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Intervista con Carlo Pagetti


di Mauro Gaffo e Filiberto Bassani


(Ferrara, 3.6.1978)

Carlo Pagetti, nato a Codogno (MI) nel ‘45, è docente universitario di lingua e letteratura inglese a Pescara. Debuttò nella fs col racconto IL DESTINO DEGLI IMMORTALI (Galaxy 54) sotto lo pseudonimo Carlo Milan. Nel '66 apparvero su Gamma le prime recensioni e i primi articoli critici. Nel '70, pubblico l'ottimo volume critico IL SENSO DEL FUTURO. È autore di diversi articoli e introduzioni.

D- Sono anni che lei sta lavorando con impegno e lucidità per la nascita di una coscienza critica in Italia nel campo della fs. Ci dica, è cambiato qualcosa in questo senso dagli anni 60 ad oggi?

R- Senz'altro, qualcosa è cambiato: oggi anche in Italia esistono molti ottimi critici… eppure forse in convegni come questo di Ferrara si nota meno, perché di critica ancora non si paria. Si fanno polemiche, si parla di tante altre cose riguardanti la fs… ma per quanto riguarda la critica della fantascienza ho l'impressione che il discorso sia ancora un po' ostico per alcuni degli addetti ai lavori.

C’è ancora l'idea che la critica sia al massimo ricostruzione storica, mentre dovrebbe essere un'analisi (e dovrebbe tener conto più di una conoscenza generale che di una conoscenza specialistica). In definitiva: molto è stato fatto in campo critico, ma bisogna stare attenti a non confondere il critico con lo storico.

D- Secondo lei è positivo o negativo che la fs diventi un fenomeno di massa, come e più del romanzo giallo?

R- Mi sembra che questo fenomeno sia da guardare con sospetto, perché in questo modo la fs rischia di perdere alcuni suoi connotati e diventare solo una merce da consumare il più possibile in fretta e in grande quantità. Il suo messaggio diventa sempre più debole, mescolandosi a quelli proposti dai vari mass-media e allora c'è proprio il rischio di un grosso equivoco. Del resto vedo che questa è un po' l'opinione di tutti: gli stessi editori non sono particolarmente entusiasti di questa esplosione indiscriminata, che rischia di annullare un discorso serio sulla fantascienza che - ripeto - andrebbe fatto, altrimenti non ha più senso parlare di fantascienza.

D- Perché PERRY RHODAN ha tanto successo in America e in Germania?

R- Innanzi tutto c'è da chiarire un equivoco: in America TUTTO ha successo. C'è un'industria culturale colossale che smercia prodotti e sottoprodotti a ritmo continuo, e quando quest'industria recepisce qualcosa lo distribuisce come distribuisce centinaia di altre cose. Come L'UOMO RAGNO, i fumetti, i films.

Inoltre c'è senza dubbio una componente di evasione, di avventura semplificata al massimo che rappresenta quasi una forma intermedia fra la letteratura e il fumetto che ottiene per forza un grosso successo. Non so se sia giusto guardare a questo fenomeno in termini così moralisticamente negativi; molte persone hanno bisogno di liberarsi in modo innocuo dalle oppressioni dell'ambiente, del lavoro, della burocratizzazione dei rapporti. Perry Rhodan assume il compito di servire da valvola di sfogo a società abbastanza nevrotiche come quella americana e quella tedesca, e nello stesso tempo è una valvola di sfogo abbastanza innocua.

D- Alcuni affermano che una chiara presa di posizione politica sia accettabile nell'autore di un testo, ma non nell'editore o nel commentatore. Qual'è la sua opinione?

R- Beh, un editore o è politicizzato o fa solo l'editore e pubblica tutto. Oltre che in una stampa indipendente (non indipendente perché non abbia ideologie precise, ma perché dà una serie di informazioni anche di diversa origine ideologica) c'è bisogno anche di un'editoria libera.

Per quel che riguarda i commentatori… quelli un'ideologia ce l'hanno per forza: d'altronde nascondere la propria ideologia è piuttosto mistificante, perché dopo tutto anche la scelta di una parola piuttosto che un'altra, la simpatia per un autore piuttosto che per un altro è di natura ideologica. Non credo che si possa rifiutare l'ideologia dicendo: "io non ce l'ho", ma tutt'al più - a essere onesti - dicendo "io ce l'ho" e poi cercando di non guardare tutto con i paraocchi di una certa idea ben precisa che non si adatta ad un discorso sulla narrativa. Dovrebbero essere gli scrittori stessi a mettere in guardia contro un'interpretazione troppo ideologizzata delle loro opere, perché gli scrittori sanno benissimo quante componenti diverse, anche contraddittorie, ci sono nelle loro storie.

D- Nel libro LE FRONTIERE DELL'IGNOTO, Vittorio Curtoni adotta un particolare sistema di analisi che privilegia i contenuti ideologici dell'opera e dell'autore preso in esame, tralasciando spesso altri aspetti: questo atteggiamento critico che per la fs è estremamente nuovo, e senza dubbio legittimo, ma non le sembra troppo riduttivo?

R- Non voglio parlare, assolutamente, di un libro di cui ho fatto anche l’introduzione… Al massimo potrei dire che in questo caso mi sembra che Curtoni commetta un errore. un errore di fondo che è un po' l'errore dell'ambiente fantascientifico; cioè prende in considerazione un certo settore specialistico rappresentato dagli scrittori delle riviste di fs, delle collane di fs. Da questo punto di vista mi sembra ideologicamente riduttivo. Voglio dire che, se uno studia un fenomeno della fs in Italia, allora bisogna considerare anche quegli scrittori che hanno usato nella loro opera moduli fantascientifici, anche se non si sono mai sognati di mandare i loro racconti a una rivista di fantascienza.

Ideologicamente è una scelta conservatrice mettersi a parlare di fantascienza internamente al campo e individuando tutta la sfera della fs italiana con certi fenomeni appartenenti alle fanzines e alle riviste specializzate, ignorando tutto quello che sta fuori.

D- Noi ci occupiamo specificatamente di fs italiana: ebbene, nell'ultimo anno sono uscite molte opere di varia lunghezza di autori italiani. Secondo lei qual’è il valore di questa fioritura, e quale sarà la sua durata?

R- Mi fate delle domande difficilissime… io ricordo già dieci anni fa queste polemiche sugli italiani, e credo che gjà allora qualche romanzo italiano venisse pubblicato.

Adesso certamente ce ne saranno di più, poi ci sono le fanzines come la vostra che fanno un’opera di selezione che è molto importante… ma quanto il fenomeno, anche qui, possa uscire da una fase di ultra-specializzazione, questo non lo so. Non so nemmeno se sia possibile in Italia fare solo gli autori di fantascienza.

Comunque tenete presente che io sono uno specialista di autori di letteratura angloamericana, e non mi sento di compiere un'analisi di autori che conosco poco e per la quale mi mancano troppi elementi.

D- Abbiamo chiesto altre volte, per lo più a scrittori di fs, quale debba essere l’atteggiamento dell'autore esordiente; quali difetti si debbano evitare e così via. Abbiamo avuto le risposte degli scrittori, ora vorremmo una risposta da un critico.

R- Il problema, ho l'impressione, è proprio che nella fs esiste questo blocco di convenzioni, di formule (in America, infatti, oggi si usa proprio quest'espressione: "letteratura formulaica", per tipi di letterature come la fs). Per uno scrittore esordiente si pone il problema di come seguirle, o invece accantonarle. Io credo che la dote più importante per uno scrittore sia una notevole carica di ironia, di autoironia anche, perché i miti della sf (come qualsiasi altro mito) non si possono prendere troppo sul serio, altrimenti si rischia di realizzare cose arretrate di centinaia di anni, cose pseudo-romantiche, pseudo-positivistiche.

Secondo me è difficilissimo fare letteratura in generale, oggi, se non c'è una componente di consapevolezza ironica in quello che si fa; infatti poi gli scrittori contemporanei sono tutti scrittori che giocane moltissimo sull'ironia.

Ormai non si può più credere nei valori assoluti.






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