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Fahrenheit 451 3


Connie Willis, TO SAY NOTHING OF THE DOG

Bantam, 1998

pagine 493


To say nothing of the dog è il nuovo romanzo di Connie Willis che si situa all'interno di quell'universo tracciato da opere di grosso impatto narrativo come Squadra antincendio, Jack e L'anno del contagio: il gruppo di storici che ad Oxford usa la macchina del tempo per fare ricerche nel passato.

Non so se mi sia sfuggito nelle opere precedenti, ma mi sembra che soltanto qui venga spiegato il perché la macchina del tempo sia rimasta (contro ogni logica utilitaristica del nostro modo di vivere) in mano degli studiosi (e non di qualche forza economica). Il fatto è che non si può portare indietro niente dal passato, la rete non funziona, il portale non si apre e così si evita quella che dagli 'storici' viene chiamata un'incongruità e si decreta, però, la totale inutilità economica di questa grande scoperta.

Bene, nonostante tutto questo, in To say nothing of the dog avviene un’incongruità, in quanto qualcosa riesce a passare: la Principessa Arjumand, in procinto di essere affogata viene salvata da una studiosa che per non farsi scoprire è costretta a portarla con se nel futuro, per evitare l'incongruità la principessa deve essere riportata indietro, ma questo causa una serie di problemi concatenati, che finiscono con l'essere molto diversi da quello che appaiono ....

Si, perché le cose sono diverse da quello che appaiono.

Per esempio, dopo aver letto questa introduzione, se avete pensato a qualche storia esotica di personaggi di sangue blu ... bè, c'è stato un equivoco.

La Principessa Arjumand altro non è che una tenera e cara gattina che si aggira con fare sornione per tutto il romanzo nel suo bel mondo vittoriano, fatto di etichetta precisa e di cattivo gusto.

A dispetto del titolo (si, comunque c'è anche un cane), Willis non poteva trovare un animale più appropriato in quanto la Arjumand richiama ben presto alla mente un altro gatto famoso del mondo della scienza, il gatto di Schrodinger, che viene usato per spiegare la situazione spazio-temporale che è venuta a crearsi dopo il viaggio nel futuro della gatta e il suo ritorno:

"Discrepanze? Vuoi dire che il corso della storia inizia ad alterarsi?"

"Non all'inizio. Ma l'incongruità lo fa destabilizzare [...] invece d'esserci un singolo corso degli eventi fissato inizia una sovrapposizione di probabilità."

"Come nella scatola di Schrodinger," dissi [...].

"Esattamente," rispose Verity in modo felice. "Il corso degli eventi che accadranno se l'incongruità sarà corretta o se non lo sarà, esistono entrambi fianco a fianco. Quando l'auto-correzione è completata collassano in un corso degli eventi o in un altro. Ma fino a che ciò non accade, potrebbero esserci delle discrepanze tra gli eventi osservati e quelli registrati. [...]" (202)

Se con L'anno del contagio, Willis aveva cercato di porsi il problema di come realizzare materialmente un viaggio nel tempo cercando di risolvere i problemi pratici che un evento del genere non può non comportare, qui il problema è molto più grande: il libro, e i personaggi coinvolti, cercano di rispondere ad una domanda terribilmente semplice: come procede la Storia, quella con esse maiuscola? E la risposta che viene dal libro è che ci troviamo immersi in un sistema caotico, in cui ogni evento e connesso con tutti gli altri.

La storia, quella con la esse minuscola, invece precede in modo esilarante: il romanzo, come lascia ampiamente sottintendere il titolo, prende le mosse dal capolavoro di Jerome K. Jerome Tre uomini in barca (per non parlar del cane) e per un buon tratto ne segue anche le orme fine ad arrivare anche ad un incontro sul Tamigi con il suo autore e i suoi due amici (per non parlar del cane). Ma il punto di riferimento è un altro ed è quel genere letterario che in Italia viene individuato col termine romanzo giallo:

... di solito trattano di assassini, non di furti, ma si svolgono sempre in case di campagna come queste ed è stato il maggiordomo, almeno per il primo centinaio di romanzi. Tutti sono sospettati, ed è stata sempre la persona che meno ti aspetti, e dopo il primo centinaio il maggiordomo non lo era più, la persona che meno ti aspetti, voglio dire, così si sono dovuti rivolgere ad altri criminali inattesi… (205)

E nel romanzo la storia si dipana proprio come un romanzo giallo ben costruito, pieno di tutti gli indizi per arrivare alla conclusione e pieno di depistaggi per arrivare con sorpresa a tale conclusione.

Un'ultima osservazione, forse insignificante: è il primo romanzo di Connie Willis in cui il personaggio principale è un uomo, ed è un uomo credibile.

Danilo Santoni



Regia: Vincenzo Natali

Sceneggiatura: Andre Bijelic e Vincenzo Natali

CUBE - IL CUBO

Con: Nicole de Boer, Nicky Guadagni, David Hewlett, Maurice Dean Wint

Durata: 95 minuti


Claustrofobico, allucinante, angosciante potrebbero essere tre aggettivi per descrivere questo film, le cui scene principali - ambientate in un cubo di 5 metri per 5 - sono state girate in sole 48 ore dal regista Vincenzo Natali, canadese con evidenti origini italiane.

I protagonisti - un poliziotto, una studentessa con la passione per la matematica, una dottoressa, un detenuto esperto in evasioni impossibili, un ingegnere ed un ragazzo autistico - si trovano rinchiusi in una serie di camere comunicanti a forma di cubo, tutte metallo e plexiglas, che si rivelano per loro un " incubo ad occhi aperti" : nessuno di loro ricorda come è entrato in questa struttura, che diventa un " labirinto dinamico" di morte, perché le stanze si muovono una rispetto all'altra all'interno di in cubo più grande e alcune di queste contengono trappole mortali.

I protagonisti mettono a disposizione di tutti le proprie competenze, ma la situazione degenera rapidamente: nascono inevitabili ansie, tensioni, invidie reciproche (ritorna alla mente la degenerazione de "Il signore delle mosche" di Golding; nel film, però, i protagonisti non sono bambini e l'ambiente non è per niente naturale) che portano al degrado dei rapporti tra i personaggi in un crescendo che culminerà nella scena finale, in cui solo uno dei protagonisti sarà in grado di uscire dal cubo.

Aiutato dalla claustrofobica (e limitata) ambientazione, Cube trasmette nella loro pienezza queste tensioni.

La vicenda raccontata si presta a facili letture allegoriche: la vita degli esseri umani, che nascono in questo mondo pieno di trappole senza sapere perché e cosa c'è là fuori; la critica all'ordine precostituito (il personaggio più negativo si rivelerà il poliziotto); la matematica come via di interpretazione della realtà (per conoscere il percorso sicuro per uscire dal cuba sono necessarie complesse considerazioni matematiche); la constatazione che i pregiudizi sono innati nell'uomo (praticamente tutti i personaggi mostrano insofferenza nei confronti del ragazzo autistico).

Ma una delle interpretazioni più interessanti la forniscono proprio i personaggi del film: il cubo è una metafora della nostra società, della sua negatività, delle "trappole" contro gli uomini, macchine infernali che gli uomini stessi contribuiscono - più o meno consapevolmente - a costruire: uscire dal cubo per rientrare in questa società cannibalesca sarebbe davvero la salvezza?

Marco Mocchi



Soggetto, sceneggiatura e disegni: Luca Enoch

IL BALUARDO - Gea 1

Milano, Sergio Bonelli Editore, 1999

pagg. 132 4.000 £


Diamo uno sguardo alla new entry della scuderia Bonelli: Gea.

Precisiamo subito che la testata in questione è probabilmente la più atipica delle proposte Bonelli; viene infatti totalmente realizzata dal suo autore, Luca Enoch, vincitore di moltissimi premi del settore. Questo spiega poi le due atipicità più evidenti: la periodicità semestrale e il numero di pagine lievemente superiore alle solite 100.

Gea è una teen ager scatenata, vive in un vecchio magazzino riadattato a casa assieme al suo gatto Cagliostro e a tre strani esserini che in questo numero si sono solo intravisti fare capolino da dietro il frigo (dal poco che si vede sembrerebbero simili ai gremlins del noto film).

La ragazza ha un caratterino decisamente indipendente: rollerblade, scooter, basso, discman con auricolari perennemente nelle orecchie ... e soprattutto mistici poteri con cui va a caccia di mostri!

Gea infatti vive una doppia vita: è una studentessa di liceo e nel tempo libero si preoccupa di tenere lontani dalla nostra dimensione i mostri che riescono a raggiungerla tramite casuali allineamenti che permettono la caduta delle barriere di separazione fra i vari piani di esistenza del multiverso.

Questo primo numero funge da presentazione, è privo di una trama vera e propria; Enoch si limita a mostrare la vita di tutti i giorni di Gea e un esempio del suo lavoro " notturno" .

Quando un mostro entra nella nostra dimensione sulla fronte del gatto nero di Gea appare una stella bianca; a questo punto il gatto le funge da radar per trovare l'alieno e rispedirlo a casa grazie alla spada magica che nasconde nel basso. Questa è in grado di aprire un varco fra la nostra dimensione e il limbo dove i mostri attenderanno poi una congiunzione favorevole per tomare a casa.

Nell'albo Enoch introduce anche altri elementi, che però ancora non approfondisce: Gea continua a sognare la morte dei genitori senza però ricordare il sogno quando si sveglia; inoltre si vede il primo " cattivo" della serie, un alieno con intenzioni tutt'altro che pacifiche. Altro mistero non chiarito è quello dello " zio" di Gea che le ha fornito l'addestramento necessario a svolgere il suo compito e che le fornisce i soldi necessari ai suoi bisogni. Altro punto oscuro della trama è dato dalle strane malattie da cui Gea è affetta, che sembrerebbero collegate alle sue capacità di cacciatrice.

Cosa dire di questo prime albo? Secondo me a livello narrativo scorre decisamente bene, è fluido, intrigante e divertente; l'idea di mostrare la doppia natura di Gea è sicuramente azzeccata: in questo modo Enoch riesce a far fruttare la sua esperienza con Spraylitz (personaggio decisamente hip hop che lo ha portato al successo) potendo però introdurre un forte elemento fantascientifico/fantasy che rende l'albo decisamente più serio.

Per quanto riguarda la realizzazione grafica personalmente ritengo le tavole ben fatte, con un buon ripasso a china, ma decisamente mal retinate. Sembra che Enoch ami molto l'uso dei retini, ma ancora deve migliorare molto la sua tecnica che non è né al livello di altri albi Bonelli retinati al computer né al livello degli studi giapponesi dove decine di assistenti passano giornate a grattare retini per ottenere sfumature magistrali.

Cos’altro dire? A me Gea + piaciuto parecchio, sia per la trama misteriosa, sia perché decisamente veloce da leggere, decisamente indicato per una lettura sulla metropolitana o sotto l’ombrellone.

Giovanni Delibra






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