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Ancora sui "Reietti"


di Marco Abate


"Anche sulla Terra l’utopia è possibile, come "I reietti…", il libro che Ursula Le Guin ha scritto per dimostrare l’ambiguità, le contraddizioni, le implicazioni, ma forse la realtà del sogno utopico".

Carlo Pagetti, dalla prefazione al libro, pag. VIII


Rileggendo la recensione de "I Reietti…" ci siamo accorti che era insufficiente e non coglieva tutti gli aspetti di questi mondi, Urras ed Anarres, tanto diversi e tanto uguali alla nostra realtà.

Diventava necessario quindi aprire un dibattito sulle tematiche affrontate nel romanzo. Temi importanti, attuali, soprattutto per noi compagni che della utopia, leggi società comunista, ne abbiamo "parlato" molto dal '68 ad oggi. Ed ora ci troviamo senza punti di riferimento ideali: tutti i miti, dalla Cina al Vietnam, sono finiti... e forse e meglio così.

"Dovevo rimanere lontano dal popolo, vivere tra gli scienziati ed i ricchi. Non vedere i poveri. Non vedere nulla di brutto. Dovevo rimanere avvolto nella bambagia (…). E lì dovevo essere felice di fare il mio lavoro" (pag. 295). Shevek dice questo all'ambasciatrice della Terra su Urras, dopo essere sfuggito alla cattura da parte della polizia di A-Io; e sono queste le pagine dove con maggiore chiarezza si comprende la presa di coscienza di un uomo, di uno scienziato che, convinto di poter passare indenne tra le maglie di uno stato capitalista, si scopre strumento nelle mani del potere.

Ma non basta. "Su Anarres ci siamo isolati, non parliamo più con l'altra gente, il resto dell'umanità" (pag. 296). Ecco l'altro aspetto della sua realtà, la motivazione della sua scelta di abbandonare Anarres, di immergersi in una realtà a lui ostile.

L’isolamento di 170 anni ha portato a risultati sicuramente positivi, l'esperimento dell'utopia su Anarres. Ma ha d'altro canto radicato abiti mentali negli "odoniani" tali da canonizzane certi atteggiamenti miranti ad esorcizzare un mondo che non è scomparso, che non è sconfitto, anzi tutt'altro: il mondo dei "proprietaristi"!

La maggior parte degli anarresiani lavora da 5 a 7 ore al giorno, con da 2 a 4 giorni di riposo ogni decade. I particolari riguardanti la regolarità, la puntualità, i giorni di riposo e così via, vengono decisi tra l'individuo e la sua squadra di lavoro o gruppo federativa di coordinamento, al livello a cui si raggiunge meglio la cooperazione e l'efficienza". (pag. 162)

Anrres non è un paradiso, i suoi abitanti vivono in una economia dove la produzione del superfluo possiamo dire è inesistente.

In questa condizione viene accettato non solo, per esempio, la riduzione del cibo durante un periodo di carestia (con qualche sporadico "tafferuglio"), ma anche, come norma di comportamento sociale, il conformismo, l'adeguarsi ai canoni di vita che sono diventati catene ancor più pesanti di quanto lo sono le leggi scritte.

"Sono un uomo libero, non avrei dovuto venire qui! … Noi la pensiamo sempre, e lo diciamo sempre, ma non lo facciamo mai. Teniamo la nostra iniziativa ben nascosta all'interno della nostra mente, la teniamo di riserva, come una stanza dove possiamo recarci per dire: - Io non devo fare nulla, io faccio da solo le mie scelte, io sono libero. - E poi usciamo dalla piccola stanza della nostra mente ed andiamo dove il C.D.P. ci assegna, e ci rimaniamo finchè non ci dà un assegnamento nuovo." (pag. 283)

L'ambiguità dell'utopia è proprio questa, l'incapacità di una qualunque organizzazione, nel senso più ampio del termine, di non burocratizzarsi, di non legare con catene le mani che aveva poco prima liberato.

E per fare questo non occorre sempre la forza, la costrizione: esistono altri sistemi.

"... questo è il modo in cui si faceva una cosa, questo è il modo in cui la si fa, questo è il modo in cui la si deve fare" (pag. 283). Ed ottenere questo è semplice. Ecco un esempio illuminante:

"Non puoi schiacciare le idee cercando di reprimerle. Puoi schiacciarle soltanto ignorandole. Rifiutandoti di pensare, rifiutandoti di cambiare". (pag. 144) È Bedap, l'amico omosessuale di Shevek, che parla, e continua: "La pubblica opinione! questa è la struttura di potere… L'inconfessato, inconfessabile governo che comanda la società odoniana".

E per coloro che non accettano questo "status quo" c'e l'emarginazione, fine all'isolamento sociale.

Per essere in una società basata sulla cooperazione, è la peggiore condanna, come arrivare alla "scelta" del trasferimento sull'isola Segrina, il manicomio volontario.

Come detto all'inizio, non e qui che vogliamo chiudere il dibattito su questo romanzo, anzi… attendiamo pertanto tutti i contributi che vorrete inviarci.






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