di Vanni Santoni

Chi non è cresciuto coi suoi libri potrebbe aver sentito parlare di U. K. Le Guin - scomparsa a 88 anni - solo quando il collega Kazuo Ishiguro, che di lì a poco avrebbe vinto il Nobel, si beccò una lavata di capo per non aver osato definire il proprio romanzo Il gigante sepolto per quel che era: un fantasy. Se la portata del lavoro di Le Guin nel campo del fantastico è enorme - 22 romanzi per cinque premi Locus, quattro Nebula e due Hugo -, la sua fama si deve anche al fatto che mai le mandò a dire: un altro Nebula, ai tempi della Guerra Fredda, lo rifiutò per protestare contro l'Associazione degli Autori di Fantascienza statunitense, che aveva negato la tessera onoraria a Stanisław Lem, e anche al recente conferimento della Medal of American Letters non ha perso l'occasione di criticare un sistema che da sempre marginalizzava gli scrittori di genere. Se oggi la rivalutazione del fantastico è inarrestabile, è anche merito della sua indole polemica: ma l'affetto con cui la ricorderemo si deve a quel momento in cui, ragazzini, prendemmo in mano un volume Nord intitolato Il mago di Earthsea senza curarci del fatto che vi fosse raffigurato uno stregone alle prese con uno stegosauro, e anzi trovandolo motivo di ulteriore interesse.

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