Nel nome di Ubik, il dio degli inganni
di Carlo Formenti
"Io sono vivo e voi siete morti": la frase che Emmanuelle Carrére ha scelto come titolo della sua bella biografia di Philip K. Dick (ed. Theoria) è una citazione da Ubik, il più noto romanzo del grande scrittore di fantascienza. L’editore Fanucci ce lo ripropone ora con una nuova traduzione, e con una introduzione di Goffredo Fofi.
Quando Joe Chip, geniale quanto scombinato funzionario della Runciter Associates (un’impresa che vende ai propri clienti i talenti paranormali di agenti capaci di neutralizzare i poteri telepatici dei dipendenti di una società concorrente), legge quella frase enigmatica graffittata sul muro di un cesso, un brivido gli corre lungo la schiena.
Terrore giustificato, dal momento che Joe ha riconosciuto la calligrafia del suo boss Glen Runciter, che lui ha visto morire il giorno prima, ucciso da un attentato sulla Luna.
Dopo l’esplosione, Joe e altri undici agenti "psi" hanno immediatamente trasportato il corpo ibernato di Runciter al Moratorium Diletti Fratelli di Zurigo, uno dei più accreditati centri in cui i trapassati vengono conservati in condizione di semivita – una sorta di limbo biochimico che consente ai vivi di mettersi periodicamente in contatto con i loro cari estinti - ma il verdetto è stato negativo: giunto troppo tardi, il cervello del magnate è irreversibilmente danneggiato, Runciter è morto.
Ma la diagnosi non gli impedisce di continuare a manifestare la sua presenza, e non solo con quel graffito: telefona, appare in televisione, parla per radio, il suo volto e la sua voce inseguono Joe Chip in un mondo che si fa sempre più instabile, dove tutto slitta inspiegabilmente verso il passato, al punto che il funerale di Runciter si svolge nel 1939, fra vecchie auto Ford e ascensori a manovella. E anche i colleghi di Joe regrediscono, si indeboliscono fino ad accartocciarsi in miseri mucchietti di cenere. Solo Chip resiste, perseguitato, oltre che dal fantasma di Runciter, da paradossali messaggi pubblicitari che esaltano i poteri miracolosi dei prodotti più improbabili e disparati, i quali hanno tuttavia un elemento in comune: si chiamano tutti Ubik.
La sconcertante verità si fa lentamente strada nella mente del protagonista: nell'attentato sono morti lui e i suoi compagni, il vero sopravvissuto è Runciter, il quale sta tentando di mettersi in contatto con i dipendenti dopo averli fatti ibernare. Quel mondo assurdo è il prodotto delle allucinazioni provocate dal delirio della semivita, Ma il pericolo è reale: nel centro di Zurigo c'è un «vampiro» che si nutre dell'energia degli altri ospiti per prolungare ai loro danni la sua pseudoesistenza. E altrettanto reale è l'aiuto promesso dalla pubblicità: non appena Joe mette le mani su una bomboletta di Ubik trova la forza di resistere e lottare.
Ma chi o che cosa è Ubik? Nel sadico finale, Dick dissolve le residue certezze del lettore, insinuandogli il dubbio che anche Runciter potrebbe essere un fantasma (come tutti noi?), un burattino nelle mani di un Dio bizzarro e crudele: «Io sono Ubik. Prima che l'universo fosse io sono. Ho creato i mondi. Ho creato le orme di vita e i luoghi in cui esse abitano ... Vanno dove io dico, fanno ciò che io comando. Io sono la parola e il mio nome non viene mai pronunciato, il nome che nessuno conosce. Io sono chiamato Ubik, ma questo non è il mio nome. Io sono. Io sarò in eterno».
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