x 8 domande a Inìsero Cremaschi
di Paolo Mompellio
1) D. Cominciamo dalla collana "Andromeda" dell’editore dall'Oglio di cui lei è il curatore: dopo 18 titoli (14 stranieri e 4 italiani) la collana sembra essersi fermata. Si tratta di un arresto momentaneo o definitivo?
R. Direi definitivo. L'arresto è dovuto alla decisione dell'editore di pubblicare FS in collane non specializzate, come del resto già faceva prima di "Andromeda". La mia collana è stata un esperimento, coraggioso e nuovo, condotto su diverse direzioni, e che giudico molto positivo. Prima di tutto ha messo in circolazione un concetto di SF più raffinato di quella che comunemente si trovava sul mercato. Mi limitò a citare il primissimo Larry Niven, quello "bizzarro" di Burattinai nel cosmo, oppure La seconda invasione dei marziani degli Strugatski. Inoltre ha dato un impulso, ormai inarrestabile, alla SF italiana. Vorrei anzi precisare che i titoli italiani di "Andromeda" non sono quattro, ma quattro e mezzo.
A Festa sull'asteroide e Giungla domestica di Gilda Musa, Sfida al pianeta di Anna Rinonapoli e La donna immortale di Gustavo Gasparini va aggiunta l'antologia Zoo fantascienza, che per metà ospita autori di casa nostra. Anche Zoo fantascienza è stato un esperimento coraggioso e pienamente riuscito.
2) D. Quali progetti suoi vedranno la luce a breve scadenza?
R. Andromeda ha esaurito la sua funzione ma i suoi criteri di base proseguono. È infatti imminente da Garzanti una vasta antologia della SF italiana. Ho concluso la scelta dei racconti, e ho finito la prefazione che si presenterà come la cronistoria della SF di casa nostra. I riferimenti critici della prefazione faranno saltare qualcuno dalla sedia, soprattutto davanti alle prove che la letteratura italiana, a cominciare da Giacomo Leopardi e anche prima, è ricchissima di SF. Molti autori scelti per l'antologia sono notissimi, altri sono inediti o, quasi. Penso che il volume procurerà una certa irritazione a chi, dopo l'età dell'oro della science-fiction americana, non è ancora riuscito a fare un passo avanti.
3) D. E dei progetti a più lunga scadenza che ci può dire?
R. Ho una novità-bomba, scaturita dal lavoro pionieristico svolto da "Andromeda". La notizia è che l’editrice Nord mi ha affidato l’incarico di scegliere i più validi scrittori italiani da inserire nelle sue collane, da Cosmo argento alla Fantacollana. Sto già leggendo manoscritti, e molti sono in sono in arrivo. Sono sicuro di poter presentare romanzi robusti, vivaci, ricchi di idee nuove.
4) D. Che. cosa pensa delle recenti iniziative nel campo della SF?
R: Le iniziative professionali come Robot, mi sembrano la riprova che l'atmosfera stia mutando in favore della SF. L'amico Curtoni possiede tutte le doti del direttore di rivista, insieme a quelle di talent-scout. Soprattutto è bravo nel far coincidere il valore culturale della SF con le esigenze di un pubblico molto eterogeneo. Fra le iniziative interessanti, metterei, ovviamente su un piano diverso, il PERRY RHODAN di Bellomi. Di importante, in giro, c'è poi il rinnovato fenomeno delle riviste amatoriali.
5) D. Ritiene che i periodici sorti ad opera di appassionati (o, con termine americano, le fanzine) possano svolgere, al di là dell'opera di mediazione tra scrittori e case editrici da una parte, e pubblico specializzato dall'altra, anche una concreta e specifica funzione di palestra per i giovani autori e insieme di stimolo per un dibattito critico sulla SF e i suoi problemi?
R. Senza dubbio. Le fanzine sono un momento e un luogo privilegiato per il libero confronto delle idee. Dalle fanzine escono proposte quasi sempre brillanti, effervescenti, spregiudicate. Per fare un esempio: tre dei racconti che ho selezionato per l'antologia di Garzanti sono stati fra i dieci finalisti del premio Mary Shelley '75. Seguo molto da vicino le fanzine, e personalmente tengo un occhio su "Extra" di Alberto Zioni, soprattutto perchè mi è indispensabile il contatto con i giovanissimi.
Sulle fanzine avrei un'osservazione: non sarebbe necessaria una maggiore severità nella scelta dei racconti? L' eccessiva facilità di pubblicazione può provocare qualche illusione negli esordienti, con le relative demoralizzazioni quando, ritenendosi professionalmente maturi, bussano alle porte dell'editoria "maggiore".
6) D. Si può parlare, a suo avviso, di una scuola italiana? O la SF, come vogliono certi critici, non può attecchire validamente al di fuori del ceppo e della tradizione anglosassone che le hanno dato i natali e che ne costituiscono tuttora l'ossatura portante?
R. Sinceramente, ritenevo ormai superati certi luoghi comuni e certe volute sordità davanti ai fatti. Ma visto che "certi critici" (ma quali, e quanto disinteressati?) insistono nella banalità, devo ripetere che da noi si scriveva SF, o anticipazione, quando gli anglo-americani nemmeno ci pensavano ancora.
Perchè non ci chiediamo che cosa facevano gli anglosassoni nel 1785, quando Bernardo Zamagna scriveva le avventure di Navis aerea? Non posso riferire qui, in poche righe ciò che ho scritto nella prefazione dell'antologia di Garzanti. Posso solo accennare al fatto che chi nega la SF italiana è vittima di un falso storico perpetrato da certi ambienti accademici, I ragazzi di liceo, senza colpa, cascano nella trappola di chi vuoi far loro credere che la tradizione letteraria italiana sia tutta umanistica e anti-scientifica. Il che non è affatto vero. Ma come si può, in qualche mese, correggere una distorsione culturale che dura da secoli?
Quanto alla "scuola", direi che il termine possa venire impiegato solo a posteriori, in sede di bilancio critico su un determinato fenomeno ormai concluso. La SF italiana è appena agli inizi della sua vita non clandestina. È un magma in pieno divenire. Come è possibile classificare ciò che è ancor vivo e mutevole? Per ora abbiamo diverse personalità precise, mi sono molto vicini Virginio Marafante, oltre a Besana & Caroglio che hanno da poco pubblicato Oltre il cristallo. Facciamo "scuola"? No, facciamo un gruppo di amici e di lavoro.
7) D. Di questa domanda prevediamo già la risposta, in quanto l'azione da lei svolta per anni nel campo della SF è in pratica una concreta risposta. Ma vogliamo formularla ugualmente (repetita iuvant): la letteratura di SF è soltanto (e salvo eccezioni) una produzione di consumo o invece ha una sua validità intrinseca che la colloca di diritto nell'alveo della letteratura tout court? E anche prescindendo da ciò, non ritiene che la SF con la sua caratteristica precipua di letteratura di idee, possa svolgere un'azione non trascurabile nell’evoluzione della mentalità e dei costumi?
R. La letteratura di consumo non esiste. Esistono romanzi, tutti del "mainstream", che la gente acquista perchè sono di moda, perché "fa fino", o per arredare una parete della sala da pranzo. Romanzi che poi la gente non legge.
In altre parole esistono libri~oggetto che entrano nel giro consumistico. Ma non è proprio il caso della SF, anzi! Il "fan" legge e rilegge il libro che si è procurato, si impadronisce dei suoi contenuti, valuta è analizza lo stile, insomma compie un’operazione attiva che è esattamente l'opposto del "vizio" consumistico. A meno che per letteratura di consumo non si intenda quella più soggetta agli schemi prefissati o cristallizzati… ma in questo caso possiamo trovarne a tonnellate anche nel cosiddetto "mainstream"!
8) D. Per chiudere l'intervista, ha un consiglio o una raccomandazione da rivolgere ai giovani autori italiani?
R. Convincersi che scrivere è una professione, come quella dell'avvocato o dell'architetto.
Prima di raggiungere buoni risultati è indispensabile non soltanto avere talento, ma imparare i mille segreti del mestiere. Tutti noi ci meraviglieremmo se un ragazzo di vent’anni pretendesse di saper costruire un grattacielo. Però non ci meravigliamo se lo stesso ragazzo si ritiene in grado di scrivete un buon romanzo di SF. Perchè? Credete che sia più facile? Chiedetelo ad Asimov, oppure, visto che è più a portata di mano, a Gilda Musa!
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