di Rudy Salvagnini

Reduce da due opere di primissimo piano ("Duel", tratto da un'ottima sceneggiatura di Richard Matheson, e "Sugarland Express"), Spielberg con "Lo squalo" si è piegato alle ragioni della logica commerciale confezionando un film che, se porta il suo marchio in parecchie scene, sacrifica gran parte della sua inventiva alla necessità di essere commestibile per il maggior numero di palati possibile. Tipica superproduzione americana, è perfetto nelle ambientazioni e nei particolari tecnici, spigliato e non troppo banale nella sceneggiatura e riesce, utilizzando come rileva "Sight and Sound" la tecnica e lo stile di Hitchcock, a costruire parecchia suspense ed una buona dose di sequenze shock. La storia è nettamente divisa in due parti, la prima delle quali serve ad introdurre il mostro e le sue nefandezze, mentre la seconda narra della lotta tra i tre protagonisti e lo squalo nella caccia compiuta a bordo dalla barca del capitano Quint

Probabilmente la più ben costruita resta la prima, dato che la seconda appare più ricca di particolari forzati e di ingenuità. Di notevole effetto é anche la colonna sonora che, per l’appunto, ha vinto l'Oscar apposito. Un buon film da intrattenimento, dunque, senz’altro più perfezionato dei film di dinosauri degli anni '50, un film diretto da un buon regista, non da un mero artigiano, interpretato da attori di buon nome, non da volti. Tutto questo però non fa dello squalo un capolavoro. Tutto questo però non è altro che il risultato dell'abilità tecnica di buoni professionisti messi insieme per realizzare un bestseller. Quello che manca è un po’ di fantasia, un po’ di arte, che pure Spielberg avrebbe avuto la possibilità, dato il suo talento, di mettere.

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