La rajetta
di Adriana Comaschi, "Minas Tirth" n. 11, ed. Tabula fati, 2018, 14,00 €, 168 pagg.
Ottimo romanzo fantasy, ma di un fantasy ben lontano dagli stilemi, vecchi e stanchi, del genere.
Un fantasy che vede uno stregone esule tentare di reimpossessarsi della gemma con la quale potrebbe far ritorno alla sua terra, e una principessa diventare una guerriera invincibile proprio per quella gemma, e per l’aiuto di alcuni nani che le hanno donato frecce magiche.
Ma nulla di eclatantemente inverosimile.
Tutta la narrazione, pur con questi elementi decisamente fantastici, rimane su di un tono di normalità, di umanità; molto ben delineato psicologicamente.
La regina che ama il marito arrivato da un’altra terra, che vorrà cambiare i costumi della sua gente, che porterà il suo popolo, pacifico, a diventare guerriero, e che si vedrà tradita da questi.
La principessa che pensava di essere defraudata dei suoi diritti di successione, in quanto femmina, e quindi invisa ai nuovi guerrieri, che invece ne diventerà la guida.
E la maga, che ama quel re fedigrafo, e che rigetterà la possibilità di tornare alle sue, e di quello stregone, terre, quando vedrà il corpo straziato del proprio amato giustiziato per il suo tradimento.
Tutto molto ben scritto, toccante.
E c’è un forte dire del ruolo della donna; quel popolo è da sempre un matriarcato, dove sono appunto le donne, a comandare.
E quel re straniero che pensa di approfittare proprio di ciò per imporre la sua violenza di maschio.
La principessa che, istigata da quel padre, si avvia verso l’arte della guerra, e diventerà una guerriera temuta da tutti i loro nemici. Ma che si innamorerà, e vorrà smettere, e tornare ad essere, principalmente, una donna.
E, alla fine, i superstiti, di loro, dalla battaglia che gli si riverserà addosso, che troveranno rifugio nella terra, presso il popolo sotterraneo segretamente loro alleato. Simbolo direi molto chiaro della femminilità.
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