Dalla parte dei replicanti
di Maurizio Bono
C'è chi dei propri anni verdi rimpiange le illusioni, chi perfino i brufoli. Figuriamoci se non c'erario dei fan della prima ora pronti a scandalizzarsi perché il capolavoro più bistrattato di Philip K. Dick, Do androids dream of electric sheep? ora è diventato leggibile e addirittura godibile, col titolo Blade runner dopo essere rimasto per più di dieci anni un sofferto privilegio del manipolo di fan militanti disposto a sciropparselo in una traduzione a ostacoli.
Ancor prima di mandarlo in libreria, racconta l'editore Sergio Fanucci, hanno cominciato ad arrivare i fax: «Perché quel titolo?». La protesta è di quelle un po' snob: Do androids dream of electric sheeps, da cui Ridley Scott ha tratto, poco prima della morte dello scrittore nel 1982, un successo cult e di cassetta rimasto negli annali del cinema, circolava fino a ora nelle librerie italiane nelle ristampe della Edizioni Nord col titolo Cacciatore di androidi. La Nord, a sua volta, aveva acquistato traduzione e diritti dalla pionieristica, benemerita e scomparsa casa editrice La Tribuna di Piacenza, che al momento di pubblicarlo aveva affrontato sbrigativamente, anche se con passione, l'impresa, Risultato: la costruzione di Dick (che al plot del cacciatore di androidi ripreso da Ridley Scott accosta una trama imperniata sulle deprivazioni emotive della società del futuro, lo schizzo rapido di una complessa teologia tecnologica tesa a compensarle, e molto altro ancora!) conservava il suo fascino solo a patto di non far caso a ripetizioni, espressioni infelici e persino a qualche oscurità nella logica dell'azione, dovuta ai tagli.
Una specie di brufolo, in sé non grave ma seccante in società, affligge in effetti molti dei libri di Philip K. Dick in Italia: è la loro veste editoriale precaria. È nata anche così, da noi, la leggenda di un Dick genio della fantascienza, si, ma cattivo scrittore. Che, alla prova dei fatti, se non scompare si ridimensiona un bel po': messa nelle mani di un professionista come Riccardo Duranti (amico e traduttore, tra gli altri, di Raymond Carver e Richard Ford) la prosa di Dick è in gran parte riabilitata. «Certo, resta un autore discontinuo che nei dialoghi va di corsa, ma eccelle nelle invenzioni e in certe descrizioni quasi surrealiste» dice Duranti. Blade runner toma così a essere un romanzo tanto bello e complesso da far sfigurare il suo celebre film-clone.
Potrebbe essere la tappa definitiva della svolta. Negli ultimi cinque anni il caso Dick è infatti lentamente esploso, per merito di editori grandi (Mondadori, che ha sempre pubblicato Dick nella collana Urania, quest'anno ha mandato in libreria la Trilogia di Valis e tre volumi dei racconti; Bompiani il romanzo Guaritore galattico), medi (Theoria ha pubblicato nel 1995 la biografia scritta da Emmanuel Carrère Io sono vivo e voi siete morti; Sellerio in maggio Le tre stimmate di Palmer Eldritch) e piccoli (da Cronopio è uscito nel 1994 Un oscuro scrutare).
Poi c'è Fanucci, che prima di Blade runner aveva pubblicato Confessioni di un artista di merda; quasi autobiografico, e ritradotto Ubik (postfazione di Goffredo Fofi): ora sta preparando le riedizioni di due titoli maggiori, I simulacri (prefazione del segretario della Cgil Sergio Cofferati, che di Dick è un estimatore) e Una svastica sul sole. Il 7 e 8 dicembre, a Courmayeur, Sergio Fanucci sarà così al tavolo dei relatori di un convegno al Festival Noir su Dick, che tra i partecipanti annunciati annovera Fernanda Pivano, Enrico Ghezzi, Gabriele Salvatores e Fofi, coordinatore Giovanni Cesareo. «Non mi sembra vera, la compagnia» ride pensando alla storia recente della sua casa editrice, che ancora alla fine degli anni Ottanta era considerata di estrema destra, come l'avevano voluta i direttori editoriali di allora Gianfranco De Turris e Sebastiano Fusco. Nel '90 era subentrato lui, venticinquenne, alla guida. E, smagrito il catalogo di saghe celtiche e nibelungiche futuribili, aveva cominciato la sterzata. Che però sarebbe sbagliato considerare solo ideologica: «Un Dick d'annata costa sui 9 mila dollari, un K. W. Jeter, del quale pubblico l'anno prossimo Replicant night, seguito di Blade runner scritto con l'autorizzazione degli eredi, sui 18 mila. Come faccio a spiegarglielo ai puristi che io Blade runner, con un titolo o l'altro, lo devo vendere come il pane?».
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