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Le signore fantascienza, ovvero storie di ordinaria androginia


di Oreste del Buono


Una pura coincidenza dell'industria culturale ha portato in questi giorni nelle nostre librerie in versione italiana due libri insoliti di due grandi firme della science-fiction. Il primo s'intitola Il linguaggio della notte (The Language of the Night, 1979) è pubblicato dagli Editori Riuniti ed e una raccolta di saggi, sul fantastico in genere, e sulla altrui e la propria arte in particolare di Ursula K. Le Guin. (...)

Ursula K. Le Guin (1929, la K sta per Kroeber, cognome del padre Alfred, uno dei più famosi antropologi americani) si è imposta non solo come scrittrice di science-fiction, ma come scrittrice in sé e per sé, senza etichette e senza limiti, nel 1969 con La mano sinistra delle tenebre (The Left Hand of Darkness, pubblicato in italiano per la prima volta nel 1971 da Libra Editrice). Lei stessa in Il linguaggio della notte, ci narra la genesi e abbozza una giustificazione e una sinossi del suo capolavoro. «Verso la meta degli anni Sessanta il movimento femminista ricominciava appena a muoversi dopo una stasi di cinquant'anni. Si preparava un maremoto. Lo sentivo, ma non sapevo che fosse un maremoto: credevo fosse solo qualcosa che non andava in me. Mi ritenevo una femminista; non riuscivo a capire come si potesse essere una donna intelligente, e non essere femminista. Ma non avevo mai fatto un passo al di là del terreno che ci avevano conquistato Emmeline Pankhurst e Virginia Woolf…».

A un certo punto Le Guin cominciò a provare il bisogno di andare oltre, comincio a esperimentare il desiderio di definire e capire il significato della sessualità e quello del genere, nella sua vita e nella nostra società. Ritenne che si trattasse presso a poco dello stesso bisogno che portò a scrivere sulla condizione femminile, sul secondo sesso, Simone de Beauvoir e Kate Millet e altre a creare il nuovo femminismo. Ma lei non era una teorica, una attivista politica e neppure una sociologa. Era una scrittrice di narrativa fantastica, e il modo con cui compì la sua riflessione fu la stesura di un romanzo. La mano sinistra delle tenebre e la registrazione della sua coscienza, dell'evolversi del suo rovello.

La mano sinistra delle tenebre si apre con un preciso impegno di Genly Ai inviato sul pianeta Gethen: «Farò il mio rapporto come se narrassi una storia, perché mi e stato insegnato, sul mio mondo natale, che la Verità è una questione d'immaginazione...». La storia è una storia d'amore, o, meglio, come specifica Le Guin, di «tradimento e fedeltà» tra il terrestre spaesato Genly Ai e il getheniano Estraven. Un momento, è lecito usare l'articolo maschile «il» per indicare Estraven? Anche una sommaria conoscenza della fisionomia degli abitanti di Gethen basta a indurre a un minimo di cautela. Invece di una sessualità continuata come i terrestri, i getheniani godono solo di intermittenti periodi di estro amoroso chiamati kemmer. Quando non sono in kemmer sono sessualmente inattivi e impotenti e inoltre sono androgini.

Di kemmer in kemmer vien deciso il predominio ormonale o maschile o femminile nell'uno o nell'altra. La madre di diversi figli può essere il padre di diversi a1tri e viceversa, ma, comunque, i getheniani non possono avere un rapporto sessuale, a meno che non lo desiderino tutt'e due.

L'androginia è un tema ricorrente in Le Guin. Ma si tratta davvero di un'affermazione di femminismo, come potrebbe sostenere Ursula Le Guin, o non piuttosto di uno scavalcamento del femminismo, come sostiene Ida Magli?






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