Fantascienza in città
La città rappresenta una costante nella storia della civiltà umana: dagli insediamenti su palafitte all'ingorgo di grattacieli di Manhattan, la città ha percorso lo stesso cammino dell'uomo cambiando di aspetto, di materiali, di concezione, di struttura... ma rimanendo profondamente (e paradossalmente) fedele a sé stessa nella funzione svolta.
Allo stesso tempo l'uomo ha concepito in modo astratto la città oscillando tra due punti estremi:
La città organismo
La città come organismo nasce dalle necessita fisico sociali dell'uomo: è quella struttura che si sviluppa secondo leggi e dinamiche proprie, tenendo conto della domanda del fruitore e rispettando i vincoli del luogo dove nasce, espandendosi però in piena autonomia. Un organismo che si accresce assecondando l'ambiente in cui prolifera, modificandosi e diffondendosi col modificarsi e col diffondersi delle esigenze che deve soddisfare. Sia essa il borgo medioevale, accumulo di strati abitativi che seguono la struttura fisica dell'altura su cui nascono, o la città rupestre che si adatta alla friabilità o meno della parete rocciosa che la genera, la città come organismo cresce e si sviluppa secondo le proprie leggi interne.
La città meccanismo
La città come meccanismo nasce dal progetto: è quella struttura che si sviluppa secondo leggi e dinamiche pensate a tavolino e pianificate; che per tenere conto della domanda del fruitore e dei vincoli del luogo di nascita si espande secondo leggi ferree ed esterne alla sua struttura. Sia essa la città ideale, sogno del rinascimento, o la realizzazione utopica di nuove progettazioni come nel caso di Brasilia, la città come meccanismo nasce svincolata dai bisogni particolari che deve soddisfare per cercare invece di rispondere a bisogni ideali o teorici.
Naturalmente questi due concetti non sono altro che i punti estremi ed opposti di una serie di concezioni delta città più sfumate ed intermedie, punti, diciamo così, teorici. Per esempio cos'altro sono i piani regolatori delle nostre città se non il tentativo di innestare le leggi del meccanismo all'interno di una struttura che tende ad essere organica?
La fantascienza ha trattato spesso il tema della città futura, facendolo però quasi sempre in modo tangenziale, lasciando più che altro il tema come parte dello sfondo su cui impostare l'azione. Si è trattato spesso più che altro di note di colore e non di uno studio di una progettazione preciso e scientifico.
A volte ci sono delle eccezioni.
Nel 1974 presso gli Oscar Mondadori esce un volumetto dalla copertina piuttosto brutta, è la traduzione di una raccolta di racconti pubblicata negli USA l'anno precedente, Future City, e da noi titolata Le città che ci aspettano.
Il volume raccoglie una serie di racconti (14 nell'edizione italiana, ho motivo di credere che l'edizione originale ne contenga di più) che presentano dei concetti particolari di città: la città festival, la città sicura, la città degli uffici, la città di superficie, la città dei riti, la città della mafia, la città degli sfratti, la città senz'aria, la città programmata, la città fuori dalla città, la città dei robot, la città senza uomini, la città condannata, la fine della città.
L'idea che si fa largo, e questo libro ne rappresenta una conferma, è che in massima parte la fantascienza classica, quando si è posta a studiare il concetto abbia sentito la città più che altro come meccanismo, mentre le nuove tendenze (diciamo da Blade Runner e dai cyberpunk in poi) sentono la città più come un organismo.
[ Indietro ]
E-Intercom Copyright © di IntercoM Science Fiction Station - (187 letture) |