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Gibson, un pirata nel cyberspazio
di Sandro Modeo
Neuromante di William Gibson ('84) e Schismatrix di Bruce Sterling ('85) non rappresentano solo una rivoluzione di «genere» - i vertici della fantascienza cyberpunk - ma aprono nuove possibilità narrative in assoluto, più efficaci di tanta malamimesi nel decifrare la contemporaneità: e anche se il secondo dei due testi è superiore per la complessità delle diagnosi sociali, il primo (appena riversato dall'editrice Nord in edizione tascabile) continua a restare il più emblematico di tutto il filone.
La novità di Neuromante si articola su più piani: 1) tematico, come mostrano l'identità del protagonista Case (pirata informatico che nasconde dati nei bit del proprio cervello) e la presenza di intelligenze artificiali come Invernomuto e Neuromante; 2) ambientale, come mostrano l'agglomerato di Chiba (con la luce al neon, dei riflettori al quarzo e degli ologrammi che circola tra gli «alberghi-bara» o tra i «profili scuri delle arcologie») o Rue Jules Verne sulla colonia orbitale di Freeside, dove gli edifici a strapiombo sui versanti di un canyon sono dominati da albe e tramonti registrati e da un cielo olografico copia di quello di Cannes; 3) materiale, dato che sintetico e inorganico soppiantano naturale e organico (tutto è formica laccato polistirene); 4) politico, con la soppressione delle istituzioni statali e la disseminazione, dei poteri; 5) ontologico, con la psicoticità dei soggetti e lo sfumare delle loro menti «drogate» nelle vastità metafisiche del cyberspazio; 6) linguistico-stilistico, coi campi metaforici invasi da similitudini biocibernetiche (il cielo come «argento avvelenato» o come il «non-colore della matrice») e il montaggio sintattico e visivo «cinematico» (l'uso dei ralenty e dei fermo immagine), il tutto a formare il tipico «impressionismo astratto» gibsoniano.
In Neuromante il "dominio della tecnica" non è solo preannuncio di inedite sofferenze: è anche l'apparire di un nuovo logos, adeguato a esprimerle e, forse, a superarle.
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