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Recensione di Marco Perello a "La falce dei cieli"


Ursula Kroeber Le Guin sembra possedere la straordinaria capacità di penetrare nei più diversi contesti e nelle più svariate situazioni, pur raccontandoci sostanzialmente sempre gli aspetti multiformi del tuo modo di vedere il sociale, di intendere le persone e le relazioni che esistono tra esse e il mondo attorno: mondo che tutti noi abbiamo costruito senza lungimiranza e senza rispetto delle conseguenze possibili, in ogni epoca ma soprattutto in questa, colma di problemi interconnessi fra di loro come pezzi di un gioco. Il nucleare, la guerra, l'inquinamento, la sovrappopolazione …

A partire da La mano sinistra delle tenebre per giungere all'eccezionale profondità e bellezza di un capolavoro come I reietti dell'altro pianeta, che pero è stato scritto dopo La falce dei cieli.

Proprio in quest'ultimo romanzo la Le Guin non si risparmia nell'esporci un panorama poco idilliaco e assolutamente probabile del mondo, magari a scadenza un po' più lunga da quella da noi prevista: una Terra sconvolta dal crack industriale e con tassi altissimi di anidride carbonica nell'atmosfera che fanno piovere in quantità assurde. Vespai altissimi e congestionati per contenere l'aumento demografico incalzante.

È consolante che la Le Guin non ci presenti mai gli stilemi classici della filosofia 'americana': il mondo e le idee che lo attraversano non premiano certo gli Stati Uniti o qualsivoglia ideologia corrente.

È anzi lo sfacelo costruito dalla società industrializzata che si rende evidente: senza possibilità di riscatto.

In questo contesto George Orr viene affidato ad una terapia psicanalitica per curarlo dalla tendenza a prendere barbiturici e affini in dosi eccessive.

Ormai una sindrome collettiva spinge la maggior parte della popolazione a far uso di psicofarmaci per combattere la depressione, ma Orr ne fa un uso un tantino differente: li usa per eliminare i sogni ed evidentemente non ci riesce.

Quando lo psicoanalista con manie di grandezza scopre l'incredibile potere del suo paziente che cioè cambia la realtà sognando, comincia ad usarlo con lo scopo di cambiare il mondo e migliorarlo.

Ma, in un crescendo di stupefacenti frammentazioni, la Terra affronta le più incredibili trasformazioni, ed e evidente che le conseguenze sono davvero imprevedibili.

Corre per tutta la narrazione una reminescenza sottile: piano piano caratteristiche sempre più fantastiche, ma reali e vivide allo stesso tempo si impadroniscono della storia. Il mondo cambia ma solo Orr e lo psicanalista possono concepire i pazzi mutamenti.

Qual’è il tempo e il luogo? Cosa rimane di concreto e definitivo, per potersi appigliare alla speranza che uno di quei continuum temporali sia reale, e gli altri soltanto un brutto incubo?

Dov'è la realtà? I personaggi vivono in un'atmosfera che ricorda da vicino certi romanzi di P.K Dick, sospesi in un mondo che non riconoscono, col ricordo contrastante di tempi e spazi diversi, dove tutto aveva una collocazione familiare.

George Orr, timido e indifeso, cresce nel corso del romanzo, e cresce in lui la convinzione, vera matrice del racconto, che l’Uomo deve considerarsi parte delle cose e dell'universo, non ergersi a giudice e padrone; anche potendo cambiare, non ha la lungimiranza necessaria a prevedere i guasti che il suo intervento provoca.

È una grande lezione filosofica, uno schiaffo morale alla civiltà concepita dall'uomo moderno.

Ed è anche un libro da leggere assolutamente.






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