Recensione di Fabio Piretti a "Il linguaggio della notte"
Quasi un anno ci separa dalla pubblicazione di questa raccolta di saggi firmati della famosa scrittrice americana mentre già otto ne sono trascorsi dalla prima pubblicazione negli Stati Uniti. Anche senza entrare subito nelle considerazioni espresse dalla Le Guin vi sono già alcune annotazioni a proposito della raccolta che è interessante fare.
Per prima. cosa è opportuno notare come questo libro sia uno dei rari esempi arrivati nel nostro paese di quell’abbondante materiale saggistico prodotto da scrittori professionisti dei quali, in genere, conosciamo esclusivamente le opere narrative.
Solo alcuni altri interventi critici, dislocati generalmente più sul lato storico che su quello analitico dell’approccio alla fantascienza, sono stati fino ad ora pubblicati.
La norma in questi casi vede il pezzo critico pubblicato come introduzione, o postfazione, ad un romanzo dello stesso autore. Un legame di pertinenza quasi obbligato che unisce invariabilmente saggio e pezzo narrativo fino ad arrivare, nella combinazione più accetta, alle vecchie asimoviane note tra un racconto e l’altro.
Il libro della Le Guin, invece, è un’opera a sè stante; una raccolta di saggi organicamente selezionati ed inscritti in uno schema ordinato e tendente ad illustrare il pensiero della scrittrice sul proprio lavoro e su vari aspetti della letteratura fantasy e fantascientifica.
Importante, per inquadrare correttamente questo libro è anche sottolineare il fatto che vanga pubblicato da una Casa Editrice non specializzata che, anzi, solo da poco tempo si occupa di fantastico e fantascienza.
La raccolta è stata poi inserita nelle normali collane dell’editore, senza venire inquadrata in qualche speciale sezione, in perfetto accordo con le idee espresse all’interno del libro dall’autrice.
La raccolta contiene ben ventiquattro pezzi di varia lunghezza divisi per tema in cinque sezioni. La stessa divisione dei temi delle cinque sezioni rivela come questa raccolta, non intenda dare in fondo una analisi più o meno completa dei vari aspetti della fantascienza quanto di rendere conto della varietà di rapporti che l’autrice trattiene con essa.
La varietà della natura dei pezzi presentati è poi uno dei lati positivi della raccolta. Includendo materiale eterogeneo, come introduzioni a romanzi, saggi veri e propri e bozze o trascrizioni di discorsi, il libro offre una panoramica di quali possano essere i modi e le possibilità di intervento di uno scrittore professionista dando nello stesso tempo un quadro delle occasioni di dibattito all'interno del Fandom americano.
Contrariamente a quanto ci si poteva aspettare la diversità dei pezzi presentati non si è tradotta in una varietà di stili tale da creare dissonanze. La prosa della Le Guin si mantiene fresca e perfettamente scorrevole anche nei pezzi di più vasto respiro, come ben sanno coloro che già hanno letto il saggio "La fantascienza e la signora Brown", pubblicato in un volumetto a sé dagli stessi Editori Riuniti ne1 1985 e apparso su "La Collina" n. 3 dell’Editrice Nord.
Non c'è molta differenza quindi tra il linguaggio dei saggi o delle introduzioni e lo stile colloquiale dei discorsi o delle lezioni. Tutto questo contribuisce a rendere questo volume non solo interessante per l'esposizione delle considerazioni della scrittrice ma anche piacevole da leggere.
Per ciò che riguarda i contenuti è necessario, dato il numero dei singoli interventi, limitarsi a darne qualche traccia. I giudizi e le conclusioni a cui la Le Guin arriva a proposito della fantascienza si basano nella loro quasi totalità su pochi principi informativi. Il primo di essi è sicuramente la rivendicazione di una pari dignità tra la letteratura fantascientifica e Mainstream derivata da un rifiuto del ruolo secondario attribuito dalla cultura ufficiale ai valori dell’immaginazione e dello svago.
"Arte e immaginazione sono la stessa cosa, per il fatto che, quanto più un’opera è ricreativa in modo profondo e genuino, tanto più è Arte. Insinuare che l’arte sia qualcosa di pesante, solenne e tedioso, mentre lo svago è modesto, ma allegro e popolare, è un’idiozia neo-vittoriana della peggior specie." (pag. 216).
"Tutta l’arte serve a divertire… se il Messia di Händel fosse noioso, non divertisse, andrebbero ad ascoltarlo migliaia di persone, anno dopo anno?" (pag. 215).
A questo discorso però se ne accompagna obbligatoriamente un altro che manifesta l’esigenza di una pari responsabilità dello scrittore fantascientifico e mainstream che porta la Le Guin ad affermare che in arte il meglio è il modello di riferimento.
"E in arte, dal punto di vista dell’artista, esistono solo due alternative: o il meglio possibile, o ciarpame (pag. 214).
Considerando il periodo in cui i saggi sono stati scritti, approssimativamente dal 1973 al 1978, è ovvio trovare riferimenti all’impegno femminista dell'autrice e considerazioni riguardo al ruolo della donna come creatrice o personaggio. di opere fantascientifiche. A questo contribuisce non soltanto il materiale autobiografico che la Le Guin sparge per i suoi saggi, ma anche interventi proprio su questo tema e le introduzioni ai libri propri o di altre scrittrici.
Per ciò che riguarda specificatamente la Fantasy occorre segnalare l’apporto fondamentale dato dalle idee di Carl Gustav Jung alle analisi dell’autrice e la rilevanza dell'influenza che Tolkien ha avuto sulla vita della scrittrice, come lei stessa ammette.
La suddivisione in sezioni a tema favorisce l'esposizione di tutte queste considerazioni e ancora maggiore chiarezza viene data dalle brevi introduzioni che la curatrice del volume, Susan Wood, premette ad ogni sezione in cui inquadra cronologicamente ogni pezzo e ne specifica la natura e le condizioni di stesura.
La stessa Wood mette ad apertura dell’introduzione generale al volume la breve frase che io vorrei mettere a conclusione di questa breve recensione:
"Ci piace pensare di vivere nella luce del sole, ma il mondo per metà è sempre nelle tenebre; e la fantasia, come la poesia parla il linguaggio della notte". U.K. Le Guin
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