GARAVINI Bruno
Nato a Forlì il 2 ottobre '60, diplomato in elettronica, lavora come operaio specializzato nell'incerimento urbano della sua città.
Ha collaborato, in qualità di saggista, alle fanzine "The Miskatonic Magazine", "Diesel" e "Intercom". Il suo racconto "Presenze" è giunto in finale al Premio Tolkien '87, ma non è mai stato pubblicato.
Antologie: "Serie nera", supplemento a "The dark side" n.1/'85
"Super Nybra" n. 3, '85; comprende: "La stella di latta" e "Il male che gli uomini fanno"
"Perle nere" n. 1, '86; comprende: "Sorcerer", "Il tuono e la furia", comprendente: "Psicosi", "Alba rossa",
"L'ultima onda", "Il tuono e la furia", "R.I.P.",
"Spettri", "Memorie notturne", "Come ramo di salice al
tramonto", "Leggenda" e "La belva che è dentro di me",
e "Villa Inferno"
"I migliori assassini", "Perle nere" n. 2, '86; comprende: "Il silenzio della notte", "Pop. 1280", "Punto vacuo", "I migliori assassini" e "Pazuzu"
"Il suono del silenzio", ed. Il pentacolo, '87; comprende sette poesie
"Giochi", "Perle nere" n. 3, '87; comprende: "Le furie", "La rabbia giovane", "Dentro la notte" e le poesie "Il richiamo del corno" e "Foresta di cristallo"
"Le tele del ragno", "Perle nere" n. 4, '88; comprende: "Le maschere dei compassionevoli", "Nebbia"*, "Morte al giardino d'infanzia"*, "Un tocco di zen"*, "Vittorie
perdute" e "Crociera nell'infinito"
"Mattatoio a conduzione singola", "Perle nere" n. 5, '88; comprende: "L'uccisione", "Una favolosa, informe oscurità", "Il giocatore dell'altro lato", "Il racconto d'inverno" e "Libri di sangue"
"Strade di fuoco", "Perle nere" n. 6, '88; comprende: "Strade di fuoco", "Corsa cieca", "Là dove sognano i morti", "Macchina per uccidere", e le poesie "Spleen", "Sogno", "I morti", "La casa sulla colina" e "Ciarlestroneide"
"Fiabe per una veglia funebre", "Perle nere" n. 7, '89; comprende: "Black comedy, ovvero le zitelle non scherzano", "Legione", "Bocche da fuoco", "Canzoni lontale" e cinque poesie
"Il gioco della morte", "Perle nere" n. 8, '89; comprende: "Star Trek: sopravvivenza zero!" e "’Kjwall’Kie’K’Koothailll’Kje’K"
"Paranoia boulevard", "Perle nere" n. 9, '89
"I miti di Droog", "Perle nere" n. 10, '89
"Memorie dell'era spaziale", "Perle nere" n. 11, '89
"Mai rivedrai il mattino", "Perle nere" n. 12, '90; comprende: "Mosche", "Morsi" e "Il grido del lupo"
"Metastasi", "Perle nere" n. 13, '90; comprende: "Schizzi", "Il freddo soffio della morte" e "Tagli"
"Il male vive 1", "Perle nere" n. 14, '90; comprende: "Bisbigli", "Notte di caccia", "Circuito chiuso", "Ammazzabambini" e "Nel regno della notte"
"Il male vive 2", "Perle nere" n. 15, '91; comprende: "L’arte di uccidere", "Rantoli nel buio", "Squarci" e "Repulsione"
"Visioni", "Perle nere" n. 16, '91
"Il marchio dei dannati", "Perle nere" n. 17, '91
"Regnare all'inferno", "Perle nere" n. 18, '92: comprende: "Finzioni", "Schermi", "Fette", "Presenze", "Forme", "Ansia", in due versioni, "Corpi" e le poesie "Il battello ebro", "L’alito del nulla", "Aids", "L’ambiguo spettro del desiderio", "L’anno scorso all’Overlock", "Sulla pelle di lui" e "Il sogno finale"
"Lo strano caso del dr. Gordini e di mr. Garavini", "Perle nere" n. 19, '92; comprende: "Tuoni", "Sborra", "Mutazione", "Impulsi", "Colpi", "Treni", "Regole", "Suoni" e le poesie "Terza dal sole" e "L’ora del drago"
"Tre donne intorno al cor mi son venute", supplemento a "Yorick" n. 22/23, '96, poesie
"Poetando sul fantastico", "Yorick speciale" n. 31bis, 2000, poesie
"Una festa ignota", ed. privata; poesie
Racconti: "Storiellina", "The Dark Side" n. 3/'82-inserito nella rubrica "humor", è brevissimo. Narra, molto in sintesi, dell'incontro di un vecchio con un ragazzo: "...di circa vent'anni". Comunque,
esaminandolo più dettagliatamente, se ne possono trarre significati parecchio pregnanti. Il ragazzo ha sete, e il vecchio gli passa una bottiglia dalla duplice caratteristica magica: 1)-se se ne beve il contenuto il livello non diminuisce; 2)-il contenuto stesso è a volontà del bevitore: vino, acqua... ciò che desidera. Le strutture principali sono due, una un espediente letterario, quello di spiegazioni a ritroso di elementi che in precedenza erano risultati oscuri; l'altro è il succo concettuale dell'opera, una specie di allegoria di un
processo psicologico. Detto questo, per linee generali, andiamo nel dettaglio. "Cos'è quella cosa?-chiese ad un tratto (il ragazzo), indicando un oggetto che sporgeva inclinato da terra al centro esatto dell'aia...a poca
distanza dietro il vecchio."; e, più avanti: "...(il ragazzo) si avvicinò pieno di curiosità al ceppo rinsecchito.". Dunque qui si spiega a ritroso che cosa fosse quel qualcosa. Coincidenza divertente: nella prima delle due pagine il testo è sottoposto ad un disegno di una donna, che tiene nella mano destra la testa mozzata di un uomo. Le parole: "un oggetto" si trovano esattamente sottoposti ad un suo piede. Ancor più sotto, nel testo,
troviamo la frase: "Benchè diffidente, il ragazzo s'inginocchiò presso il bordo frastagliato della fossa, stringendo gli occhi per vedere qualcosa", in cui si ha la rivelazione che vicino al ceppo rinsecchito vi era la fossa, in cui, secondo il racconto del vecchio, abiterebbe un orco, da lui liberato tempo addietro da un incantesimo che lo teneva prigioniero; da notarsi che il
ragazzo, fin dall'inizio, benchè testimone della magia della bottiglia, rimane scettico, diffidente, convinto di essere stato ingannato dal vecchio circa la
presenza dell'orco, e il relativo disincantamento dello stesso. E, stringendo gli occhi per vedere qualcosa, ecco la sua reazione, spontanea e naturale, al
suo accostarsi all'abisso dell'orco, che, allegoricamente, come dicevamo, rappresenta il groviglio mentale di incertezza in cui lo aveva messo il vecchio: ""Ma lei come mangia?"-domandò colto da un pensiero improvviso", pensiero in cui stà appunto la scintilla di vita, il suo ritrarsi istintivo dall'abisso in una illuminazione improvvisa. Ma, come vedremo, non gli servirà, era ormai troppo tardi. La risposta del vecchio è: "Lui mi
lascia sempre qualche avanzo...". Il finale non è quello tipico delle migliori fiabe, non c'è l'happy end, ma l'orco che si mangia il giovane scettico... i cui avanzi, come credo avrete già capito, anche se non lo aveste
già letto, spettano al vecchio, che già lo pregusta: "Aveva avuto proprio un pensiero veramente delizioso...Veramente delizioso.". (pagg. 31-2)
"Tenebre", "The Dark Side" n. 5/'82-6° al "1° invito alla narrativa di Sf"-la struttura esteriore, la più evidente, è quella di una lunga parte centrale, preceduta e seguita da un breve brano spezzato in due parti. Il senso
di questo preambolo e dell'epilogo, trattandosi di una composizione in prosa poetica, è assolutamente fluttuante, anche se mi sembra possa essere interpretato come una sorta di esplicitazione di ciò che è per Garavini il
rapporto tra sogno e realtà, e, conseguentemente, il rapporto fra sogno e arte, delle conseguenze, per dirla in parole povere, dello scrivere. Ciò è anche
avvalorato dal brano tratto dal Machbet di Shakespeare, che viene collocato all'inizio. In sintesi, si tratta del riaffiorare in tempi successivi di ciò che si è fatto in precedenza, sognato o scritto; l'onirismo sublimato nell'arte e, d'altronde, l'arte come produttrice, a sua volta, di sogni. Comunque, arrivando al racconto vero e proprio, notiamo innanzitutto una notevole
libidinosità nelle descrizioni della ragazza, che dorme sola nel suo letto, a creare inizialmente l'atmosfera tipica degli incubi morbosi. "Incubo" è il personaggio principale; il fatto saliente consiste nella presenza di un
qualcosa o di un qualcuno nella stanza: "Un segnale estraneo lo turbò... ebbe come l'impressione di una mano furtiva dietro quella visione.... La presenza
era lì, da qualche parte, ondeggiava beffardamente da un punto all'altro della camera prendendosi gioco di lui...". L'incubo si spaventa, e cerca di autoconvincersi a calmarsi. Poi, quando stà per ghermire la ragazza, l'incubo
se lo becca lui: "L'incubo fece per ghermirla, e si trovò fissato da una donna e dai suoi due marmocchi urlanti, la donna implorava pietà per loro, poi bollicine di sangue prendevano a gorgogliarle lungo gli angoli della bocca e i
bambini tacevano...", per poi venire fuori così: "Un uomo. Questo fu il suo primo pensiero coerente quando si accorse di avere come ripreso il controllo di sè stesso.", un "cacciatore d'incubi". Eccoci dunque a poter inserire questo racconto nel filone che comprende fantasmi,
spiriti e pipistrelli, con relativi uomini che tornano dall'oltretomba per vendicarsi dei torti subiti; vedasi zombi. Svanito l'incubo dell'incubo, questi decide di fare quello che voleva fare, ma nel farlo si accorge che la donna è una: "Dannata bambola gonfiabile!". E poi ecco, in un aprirsi rapidissimo di porte, che il racconto si chiude aprendosi; il cacciatore d'incubi si presenta nella sua concretezza, e si identifica, con un salto di livello interpretativo, con l'autore stesso, e questo in questo senso; se nel topos il cacciatore immobilizza l'incubo: "...guizzò dallo strato di plastica e lo afferrò per il polso.", Garavini termina con queste parole:
"Da fuori giunse un grido: Scopa!"-Qualcuno ribattè: "C'è gente che dorme!""-un riferimento all'unico elemento non orrorifico comparso fino a quel momento: "...il borbottio degli adulti che giocavano a carte per vincere il piatto-un gelato, una tazza di caffè.". Per concludere, ecco un esempio di sovrapposizioni di significati preannunciatore
di quello conclusivo: "...in fin del conti cos'era se non il parto di un desiderio perverso?"; il personaggio partorito dall'autore e l'incubo della ragazza; afferrato e distrutto per mezzo dell'arte, dall'autore-cacciatore
d'incubi. E, in un certo senso, quella ragazza siamo anche noi lettori, i cacciatori d'incubi, nel nostro tentativo perenne di tirar fuori, di capire cosa c'è che non va, per far sempre meglio, e vivere in un mondo di pace.
(pagg. 70-4)
"Io che adoro i piccini", "The Dark Side" n. 1/'83-vede una madre esaudire il desiderio della propria figlia di una fiaba prima di andare a dormire, ma è una fiaba, come molte della nostra tradizione, sull'uomo nero,
"il babau"; la bambina si spaventa, e la madre la rincuora. Ciò solleva la questione, ampiamente dibattuta, se sia il caso o meno di narrare questo tipo di fiabe ai bambini, e se si in quale fascia di età. Alcuni
sostengono che ciò sia addirittura salutare, altri che, invece, non sia proprio il caso. Secondo me, principalmente, non si può generalizzare; stà soprattutto
nella sensibilità della madre (o del padre), il rendersi conto se sia il caso o meno. Segue una veloce scena in cui la madre, subito dopo essere uscita dalla stanza, rientra, e non trova più la figlia, ma solo i suoi: "...vestitini
laceri e insanguinati", e vede: "...la scia rossastra che si allungava verso l'anta socchiusa dell'armadio". Rientra il marito, e lei si preoccupa di cosa dirgli, dando l'impressione che la scelta delle parole sia per lei più importante della morte della figlia. Quest'ultima osservazione io la spiego come un meccanismo difensivo molto comune nell'uomo, ovvero quello di pensare a cose futili in situazioni pericolose, e, e questo è il caso nostro, subito dopo aver subito un grave trauma. Più in generale, in sintesi, vi leggo il senso di colpa della madre per aver fatto piangere la figlia, che si esprime
mimicamente col mordersi: "...selvaggiamente le labbra". Ciò potrebbe anche voler dire che il Garavini è per la seconda ipotesi, a proposito delle fiabe da narrare ai bambini, e che, quindi, secondo lui, questo tipo di
narrativa sia adatta ad un pubblico adulto, non impressionabile o perlomeno difficilmente impressionabile... e che lui, ancora più in sintesi, si diverta un mondo a tentare di impressionarli... vedi i vari sottotitoli dei film dell'orrore che sfidano a non aver paura. (pagg. 19-21)
"I migliori assassini", idem-racconto in cui certo non mancano nè "riferimenti", nè "complessità", come dice il Prassi, vede come protagonista Walker, agente del Morgue, "...ovvero obitorio, perchè coloro di cui si occupa finiscono l'esistenza distesi sopra un tavolo di marmo d'una camera mortuaria.", con l'incarico di uccidere un professore per, evidentemente, sottrargli un qualcosa che poi si vedrà. La trama, in sintesi, vede la realizzazione della missione del protagonista, ma andiamo ad interessarci di alcuni dettagli interessanti. Nel commento redazionale si legge: "Storia alla Blade Runner, si direbbe", e ciò si rileva molto bene in questa frase: "Una folla cosmopolita-uomini, mutanti dell'ultima
guerra, androidi, alieni". Dopodichè, troviamo un espediente letterario che io trovo parecchio divertente; ovvero il racconto nel racconto; l'autore è
Brown Garvin, cioè sempre il Bruno; in ogni modo esso risveglia nel protagonista un dubbio morale su ciò che stà facendo: "Walker (dopo aver piantato a metà la lettura), si rizzò di scatto: cosa voleva dirgli il
subcosciente, che era tutto sbagliato? Sbagliato cosa? La sua vita, la missione, qualcuno che non era come doveva essere?", che poi man mano si va dissolvendo in un monologo interiore alla J. Joyce, di cui il N. fà una breve
citazione all'inizio, dal "Finnegans Wake". Esso, il racconto nel racconto, non ha alcun senso compiuto, in sè non dice nulla, è ermetico, ma tale senso lo acquista su di un livello interpretativo differente, ovvero col
fatto che due frasi in esso contenute vengono poi ripetute nel racconto contenitore. Nello spezzone in cui si narra dell'incontro tra Walker e Ishiro Suzuki, rappresentante di un'organizzazione avversa a Morgue, il Sigma:
"...coagulo dei rimasugli delle Brigate Rosse...", c'è un dettaglio poco chiaro, ovvero se il secondo personaggio sia drogato veramente o finga di esserlo per cogliere di sorpresa l'avversario. La seconda ipotesi è la più
plausibile, poichè la "strana siringa" si rivela essere una pistola, nonostante il fatto che la mimica e le parole sconnesse che esprime facciano pensare proprio ad un eroinomane; era un tranello ai danni di Walker. Troviamo,
poi, una serie di frasi in cui si intuisce che Walker aveva già conosciuto J.B., visto che egli si ricorda una sua risata che non è apparsa nel testo, e, di conseguenza, che l'uomo che lo pedina è il vice della Bloodrun, tale Wilhelm Taubmann, per esclusione. Ad un lettore poco attento, comunque, può risultare un accavallamento fra l'eco mentale dell'impiegata della ricezione e quella del
ricordo di W.. A pagina 31, vi è la descrizione molto rapida ed incisiva dell'omicidio del professore-bersaglio. Nel penultimo paragrafetto assistiamo ad una conversazione tra W. e J.B., dopo che il primo aveva catturato la
seconda; lui dice: "Lei deve consegnare la formula ai petrolieri" (Il Morgue è collegato con i petrolieri?? Un gran bel problema!), e lei rifiuta, così si ritrova con una pallottola nel cervello. Qui avviene il primo
ripescaggio di una frase del racconto nel racconto: "Lei mi lusinga, signorina.-disse", è sia l'ultima frase che Walker ha letto del r. nel r., sia, in chiave chiaramente ironica, l'ultima che la Bloodrun sente pronunciare
da lui. Comunque l'interessante è il finale; W., in macchina, dà un passaggio ad una denebiana, il che già inquadra in che epoca futura sia ambientato il tutto; gite turistiche da stella a stella. Lei è telepatica, e scrutando nel cervello del protagonista vede ciò che gli è successo; lui le chiede di fargli un favore; leggiamo: "Il punto è: può fare immodo che costui, ad una certa
ora, sia in un tal posto a dire determinate cose?". Quel "costui" è abbastanza chiaramente il professore; in pratica gli stà chiedendo di far parlare il fantasma del prof. dove e quando vuole lui, e dicendo quello che lui
desidera. Lei accetta, e riceve in dono l'anello che W. aveva sottratto al cadavere del professore. Dopo il secondo ripescaggio, consistente in due frasi
quasi identiche che, in sintesi, esprimono il concetto molto profondo de "ma chi se ne frega", scopriamo che tutto stò casino era stato tirato in ballo per una formula dell'antigravità. Ultime due annotazioni; prima: non è
assolutamente chiaro cosa ha gettato nel rogo dell'albergo. In ultimo, devo dire che l'atmosfera che si respira è estremamente simile a quella del racconto
"La decima vittima" di Robert Scheckley. (pagg. 22-33)
"99/44: 100 % morte", idem-proprio bruttino, secondo Prassi dovrebbe divertire; all'inizio c'è la citazione dal classico "Macbeth" di Shakespeare, e, in sintesi, quel "Che non significa nulla" è il nocciolo della
questione. Il mio tipo di approccio ad esso è stato di tipo comparativo, ovvero esso mi ha fatto risalire alla memoria due racconti: "Una galassia di nome Roma", di Malzberg, e "Intracom" della Le Guin. Il primo per la
sua struttura di non-racconto (vedi il non-romanzo di Brunner "Tutti a Zanzibar"), ovvero di dialogo aperto tra l'autore e il fruitore, oltre che il riferimento specifico al rapporto del primo con Prassi stesso; quest'ultimo
espediente letterario lo si ritrova più che in quel racconto, in altri dello stesso Malzberg, come "Un delizioso racconto umoristico". Per quanto riguarda, invece, "Intracom", sono state le scene cariche di humor
che si svolgono nello spazio ristretto dell'astronave a farmele venire in mente; sia nel racconto del G. che in quello della L.G. vi sono questi tipi di scene leggermente claustrofobiche che innestano meccanismi relazionari
piuttosto spassose, anche se con una punta di amaro. Più in generale, in questi tre racconti si respira un'atmosfera facilmente comparabile. Tra politica e
fantapolitica, l'alieno con le orecchie alla "Spock" (Star trek, vi ricordate?), l'astronave Amarcord e Bettino Craxi, viene fuori un minestrone coi fiocchi... ma questo tipo di sperimentazione credo che G. non sia ancora in
grado di farlo, o, per lo meno, non a livello dei due Grandi sovracitati, oltre che di un Vonnegut, per esempio. Per concludere, diciamo che il suo non-sense, rilassa; si capisce subito che non c'è nulla da capire, e si segue la
narrazione con le difese conscie leggermente più blande rispetto agli altri, quelli in cui il G. diventa una bestia, e qualche risolino, o per lo meno un sorriso, viene sicuramente fuori. (pagg. 34-9)
"Non andartene docile in quella buona notte", idem-tratta il tema del licantropismo, e si impernia, soprattutto, sulla sospensione dell'incredulità,
ovvero quando lo scetticismo e il nichilismo più feroce si imbattono in un qualche avvenimento che non riescono a spiegare. Nel testo non si riesce mai a capire chi sia il licantropo che fa stragi di innocenti, in quanto la realtà
del testo risulta volutamente ambigua. Comunque è chiaro che le interpretazioni possono essere molteplici, e, fin qui credo ci siamo tutti, e che la chiave giusta, al limite, la può avere Garavini stesso, anche se dubito anche di ciò, in quanto suppongo e pongo come punto fermo, come assioma, in altri termini, che uno scrittore non ha e non possa avere la minima idea dei veri motivi che
l'hanno indotto a scrivere determinare frasi, determinati intrecci. Al limite, ci si accorge di come, col passar del tempo, vengano a galla, nello scrittore, elementi inconsci che l'hanno indotto a scrivere una determinata storia, ma
che, poi, nel fluire del divenire, cambiano aspetto, mutano, assumono colorazioni affettive completamente differenti. A cosa sia dovuto ciò, è difficile dirlo, ma credo che, in poche parole, si possa esprimere così; una
volta immesso nel ciclo vitale di ricettività e creatività un'opera, essa va a fluire nella catena di eventi che è la vita, modificandosi anch'essa nel modificarsi del reale. La scena clou, comunque, è certamente quella in cui
l'ispettore capo Lupi, soprannominato Lupo, sul quale pendevano tutti i sospetti di essere il licantropo, ne uccide uno lui, che, dopo morto, ritorna in sembianze umane. A me sembra, in sintesi, che si tratti di un regolamento di conti fra licantropi e a sostenere questa mia tesi c'è una frase del professore ubriacone, solito soffermarsi dinanzi al posto di polizia: "Il lupo non è
umano, sapete, almeno non del tutto."; "È un licantropo mancato, ecco cos'è. Ed il licantropo che infesta quelle lande può ben essere un suo consanguineo."; dunque due licantropi, uno votato al bene e l'altro al male. Lupo sventa una rapina per mezzo del suo essere quello che è, mentre l'altro, il consanguineo, va in giro ad uccidere, in una sorta di giustizia personale tipo Vigilantes, con
intenti pseudo morali, vedasi l'assassinio dei due omosessuali, sul quale il commissario Lupo è: "Due ne cercava, due ne ha voluti...", a suffragare ulteriormente la mia spiegazione. A far comprendere al lettore ciò è
il ripresentarsi nella penultima riga: "Non gli piaceva ricordare il sorriso del lupo.", della reazione di uno dei due poliziotti, Rossi, a quel commento di Lupo: "Il tenente si sentì rimescolare le budella quando
il Lupo gli sorrise.". (pagg. 40-9)
"La veglia", "Alter" n. 7, ed. Milano libri, '83, "The
Miskatonic Magazine" n. 10, '86-piuttosto scialbo, è comunque un horror. Sembra proprio che G. ce l'abbia a morte coi bambini... vedi "Io che adoro i piccini". Comunque, qui c'è una bambina che assiste al rinvenimento
momentaneo di un morto mentre stà cercando di fregargli un soldino dalle tasche. Poi il morto torna a fare la sua parte di morto, e la bambina subisce un trauma nel sentire le monete con cui la madre stava pagando il taxi che
cadono a terra. L'atmosfera che si viene a creare è a metà tra lo spaventoso dell'horror classico e una sorta di ironia graffiante: ecco due esempi di questi due feeling che vengono a sovrapporsi: "Non riuscì a capire che
cosa la trattenesse al capezzale, quale fosse la magia che le impedisse di scappare, quando abbassò lo sguardo e vide la mano del vecchio che le stringeva il polso."; "La bambina ridacchiò; chissà che bello scherzo sarebbe
stato fregargliene una!". In fin dei conti prevale il sorriso, soprattutto per quello "strano" con cui il G. connota la reazione della bambina.
Non vedo cosa ci sia di strano; al limite doveva far capire meglio che la sensazione di stranezza era la madre a provarla, con una frase del tipo: "...alla donna parve strano che...", o qualcosa di simile. Inoltre
notiamo che il G. usa, anche qui, come in "Tenebre", la stretta del polso da parte di un qualche essere spaventevole, per spaventare. (ed. "Alter": pag. 100; "TMM": pagg. 17-8)
"Notte di caccia", "The Dark Side" n. 1/'84, "The Miskatonic Magazine" n. 10, '86
"Un tocco di zen", "The Miskatonic Magazine" n. 2, '84,
"L'altro spazio" n. 10, '85
"Nebbia", in "Rotta fuori controllo", "Babele", numero unico, prodotto in collaborazione dalle redazioni di "The Dark Side" e "La spada spezzata", '84
uno in "Loculus" n. Teo Kojak, '84
"Sparatoria", "Super Nybra" n. 1, '85
"Occhi di gatto", "Super Nybra" n. 2, '85
"Morte al giardino d'infanzia", "The Miskatonic Magazine" n. 6, '85
"Halloween", "Loculus" n. Croissant Dix", '85
uno in "Loculus" n. 44 magnum, '85
"Bocche da fuoco", "Loculus" n. Boldi, '85
uno in "Loculus" n. Brown Garvin, '85
"Legione", "L'altro spazio" n. 8/9, '85, "Sf...ere" n. 37, '85, "Loculus" n. braccobaldo, '86
"Lupi", "Sf...ere" n. 42, '86
uno in "Loculus" n. Sodoma e camorra, '86
"Sopravvivenza: zero!", "Loculus" n. Star trek, '87
"Squola di fantascienza", "Loculus" n. Squola di fantascienza, '87
"Il caso Brown Dexter Garvin", "Loculus" n. Pilastro, '87
"Killer elite", idem
"Inferno", "Loculus" n. Inferno, '87
"Giocattoli", "The Miskatonic Magazine" n. 13, '88, con M. Gordini
"Il predatore della notte", "The Miskatonic Magazine" n. 14, '90
"Oltre lo specchio", idem
"Denti", "Progetto triade" n. 1, ed. Daphnys, '90
"Preda", "Progetto triade" n. 2, ed. Daphnys, '90
"Sussurri", idem
"Dies irae", in "Gli eredi di Cthulhu", "Thule" n. 19, ed. Fanucci, '90
"Dentro la notte", "L'eternauta" n. 90, ed. Comic art, '90
"Sborra", "Diesel" n. 37, '92
"Stasi", idem
"Mutazione", "Diesel" n. 39, '92
"Fatti", "Diesel" n. 43, '92
"Legami pericolosi", "Cybola", '91, numero unico a cura delle redazioni di "The Miskatonic Magazine" e "Blade Runner"
"Prede", in "Fantascienza 1993", "Diesel extra" n. 8, '93
"Metamorfosi cosmica", in "Fantascienza 1994", "Diesel extra" n. 10, '94
"Trust", in "Caffeina science fiction", "Diesel extra" n. 11, '95
"Ombra", in "Speciale horror 1997", "Diesel", '97
"Lidi inesplorati", "Yorick speciale", "Taccuino Lovecraft" n. 4, '97
"Scopo", "Lore" n. 3, '98-umoristico, è fintamente formato dalla lettera di risposta di un editore di un lontano futuro nella quale accetta un romanzo di
fantascienza.
Le note più divertenti vengono dallo spostarsi dell'iniziale significato del titolo verso quello presumibilmente nella testa del lettore, significato che,
all'inizio, viene dato per altro. E dagli autoriferimenti all'autore, nonchè da quelli a persone dello spettacolo di oggi. (pag. 39)
"Segni", "Lore" n. 4, '98-nel quale si dice, scherzosamente, di alcuni segni, appunto, della nostra società moderna, sotto forma di pseudo segni zodiacali.
Segni come la droga, l'aids, ma, anche, inventati, nei quali si portano alle loro estreme conseguenze segni deboli, come il lancio di sassi dai cavalcavia. (pagg. 12-3)
"Il fatto", idem-dieci righe nelle quali si riprende la morte di Diana nel famoso incidente automobilistico, e la si traspone; accentuando qualche particolare, cambiando i nomi. ( pag. 18)
"Creta", idem-redatto in forma cronachistica, racconta di una spedizione di studiosi del paranormale finita in un orrore preternaturale; alla Lovecraft, insomma. ( pag.
27)
"Quadro", idem-dodici righe nelle quali si dice di un universo parallelo nel quale non ci sia stata la 2° guerra mondiale, e nel quale, quindi (?), ci sia, oggi, la
monarchia.
E nel quale un certo Garavini e un certo Di Maio vengono condannati a morte per aver pubblicato un "...foglio clandestino, Lo.re (Libero Ordine Repubblicano).
C'è anche una divertita nota del Di Maio (pag. 38)
"Forza", "Nemo" n. 13, '98
"Un mondo perfetto", "Lore" n. 5, '99-dieci righe nelle quali assistiamo ad un'avventura in un universo parallelo di un eroe di nome... Bruno Garavini. (pag. 24).
"Garaviniana", "Lore" n. 6-7, '99, 9/13, 2000, 14-15-16-17, 2001-18-19, 2002, 20/23, 2003
"La notte del poeta", "Lore" n. 8, '99
Poesie: "Il tuono e la furia", "Phase IV" n. 3, '84
"Dopo le esequie", "The Miskatonic Magazine" n. 6, '85
alcune in un supplemento a "Loculus", '87
"Una festa ignota", "The Dark Side" n. 3/'87
"La foresta di smeraldo", idem
"Dopo la caduta", "The Miskatonic Magazine" n. 11/12, '87
"Lo zodiaco e le stelle", "Diesel" n. 41, '92
"Il cibo degli dèi", idem
"Via col vento", "Diesel" n. 42, '92
"Il richiamo della foresta", idem
"Io, sognatore", "Diesel" n. 43, '92
"L'altare dei morti", idem
"Xanadu", idem
"Il figlio della notte", "Diesel" n. 44, '93
"La dichiarazione di Bruno Garavini", idem
"La diva camaleonte", idem
"Il pupazzo di neve", idem
"Settembre per sempre", idem
"La spiaggia delle anime perdute", "Diesel" n. 46, '93
"La sirena e gli squali", idem
"Là dove danzano i morti", in "Il clangore delle spade",
"Yorick speciale" n. 7, '94
"Venti di destra", in "Fantascienza 1994", "Diesel extra" n. 10, '94
"Il colore venuto dallo spazio", "Yorick" n. 20/21, '96
"L'ora del drago", "Yorick speciale" n. 13bis, "Taccuino
Howard" n. 2, '96
"Il richiamo di Chtulhu", "Yorick speciale" n. 10bis, "Taccuino Lovecraft" n. 1, '96
"L'ultima agonia dei templari", in "I templari", "Yorick
speciale" n. 15, '97
"La cerca onirica dello sconosciuto Kadath", in "Nel sessantesimo di H.P. Lovecraft", "Yorick speciale", "Taccuino Lovecraft" n. 3, '97
"Dracula", in "Nel centenario di Dracula", "Yorick speciale" n. 18, '98
"Van Helsing", idem
"Il conte Crapula", idem
"Io, razzo", "Lore" n. 3, '98-dedicata a Ray Bradbury, è redatta in uno stile che direi falso-aulico, che la rende decisamente poco comprensibile. (pag. 36)
"Blade runner", idem-dedicata a P.K. Dick, inizia con le famose parole del replicante morente del finale del film omonimo, ma poi prosegue nello stile finto aulico di "Io, razzo". (pag. 37)
"From Beyond", in "Astrofobia", "Yorick speciale, "Taccuino Lovecraft" n. 5, '98
"Perigeo", in "Il mito di Atlantide", "Yorick speciale" n. 23, '98
"Il profeta del Graal", in "Il Graal", "Yorick speciale"
n. 25, '99
una in "Yorick speciale" n. 28bis, "Taccuino Lovecraft" n. 6, '99
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