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Dick: ultime dal pianeta rosso, sognando la Terra


di Carlo Formenti


Dopo essersi assicurato la quasi esclusiva del grande scrittore americano di fantascienza, ispiratore tra l'altro del film Blade Runner, l'editore Fanucci prosegue a ritmo costante la pubblicazione dei «classici» di Philip K. Dick.

Pregustando l'imminente uscita di Un oscuro scrutare (uno fra i tre o quattro capolavori di questo autore, scomparso nel 1982, che ha scritto centinaia di romanzi), godiamoci intanto Noi marziani, un singolare racconto di oltre trent’anni fa (pagine 308, lire 12.000).

Singolare perché in esso Philip Dick s'abbandona con particolare accanimento alla sua ossessione diagnostica nei confronti delle malattie mentali (frutto d'un ambiguo atteggiamento di dipendenza e disprezzo nei confronti degli psichiatri, che ha frequentato per tutta la vita temendo d'essere lui stesso pazzo).

Ma singolare anche perché si tratta d'uno degli esempi più evidenti del modo in cui Dick si sforzava di «travestire» sotto panni fantascientifici la sua ambizione (inesorabilmente quanto immeritatamente frustrata) di scrittore mainstream con forti propensioni all'introspezione.

Astronavi e tecnologie sono descritti in modi che oggi appaiono ingenui (ma, paradossalmente, è proprio per questo che i romanzi di Philip K. Dick hanno potuto reggere al tempo e rivelarsi profetici), e fanno esclusivamente da contorno alle sofferte vicende dei coloni. E anche il pianeta resta sullo sfondo: scenario squallido e desertico, in cui s'aggirano gli ultimi esponenti d'una razza umanoide in via d'estinzione, coltivando i misteriosi residui della loro cultura.

Descrivendo una società povera e violenta, dominata dagli interessi di mafie locali e delle corporation terrestri sostenute dall'Onu, Dick concentra progressivamente l'attenzione su due personaggi di estrema fragilità: un bambino autistico e un tecnico che soffre di gravi disturbi schizoidi.

Quella che tutti gli altri considerano una malattia, si rivela come la dolorosa quanto inevitabile conseguenza delle facoltà precognitive di cui entrambi sono dotati. Facoltà che solo gli indigeni marziani sembrano comprendere e accettare.

Alla fine, mentre i protagonisti sani finiranno travolti dalla normalità delle passioni, i malati troveranno redenzione nella pietà con cui osservano l'inanità degli altrui futuri.






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