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Blade Runner: opinioni in memoria di Philip Kendred Dick


Blade Runner secondo Marcello Bonati


Botteghini pieni, gente accalcata, incassi record, tutto questo per il nuovo film di Scott, che ritorna dopo il successo di "Alien".

Nota saliente di questa pellicola è il soggetto, il romanzo di Dick da cui è stata tratta la trama; ad essere sinceri, quello è uno dei pochi romanzi dello scomparso Dick che non sono riuscito a leggere, per cui non sono in grado di fare il solito parallelo tra il soggetto e il film, ma l'atmosfera che si respira è proprio quella dickiana, quella di "Vedere un altro orizzonte" oltre a quella de "La svastica sul sole"; in particolare quelle "Astronavi pubblicitarie" che volano a bassa quota sui quartieri iperaffollati della città, invitando ad una nuova vita sui pianeti colonizzati, sono esattamente come me le ero immaginate leggendo quei romanzi. Il tema è quello degli androidi; alcuni di essi fuggono da una colonia extraramondo e tornano sulla terra per cercare il modo di allungare la loro vita, programmata per essere breve; un ex poliziotto disoccupato viene ingaggiato per rintracciarli ed ucciderli (c'è anche una semi storia d'amore tra lui e un androide di sesso femminile). Alla fine, dopo mirabolanti inseguimenti e sparatorie, ne rimane uno solo, che per di più si trova ad avere in mano (letteralmente), la vita del poliziotto-segugio; ma, in un impeto di "umanità" lo grazia, e poi muore, sotto lo sguardo sconcertato del graziato.

Ecco quindi, la "dickianità" del film; fino a che punto sono "diversi"?

C'è anche il tema del rapporto oppressi - potere, in particolare quello del sovrapporsi di una realtà artificiale a quella reale, per mezzo delle "reclame", delle multinazionali, eccetera.

In sintesi, un gran bel film, scenografia abbagliante, da incubo psichedelico, temi scottanti; fealing garantito.


Blade Runner song

Commento redazionale

Una soundtrack scorporata dal film appare poca cosa, priva com'è dell'integrazione visiva, invece no.

Anche da sola la musica di Vangelis si distingue per raffinatezza, e per una sua inquietante impronta ottenuta tramite L'equilibrio particolare tra "stile anni venti" e scatti dell'elettronica più corposa al limite "DISCO".

Come una pioggia, lenta monotona…


Lettera con commento del film di Enrico Barbierato. (Informale).

(…) Blade Runner, che ho gustato più di una volta (una delle mie segrete passioni è quella di vedere all'infinito lo stesso film): il film è un capolavoro per più motivi.

Il romanzo di Dick, "Do androids dream of electric sheep?" (come molti altri), non pareva prestarsi ad una trasposizione cinematografica, vuoi per il discorso complesso affrontato dallo stesso Dick, vuoi per l'eterno compromesso a cui il regista deve abbassarsi per guadagnare soldi, producendo così megafilm estremamente fiacchi ad un'analisi seria e ragionata.

Questo era il mio giudizio o meglio, pregiudizio) a priori, prima di vedere il film: sono lieto di essere stato completamente smentito.

Il romanzo di Dick non è sfruttato totalmente (nel romanzo la città non appare così tetra ed inquinata; nel film non si parla di una guerra nucleare avvenuta in precedenza; non è riportata la figura messianica di Mercer e dei suoi, seguaci; lo stesso Deckard non è sposato... e via dicendo), ma nonostante ciò, Scott sviluppa un discorso completamente autonomo, estrapolando un presente spaventosamente attuale: la Los Angeles del 2019 non è dissimile dalle squallide metropoli della nostra epoca, gli spinners colorati che saettano nel cielo indicano una tecnologia al servizio di sé stessa, gli androidi forme di vita create dall'uomo e sfuggite totalmente al suo controllo.

In particolar modo, la stessa metropoli riflette l'incubo persistente di Scott (*si rivolge al curatore, dopotutto non è un saggio… ma una lettera (ndr)* che, se ricordi, era già presente in "Alien"), l'ambiente esterno visto come un grembo materno dilatato all'inverosimile che imprigiona un feto (l'uomo) condannato a percepire una realtà del tutto alterata; Los Angeles, con il suo inquinamento, la sua continua pioggia, ossessiona gli abitanti, costretti a vivere (i più fortunati o ricchi, suppongo) in case enormi, buie (un grembo nel grembo?).

Per il resto, Dick è predominante. Gli androidi sono umani, hanno paura, soffrono, amano: sotto questo aspetto, la scena finale in cui Batty salva Deckard è illuminante.

Unico difetto: il protagonista del film, come ha notato la critica, era un misto dei vari Marlowe e Bogart, cosa che Dick era ben lontano dall'affermare: il "suo" Deckard era uno come noi, pieno di problemi e di nevrosi (pensa, ad esempio, all'attaccamento morboso che lo lega alla pecora elettrica) un po' meno sicuro del cinico Harrison Ford.

Prendi questo mio giudizio per quello che vale: sarebbe interessante però, porre a confronto queste opinioni, magari in una rubrica adatta; stralci di lettera, magari.

Un ultimo suggerimento; perché non fare un referendum allo scopo di sapere quali sono, secondo i lettori di T.D.S., i migliori film di S.F. (propongo di considerare i film dal '75 in poi, tanto per non cadere nelle ovvietà di 2001, Rollerball…) Se La cosa ti interessa eccoti La mia classifica (...)


Proposta accettabile, che ne dite ragazzi?

N.B. Non abbiamo messo la classifica di Enrico per non influenzarvi.


Blade Runner secondo Prassi Giampiero

Blade Runner, ovvero l'impatto visivo, uditivo e tattile. La sensazione, come un umido, perenne scrosciare d'acqua, acqua che dilava i muri delle vecchie case di Los Angeles, in un futuro che è già presente.

Tuttavia, ad essere sincero, sono stato un poco deluso dal film. Non è che non sia un buon film, solo che era stato troppo pompato dalla pubblicità, solo che il fantasma di Dick vi aleggiava sopra e si sperava di assistere all'elogio funebre di Philip.

Non un evento storico, non una pietra tombale dunque; ma un corposo film degli anni '80.

Amici che avevano visto 1997 mi dicono che gli somiglia molto, io non so, certo è che s'inserisce bene nel collage di violenza – fascino - immanente tecnologico del cinema moderno.

Blade Runner ha molti difettucci e una certa commercializzazione.

I difettucci li hanno tutti, la commercializzazione non scandalizza quando non riduce. il corpus di un film, ed allora perché criticare Blade Runner? Ecco, non è che di trama ce ne fosse mola dopotutto ... questo pare l’aspetto più debole della produzione...

Film importantissimo invece nella sua vera chiave di lettura neoromantica, della sensazione sopra tutto il resto…

Film di sensazione, film d'estetismo raffinato, dove la decadenza viene circonfusa dal suo alone grandioso e terribile.

Le voci pubblicitarie che cavalcano·i canyon di vetrocemento per perdersi nei tuguri della periferia, del ghetto, che sembra circondare la città, esserne anzi la parte più immensa ed estesa, la parte vera... Lo stesso protagonista, seppure mi sia sembrato troppo di genere, con il suo cinismo magnifico che poi diventa crisi.

In questo contesto stona moltissimo il finale, Dick li avrebbe ammazzati tutti, non fisicamente ma moralmente, Ridley invece fa finire tutto con la solita speranza ad uso platea, che in un film di tale levatura fa cadere a tutti le braccia dalla disperazione…

Ma io più che altro ho assorbito la pioggia gelida, l'armageddon in sordina che si consumava fra le larve del ghetto, nella mente dei replicanti resi quasi si trattasse di reduci dal Vietnam.

Questi anni '80 celebrano la sensazione, il cinema di coinvolgimento emotivo e "The Wall", che ho visto meno di un mese dopo Blade Runner per me lo conferma pienamente, ormai la tecnica viene data per scontata e si incomincia ad andare oltre, a far parlare queste scenografie da incubo, a creare il disagio, renderlo umido e sgocciolante, improvvisamente bestiale.

La musica di Vangelis pur non costituendo una soundtrack memorabile ben si armonizza nel contesto, contribuendo al sensazionalismo del film.

Dick, se esiste, lo fa sentire nell'uso del contrappunto tra La figura degli androidi dallo spiccato carattere e dalle azioni tragicamente responsabili e la figura delle larve umane, inutili e perse, è il solito vangelo di Dick; gli automi siamo noi...

Un bel momento lirico che mi ha colpito è pure il monologo dell'androide sul tetto del grattacielo, quando cita in un volo d'uccello le barriere di Orione e le cose che sono di Là.

E poi si esce dal cinema, fuori il tempo è cambiato e piove, un altoparlante bercia una vendita ·promozionale in distanza … Non è Los Angeles e non ci sono replicanti in giro.

Non ci sono replicanti in giro?


Blade Runner secondo Roberto D'Onofrio

"Blade Runner", ultima fatica del poliedrico Ridley Scott si annuncia come una delle migliori pellicole della stagione cinematografica 82/83, abbiamo avuto di recente l’occasione di visionarlo e ne siamo rimasti più che soddisfatti.

Estremo tributo alla prematura scomparsa di Philip Dick, il film riesce a trasporre fedelmente le allucinate e rarefatte atmosfere così elegantemente descritte nel libro.

La vicenda apparentemente semplice prende l'avvio in una affollata Los Angeles. L'anno è il 2019, Rick Deckard ex poliziotto a riposo viene richiamato in servizio da Bryant, capo delle unità Blade Runner, c'è una grana grossa, alcuni replicanti (specie di Robot costruiti in modo talmente perfetto da sembrare umani) sono fuggiti da una colonia extramondo ed ora sono sulla terra, a Deckard l'incarico di rintracciarli ed eliminarli. Da qui prendono il via tutta una serie di scene mozzafiato e colpi di scena che condurranno lo spettatore fino all'inaspettato finale.

Ad una visione superficiale il film potrebbe sembrare niente di più che una classica indagine poliziesca ambientata in un prossimo futuro, ma Scott in realtà si serve del soggetto unicamente come pretesto per esprimere qualcosa di più profondo, l'angosciosa metropoli in cui si svolge la vicenda non è poi così diversa da certi quartieri ghetizzati dell'odierna New York, buia, fosca, marcia, continuamente bagnata dalla pioggia ed in questo contesto un'umanità formicolante, soffocata da un'atmosfera densa e greve, gli ambienti ricordano quelli della Manhattan di "Escape from New York” di Carpenter, e per tutta La pellicola si ha la stessa sensazione di qualcosa di pesante e soffocante che angoscia, non un attimo di luce, solo miasmi e fumi inquinati in una scenografia curatissima ottenuta riutilizzando i set dove La Warner ambientava i vecchi films di gangster con Humprey Bogart.

Chi sono i veri umani in questa vicenda? Scott sembra farci intendere che siano i replicanti; "… Si ponevano le nostre stesse domande; da dove vengo? Dove vado? Quanto mi rimane?... " dice di loro Deckard durante il film; sono loro i veri protagonisti della pellicola, il resto dell'umanità è vista solo come una massa brulicante, inconscia ed indifferente di quello che gli accade.

Pur avendo a disposizione specialisti del calibro di Douglas Trumbull (che lo ricorderemo per il suo lavoro in "2001 Odissea nello Spazio" e "Incontri Ravvicinati... " per citare alcune delle opere più importanti), Richard Yuricich e David Dryer, gli effetti speciali sono utilizzati al minimo da Scott che si preoccupa principalmente di rendere palpabile e realistica una umanità allucinata ed emarginata di un furo che è proprio dietro la porta.

Per finire vogliamo ricordare ancora le musiche cerebrali di Vangelis (1) che ben si adattano al film, e la stupenda fotografia di Jordan Cronenweth che rende magistralmente reale l'atmosfera angosciosa. Rivelazione del 1977 con "I Duellanti" Ridley Scott si appresta a divenire uno dei nuovi fautori della Science Fiction più genuina, lontana dai fasti pacchiani di pellicole superficiali come "Star wars"


1 Fondatore degli Aphrodites Child, la sua celebrità prese il volo soprattutto dopo il suo rifiuto di entrare a far parte degli Yes.


Importante

Questa monografia a più voci è stata realizzata in modo del tutto naturale, ci sono molti accordi fra i quattro pezzi, ciò è accaduto per caso e non forzatamente, per cui si vede che il film per una ragione o per l'altra era molto trasparente non cl siamo messi certo d'accordo! È molto importante vedere in quest'ottica l'intero blocco "Blade runner". altrimenti potevamo fare a meno di concepire questo saggio a più voci.






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