Hard Sf - nanotecnologia
di Franco Ricciardiello
Il termine "Nanotecnologia" fu coniato nel 1976 da Eric Drexler, il quale definisce così la "sua" scienza: "[ … ] una tecnologia a livello molecolare che ci potrà permettere di porre ogni atomo dove vogliamo che esso stia. Chiamiamo questa capacità nanotecnologia, perché funziona sulla scala del nanometro, 1 milionesimo di metro." Il prefisso nano- indica una grandezza matematica pari a 10-9: si tratta dunque di una tecnologia a livello atomico, una scala che vede confondersi le applicazioni della chimica con quelle della fisica, l'ingegneria genetica con la quantistica.
Nel campo dell'ingegneria genetica, possiamo trovare nanomacchine già esistenti in natura: il ribosoma ad esempio, vera e propria macchina programmabile per costruire molecole che agisce montando amminoacidi per montare proteine secondo le istruzioni contenute su nastri di acido ribonucleico. Altre nanomacchine in grado di catalizzare reazioni chimiche (fino a 1 milione di reazioni al secondo) sono gli enzimi. Macchine particolarmente "a buon mercato" sono invece i batteri, capolavori di nanotecnologia che si muovono per mezzo di veri e propri propulsori sospinti da un motore rotante, il turbine a protoni.
La nanotecnologia agisce sulla natura delle connessioni fra gli atomi, dalla quale risulta la proprietà della materia. Gli strumenti di questa tecnologia consistono in "macchine" microscopiche in grado di agire su singoli atomi.
Eric Drexler (esiste in rete il testo integrale del suo Engines of creation: the coming era of Nenotecnology, all'URL www.foresigh.org/EOC) vede nell'applicazione industriale della nanotecnologia due diverse fasi: innanzitutto, il piano di costruzione finale dell'oggetto (sia esso un motore per astronave, una terapia per il cancro o una ricetta di cucina) sarà registrato in una prima macchina, il seme. Il seme conterrà un "nanocomputer", vale a dire un processore in possesso di un meccanismo logico su scala atomica, della capacità di 1 miliardo di bytes stivato in 1 micron cubico, pari a 1 millesimo del volume di una cellula umana. La prima generazione di assemblatori, delle dimensioni di 1 submicron, si moltiplicherà esponenzialmente duplicando sé stessa. La nanomacchina seme sarà iniettata in un fluido viscoso contenente migliaia di miliardi di nanomacchine "assemblatrici" generate da quella prima, singola copia, ciascuna con il proprio nanocomputer, che agiranno seguendo le istruzioni del piano. Questa seconda generazione di macchine costruirà il prodotto finito vero e proprio, muovendosi agevolmente in un liquido che trasporterà anche le materie prime e fungerà da raffreddamento. L'energia sarà fornita dal sole, come dimostra quella straordinaria forma di nanotecnologia che è la sintesi clorofilliana.
Drexler situa la rivoluzione nanotech a metà del XXI secolo. Fra le conquiste scientifiche che la nanotecnologia metterà nelle nostre mani (alcune di queste, nell'opinione corrente sono già associate all'ingegneria genetica) ci sono la trasformazione della materia a livello atomico e la sua duplicazione, computer delle dimensioni di 1/100 di micron cubico, la conquista dello spazio, la definitiva demolizione dei rifiuti, la messa a punto di nuovi materiali resistenti come il diamante, una medicina che agisce selettivamente sulle molecole, la ricostruzione in vitro di tessuti organici, un'anestesia estremamente efficace, un prolungamento della vita molto vicina all'immortalità, infine e purtroppo anche sconvolgenti novità nella armi da distruzione di massa.
L'impiego narrativo della nanotecnologia nella letteratura di fantascienza è purtroppo ancora poco frequente. Fra i romanzi completamente dedicati, si può ricordare solo Costruttori di infinito degli statunitensi Kevin Anderson e Doug Beason, pubblicato in Italia sul n. 2 della rivista Analog. La nanotecnologia ha una parte importante nelle trame di alcuni autori, come Greg Bear (v. La regina degli angeli e il suo seguito, /slant, apparsi in Italia per L'Editrice Nord) e John Varley (La spiaggia d'acciaio, Editrice Nord).
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