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Ubik: la destrutturazione della Sf borghese


di Peter Fitting


"Ubik" di Philip K. Dick (1969) è, a mio parere, una delle opere più importanti degli anni 60 per le sue caratteristiche di decostruzione e allo stesso tempo tentativo di ricostruzione: esso mette a nudo le principali istanze della Sf a livello ideologico, in termini di scienza e di finzione, e contemporaneamente tenta di lanciare uno sguardo su un futuro liberato dalle restrizioni che evidenzia. In questo romanzo, Dick ha fatto "esplodere" e ha trasceso il genere Sf e il "romanzo di rappresentazione" di cui è parte. Due criteri in genere vengono usati al fine di "nobilitare" quelle opere di Sf che si giudicano meritevoli di attenzione e possono essere incluse nel curriculum universitario. Il primo si richiama a contenuti e intenzioni filosofiche o scientifiche del libro, in virtù delle quali questo viene definito come "scienza narrativizzata" (volgarizzazione) o come paradigma del metodo scientifico (estrapolazione) che può essere usato per sondare i nostri problemi contemporanei; per esempio, Sf come letteratura utopica. Un "pedigree" di merito accademico può anche essere garantito sulla base di criteri formali, che riguardano la scoperta di qualità letterarie ed estetiche: attenzione verso lo stile, le immagini e le metafore, e verso la tendenza dell'opera allo stato dell'Arte Sublime (1). Questi tentativi di rendere rispettabile la Sf tramite cooptazione in una qualche tradizione letteraria più ampia effettivamente ne sminuiscono le qualità specifiche o di genere. Così essi assumono un ruolo importante nella preservazione dello status quo letterario e, in maniera marginale, della società che l'università ha il ruolo di sostenere. Ma questo recupero di una critica conformista non può applicarsi a tutto ciò che c'è di buono nella Sf, e in particolare agli scritti di Philip K. Dick.

Gli scritti di Dick non sono facilmente includibili in ambiti accademici, in quanto i suoi romanzi sono, in apparenza, scritti male e senza accuratezza, con caratterizzazioni superficiali, trame confuse e altre simili deviazioni dal "buon scrivere". Questa apparente mancanza di attenzione nella scrittura, insieme ad una sovrabbondanza di dettagli e convenzioni della Sf tradizionale, gli hanno guadagnato l'indifferenza sia da parte dei propugnatori dell'Arte Sublime che da parte di quelli della New Wave; mentre i suoi tentacolari, caotici prossimi futuri e il suo totale disinteresse per le virtù di razionalità e plausibilità futurologica della Sf tradizionale gli ha reso avversi gli amanti della fantascienza più convenzionale ed estrapolativa (2). Comunque, questo saggio cercherà di mostrare, attraverso l'esempio di "'Ubik", come la Sf di Dick presenti un modello formale di scrittura più sovversivo, che indebolisce piuttosto che riconfermare il sistema repressivo in cui è stato prodotto, e attua in qualche modo una critica dei presupposti ideologici del genere Sf e del romanzo tradizionale in genere.

Così come le sue altre narrazioni, da "Eye in the sky" (1957) e "The man in the high castle" attraverso "The three stigmata of Palmer Eldritch" (1964) e "A Maze of Death'; (1970), "Ubik" è centrato sul "problema della realtà" - sugli sforzi di un gruppo di persone di catturare una realtà elusiva, cangiante, a volte allucinatoria e spesso ostile. Il romanzo è divisibile senza difficolta in due parti. Gli eventi che portano all'esplosione prendono posto su di un singolo piano di realtà che coinvolge la rivalità d'affari tra gli agenti psi della Hollis Talent e gli "inerziali" (anti-psi) della Runciter Associate. In seguito, dopo l'esplosione e la morte di Runciter, la realtà comincia a perdere la sua consistenza ed integrità. Nonostante Joe Chip e gli altri inerziali riescano a trasportare Runciter al Moratorium Diletti Fratelli dove i morti sono preservati in "semi-vita", uno stato "tra la vita piena e la morte" (cap. 2), dove il soggetto può essere rianimato e può comunicare fino a quando la decrescente "attività encefalica" viene mantenuta - i tentativi di rianimare Runciter falliscono e sono sostituiti dagli sforzi degli inerziali per capire cosa stia succedendo a loro stessi. Messi di fronte ad una realtà ostile in disintegrazione, essi suppongono che vi siano due opposte forze al lavoro: "un processo di deterioramento" in cui la loro realtà invecchia e decade, e un'altra forza in contrasto con la prima che coinvolge inesplicabili manifestazioni del defunto Runciter. I loro tentativi di comprensione possono essere visti come differenti ipotesi che essi sviluppano e che occupano gran parte del romanzo: essi pensano che Runciter abbia registrato dei messaggi per loro prima di morire; che Runciter sia vivo e tenti di mettersi in contatto con loro dalla semi-vita; o che Pat (la moglie di Chip) sia un agente di Hollis e sia riuscita ad intrappolarli in un'illusione mentale. Ma, come ammette J oe Chip, non riescono a trovare una soluzione; alla fine, egli incontra Runciter che gli assicura che essi, non lui - sono stati uccisi nell'esplosione e ora sono uniti insieme nella semi-vita dove egli ha tentato ci comunicare con loro. E la visione disgregata degli inerziali di Des Moines nel 1939 è una costruzione mentale del ragazzo Jory, che mantiene la propria semi-vita nutrendosi della vitalità degli altri semi-morti. Ma questa spiegazione finale viene prima modificata, quando Chip inavvertitamente richiama nella sua illusione una persona vivente del futuro che rifornisce la sua provvista di Ubik, il "supporto alla realtà'' che lo protegge da Jory; e quindi distrutta, quando Runciter, dopo aver lasciato il Moratorium, scopre che tutte le sue monete e banconote portano l'immagine di Joe Chip. Dalla prima menzione alla semi-vita - un fenomeno che, come dice Runciter, "aveva fatto impazzire i teologi" (cap. 2), alla ricerca degli inerziali sul senso della loro esistenza e la loro consapevolezza delle forze della vita e della morte, "Ubik" gioca incessantemente con una dimensione metafisica. La semi-vita non è presentata come possibilità futura realistica (cioè, il romanzo non spiega come la semi-vita sia possibile, né esplora i problemi morali, etici p scientifici che potrebbe suscitare). Così il lettore può cominciare a considerare la semi-vita come una trasposizione narrativa del mondo dei fantasmi e degli spiriti in un romanzo di Sf, dove la spiegazione si riferisce ad asserzioni pseudo-scientifiche piuttosto che sovrannaturali. All'interno di questo contesto entrambe le "quest" per il significato esistenziale e per la lotta infinita tra le forze della vita e della morte, hanno tradizionalmente un significato metafisico. La ricerca di solito vuol convincere il lettore che non solo c'è un significato discernibile nella realtà, ma che questo significato sta oltre o dietro la realtà osservabile (teleologia) e che l'uomo a volte riceve messaggi dall'aldilà circa il senso del reale (rivelazione divina). Jory, la forza negativa dell'illusione e della morte, è il demonio, in questa allegoria manichea, mentre i Runciter sono gli agenti di Ubik, la forza preservatrice di vita che è chiaramente assimilabile a Dio: per il suo nome (dai latino 'ubique", la radice di "ubiquità", uno degli attributi del Dio cristiano), per la sua funzione e più esplicitamente per l'epigrafe all'ultimo capitolo che richiama "in principio era il verbo" di Giovanni:

"Io sono Ubik. Prima che l’universo fosse, io sono. Ho creato i soli. Ho creato i pianeti. Ho creato gli esseri viventi e i luoghi in cui essi vivono; io li comando a mio giudizio. Vanno dove io dico, fanno ciò che io comando. Io sono la parola e il mio nome non è mai pronunciato, il nome che nessuno conosce. Io sono chiamato Ubik, ma questo non è il mio nome. Io sono. Io sarò in eterno." (cap. 17)

Nonostante che il problema della realtà sia così posto in termini metafisici, le relative aspettative del lettore sono in definitiva frustrate e la metafisica rigettata. I personaggi sono incapaci di scoprire un qualsiasi significato finale, onnicomprensivo, e Joe Chip capisce, quando incontra Jory, che non c'è nulla dietro quella realtà: "Ebbene, pensò, ecco una delle due forze al lavoro; Jory è quella che ci sta distruggendo... che ci ha distrutti, all'infuori di me. Dietro Jory non c'è nulla; lui è la fine" (cap. 15). E ancora, quando incontra Ella, esclama: "- Lei e l'altra forza, Jory che ci distrugge, e lei che cerca di aiutarci. Dietro di lei non c'è nessuno. Ho raggiunto l'ultima delle entità coinvolte" (cap. 16). Comunque la scoperta di Joe Chip dell"'ultima entità coinvolta" non è la scoperta di una causa prima o finale. Jory ed ubik, nonostante possano essere visti come rappresentazioni allegoriche di Dio e del Demonio, sono limitati, senza dubbio, in alcuni aspetti cruciali che indeboliscono questa allegoria; o piuttosto, suggeriscono una critica di concetti idealisti quali appunto quelli di "Dio" e "Demonio". Difatti Jory "accelera" solamente il "normale raffreddamento" e la morte delle cose che è il "destino dell'universo" (cap. 13). E neanche Jory pensa a sé stesso come al male; la sua stessa semi-vita, come racconta a Chip, dipende dalla sua abilità nel depredare i più deboli semi-vivi (cap. 15), una dipendenza che richiama gli argomenti "ecologici" di Joe Chip nel difendere la Runciter Associate e gli anti-psi neutralizzatori degli psi: "(gli anti psi) sono forme di vita che depredano gli psi, e gli psi sono a loro volta forme vitali che depredano i norm... Equilibrio, il circolo completo, predatore e preda. Sembra, essere un sistema eterno. E, francamente, non vedo come possa essere migliorato (cap. 3). In termini metafisici, Ubik è anche analogo alla "grazia" cristiana, la divina assistenza data agli uomini per aiutarli nel passaggio attraverso la valle di lacrime terrestre nella quale sono caduti, verso la vita seguente e il premio del paradiso. La quest di Chip diventa, in larga parte, una ricerca di Ubik (come la ricerca di Perceval del Graal, simbolo della grazia e della redenzione cristiana), che lo protegge dalle forze del male e della morte (Jory).

Comunque, il significato di Ubik come agente mediatore e segno indicatore di una realtà metafisica viene confutato da molti aspetti critici. Primo, esso protegge Chip mantenendolo in una realtà illusoria, mentre gli nasconde la realtà "reale" del moratorium. In modo simile la religione cristiana tradizionale ha reso accettabili i problemi e le ingiustizie umane della realtà affermando che questa esistenza è solo l'ombra di una realtà immateriale, ideale, e una preparazione per questa. Secondo, Ubik è dissacrato attraverso l'uso ironico delle epigrafi, di cui discuterò brevemente, e all'interno della stessa narrazione. In quanto, come Chip comprende (cap. 16), Ubik è un'invenzione umana, un simbolo della stessa lotta dell'uomo contro l'entropia, piuttosto che dell'assistenza o guida divina in questa lotta. E l'ultimo riferimento a Ubik nella narrazione è un commento ironico sull'intervento divino: dopo che l'attraente ragazza materializzatasi dal futuro per portare a Joe Chip uno spray di Ubik scompare, lasciandolo a metà di un invito a pranzo, egli scopre un messaggio sul contenitore: "credo che il suo nome sia Mira Lanley. Vedi l'altro lato del contenitore per indirizzo e numero telefonico" (cap. 16).

Un'epigrafe sotto forma di "Jingle" pubblicitario apre ciascun capitolo di "Ubik", eccetto l'ultimo, come abbiamo già visto, la cui epigrafe può comunque essere vista come un "super-cartellone teologico", che conferma lo strano connubio del romanzo tra religione e consumismo capitalistico. Questi comunicati commerciali, che hanno poco o niente a che fare con la narrazione, propongono Ubik come la migliore birra, il miglior caffè istantaneo, il migliore shampoo ...

"Amici, questo è tempo di pulizie e noi stiamo svendendo tutti i nostri silenziosi Ubik elettrici a prezzi davvero ridicoli. Abbiamo gettato da parte il listino prezzi. E ricordate: ogni Ubik della nostra partita è stato usato secondo le istruzioni." (cap. l)

"Il miglior modo di chiedere una birra è chiedere ad alta voce Ubik. Ottenuta da luppoli selezionati, acqua di prima scelta, invecchiata lentamente per un aroma perfetto, Ubik è in tutta la nazione la birra migliore. Prodotta solo a Cleveland." (cap. 2)

"Se avete problemi economici di qualsiasi natura, fate una visita all'impiegata della Ubik Risparmi e Prestiti. Lei cancellerà ogni preoccupazione dai vostri debiti. Supponiamo, per esempio, che voi prendiate in prestito cinquantanove postcrediti in un prestito consolidato. Dunque, gli interessi ... " (cap. 8)

Questi "messaggi commerciali" forniscono una riaffermazione della descrizione marxista di valore, in quanto Ubik è un equivalente universale (l'incarnazione del valore di scambio) che può rappresentare o rimpiazzare qualsiasi altro prodotto: sotto il capitalismo. ogni cosa ha il suo prezzo; mentre la presentazione di Ubik attraverso questi messaggi pone in rilievo l'esigenza del capitalismo di creare necessità (valori d'uso) nel consumatore. Inoltre le epigrafi, con la loro non pertinenza alla narrazione (dove Ubik è un "supporto alla realtà" contenuto in una bottiglietta Spray e non viene menzionato fino al cap. 10), possono anche essere viste come una ulteriore sovversione del concetto metafisico di rappresentazione. Una epigrafe, come un titolo, ci si aspetta che serva da commento e/o sommario dei contenuti di un capitolo, come se il significato fosse "contenuto" nello scritto e si potesse riassumerlo nello stesso modo in cui le etichette ci dicono cosa si trova all'interno di un contenitore in un supermarket. Epigrafi facete o impertinenti (o intestazioni ai capitoli, come in "A maze of death") sono una deliberata trasgressione che viola il contratto commerciale alla base del romanzo tradizionale. Le epigrafi ironicamente inappropriate ad ogni capitolo sono così un preludio ad un più complesso rifiuto di teleologia e metafisica in Ubik, che dipende da un riconoscimento delle presupposizioni metafisiche della stessa forma del romanzo. Il classico romanzo borghese è stato descritto dalla recente teoria letteraria francese come esso stesso una costruzione metafisica. Il romanzo è un medium rappresentativo, e il concetto di rappresentazione implica che il testo sia una riaffermazione di un qualche significato preesistente (3). Questa condizione riduce la lettura ad uno sguardo attraverso il testo verso un significato "reale", sia che questo provenga dalla realtà empirica, dal disegno cosciente dell'autore o dalle sue intenzioni inconsce. Questa predisposizione trascendente valorizza il significato mentre riduce il significante ad un mezzo.

E perciò maschera e mistifica il testo stesso, sia nella sua materialità (la sua struttura) che nella sua produzione (l'atto della scrittura), nella stessa maniera in cui, come Marx ha dimostrato, i valori di scambio mascherano e mistificano il valore d'uso di un oggetto così come il concreto lavoro umano in esso investito (4). Il tradizionale "romanzo di rappresentazione" funge in questo modo da supporto ideologico del capitalismo: esso rinforza una concezione trascendente della realtà che mistifica l'attuale situazione dei modi di produzione capitalistica e delle risultanti espressioni e alienazioni. Sebbene le storie di Sf rappresentino una realtà immaginaria, esse hanno tradizionalmente a che fare con la rappresentazione di "un'alternativa finzionale al mondo empirico dell'autore" che di solito è costituito e regolato da leggi conoscibili (5). Come in altri romanzi, c'è un significato discernibile e comprensibile che informa il romanzo di Sf (e questo al di là di qualsiasi critica di possa portare ai "contenuti" del romanzo di Sf tradizionale). Ma al lettore di "Ubik" è rifiutata qualsiasi interpretazione definitiva e finale. Alla fine del romanzo, il lettore sembra aver raggiunto la spiegazione completa degli eventi, accettando che Joe Chip e gli altri siano in semi-vita e che Runciter, vivo, tenti di mettersi in contatto con loro. L'usuale soddisfazione del lettore nel finire il libro e riadattare tutti i fatti precedenti deriva sia dalla conferma formale della propria concezione della realtà sia, nel caso di "Ubik", dal sollievo per aver finalmente risolto l'inquietante tensione tra realtà narrativa e illusione. Ma questa soddisfazione non dura a lungo, dato che quando Runciter lascia il Moratorium scopre che le monete e le banconote nel suo portafoglio portano tutte l'immagine di Joe Chip (come, all'inizio della seconda parte del romanzo, Joe Chip e gli altri inerziali scoprono sulle loro monete l'effigie di Runciter) - un'indicazione che anche questa realtà è un'illusione. E il romanzo conclude, mentre Runciter guarda incredulo il suo denaro:

"Questo era solo l'inizio": l'inizio di una infinita serie di realtà illusorie ma anche, per il lettore attento, l'inizio della fine di numerose illusioni circa la realtà e il romanzo. Non c'è una singola interpretazione soddisfacente di "Ubik", compresa la mia, e l'aspettativa tradizionale del lettore - la scoperta di questa interpretazione – è frustrata.

Tuttavia, questa frustrazione è intenzionale. Questo tipo di testo non è tanto una finestra che si apre su un significato trascendente, ma uno specchio che riflette lo sguardo del lettore, forzandolo ad uscire dai suoi parametri famigliari di lettura per trasferire l'attenzione sul funzionamento del romanzo come forma di manipolazione.

Ubik non è solo una destrutturazione delle ideologie e delle implicazioni formali metafisiche del classico romanzo borghese, ma anche di ciò che Lem ha definito (in "Solaris") come "le presupposizioni antropomorfiche della scienza e della Sf", La scienza è espressamente demistificata, prima di tutto, attraverso la noncuranza per la plausibilità scientifica, e poi tramite la sola descrizione "scientifica" di un dispositivo tecnologico di tutto il romanzo:

"Una bombola spray di Ubik consiste di uno ionizzatore negativo portatile, con una unità autonoma ad alto voltaggio e basso amperaggio, una batteria ad elio di 25 KV. Agli ioni negativi viene impartita una rotazione antioraria da una camera di accelerazione accuratamente predisposta, che crea in essi una tendenza centripeta volta a farli aderire piuttosto che a disperderli. Un campo di ioni negativi diminuisce la velocità degli anti-protofasoni normalmente presenti nell'atmosfera; non appena la loro velocità è scesa, essi cessano di essere antiprotofasoni, e, per il principio della parità, non possono più combinarsi con i protofasoni irradiati dalle persone in congelamento; cioè da colore che si trovano in semi-vita. Il risultato finale è che la proporzione di protofasoni non annullata dall'azione degli anti-profasoni aumenta, e ciò significa, per un periodo determinato, un incremento nel campo di attività protofasonica... ciò che i semi-vivi provano come un aumento di vitalità è un abbassamento del grado di coscienza dello stato congelante".

Questo passaggio parodizza quel gergo scientifico che viene spesso usato più per nascondere l'ignoranza che per trasmettere informazioni o conoscenza (provate a leggere una descrizione del cancro, una malattia che la scienza può "descrivere" senza capirla). Inoltre "Ubik" è una critica del modo di percezione "a priori" che informa il pensiero scientifico e che la scienza spesso propone come principio obiettivo empirico (6). Dick intraprende questa critica dell'imperialismo scientifico portando la soggettività agli estremi per far ricordare - come ha fatto probabilmente nel modo più efficace in "Clans of the alphane moon" e "A maze of Death" - che la posizione dell'osservatore è una prospettiva estremamente soggettiva da cui dedurre leggi universali; questa "realtà" è un costrutto mentale che può essere messo in dubbio in qualsiasi momento. La scrittura di Dick è stata spesso etichettata come schizofrenica, ma è tempo di riconoscere che questa non deve essere necessariamente una critica, che la schizofrenia può essere, per dirla con le parole di R.D. Laing in "The politics of experience", una "rottura" piuttosto che un "crollo". Gli scritti di P.K. Dick sono un esempio di tale rottura, non solo nel senso di destrutturazione del romanzo di Sf, ma anche di apertura di un varco attraverso i confini psicologici e percettivi impostici dal capitalismo. In quanto la repressione dell'individuo sotto il capitalismo va oltre l'ovvio meccanismo politico-militate o il controllo interno di polizia che Dick ha frequentemente denunciato nelle sue lettere pubbliche o nei discorsi. Essa si sviluppa anche in modo più subdolo e pericoloso attraverso il controllo e l'indirezione delle nostre forme di percezione e pensiero, costruendo una realtà radicalmente "altra", impensabile e orribilmente mostruosa. Il ben noto film di Sf "The forbidden planet" (1956) per esempio, è una classica rappresentazione del tema dei "mostri dell'id", quelle energie libidinose di cui (dalla nozione di peccato originale alle teorie contemporanee sull'aggressività innata dell'uomo) abbiamo imparato a temere e diffidare, che la società cerca di dominare e controllare, e che vengono liberate dall'inconscio ogni volta che si allenta la veglia della coscienza individuale. A differenza di questo film che contiene un esplicito avvertimento contro la liberazione di questa forza, "Voyage of the Space Beagle" di Van Vogt rivela un accostamento più ambiguo verso la repressione. In quanto ciò che colpisce nel romanzo di Van Vogt (specie considerata la sua dichiarata filosofia politica) non è tanto il viaggio di auto-scoperta o il famigliare tema Sf della necessità di una sintesi e integrazione dei diversi metodi e discipline scientifiche in modo da raccogliere la sfida per cambiare il mondo, ma la narrazione di una serie di contatti tra umani e creature spaziali ostili. Come i mostri di "The forbidden planet", queste creature sono simboli delle energie libidiche crude, non represse, che minacciano il tessuto e il funzionamento lineare del capitalismo. Ancora, nella presentazione di questi mostri possiamo intravvedere un implicito (o illecito) desiderio nei confronti della loro forza, il loro potere, che contraddice l'esplicito messaggio di contenimento scientifico di queste minacce. Durante ciascun confronto, nel romanzo di Van Vogt, il lettore guarda per un certo tempo attraverso gli occhi del mostro sentendo e percependo la realtà secondo l'esperienza di quest'ultimo. Questa identificazione, per quanto breve, provoca ammirazione ed invidia.

Ad un livello ancora più alto, questo è il caso di "City" di Simak, dove addirittura l'intera popolazione terrestre emigra su Giove quando a tutti viene offerta la possibilità di diventare come mostri. La Sf di Dick si concentra meno sulla possibilità di liberazione di queste forze (l'uso dickiano dei mondi paralleli, l'esteriorizzazione della realtà interna) o sulla "reale" forma che possono assumere, che sull'erosione delle forme di controllo di cui sopra - le presupposizioni sulla forma del romanzo e sulla scienza. Benché la soluzione metafisica venga rifiutata, benché non sembri esserci una risposta finale alla questione di cosa sia la realtà, e benché per Dick non vi possa essere una singola realtà finale, c’è una piccola dose di pessimismo, nei finali di Dick, se comparati con il facile pessimismo della corrente letteratura della disperazione tanto di moda. Sebbene "Ubik" segni la fine di alcune delle nostre illusioni, esso è foriero di speranza nel suo rifiuto di chiudere il conflitto con un opportuno finale felice o infelice, nello stesso modo di un altro importante romanzo di Sf degli anni 60, "The Einstein intersection" di Delany.

Nel mondo post-cataclismico di Delany, strani esseri mutanti percorrono la Terra e parlano di un futuro diverso e inconoscibile, verso il quale però essi muovono deliberatamente, con fiducia e desiderio. "Ubik", attraverso la figura di Ella Runciter, propone anch'esso un diverso e imprevedibile futuro. Ella lascia la semi-vita per un "nuovo grembo", per "rinascere". Questa rinascita comincia con la dissoluzione della personalità, come si apprende dalla descrizione che Ella fa della fusione e della "crescita comune" di differenti personalità nella semi-vita. Ma questa rinascita non è descritta come reincarnazione: essa non implica la trasformazione in qualcosa di specifico, qualcosa che sia stato progettato o programmato; piuttosto si tratta di un apertura verso nuove forme e possibilità collettive.


(1) Il più recente studio di questo tipo è "New worlds for old" (1974) di David Ketterer, che attribuisce un "pedigree" alla Sf facendola rientrare in una" torma accettata di letteratura" che Ketterer definisce come "apocalittica" (par .IX): "Se tanti insegnanti di letteratura dovessero essere convinti che la fantascienza è un'area meritevole di studio, si deve dimostrare ad essi che un romanzo come "Martian Chronicles" può aprire la via ad un'intensa analisi critica cosi come "Moby Dick" (par. X). E per perfezionare questa accreditazione egli impiegherà una "strategia critica (che) coinvolga la considerazione comparativa, si spera mutualmente illuminante, delle manifestazioni fantascientifiche e non fantascientifiche o "classiche" dell'immaginazione apocalittica" (par. X).

(2) Vedi L'energica risposta di S. Lem, “Philip K. Dick, czyli fantomatyka mimo woli" nel suo" Fantastyka i Futurologia" (Krakow 1973), 1:174-92. Una versione modificata di questo studio è apparsa in Sf Commentary ##35-36-37 (Set 1973) come "Science Fiction: un caso disperato - con un'eccezione". L'eccezione è Dick, di cui Lem scrive: "La superficie dei suoi libri mi appare cruda e rozza, connessa all'onnipresenza dei rifiuti... Dick non può contenere i rifiuti: piuttosto egli scatena un pandemonio e poi lo calma lungo il cammino. La sua metafisica spesso scade nella direzione dei trucchi da circo da quattro soldi. La sua prosa è minacciata da escrescenze incontrollate, specialmente quanto trabocca in una lunga serie di mostri fantastici, e quindi perde ogni sua funzione di messaggio".

(3) Questa discussione si basa largamente sulle teorie critiche del Gruppo Tel Quel: "Tel Quel: theorie d'ensemble" (Parigi 1968), in particolare agli scritti teoretici e critici di Roland Barthes, Jacques Derrida, Julia Kristeva, Jean Ricardou e Philippe Sollers. Per un apprezzamento critico dei loro lavori vedi Fredric Jameson, "The prison house of language" (Princeton 1972), pp. 172-86.

(4) La teoria marxista del valore è spiegata nella parte 1, vol. l del "Capitale", "Prodotti e denaro". Nel 1914 Lenin riassunse questa teoria come segue: "Un prodotto è, prima di tutto, una cosa che soddisfa un bisogno umano; in secondo luogo, è una cosa che può essere scambiata per un'altra cosa. L'utilità di una cosa la rende un valore d'uso. Il valore di scambio (o semplicemente, il valore) è la base di ogni rapporto, proporzione, in cui un certo numero di valori d'uso di un certo tipo può essere scambiato con un certo numero di valori di scambio di un a1tro tipo... La loro caratteristica comune è quella di essere prodotti del lavoro... La produzione dei beni è un sistema di rapporti sociali in cui i produttori individuali creano diversi beni (la divisione sociale del lavoro), e in cui tutti questi prodotti sono rapportati agli altri nel processo dello scambio. Di conseguenza, ciò che è comune a tutti i prodotti non è il lavoro concreto di un definito settore produttivo, non il lavoro di un particolare tipo, ma il lavoro umano in astratto - lavoro umano in generale ... Dopo una dettagliata analisi del duplice carattere del lavoro implicato nei prodotti, Marx procede ad esaminare la forma del valore e il denaro. Qui, il tentativo principale di Marx è quello di studiare l'origine della forma-denaro del valore, il processo storico di sviluppo dello scambio, che comincia con atti individuali ed accidentali di scambio... passando per la forma universale del valore, in cui un certo numero di prodotti diversi viene scambiato per uno e quel solo particolare prodotto, fino ad arrivare alla forma-denaro del valore, dove l'oro diventa questo particolare prodotto, l'equivalente universale. Come più alto prodotto dello sviluppo della produzione di scambi e merci, il denaro maschera, nasconde il carattere sociale di tutto il lavoro individuale, il legame sociale tra i produttori individuali uniti dal mercato". Collected Works (Mosca 1964), 21:59-61. Lo specifico parallelo tra valore e significato è sviluppato da J.J. Goux, "Marx et l'inscription du travail" (in "Tel Quel", op.cit.: "i materiali fonici o scritturali diventano semplici segni, semplici significanti (di un significato esterno, trascendente); ma le loro funzioni di trasformazione (come mezzi di produzione) e le loro caratteristiche trasformate (come prodotti) sono ignorate. Il fatto è che qualsiasi significato è invece il prodotto di un lavoro sui segni e dei segni reali - il risultato della produzione testuale, ed è nascosto, così come il valore d'uso originale del denaro (l'oro o l'argento il cui valore deriva dal lavoro investito nella loro estrazione) in modo da ridurlo ad un segno secondario arbitrario, solo un segno" p. 193.

(5) Darko Suvin, "On the poetics of the science fiction genre", College English 34 (1972):375

(6) In "Solaris" di Lem, il narratore descrive le teorie del Solarist Grastrom che "cerca di dimostrare che le più astratte conquiste della scienza, le più avanzate teorie e vittorie dei matematici non rappresentano niente di più di un’incerta progressione di uno o due passi dalla nostra rozza, preistorica, antropomorfica comprensione dell'universo intorno a noi. Egli individuò le corrispondenze con il corpo umano - la proiezione dei nostri sensi, la struttura della nostra organizzazione fisica, e i limiti fisiologici dell'uomo - nell'equazione della teoria della relatività, il teorema dei campi magnetici e le varie teorie dei campi unificati" (cap. l1). L'investigazione delle presupposizioni ideologiche o metafisiche della scienza e del metodo scientifico cosi come la demistificazione delle pretese scientifiche di neutralità e obiettività sono state il soggetto di numerosi, interessanti e molto diversi studi negli ultimi anni, dall'importante "Science Fiction et capitalisme: critique de la position de desir de la science" (Parigi 1974) di Boris Eizykman fino a "The sleepwalkers" (1968) di Arthur Koestler e "The politics of pure science" (1967) di Daniel Greenburg. Per uno sguardo alle relazioni intercorrenti tra scienza, marxismo e fini politici e ai conseguenti successi e fallimenti in Unione Sovietica, vedi l'ottimo "Science and philosophy in the Soviet Union" (1972) di Loren Graham.






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