influssi alieni, e dunque non può capitar loro che una giusta e brutta fine.
Andiamo ancora più su nella scala sociale: chi troviamo?
Quelli che una brutta fine non la faranno mai: personaggi che pur non svolgendo un ruolo decisionale, per la loro competenza tecnica e professionale appaiono sugli schermi ad ogni puntata: gli Indispensabili. C’è, ad esempio, il terminal umano del calcolatore di bordo, certo Kanu; c’è Sandra, addetta alle comunicazioni (non ci è mai stato dato di sapere il suo cognome: sarà un caso?); c’è Paul, che pare abbia una relazione con Sandra, ma anche qui, come vedremo poi per il comandante, la cosa è lasciata tutta all’intuizione degli spettatori; c’è Alan, il Pilota per eccellenza delle Aquile (incidentalmente, tutti i membri di Base Luna sono in grado di pilotare i loro mezzi astronavali), che più corrisponde allo stereotipo di "uomo d'azione".
Ma passiamo agli eroi, ai Veri Eroi. Primo fra tutti, il comandante: John tanto per essere americani, e Konig che ha un vago sapore stellare. Riassume in sé il prototipo dell’"homo perfectus", bello quanto basta, atletico a sufficienza, è l'uomo giusto per eccellenza. Maneggia bottoni, astronavi e belle extraterrestri con la stessa sicurezza: ma dal suo volto non traspare mai alcun sentimento.
A ben guardare, nello sguardo allucinato di Martin Landau che dalla tolda di questa nuova odissea tira le fila del gioco, si scorge soltanto un fantoccio disincantato che guarda all'universo ancora con fare ingenuo.
Accanto alla personificazione del potere, le scienze pure ed applicate stanno a guardare ambigue ancelle consigliere.
Victor Bergman, scienziato unico, filosofo e fabbricante di teorie inesatte a giustificazione degli strani fatti che accadono dentro e fuori Base Alfa, esula finalmente dal tipo classico dello scienziato pazzo. Le situazioni di pericolo, ed i disastri cosmici, lo inducono ad indagare sulle solite quanto inutili domande attorno alle origini e ai destini umani, ma il suo empirismo non gli offre che risposte malferme.
La scienza applicata si chiama Helen Russell, la super dottoressa che ha scambiato la Luna per un grosso ospedale. Chiamata (e lo si vede) a compiti superiori alle proprie possibilità, Barbara Bain appare nella serie come la più impacciata fra gli attori.
Il ricorrente sfondo medico o para-medico negli episodi della serie fa sorgere il sospetto che l’enorme ondata di telefilm ospedalieri d’oltreoceano abbia negativamente influenzato la sanità degli uomini del futuro.
Ecco dunque il direttorio che comanda tutte le baracche di Base Lunare Alfa: Helen Russell, la dottoressa-capo; Victor Bergman, scienziato-capo, e infine John Konig, più semplicemente capo (non sappiamo ancora dopo ventiquattro episodi, quale sia la sua specializzazione). È un terzetto carismatico che vorrebbe dare l'idea di essere perfettamente affiatato. Ma il prezzo della sua efficienza sono interminabili discussioni.
Basta un qualsiasi pianeta alieno per metterlo in crisi per gran parte di ogni episodio; per fortuna poi arriva il finale ed ogni cosa torna al suo posto.
Parecchie puntate hanno la pretenziosità di avere le caratteristiche di una vicenda gialla: c'è l'enigma da risolvere, il virus da debellare. Tutto parte da un delitto, o da una violazione di una legge (terrestre o cosmica che sia). A lottare contro l'ignoto è il solito gruppetto sparuto di investigatori del quartier generale, coadiuvato da alcuni ausiliari.
Tutti gli altri, la maggioranza su Base Luna, non contano. Già irretiti dalla Sorveglianza, subiscono alterne vicende, senza un gesto di ribellione: la massa delega, subisce, urla, e cade.
Di problemi spiccioli non si parla: niente cibo, niente sesso, la prosaicità non alberga a Base Luna.
Tanto per non sfatare il luogo comune degli astronauti come persone umanamente fredde, non ci è mai dato di vedere il comandante scambiare con Helen un bacio: non si va mai al di là del fuggevole abbraccio, e sempre in contesti tragici. Eppure lo si intuisce dalle fuggevoli frasi che raramente sentiamo a questo riguardo, i due si vogliono bene: sono legati da un sentimento che gli abissi cosmici non fanno che incoraggiare. Ma è sempre la donna angelo che si rifugia nelle braccia del guerriero di fronte al pericolo. Lo stesso dicasi per gli altri membri dell’equipaggio.
Base Luna rinasce!
Arricchita dalle esperienze compiute, temprata dagli influssi subiti, Base Alfa, il grande malato, sembra trarre giovamento da ogni puntata della crociera interstellare. A contatto con gli spazi siderali, con raggi cosmici d'ogni tipo e di germi planetari di ogni dimensione, i palazzi di Base Luna sembrano avere acquistato la vita. Come una pianta ferita fa ricrescere i rami morti, così Base Alfa rinasce, e gli edifici distrutti da alieni in malafede ricrescono. Gli ambienti di tecnologia soffice resistono tranquillamente ad ogni sorta di fuochi d'artificio, e anche se rasi al suolo, li ritroviamo intatti ad ogni trasmissione.
Lo stesso vale per le Aquile, cioè i falchi di turno nello spazio, che distrutti o danneggiati negli scontri e nelle scaramucce con i bellicosi abitatori dei mondi toccati dalla crociera dei nostri, risorgono dalle proprie ceneri come altri più famosi volatili: le arabe fenici.
A cosa si è ispirato il designer delle navi spaziali che si osservano nelle ventiquattro puntate? Consapevole del fatto che la natura ripete in grande ciò che ha già fatto in piccolo, il designer si è ispirato liberamente alla fauna terrestre. A parte le "Aquile", chiamate così forse perché Base Lunare Alfa è stata fondata dagli americani, in quanto non somigliano per niente al rapace oggi in via dì estinzione, ogni nave spaziale che attraversa lo schermo diretta minacciosamente verso la Luna ha una rassomiglianza evidente con vari animali terrestri. Si va dalla mosca stilizzata coi suoi grandi occhi, alla tartaruga enorme e possente con le zampe, o il becco fuori del guscio, fino alle cavallette con le zampe raccolte attorno al corpo, pronte a lanciarsi.
Le minacciose macro-astronavi che coprono il cielo dei lunari ricordano galline primigenie intente a covare un uovo cosmico (la Luna).
Non c'è pace per la dolce valle selenica in cui riposa la radiocentrica città degli umani.
Non appena le misteriose navi aliene fanno la loro apparizione sugli schermi, suscitando mormorii d'ammirazione e di sconcerto tra gli spettatori lunari e terrestri, il telespettatore attento sa già cosa avverrà subito dopo: una breve e concitata discussione (facoltativa) tra i capi carismatici di Base Alfa.
-Non possiamo attaccarla per primi. Una civiltà è una civiltà. Aspettiamo. –
-Non abbiamo scelta: ci costringono a farlo. O noi loro. –
A seconda delle puntate, le due posizioni vengono sostenute alternativamente da Konig, Russell e Bergman, il che depone a favore della loro elasticità mentale.
Questo tipo di situazione ricorda molto le scene, così diffuse nel senso comune dello spettacolo, in cui la vittima ripete, tra l'incredulo e il disperato: Non potete farlo! Non ne avete il diritto! "- Ma.il cattivo se ne frega e io fa lo stesso.
Giù la testa, o qualsiasi altro organo corrispondente! Passa cometa Luna.
Spazio 1999: un anno prima del duemila, la nuova cometa si chiama Luna. Come ogni cometa che si rispetti, è foriera di cattivi presagi per i popoli e le genti che la incontreranno nel suo viaggio cosmico. Porterà rovina e distruzione su di un numero incalcolabile di mondi, ma su qualcuno porterà la pace e la giustizia umane. E questo basti.
All'inseguimento dei miti primevi della Terra, gli spaziali di Base Luna combatteranno contro il drago di San Giorgio, si inoltreranno nell'arca di Noé ed infine rinnoveranno il mito dell'eterno Adamo.
Possiamo pretendere qualcosa di più? No, evidentemente.
Dunque, sempre più la disavventura dei baldi lunatici si sta trasformando in una gita di piacere, in un'allegra avventura con quel briciolo di suspanse e di pericolo che essi si e ci concedono ad ogni puntata. Tanto poi ogni storia deve necessariamente finire bene per loro e tragicamente per gli incauti visitati. Potenza distruttrice del contatto con l'Uomo!
E così la Luna vagabonda col suo carico di umanità micidiale continua il suo viaggio senza meta nell’universo, lasciando dietro di sé una scia di civiltà distrutte, di mondi contaminati, di torti raddrizzati e di menti distorte. II solito vecchio tema della scienza corrotta e del Buon Selvaggio (che qui diremo Buon Alieno ad alta tecnologia).
La Luna continua imperterrita il suo viaggio all’interno delle aberrazioni umane. Nessuno è immune, sembrano dirci gli autori, neanche i razionalisti come il comandante o la dottoressa. Oltre agli altri germi in ognuno di noi si nasconde il germe della pazzia, la voglia di essere immortali, di vincere la morte, di SOPRAVVIVERE. Ma, e qui si perde di ogni credibilità, la ragione vince sempre. Il prezzo da pagare è troppo alto, dice il comandante. Ma perché, maledizione, perché i viaggiatori cosmici di Base Alfa se ne accorgono sempre appena in tempo? Perché?
Il ritorno all'Arcadia.
Ma il viaggio apparentemente senza meta della Luna ha un fine: la fine delle prime ventiquattro puntate del ciclo.
Il bolide celeste si arresta nel bel mezzo di un sistema solare che espone un promettente pianeta amorfo. L'energia di Base Luna viene carpita dal pianeta intraprendente: li ha catturati e vuol farsi colonizzare ad ogni costo. Si dà inizio all'esplorazione di rito: sorpresa. Il suolo del pianeta è ricoperto da una flora morta ma dormiente. Ma c’è di più: si tratta dei prototipi originali della fauna terrestre! La fauna non si vede (come in tutta la serie: gli animali, i veri non-umani, sono ignorati dalla filosofia di Spazio 1999).
Addentratisi in una caverna, gli esploratori scoprono un gruppo di scheletri pseudo umani in un interno. Sulle pareti, una scritta in pre-sanscrito antico dà loro il benvenuto ad Arcadia.
Il futuro è il passato, il passato è il futuro: questo è il messaggio degli Arcadi. I Padri fondatori dell’Umanità. L'uomo egli altri semi nobili sono giunti sulla Terra dopo un'altra odissea: il ciclo è chiuso.
Negati Darwin e l’evoluzione, i nostri eroi escono dalla caverna a meditare, lasciando esposti agli influssi degli Avi due Prescelti: un uomo e una donna.
Ciò che doveva accadere accade: era scritto sui muri della caverna. Dietro le sembianze di un anonimo astronauta fotografo emerge il novello Adamo; con lui, Eva risorge nelle spoglie della scienza. La filologa-biologa, con diabolica astuzia, spinge il fotografo a rubare le provviste vitali di Base Luna per rifondare su Arcadia l’umano consesso. Il pianeta rifiorirà e, soddisfatto, libera la Luna.
Scrive Konig nel diario di bordo, nelle ultime inquadrature: la fine di un ciclo è l’inizio di un altro… per l’uomo, per tutti noi, c’è uno scopo nell’esistenza.
Quale sia, sbarcati i neo-progenitori su Arcadia, lo scopo dell’esistenza dei nostri cari lunatici, non è molto chiaro. Chiarissimi invece gli intenti degli autori: conclusa una serie con l’Eterno Adamo, si concedono la possibilità di ricominciarne un'altra in un prossimo futuro. La Luna continuerà a girare sulla testa degli telespettatori; Victor Bergman continuerà ad interrogarsi sulla natura dell’universo; Helen Russell, come una mamma, curerà i pazienti sempre presenti nell’ospedale; infine John Konig continuerà a non sapere esattamente che cosa fare e deciderà seguendo la logica del caso.
Se è vero, come è vero, che una cultura è un modo di guardare all’Universo, quale razza di cultura sottende l’universo di Spazio 1999?
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