Recensione di Vittorio Catani a "La rosa dei venti"
Un nuovo volume della Le Guin è un’occasione da non mancare, che ci consente di seguire l'itinerario artistico di una scrittrice che ha connotato in maniera molto personale alcuni momenti della produzione fantascientifica d'oltreoceano.
È dal 1969 che il nome di quest'Autrice si è imposto con prepotenza, grazie al noto romanzo La mano sinistra delle tenebre (1), che coglieva intelligentemente alcuni fermenti dell'emergente cultura giovanile e sessantottesca, fondendoli in una narrazione di ampio respiro. Il risultato era una serie di meditazioni ed intuizioni sulla convenzionalità dei ruoli sessuali nella nostra società, condotte con un linguaggio che spesso si trasformava in pura, cristallina poesia. Certo non mancavano difetti, ed in primo luogo un sentimentalismo a volte insistito; ma un esame storico del periodo in cui l'opera si colloca ci mostra chiaramente, al di là dei suoi limiti, la sua indiscussa importanza.
Con I reietti dell'altro pianeta, che è del 1974 (2), l'Autrice sorprendeva nuovamente il suo pubblico. Su questo romanzo sono stati spesi fiumi d'inchiostro. per quanto mi concerne la cosa che maggiormente mi ha stupito in esso e stata la sua capacità di mantenersi fedele ad un'ottica utopistica sì ma rigorosamente anarchica: nella migliore ortodossia, cioè, di questa concezione politica che - si noti - per quanto abbia punti fermi ispiratori, ha sempre volutamente rifiutato schemi rigidi, e quindi "programmazioni" di future società. Per la Le Guin non si trattava quindi di ispirarsi ad un'utopia già prefabbricata anche nei suoi meccanismi positivi/negativi, bensì di dar corpo concreto quasi dal nulla a certe idee libertarie estremamente sfuggenti in situazioni tutte da "costruire" letterariamente, assieme al pianeta Anarres. Che il compito fosse tutt'altro che banale ci è d'altro canto testimoniato dalla scarsissima presenza di narrazioni sull'argomento, persino nell'ambiente che proprio quelle idee ha espresso (a parte il problema della compatibilità del concetto tradizionale di narrativa con le idee anarchiche… che qui non è il caso d'affrontare!)
In questo, quindi, l'importanza dei Reietti: nella capacità assolutamente visionaria della Le Guin di dar vita a un mondo, a una società, a personaggi, ai gesti quotidiani della gente, ai suoi pensieri e problemi spiccioli, mantenendosi nell'ortodossia ideologica. E non sappiamo sine a che punto questo aspetto è stato sufficientemente rilevato.
Certo l'opera, sotto vari aspetti, rivela numerose falle, ed anzitutto fumosità e ambiguità chissà sino a che punto volute. D'altronde come scrivevano Vittorio Curtoni e Giuseppe Lippi nella loro Guida alla fantascienza <(3), "… l'America non ha vissuto in prima persona né il marxismo né il fascismo; li conosce per sentito dire, per sfoggio culturale (… ) Sarebbe addirittura antistorico quindi pretendere che dall'America, e in particolare dalla science fiction, ci venga un discorso esplicitamente rivoluzionario, anche se i casi non mancano: ma si tratta (…) di citazione, così come 'citata' è tutta quella tematica soggettiva che fa capo all'esistenzialismo europeo." Ad ogni modo, il livello raggiunto dai Reietti è stato di tutto rispetto: le storie successive di fantascienza della Le Guin non hanno avuto, salvo momenti occasionali, la stessa convinzione e intensità. Valga per tutti il caso del romanzo La soglia (4), avente per tema la dicotomia tra l’orrore del vivere quotidiano e la contemporanea aspirazione dei protagonisti ad un universo fiabesco (ma reale), e che pur toccando punte di grande felicità espressiva, naufraga penosamente nel finale. Inizia inoltre qui a mostrare chiaramente la corda un noto artificio narrativo, ricorrente nell'Autrice: la contrapposizione, ai fini ideologici, tra la nostra società - negativamente connotata - ed una società "altra". Sotto questo aspetto l'esempio peggiore ci sembra, nonostante la nobiltà di intenti, L'occhio dell'airone (5).
La rosa dei venti è, dopo I dodici punti cardinali (6), la seconda raccolta di testi brevi di questa scrittrice presentata in Italia. Precisiamo subito che, come e più della precedente, quest'antologia è varia e anzi, oseremmo dire, discontinua specie quanto al valore dei singoli brani. Su venti storie che la compongono, e che vanno dal 1974 al 1982 (a proposito: inammissibile che volumi simili difettino d'un indice) solo due, se non andiamo errati, ci risultano già editi (7). Comunque ad un'analisi spassionata i testi realmente degni della fama dell'Autrice sono purtroppo neanche la metà, e ci si chiede che senso abbia per una scrittrice del calibro della Le Guin scendere a compromessi così palesemente commerciali. Ad ogni modo, ai nostri fini ci limiteremo ad alcuni dei lavori a nostro giudizio più significativi e che, per l’appassionato, giustificano comunque ampiamente l'acquisto del volume.
L'antologia è aperta da un breve pezzo, L’Autrice dei semi d'acaia. È un brano assolutamente abbagliante, che già ci dà un'idea dello sforzo recente della Le Guin di seguire nuovi sentieri assimilando esperienze e influenze letterarie svariate (non a torto Pagetti, nella sua documentata Introduzione cita anche Calvino e Borges). Qui il vasto tema della narrazione è l'arte, per la verità già altri scrittori l'avevano diversamente affrontato, sia pure su basi più tradizionali (8). La sconvolgente scoperta, dapprima di espressioni artistiche dovute ad animali e insetti, e successivamente - pare - anche alle piante - e forse, si lascia intendere alla fine; persino alle semplici pietre - presta il fianco ad una pirotecnica riflessione sul significato dell'esperienza artistica umana e sulle forme nelle quali essa viene concepita e canonizzata.
La Nuova Atlantide, romanzo breve, s'inscrive apparentemente nel più consueto filone catastrofico. Nella Terra di un imminente futuro, irrimediabilmente compromessa dallo squilibrio ecologico e da governi che tentano di salvare il salvabile ricorrendo alla forza, iniziano improvvisamente ad emergere nuove terre dai fondali oceanici. Protagonista è una donna (un'artista) il cui marito, Simon - in rotta col Potere – stà terminando di realizzare con altri una sorta di pietra filosofale, il "rubinetto solare", capace di fornire energie illimitate. Ad un certo punto la protagonista narra: "Spesso mi avventuravo sul mare buio, da bambina, quando mi addormentavo… Non dovevo far altro che sdraiarmi e pensare: Il mare buio, il mare buio… e subito ero a dondolarmi sul grande abisso. Ma da quando era cresciuta succedeva molto di rado, come un grande dono. Conoscere l'abisso della tenebra e non temerlo; affidarsi a esso e a ciò che può emergerne, quale dono è più grande?" (9). E mentre il marito e altri uomini con lui si ostinano a cercare la salvezza nei sentieri della razionalità scientifica, sarà la protagonista ad entrare in empatia con le arcaiche presenze che riemergono, dopo eoni, dai fondali dell'oceano e della psiche umana. Commenta Pagetti: "Il mito della Nuova Atlantide è il contributo della donna-artista alla salvezza di un mondo dominato dalla violenza delle istituzioni e dai cataclismi della natura violentata. Essa non rimane tuttavia alla condizione di un astratto vagheggiamento, si traduce in un progetto di azione e resistenza: quando il suo uomo le sarà nuovamente tolto, la protagonista si metterà pazientemente alla sua ricerca…" (10).
Altra storia per vari aspetti memorabile è Le vie del desiderio. Tre terrestri in visita di studio sul lontano pianeta di Yirdo scoprono che la cultura degli abitanti, i Ndif, è assurdamente semplice, e il tutto somiglia stranamente ad un'enorme Polinesia da fantasia avventurosa. Quello che all'inizio sembrava un paradiso si trasforma bruscamente in un dramma: muore uno dei tre, coinvolto in un duello tribale secondo i canoni avventurosi più triti. E persino la lingua dei Ndif, ad un'analisi attenta, inizia a mostrare assurde assonanze con l'inglese. Nelle ultime frenetiche pagine i due superstiti, Tamara e Ramchandra, scopriranno la verità e la forza d'affrontare il reale, contrastando il "ridicolo e presuntuoso dio bambino" che ha involontariamente ordito il tutto. La narrazione termina con le parole di Ramchandra: "La casa sotto gli alberi in un sobborgo di Calcutta, è casa mia? È questa? Il mondo, il mondo reale, qual’è? Che importanza ha? Chi ha sognato la terra? Un sognatore più grande di me e te… Ma noi siamo il sognatore… ed i mondi dureranno quanto il nostro desiderio" (11).
Thomas Disch, nella sua prefazione all' antologia Nuove Costellazioni (12), scriveva tra l'altro: "Ci sono state… e ci saranno persone per cui la fantascienza rappresenta solo il primo passo verso gli eldorado della fantasia. Ma ormai accanto a questi lettori ci sono quelli che della vita, della morte, sanno più cose di quanto non si possa trovare nelle pagine di E.R. Burroughs e Charles Fort; lettori che hanno la capacità di leggere i libri quasi con lo stesso spirito con cui furono scritti. L'aspetto più importante (NdA: d'una storia di fantascienza: Disch nella fattispecie si riferiva a I.N.R.I. di M. Moorcock) non è Cosa-Accadra-Dopo, perchè si ritiene che il lettore sia in grado di prevederlo. Importa, invece, come la versione moderna del mito si possa rendere senza smagliature per integrare la versione originale (che resta traccia inalterabile).
E quindi in larga misura importa l'intelligenza dell'autore, la sua arte, la sua profondità, in una parola lo stile… che è - sono parole del Webster - 'globalmente perfezione, abilità, ovvero grazia della rappresentazione, maniera, cioè apparenza'…" (13). Concetti questi che, pensiamo, si attagliano tranquillamente a Le vie del desiderio. Storia che peraltro possiede anche caratteristiche di meta-racconto, giacche si presta ad un'indagine sui meccanismi inconsci che sono alla base dell'immaginazione e della scrittura.
Gli stessi argomenti espressi da Disch possono valere anche per Due ritardi sulla linea Nord, racconto costituito dall'unione di due storie ben definite, In viaggio per Paraguanan e Metempsicosi, nei quali i protagonisti, che entrambi hanno il nome di Eduard, approdano per vie differenti ad esperienze parallele, a metà fra onirismo e regressione. Ciò che colpisce maggiormente in questo racconto (che anzitutto non è affatto fantascienza, ma poco importa) è non tanto la trama, che rimane misteriosa - e in ciò forse è il suo fascino - quanto l'abissale ritratto di due ambienti e di due psicologie convergenti, condotto con coerenza, lucidità ed ironia che ricordano sì la Blixen e Calvino, ma anche il Vladimir Nabokov più profondo e smagliante.
Dopo un fugace accenno al racconto Il diario della rosa - che in clima "orwelliano" scandaglia le psicologie d'una donna e d'un uomo legati dall'ambiguo rapporto carceriera/prigioniero - eccoci a Sur, storia che chiude il libro. Siamo forse alla più fervente ed emblematica tra le fantasie dedicate alla donna da questa scrittrice più femminile che femminista, distante cioè dalle incandescenti situazioni d'una Tiptree o d'una Russ ma non per questo, talora, meno profonda. È il resoconto, che deve restare segreto, della conquista del Polo Sud compiuta da un gruppo di fragili ma temerarie donne sudamericane tre anni prima di Amundsen e Scott, cioè nel 1908. Al di là della trovata, restano la rappresentazione d'una società e le psicologie delle protagoniste. E resta soprattutto il bisogno di Ursula d'estrarre dal suo esser donna le verità più urgenti e segrete.
NOTE
(1) La mano sinistra delle tenebre (The left hand of darkness) Bologna, Libra, Slan n. 9. Recentemente ripubblicato in Cosmo Oro n. 65, Editrice Nord
(2) I reietti dell'altro pianeta (The dispossessed: An Ambiguous> Utopia), Mi1ano, Nord "Narrativa d'Anticipazione" n. 6.
(3) V. Curtoni e G. Lippi, Guida a11a fantascienza, Gamma1ibri, Milano 1978. La citazione a dalla pag. 47.
(4) La soglia (The beginning place), Milano, Nord, "Narrativa d'Anticipazione" n. 27, 1981.
(5) L'occhio dell'airone (The eye of heron, 1978). Nell'antologia a cura di Virginia Kidd Le donne del millennio (Mi1lennial women). Milano, Nord, "Narrativa d'Anticipazione" n. 30, 1982.
(6) I dodici punti cardinali (The wind twelve quarters, 1975) Milano, Nord, "Narrativa d'Anticipazione" n. 18, 1979.
(7) Le due storie sono: Intracom, apparso su "Robot" n. 23, Armenia Editore, febbraio 1978; e La Nuova Atlantide, che ha avuto due edizioni: in appendice al romanzo Il mondo della foresta, della stessa Le Guin (Cosmo Argento n. 62, Nord, 1977) e nell'antologia Catastrofi, (AA.VV.), Oscar Fantascienza, Mondadori, 1984.
(8) Ricorderemo solo (e almeno) gli scu1tori di nuvo1e dell'omonimo racconto di James G. Ballard; le statue canore presentateci dallo stesso Ballard nel ciclo di Vermilion Sands; Synthajoy e È chic avere un indirizzo inglese di D. G. Compton; L'odissea del superuomo, di Charless Harness; Il patrono delle arti, di William Rotsler; eccetera.
(9) La rosa dei venti, pag. 24.
(10) Ibidem (Introduzione), pag. V.
(11) Ibidem, pag. 190.
(12) "Robot" n. 32, novembre 1978.
(13) Ibidem, pag. 7.
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