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Ritrovato il film di Mastrocinque che gettò le basi del neorealismo


di Paolo Mereghetti


Le radici del neorealismo affiorano dove meno te lo aspetti, anche in un melodramma teatrale di metà Ottocento di Teobaldo Ciconi (oggi da molti dimenticato), la cui trama sembra curiosamente simile a quella che affascinò Hitchcock per La donna che visse due volte: diventato un film prodotto dall’Italia fascista mentre era in guerra (dopo ben cinque versioni mute) sarà proiettato oggi al Festival di Locarno, restaurato dalla Cineteca del Friuli dopo essere stato ritenuto disperso e fortunosamente ritrovato in Argentina. La pièce di Ciconi si intitolava La statua di carne (1862) «dramma a forti tinte» secondo la Treccani, ispirato - pare – a un'attrice redenta dall'amore. Ma quello che durante i primi anni del cinema muto era diventato un tipico esemplo di «cinema in frac», con il nobile di turno che rimpiange l'amata popolana morta di mal sottile e maledice il mondo e la cattiva sorte fino a quando non incontra una donna che gliela ricorda come una goccia d'acqua, diventa nel 1943 qualcosa di sorprendentemente nuovo.

Merito di Camillo Mastrocinque e del cosceneggiatore Giorgio Pastina che trasformano il dramma di Ciconi nel film La statua vivente cancellando frac e smancerie tra nobili per far posto a una antiretorica ambientazione popolare, tra i marinai di Trieste, dove il disilluso Fosco Giachetti trova l'amore con la sartina Laura Solari, la perde il giorno delle nozze precipitando nella disperazione e nell'alcol per poi incontrare una prostituta che ne è la sosia. A colpire, oltre all'uso ricorrente dei dialetti, proibiti dal fascismo, è l'ambientazione nei bassifondi dei porti, dove povertà e degrado la fanno da padroni (altre cose che il Regime voleva nascondere), scenari sottolineati dalla fotografia di Aldo Tonti che fa un uso sapiente della luce naturale. Nello stesso periodo Tonti illuminava anche Ossessione di Visconti: il neorealismo stava prendendo forma. Anche per merito di un melodramma ottocentesco che parlava di una donna «vissuta» due volte.






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