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Fahrenheit 451 7


Nancy Kress

MIRACOLI E GIURAMENTI

(Oaths and Miracles, 1996)

Roma, Fanucci, Solaria 2, 1999

pagine 401, L. 6.900, traduzione di Maurizio Nati

Un buon romanzo, questo Miracoli e giuramenti presentato dalla Fanucci per la nuova collana di fantascienza da edicola. A metà strada tra fantascienza e thriller, con leggeri ammiccamenti al noir (anche se quello vero, di noir, e tutta un'altra cosa), Nancy Kress si pone all'attenzione del lettore per l'agilità della sua scrittura - uno stile efficace e diretto - e per l'attualità e la freschezza dell'argomento trattato dal romanzo. Le ricerche genetiche stanno coinvolgendo, attualmente, buona parte dell'opinione pubblica, che con la clonazione di Dolly, le manipolazioni genetiche e cibi transgenici si è ritrovata a dibattere su argomenti che, fino a poco tempo fa, sembravano appannaggio della sola comunità scientifica.

Robert Cavanaugh, FBI, Divisione investigativa criminale, si trova a investigare su strani omicidi che, apparentemente non hanno alcun nesso. Ma lentamente, nonostante i suoi superiori cerchino di sospendere le indagini perché ritengono troppo labili le tracce scoperte dal giovane ispettore, le tessere mancanti vengono a galla ricomponendo il mosaico. Una parte fondamentale, in tutta la storia, la ha Judy Kozinsky, una giornalista il cui marito ricercatore è stato ucciso perché ritenuto troppo pericoloso da chi gestiva tutta la vicenda delle ricerche. Di più, sulla trama, non è il caso di dire.

Oltre al tratteggio di personaggi, sempre molto realistici e ben inseriti nella storia, il punto di forza del romanzo credo sia il finale, in perfetta sintonia con il ritmo e la sobrietà del resto della storia.

Sarebbe stato facile, per l’autrice, farsi prendere la mano da un finale "pirotecnico", da un finale retorico. Ma tutto ciò, e questo lo ritengo un segno di maturità da parte della scrittrice, fortunatamente non avviene.

Roberto Sturm


William T. Vollmann

STORIE DI FARFALLE

(Butterfly Stories, 1993)

Roma, Fanucci, 1999

(pagine 314, L. 16.000, traduzione di Cristina Mennella)

Romanzo d' esordio in Italia, dopo il racconto pubblicato su Schegge d'America, Le incarnazioni dell'assassino, per lo statunitense Vollmann.

Storia difficile da definire, impossibile da catalogare. Con uno stile crudo e penetrante l'autore ci parla senz'altro d'amore, di quell'amore assoluto e pieno di dedizione che solo le prostitute orientali possono dare. Queste ragazze così innocenti, strumenti inconsapevoli di perversioni e malattie, accompagnano il protagonista, un giornalista, nel suo viaggio tra Bangkok e una Cambogia ancora in mano ai Khmer rossi; un viaggio consapevole verso la malattia e la morte che segnerà il suo percorso verso la propria definitiva redenzione.

Ma tracciare un percorso preciso del romanzo è impossibile, perché Vollmann si muove con una padronanza fuori dal comune all'interno di cliché usuali rendendoli originali, usando forme narrative non tradizionali. E il suo linguaggio a volte asettico, la lontananza solo formale dell'autore non fa altro, paradossalmente, che immergere e coinvolgere ancora di più nella vicenda il lettore.

Un libro molto interessante, di non facile lettura (almeno in alcuni dei suoi livelli di lettura), che rappresenta in maniera non ordinaria storie di ordinario squallore, in maniera non patetica la ricerca dell'amore assoluto. Che il protagonista crede di poter trovare esclusivamente nei bordelli di Bangkok.

Roberto Sturm


Harlan Ellison

IDROGENO E IDIOZIA

(Shatterday, 1980)

Roma, Fanucci, 1999

(pagine 378, L. 16.000, traduzione di Umberto Rossi)

Questa raccolta non sarà la "… prima antologia di Ellison pubblicata in Italia ... " (come dichiarato nella terza di copertina) ma è veramente un'antologia molto buona.

Vi sono raccolti, infatti, racconti molto al di sopra della media dei racconti di Sf che si possono leggere comunemente: Ellison è una personalità forte, ha una visione chiara, nitida, che si riflette prepotentemente nei suoi racconti.

Evangelisti, nella postfazione (Harlan Ellison, o del vedere pericolosamente, pag. 369) afferma che " … se è piuttosto. chiaro che la fantascienza è il lievito comune a molte storie, è altrettanto chiaro che tutte, in misura maggiore o minore, ne violano le convenzioni." (pag. 371): molti, come vedremo, sono i racconti che di fantascientifico hanno ben poco; alcuni contengono degli elementi che li connotano quali racconti fantastici in senso lato - surreali, immaginifici, ditelo come vi pare - ma non sono fantascienza. E altri, addirittura, non possono, a mio parere, essere considerati neppure fantastici: non vi è alcuna sospensione del giudizio, nulla per cui sia possibile dirli tali, stando alla stragrande maggioranza delle teorie sul fantastico. Ma, nonostante ciò, hanno un qualcosa che, penso, li fa essere tali ugualmente.

Un loro dire molto particolare, sempre in bilico fra il sognante/surreale e lo stare coi piedi per terra che li rende assolutamente appetibili, anche a noi, appassionati di fantascienza.

Ma andiamo a vederli ad uno ad uno.

Jeffty ha cinque anni (Jeffty Is Five, '77): vi si racconta di un bambino che, raggiunti i cinque anni, si ferma a questa età e della tenera amicizia fra lui e un suo coetaneo, che però cresce, cresce normalmente. Ellison vi ha immesso a piene mani quel senso del meraviglioso che gli è connaturato, dando a quell'anomalia, un senso profondo: "Jeffty ... Era il terminale ricevente di infinite gioie e piaceri che il mondo aveva buttato via nel suo cammino. Nella sua fuga suicida che andava dritta verso i Nuovi Domani, il mondo aveva raso al suolo la sua tesoreria di semplici felicità, aveva versato cemento sui suoi campi da gioco, aveva abbandonato i suoi elfi perditempo, e tutto questo veniva impossibilmente, miracolosamente dirottato nel presente attraverso Jeffty." (pagg. 36-37); presto l'amico-protagonista scopre che Jettfy è, in una qualche maniera, sintonizzato sul passato, sull'epoca che dovrebbe stare vivendo; forse, lo si potrebbe interpretare come una trasposizione della naturale tendenza dei bambini a tentare, il più delle volte dolorosamente, incappando in infiniti sbagli, a sintonizzarsi col proprio tempo, la propria epoca storica, della quale non fanno ancora parte, non essendone parte attiva, ma della quale intuiscono solamente la presenza.

O anche, visto che in vari punti l'amico viene tratteggiato come una persona dalla personalità infantile, come quello alla difficoltà a distaccarsi dall'infanzia, per entrare nell'adolescenza. Il pathos della nostalgia è senza dubbio il tema dominante: la nostalgia dell'adulto, immerso nel mondo reale, competitivo (" ... il mondo "reale", il mondo del mio negozio e dei miei amici e della mia famiglia, il mondo di profitti-e-perdite, delle tasse ... " (pag. 38)), verso quell'infanzia che sente ancora pulsare in lui da qualche parte, vivida.

Dicevo del senso del meraviglioso; bellissimi, i vari passaggi in cui si dice della passione per la Sf, in un modo che, sicuramente, tutti noi riusciamo ad apprezzare appieno: "Gli piacque particolarmente il nuovo romanzo breve di Henry Kuttner, "I sogni di Achille", e la nuova serie di racconti di Stanley G. Weinbaum ... A settembre ci godemmo la prima puntata del nuovo romanzo di Conan scritto da Robert E. Howard, "L'isola dei neri", pubblicato su "Weird Tales", e ad agosto fummo un po' delusi dal quarto romanzo breve della serie di Giove con John Carter di Barsoom, "Corsari di Giove"." (pag. 37).

Com'è la vita notturna su Cissalda? (How's the Night Life on Cissalda: divertente racconto umoristico in cui si fa una sorta di satira sul tema iper-classico dell'invasione aliena; un temponauta, di ritorno da un viaggio in altre dimensioni spazio-temporali, si è portato dietro una creatura "disgustosa", dalla: "capacita passionale ... immensa, al di là di ogni misurazione, intensa e inestinguibile." (pag. 60), che, prevalentemente, "scopa" con tutto e tutti, uomini e animali, fino a condurli alla morte.

Colmo del solito sarcasmo di Ellison, che, qui, più che altro, è puntato verso il perbenismo ipocrita di tante persone pubbliche.

Sudore da flop (Flop Sweat, '77): racconto scritto in un pomeriggio, per una sfida lanciatagli dalla conduttrice di un Talk Show radiofonico, Carole Hamingway, il 21 dicembre '77, e trasmesso al programma "TalkRadio" della KABC il giorno stesso; la sfida consisteva nello scrivere un racconto da un'idea che gli sarebbe stata comunicata solamente il giorno della trasmissione, qualche ora prima; l'idea fu: "Scrivi un racconto su una conduttrice di talk show", e Ellison lo scrisse in sole sei ore e mezza; vi si racconta, appunto, di una conduttrice di un talk show che ha, come ospite, un incredibile personaggio diabolico, che pare avere poteri telepatici, e che fa discorsi strani (ma poi neanche tanto!!): "La fede nell'irrazionale e nell'oscurità guadagna terreno ogni giorno, dappertutto. I film ci dicono che siamo sorvegliati da alieni provenienti da altri mondi, o che i demoni infestano la notte; c'è una corsa frenetica verso l'astrologia, la demonologia ... verso la superstizione e la magia; vediamo messia da tutte le parti; Atlantide, il Triangolo delle Bermuda, mondi perduti al centro della Terra, spiriti che parlano dalla tomba; misticismo orientale ... tutte queste cose dominano ogni momento della nostra vita da svegli e sprofondano nei nostri sogni di notte ... questo è il primo squillo di tromba degli antichi demoni, venuti a dominarci." (pagg. 77-78), che, indubbiamente, è molto più verosimile oggi che non quando il racconto è stato scritto.

Finisce con una spaventevole quanto inverosimile apocalisse, che vede quella conduttrice, addirittura, diventare: "Oscura sacerdotessa in un mondo di desolazione, dominato da diavoli, purificato dall'umanità." (pag. 84), che fa pensare che Carole Hamingway fosse ... non male!

Lo faresti per un penny? (Would You Do It for a Penny?, '67), scritto in collaborazione con Haskell Barkin: racconto in cui sono totalmente assenti elementi che lo possano connotare quale racconto fantastico; è, semplicemente, il racconto di un rimorchiamento, da parte di un giovanotto che ha un metodo decisamente originale. Haskell Barkin è stato, per lunghi anni, il migliore amico di Ellison, e questo è il suo primo racconto che venne pubblicato su Playboy; nell'introduzione, l'autore tiene a precisare che il: " ... sottile tono da sciovinismo adolescenziale ... " (pag. 88) è dovuto a Barkin.

L'uomo che pensava solo alla vendetta (The Man Who Was Heavily into Revenge, '78): in cui si racconta di come la rabbia frustrata di un uomo, raggirato e portato alla disperazione, raggiunga una tale intensità da manifestarsi concretamente, fino a portare alla disperazione e al suicidio quello che ve l'aveva spinto.

Il bottegaio (Shoope Keeper, '77): dedicato a Moorcock, è un racconto sul tema fiabistico dei negozi misteriosi, quei negozi che vedi, vi entri, compri qualche cosa di incredibile e poi, quando esci, spariscono; un po' sulla falsariga dei negozi delle armi di vanvogtiana memoria.

Un giovane, che entra in uno di questi negozi, è, dopo essere rimasto estasiato di fronte all'immensa quantità di cose incredibili che vi sono stipate (fra le quali: "Una collezione completa di "Amazing Stories" che andava dall'aprile 1926 al dicembre 2009" (pag. 131)), per acquistare deve sottomettersi ad un'altra delle regole della favolistica: "Hai solo una possibilità, sai. Gli acquisti sono limitati in ragione di uno per cliente." (pag. 135), un po' alla lampada di Aladino.

Ma il racconto vero e proprio è imperniato sui retroscena di quei negozi, che sono al centro della narrazione.

Veniamo a sapere che essi sono niente di meno che delle specie di macchine del tempo con le quale gli ultimi uomini tentano di racimolare ancora qualche briciola di anti-entropia, con la quale contrastare l'avanzata della distruzione finale: " ... l'ultimo migliaio dei diecimila umani che erano sopravvissuti ai secoli ... avevano messo in piedi l'ultima resistenza contro il momento in cui l'ultimo pianeta sarebbe caduto nell'ultimo sole, e l'ultimo sole sarebbe stato inghiottito dall'Infinita Massa Oscura.

Le "Leggende alla fine del tempo" di Moorcock le si ricorda, ma "Le armi di Isher" molto di più.

Tutte le menzogne che sono la mia vita (All the Lies That Are My Life, '80): romanzo breve non di fantascienza, ma che racconta di ... uno scrittore di fantascienza. Ellison, nell'introduzione, dice che è autobiografico solamente in parte; verte sulla lettura del suo testamento, ed è strutturato in maniera molto complessa, con frequenti flash back e lunghe parentesi, a chiarificare ed ampliare particolari, approfondire sensazioni.

Divertentemente testamento letterario, che racconta quel sentimento che ha portato tanti a scrivere, per potere in qualche modo eternarsi: "I racconti, i libri. È tutto quello su cui puoi scommettere. Che continua." (pag. 2~4); e che negli scrittori di Sf può essere contrastato dal timore dell'etichettamento di letteratura di serie B.

Dyango (Dyango, ‘78); dedicato al: " ... genio chitarristico franco-algerino Django Reinhardt." (pag. 226), Ellison lo scrisse ... in vetrina; infatti, l'8 ed il 9 novembre '77, la libreria Avenue Victor Hugo lo invitò a scrivere, per attirare l'attenzione degli acquirenti, un racconto seduto nella sua vetrina, mentre ascoltava, appunto, il jazz di Reinhardt.

È un bellissimo, struggente racconto sulla guerra, e la sua incomprensibilità: " ... probabilmente non gli avrebbero mai rivelato dove si trovava e cosa significava, tutto quello ... " (pag. 234).

L'artista che, non sapendone, e non volendo saperne nulla, deve andare alla guerra, e vedere morire attorno a sè tutte quelle persone. Il suo animo più sensibile che sente tutto l'assurdo della guerra ancor più fortemente degli altri.

E racconta del suo trascinarsi, fra distruzione e rovina, ma con ancora la voglia di suonare, intensa, prorompente; e lo fa. Il culmine lo si raggiunge quando, seduto nella notte, solo, mentre suona: " ... le forme che avevano atteso nell'oscurità vennero a sentire. Una era una creatura senza occhi che affondava i suoi filamenti nella sabbia e assorbiva il suono tramite le vibrazioni. Un'altra si avvolgeva in una palla e pulsava di colori pastello in tutte le loro sfumature. Un'altra sembrava un fiore ma aveva piedi e baccelli dove avrebbero dovuto esserci le mani. Ce n'era una alta e sottile che ronzava piano; e una creatura a forma di serpente, con un volto di donna; e un'ala volante sottile come carta che planava ... " (pag. 231).

Conta le ore che segnano il tempo (Count the Clock That Tells the Time, '78): iniziato nell'ottobre '75 nel Queen's View Inn., in Scozia, dove si trovava con Lori, sua futura moglie, e terminato nel settembre '78: " ... in una tenda di plastica nel mezzanino dello Hyatt Regency Hotel di Phoenix, in Arizona." (pag. 237), quando era ospite d'onore alla 36ª Convention mondiale. Aveva infatti voluto: " .... un posto di lavoro che fosse pienamente visibile per tutti i membri della Convention. Avevo promesso di scrivere un nuovo racconto, che doveva essere affisso sui muri in modo da permettere una lettura progressiva man mano che lavoravo e che quindi mi rendesse disponibile ai partecipanti ma mi permettesse anche una perdita minima del tempo di scrittura ... " (pagg. 237-8). È un racconto profondo e surreale; racconta di un uomo che ha sprecato talmente tanto tempo, della sua vita, da essere trasportato in una sosta di: " ... limbo del tempo buttato ... ", (pag. 261); depresso e desolato, se ne va da solo, in un luogo solitario, a meditare, e: "Il cielo cominciò a sbiadire ... I suoni degli uccelli e delle creature della foresta e degli insetti svanirono ... Ora faceva freddo; molto freddo. Ombre cominciarono a sovrapporsi alla polverosa mezzatinta del giorno esangue ... Il mondo stava morendo attorno a lui. No … stava svanendo, scomparendo, smaterializzandosi ... Il mondo svaniva … le ombre ribollivano e schiumavano e slittavano oltre di lui ... lasciandolo nell'oscurità… Non c'era sole ... Nessun cielo. Il suolo sotto di lui era andato. Sedeva, nient'altro, ma sul nulla, circondato dal nulla, senza vedere e sentire nulla che non il vago brivido di freddo." (pagg. 243-4).

E, là, apprende che: " ... c'è un ineluttabile equilibrio entropico, assolutamente necessario per mantenere l'ordine nell'universo." (pag. 252), e che, quello, era, appunto, un limbo: " ... il tempo inutilizzato non viene buttato via; cola via, drenato attraverso il normale continuum spaziotemporale e riciclato. Tutta questa storia che vede correre via attorno a noi è quella parte del flusso temporale che è stata sprecata. Equilibrio entropico ... " (pag. 253); assiste infatti ad un continuo passare fantasmatico dei grandi eventi della storia, ai quali i molti che vi sono stati trasportati, in un qualche modo, assistono. E, anche (e soprattutto), incontra una donna, che gli dà (e alla quale dà), quel quid di valenza anti-entropica che gli (e le) permette di tornare al mondo normale.

Nel quarto anno della guerra (In the Fourth Year on the War, '79): horror puro, in cui il protagonista è infestato da una presenza altra che lo spinge a commettere degli omicidi, omicidi di persone che conosce, che hanno avuto una parte determinante nella sua vita: " ... uno spettro malato e contorto, demente e malevolo di una personalità che s'era finalmente divisa, o uno spirito disincarnato, una proiezione astrale, un dybbuk o poltergaist o un alieno venuto dal centro della Terra, giunto per fare strage della razza umana, usandomi come strumento involontario ... (o) la natura malvagia di un uomo (che) prende il sopravvento su di lui. (pag. 273).

Vivo e vegeto in un viaggio solitario (Alive and Well on a Friendly Voyage, '77): scritto per esorcizzare il dolore della separazione da una delle sue mogli, che se ne era andata con un altro, è ambientato in un luogo della mente, surreale e carico di valenze simboliche, ed è costituito per la maggior parte da un colloquio fra l'alter ego dello scrittore e un'entità di quel mondo. La parte che segue tale colloquio, è decisamente la migliore: soffusa, immaginifica, è la rappresentazione del ritorno all'equilibrio, dopo il trauma, dovuto, appunto, a quel averne parlato.

Tutti gli uccelli tornano a posarsi al nido (All the Birds Come Home to Roost, '78): horror soft, in cui un uomo vive una sorta di inversione temporale, che lo porta a rivedere, in sequenza, tutte le donne con le quali ha avuto una relazione di una qualche importanza; il protagonista ha avuto però una prima, disastrosissima, esperienza matrimoniale, e, quando si rende conto di ciò che gli sta capitando, il terrore che prova non gli è tanto da quello, ma dal sapere che, in fondo, ci sarà lei.

Nell'introduzione Ellison ci dice: " ... penso che questo racconto sia uno dei migliori che ho scritto. È certo uno dei più dolorosi" (pag. 296), oltre che la editor di Playboy che poi glielo comprò gli fece aggiungere la parte in cui parla del disastro di quella sua relazione; "Mi ci sono voluti due mesi per produrre i dieci paragrafi di cui aveva bisogno Vicky (la editor) ... " (idem).

Oppio (Opium, '77): racconto: " ... scritto per essere letto alla televisione." (pag. 313), parla di una giovane donna che tenta di suicidarsi e che da quel momento (fallisce) ha una serie di allucinazioni.

Metafora del tentativo di tutti noi di scappare via dal mondo reale, chi con la religione, chi con la droga, chi standosene seduto davanti al televisore per ore ed ore.

E di come esso sia, invece, bello.

È stato letto in Tv due volte, ai programmi "At One With ... " e "90 Minutes Live", delle NBC e Canadian Broadcasting Corporation, condotti da Keith Berwick e Peter Gzowski.

L'altro occhio di Polifemo (The Other Eye of Polyphemus, '77): piuttosto ermetico, è diviso in due parti molto ben distinte, nella prima delle quali si racconta, semplicemente, delle difficoltà con le donne di un uomo, mentre nella seconda si va, appunto, in una dimensione surreale, anche se pare avere dei ben precisi agganci con la realtà, in cui quell'uomo, sulle rive di un fiume, incontra delle persone, nude: " ... tutti deformi in un modo o nell'altro. Senza capelli, ciechi, atrofizzati, rovinati." (pag. 331), che gli dicono delle cose, appunto, ermetiche, criptiche.

Nelle ultime righe leggiamo: " ... i pezzi perduti di sè stesso erano condannati a navigare per sempre. Danneggiati, dimenticati; ma non più legati a lui." (pag. 332).

Nell'introduzione, Ellison ci dice che l'ha scritto per scrollarsi via di dosso un'esperienza di una notte con due donne.

L'esecutore dei bambini deformi (The Executioner of the Malformed Children, '78): un vero e proprio racconto di fantascienza, in cui si racconta di un bambino con dei poteri che, assieme a molti altri come lui, viene addestrato per rintuzzare i tentativi di intrusione nel presente da parte di mutanti paurosi provenienti da un futuro in cui è accaduto qualcosa: "Le crepe nell'aria erano uno strappo nel tessuto del tempo. L'oscurità oltre la ragnatela arancione era il futuro. Il futuro della Terra .... Qualcosa di terribile era successo lassù ... (e) Aveva mutato quelli che vivevano lassù, avanti nel tempo. (e che) Ora volevano fuggire. Il disastro aveva fatto qualcosa all'interfaccia tra il presente e il futuro ... quelli avanti nel tempo potevano forzare l'ingresso … Loro (i bambini sensitivi) si frapponevano tra il presente e il futuro; contro quelle cose … (che) Non c'era dubbio che se fossero riuscite a passare, avrebbero distrutto la razza umana e avrebbero preso per sè questa Terra." (pagg. 341-2).

Sono cose davvero orribili, tipo: " ... una tavola di legno con mani umane che crescevano su tutta la sua superficie, e avanzava rapidamente su quelle mani." (pag. 339).

Con tanto di finale a rovesciamento, è un'evidente ironia sulla fantascienza di quel tipo.

Spezzabato (Shatterday, '77): in cui si racconta di un uomo che si sdoppia, ma non metaforicamente, psicologicamente, ma in una sorta di concretarsi di quel qualcosa che Freud individuò come una delle maggiori cause della paura.

E del successivo loro sgretolarsi, questa volta psicologico, per quel dover vivere solamente metà della propria vita.

Infatti, ben presto scoprono di avere pareri estremamente diversi, su un sacco di cose fondamentali; e che, quindi, solamente uno di loro potrà continuare a vivere.

Senza cadere nel facile, con un'idea come questa, tranello di facili psicologismi, di caratterizzazioni troppo marcate, Ellison vi costruisce, invece, una storia di buona suspance, anche se non vi si dà molto spazio alla battuta, cosa che, come abbiamo visto, caratterizza la maggior parte dei racconti di questa antologia.

E, dunque, ecco che Ellison ci ha donato dei racconti davvero belli; Evangelisti, sempre nella postfazione, dice: " ... sono ... racconti in cui più che l'ironia domina il sarcasmo, e a volte la collera che questo può nascondere." (pag. 376).

E certamente quelle della satira sottile e dell'ironia sferzante, sono fra le armi migliori, del Nostro.

Armi di cui ha una padronanza assoluta.

Quello che spesso impressiona in questi racconti, è la capacità dell'autore di padroneggiare il linguaggio in una maniera davvero inconsueta per le persone dei nostri giorni; un saper dire davvero fuori dall'ordinario.

Più volte, nelle varie introduzioni ai racconti, Ellison ci dice anche della sua attività di sobillatore ed estremista, Evangelisti, ancora nella postfazione, fa un discorso sulla sua significanza sociologica: in sintesi, dice che egli ha: " ... un persistente atteggiamento critico verso l'iperconsumismo capitalista, con i suoi effetti di reificazione totale." (pag. 373).

E, poi, che: " ... Ellison testimonia, con la propria parabola culturale, il ruolo centrale che ha avuto la fantascienza - certa fantascienza - nella crescita di nuove proposte narrative." (idem).

Che Ellison, curando Dangerous visions ed epigoni, abbia portato una notevolissima ventata di vero nuovo nella Sf penso sia assolutamente indubitabile; Evangelisti dice: "Le "pericolose visioni" ... erano state ... (le) prime (che) avevano segnalato l'incanto e l'incubo delle società iperconsumistiche, e additato l'incubo della mercificazione totale, della sussunzione marxiana condotta alla follia." (pag. 374).

Sul "Futuro news'" della Fanucci in cui si annuncia questa antologia, c'è un'intervista all'autore raccolta da Steve H. Silver che, però, purtroppo, è incompleta.

Per concludere, una curiosità, credo, divertente: verso la fine della sua postfazione, Evangelisti dice: "Quando le pagine culturali del più diffuso quotidiano nazionale, faranno menzione di Harlan Ellison, sarà come quando, al termine de Il giro del mondo in 80 giorni (intendo il film, non il romanzo) una donna mette piede in un rigidissimo club vittoriano: un piccolo terremoto, con pipe e tazzine da te che volano da ogni parte." (pagg. 374-5).

Altri contributi critici: "Ellison, il terrore ai confini della realtà", di Carlo Formenti, "Corriere della sera" del 12/10/'99

Marcello Bonati


a cura di Piergiorgio Nicolazzini

STRANI UNIVERSI 2

Milano, Ed. Nord, 1999

(pagine 303, L. 24.000, traduzioni di Luca Landoni)

La FS è in crisi, non riesce a rinnovarsi, si è contaminata con altri generi letterari e ha perso la propria specificità ... insomma la FS è morta! Questo è l'insopportabile ritornello che ormai da qualche anno i vecchi saggi della FS italiana ci propinano con disinvoltura e superficialità. L'antologia Strani universi 2 sembra quasi sia stata progettata per confutare le suddette affermazioni. Si tratta infatti di una raccolta di romanzi brevi che riesce con rara efficacia a campionare le diverse modalità espressive della FS contemporanea:

Catherine Asaro con Aurora a quattro voci recupera il "sense of wonder" della FS classica filtrandola con una sensibilità molto moderna (eroe al femminile, matematica dei frattali, ecc.).

Il culto degli oceani di Greg Egan è invece un ottimo esempio di "speculative fiction" nel quale l'ambientazione del racconto diventa lo sfondo per un'acuta analisi del rapporto tra uomo e religione, mettendo in risalto i sorprendenti legami che in questo contesto possono intercorrere tra biologia e psicologia.

In chiesa per tempo di Terry Bisson rientra nel filone della FS satirica. In questo caso l'autore ci regala un divertentissimo racconto che attraverso la teoria del caos si fa beffe della frenesia che assilla gli abitanti delle metropoli (specificamente New York) ipotizzando la scomparsa dei tempi di attesa, delle code e quindi di tutti i ritardi ... o quasi!

Ian McLeod con Le isole dell'estate ci presenta un esempio di FS più soft che potremmo definire "umanista" secondo la celebre divisione proposta da Michael Swanwick. Qui l'espediente della "storia alternativa" viene impiegato non come gioco letterario fine a sé stesso ma bensì per rispecchiare il dramma esistenziale del protagonista. L'intensità con cui viene descritta la persecuzione dei diversi (ebrei, omosessuali, ecc.) in un'immaginaria Inghilterra degli anni '40 governata non da Churchill, ma da un regime totalitario, è un valido esempio dei vertici stilistici raggiungibili nella FS di oggi.

Infine La storia della tua vita di Ted Chiang parte dal classico "topos" fantascientifico dell'incontro con gli alieni per estrapolare un nuovo tipo di linguaggio e quindi un nuovo modo di pensare e di concepire la nostra vita (che è forse la caratteristica letteraria più peculiare e più significativa della FS di sempre).

Possiamo quindi concludere che Strani universi 2 presenta un quadro confortante della FS in lingua inglese di oggi e ci lascia ben sperare per il futuro, sempre che nel frattempo i disfattisti e i detrattori non affossino con il loro meschino pessimismo un genere letterario che deve oltretutto affrontare le difficolta di un mercato editoriale caotico ed ipertrofico.

Lunga vita alla FANTASCIENZA!!!

Riccardo Giandrini


Soggetto e sceneggiatura: Stefano Piani

Disegni: Mario Alberti

MISSIONE AD ALTO RISCHIO - Nathan Never 105

Milano, Sergio Bonelli Editore, 2000

pagg. 98, L. 3.500

Eccoci giunti al secondo capitolo della Saga Alfa, che vede l'intero staff di agenti sferrare il tanto atteso attacco alla sede centrale dell'impero di Aristotele Skoto. Nel numero precedente, infatti, il magnate criminale era riuscito ad impossessarsi di piani segreti riguardanti qualcosa celato al di sotto dell'Agenzia ... qualcosa di cui non avrebbe mai dovuto neanche sospettare l'esistenza! [Cosa abbia scoperto, tuttavia, rimane ancora un mistero!]. Devo infine aggiungere un ultimo particolare: l'albo si apre con una tavola dalla quale apprendiamo che la magistratura sta indagando sulle "malefatte" di Reiser ... e sembra che questi stia per essere accusato formalmente e arrestato da un tale Solomon Darver, commissario per il governo per il controllo sulle agenzie di vigilanza di cui temo sentiremo parlare parecchio in futuro ...

Passiamo adesso ad un breve commento, partendo dall'aspetto grafico dell'albo; si parte con una copertina piuttosto bruttina di Roberto De Angelis evidentemente fuori forma, per poi passare ai disegni di Mario Alberti, già autore del secondo albo gigante e di alcune storie di Legs. Secondo me Alberti non riesce a mantenere un livello qualitativo costante durante le 96 tavole dell'albo: si passa da vignette ben curate, con buoni sfondi e interessante uso dei chiaroscuri a tavole mediocri - con sfondi ridotti all'osso se non del tutto inesistenti. Risulta tuttavia quasi sempre curata la scelta delle inquadrature. Le espressioni dei personaggi si rivelano però il vero punto debole della grafica di Alberti: nella maggior parte dei casi infatti abbiamo buoni primi piani, mentre nelle inquadrature remote - e sono la maggioranza - i personaggi assumono espressioni dall'appena accettabile al totalmente beota ... Davvero un peccato. Va infine segnalato un buon uso dei retini - sebbene siano presenti in veramente poche tavole.

Passiamo adesso alla storia vera e propria, nella quale spiccano due citazioni abbastanza evidenti.

Iniziamo con Predator, film di azione/fantascienza degli anni ' 80 con Swarznegger, che a suo tempo riscosse un discreto successo (uscì anche un seguito e una lunga serie a fumetti).

Tuttavia la citazione più evidente - talmente evidente da esser segnalata nell'introduzione dell'albo- è a Neon Genesis Evangelion, anime che ha avuto uno straordinario successo in tutto il mondo - attualmente stanno uscendo anche in Italia le videocassette (Dynamic Italia), mentre i fumetti furono tradotti un paio di anni fa (Planet Manga). L'enorme successo di Evangelion è dovuto principalmente alla straordinaria qualità dell'animazione, ma anche alla storia che ha saputo conquistare il plauso di milioni di persone (quelli come me che non la possono sopportare sono veramente pochi, lo riconosco!).

È giunto infine il momento di parlare della sceneggiatura dell’albo. Devo dire che solitamente rimango abbastanza "freddino" di fronte alle sceneggiature di Piani, ma questa è veramente un piccolo gioiello: mai prima d'ora, infatti, abbiamo assistito ad un'avventura così "corale". Tutti gli agenti lavorano assieme senza che - come al solito - Nathan rubi la scena ai colleghi. Era già successo altre volte (ad esempio nell'ultimo numero di Agenzia Alfa, di cui si parla sempre in questa pagina), ma questa è sicuramente la prova più riuscita. Appaiono tutti gli agenti e tutti si trovano esattamente dove dovrebbero: Sigmund e Link che coordinano assieme a Reiser l'azione dall'Agenzia e gli altri nelle loro nuove ehm ... armature, sul campo. Se si aggiunge un ottimo ritmo narrativo, con eventi incalzanti e continui colpi di scena, è un "maledettissimo" cliffhanger che costringe i lettori ad un altro mese di agonia, la storia sarebbe perfetta!

Come "sarebbe"? Beh, se leggete da un po' i miei deliri su Nathan ormai avrete capito che sono molto puntiglioso e difficile da accontentare .... In questo caso trovo imperdonabile il fatto che si capisce praticamente subito cosa sta avvenendo all'inizio dell'albo: magari si poteva "nasconderlo" meglio.

Ritengo comunque innegabile che quest'albo sia un'ulteriore dimostrazione dello straordinario periodo narrativo che sta vivendo Nathan .... speriamo che non finisca!

Veramente un peccato l'altalenante qualità grafica, spesso non all'altezza della sceneggiatura.

Giovanni Delibra


Soggetto e sceneggiatura: Bepi Vigna

Disegni: Roberto De Angelis

IL PATTO - Nathan Never 106

Milano, Sergio Bonelli Editore, 2000

pagg. 98, L. 3.500

Continua la Saga Alfa, sequenza di storie dedicata alla narrazione delle origini dell'Agenzia Alfa e alla definizione del suo ruolo nell'economia futura della serie.

La storia di questo albo riprende direttamente da dove si era interrotto il numero precedente: l'agenzia è assediata dall'esercito, per ordine del Commissario Solomon Darver; inoltre Reiser è stato rapito durante l'assenza degli agenti, occupati in una missione ai danni di Aristotele Skotos. L'albo si chiude esattamente con la stessa situazione, essendo totalmente occupato dalla narrazione del primo incontro fra Reiser e Sigmund e della genesi dell'Agenzia.

Fate quindi le vostre ipotesi, puntate sulla più banale e scontata che vi viene in mente e ... quasi sicuramente avrete indovinato!

Questo per dire che la sceneggiatura in sè è tutt'altro che originale e praticamente priva di qualsiasi spunto interessante ... e poi aggiungiamo una spiegazione assolutamente scontata anche per quanto riguarda la natura delle "armature" del numero scorso, ci si può facilmente accorgere che Bepi Vigna sta vivendo un periodaccio - ricordo che ha firmato anche il deludentissimo Numero cento.

Se andiamo ad analizzare i disegni, scopriamo il lavoro dello spettro di Roberto De Angelis: si parte da una cover bruttina, con un Nathan dalla faccia animalesca, per passare a tavole interne perfino peggiori: se è vero che non si può parlar male di inquadrature e sfondi, è anche vero che i volti dei personaggi e la maggior parte delle loro espressioni sono realizzate decisamente male, si direbbe quasi di fretta (in effetti sembra che il tratto di De Angelis sia regredito ai livelli di 4/5 anni fa).

Va sottolineato inoltre come la realizzazione grafica di personaggi non umani risulti come al solito deludente - ma questo è, secondo me, un difetto comune a quasi tutti i "mostri" di casa Bonelli.

Per concludere direi che questo è un numero di qualità decisamente scadente, sia a livello narrativo che grafico ... Mostruosamente sotto la media dell'ultimo periodo!

Giovanni Delibra


Soggetto e sceneggiatura: Bepi Vigna

Disegni: Fabio Jacomelli e Maurizio Gradin

AL DI LÀ DELLA GALASSIA - Agenzia Alfa 5

Milano, Sergio Bonelli Editore, 2000

pagg. 292, L., 8.000

Premessa: secondo le indicazioni dello staff di Nathan Never questa storia è ambientata prima della Saga Alfa attualmente in corso di pubblicazione sulla testata principale dell'agente alfa.

Agenzia Alfa è l'ultimo degli spin-off nati dalla collana di Nathan Never; in particolare si tratta di un semestrale che presenta alternativamente tre storie con protagonista uno degli agenti alfa o un'unica lunghissima storia "corale", che impiega tutti gli agenti contemporaneamente.

Quest'ultimo numero in particolare è del secondo tipo e prende le mosse dagli eventi narrati nel numero due della collana. In quella sede due agenti, April Frayn e Jack 0'Ryan erano rimasti intrappolati su Argo, un asteroide la cui orbita era prossima ad incrociare una misteriosa anomalia spaziale. Più volte negli ultimi numeri di Nathan Never c'erano stati accenni riguardo all'organizzazione di una missione di soccorso ... ed è in questo albo che l'Agenzia Alfa e le autorità militari terrestri tenteranno di recuperare i due agenti Alfa e i tre tecnici rimasti su Argo.

Altro non posso dire della trama, e la cosa complica non poco il mio compito ... in maniera abbastanza "vaga" posso solo accennare che la risoluzione della trama non sarà così banale come si potrebbe pensare...

Cominciamo quindi ad analizzare la sceneggiatura e i disegni.

Partiamo proprio da questi ultimi: apre l'albo una copertina abbastanza anonima e mal colorata di Roberto De Angelis, mentre all'interno si trovano delle tavole veramente buone ad opera di Jacomelli & Gradin. Premetto che non ho la più pallida idea di chi siano costoro o se abbiano realizzato in precedenza altre storie di Nathan; tantomeno sono in grado di distinguere il lavoro dell'uno da quello dell'altro ... so solo che le tavole di questo albo sono decisamente di qualità molto alta, con personaggi molto espressivi e anatomicamente ineccepibili. Le pose sono veramente ben realizzate - totalmente prive dell'''effetto manichino" tipico di alcuni disegnatori della scuderia Bonelli. Gli sfondi sono buoni e risulta molto curato anche l'aspetto "tecnologico" del mondo di Nathan - finalmente non si vedono in giro monitor dalla profondità "imbarazzante", ma solo schermi ultrapiatti! Da segnalare inoltre un uso particolare dei retini. Perché particolare?

Semplicemente perché mentre in alcune tavole sono sfruttati in maniera ineccepibile, in altre si ha un effetto di "pesantezza" tipico di quando se ne usano di troppo "fitti". Questo è forse l'unico difetto delle tavole di questo volume, anche se riconosco che qualcuno potrebbe non gradire l'aspetto scelto per gli alieni dell'albo ... -Chiudo con una considerazione: nonostante l'albo sia stato disegnato "a quattro mani" risulta perfettamente omogeneo, senza che si possa distinguere - almeno a prima vista – il lavoro dei due disegnatori.

Passiamo adesso alla storia: quando l'ho letto pensavo fosse l'albo più corale della storia di Nathan ... chiaramente sono stato subito smentito dal numero 105 della serie regolare! Questo albo comunque ha l'indiscutibile merito di presentare a lavoro contemporaneamente tutti i membri dell'Agenzia Alfa, in maniera decisamente credibile, ognuno con un ruolo ben definito e di coinvolgere anche molti altri comprimari conosciuti nel corso degli anni.

Per il resto la trama risulta decisamente coinvolgente, infarcita di riferimenti a Spazio 1999, Guerre Stellari e Star Trek ... l'unica cosa che proprio non mi convince è il ruolo riservato in futuro ai "naufraghi" di Argo ... la storia si chiude infatti in maniera inaspettata, ma forse un po' "stiracchiata" e poco credibile. Rimane comunque una delle migliori storie di Nathan realizzate, con un rapporto qualità-quantità/prezzo decisamente alto!

Secondo me consigliatissimo!

Giovanni Delibra






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