I mass-media e il doppio in Ph. K. Dick
di Clara Parisi
Nelle sue opere Dick affronta il tema del doppio analizzando le sue numerose sfaccettature. Infatti, egli estende la problematica del doppio alla natura stessa della realtà ed analizza i suoi infiniti doppi, le sue imitazioni, i suoi surrogati creati dai mezzi di comunicazione. In How to Build a Universe That Doesn't Fall Apart Two Days Later egli afferma: "[...] today we live in a society in which spurius realities are manufactured by the media, by·governments, [...] by religious groups, political groups" (1). Egli sostiene che siamo bombardati da "[...] pseudo-realities manufactured by very sophisticated people using very sophisticated electronic mechanisms. I do not distrust their motives; I distrust their power. They have a lot of it. And it is an astonishing power: that of creating whole universes, universes of the mind" (2).
I gruppi al potere, dunque, sono responsabili per Dick della "distorsione artificiale della realtà", della sua 'falsificazione' (3) e della creazione di realtà spurie, alternative, che si pongono come convincenti doppi, sostituti, surrogati, delta "realtà". Nei romanzi di Dick, "il mondo non offre più alcuna certezza" e "la realtà è una "costruzione" fragile, pronta a dissolversi, rivelando la sua natura illusoria" (4).
Per i suoi personaggi il reale è "il prodotto di una serie di messaggi arbitrari generati da forme di comunicazione di massa, di solito al servizio di grandi gruppi di potere, pubblici o privati, in lotta tra di loro e uniti solo dalla volontà di tenere nell'ignoranza e nella sottomissione [...] il "cittadino comune", (5).
La realtà illusoria dei mass-media
In How to Build a Universe That Doesn't Fall Apart Two Davs Later, Dick denuncia ripetutamente la forza dei mass-media asserviti al potere, il loro subdolo modo di creare realtà artificiali. Infatti, egli afferma: "[...] the bombardment of pseudo-realities begins to produce inauthentic humans very quickly, spurius humans" (6). La realtà illusoria generata dai mass-media, dunque non può che produrre uomini falsi, inautentici, simulacri senza identità, incapaci di distinguere il vero dal falso e che non riescano a comprendere di vivere in una realtà manipolata (7). Per Dick, gli esseri umani "autentici" sanno cosa non debbono fare; inoltre, essi non si lasciano influenzare e confondere dalle realtà artificiali create dai mass-media e rivendicano l'importanza della propria identità rifiutando le logiche dell'omologazione e di irreggimentazione imposte dal sistema.
Nelle sue opere, quindi, Dick si occupa non solo di uomini e androidi, androidi veri ed androidi falsi (8) ma anche di uomini autentici e uomini inautentici. Egli si occupa anche di androidi che "simulacrano" (9) l'uomo e di uomini che, ridotti a "forgeries of themselves" (10) non sono altro che simulacri, forme senza vita, incapaci di opporsi al sistema.
In How to Build a Universe That Doesn't Fall Apart Two Days Later, Dick denuncia la repressione esercitata dalla società tecnologica sull'individuo attraverso gli strumenti di comunicazione e il potere sconvolgente che hanno questi di controllare la vita privata e le menti degli uomini. Egli sostiene che "the basic tool for the manipulation of reality is the manipulation of words. If you can control the meaning of words, you can control the people who must use the words. George Orwell made this clear in his novel 1984. But another way to control the minds of people is to control their perceptions […]. Comprehension follows perceptton" (11).
Nelle opere di Dick, il potere lancia i suoi agghiaccianti messaggi attraverso i mass-media e "sancisce in quest'ipertrofia dell'immagine mediale il grande mito della società borghese: l'eternità della merce, cioè, l'eternità nella merce" (12). Se Buster Friendly, come altri presentatori televisivi non invecchia mai e da L'impressione di essere immortale, se in definitiva "nulla cambia [...] L'uomo sociale cui è destinato questo messaggio può cadere nell'illusoria sensazione che le forze che gli sono attaccate addosso e che lo deteriorano non esistono, o, al minimo, non esistono per chi saggiamente lo guida" (13).
L'unico modo di opporsi al sistema, è di recuperare una paradossale forma di sanità, è rifugiarsi nella malattia, nella schizofrenia, scegliere l'alienazione. Attraverso la malattia i personaggi dickiani esprimono il proprio rifiuto delle logiche imposte dal potere e perpetuate e trasmesse dai mezzi di comunicazione. L'uomo malato, schizofrenico, che risulta "escluso dalla verità collettiva" è, perciò, l'unico autentico depositario del vero (14).
Pluralità di mondi soggettivi
Per Dick il problema della definizione del reale è importantissimo, come egli stesso afferma in How to Build a Universe That Doesn't Fall Apart Two Days Later. Egli sostiene che non è possibile parlare di realtà al singolare, cioè oggettiva, perché esistono soltanto realtà plurali, cioè soggettive poiché "each human being lives in a unique world, a private worid" (15), un mondo completamente diverso da quello in cui gli altri esseri umani vivono.
Dunque, il reale, per Dick si scinde in una "catena di universi soggettivi" (16) tutti caratterizzati dallo stesso grado di plausibilità. Cercando di offrire una definizione di realtà, Dick si sofferma sul suo carattere illusorio (17), e sostiene che al di sotto del mondo fenomenico esiste una situazione di immutabilità, "the true landscape" (18) sul quale è disteso un velo. Il mondo dei fenomeni, per lui, è soltanto illusione, velo di maya. Dick mutua questa concezione dalla filosofia indiana attraverso la mediazione di Schopenhauer il quale, come è noto, enfatizza la distinzione tra “il complesso dei fenomeni, che sono da considerarsi come semplici apparenze, come volti superficiali delle cose [e] la dimensione sostanziale delle cose medesime" (19).
Ma il debito dickiano verso la cultura europea e verso la cultura della crisi, in particolare, è più profondo di quanto il solo accenno alla lezione schopenaueriana lasci supporre: certamente il "durissimo nichilismo interiore" (20) di Dick, rimanda l'eco della lucida disperazione niciana, mentre "la visione incubica del mondo" (21) altro non è che la ripresa di motivi e temi largamente sperimentati nelle pagine di autori che, al di qua e al di là dell'Oceano, testimoniavano l'inconoscibilità del presente, la perdita di identità che il soggetto patisce nel tempo storico della società massificata.
Così Dick è stato accostato a scrittori come E.A. Poe, N. Hawthorne, H.P. Lovecraft, C. Woolrich, a Kafka, di cui fu "appassionato lettore" (22) durante la sua giovinezza, e ancora a Proust e, non ultimo, a Joyce.
P.S. Warrick sostiene che "Dick condivide con Joyce un certo interesse per Ermete Trismegisto, noto anche come il dio egizio Thot a cui la leggenda attribuisce l'invenzione della scrittura [...]. La tradizione ermetica che si sviluppa dagli scritti di Ermete Trismegisto sostiene che la realtà è prodotto delle parole e del pensiero. Fornire immagine d'un mondo rappresenta la fase elementare nella creazione della realtà" (23).
Non è casuale che qui venga sottolineato la consistenza della realtà nella parola, vale a dire nel suo significante, o con termine dickiano nel suo simulacro.
In questo senso Dick riletteralizza testi emblematici della tradizione moderna europea e, per restare al debito nei riguardi di Joyce (che un'appropriata verifica consente), nel romanzo The Divine Invasion Dick riporta dei brani tratti da Finnegans Wake e fa esplicito riferimento a Ulysses. Uno dei personaggi di The Divine Invasion, Herb Asher, afferma che Finnegans Wake è composto da una serie di informazioni basate su sistemi di memoria computerizzata, che non esistevano, come egli afferma, nell'epoca di Joyce. Herb Asher sostiene anche che Joyce era in contatto con "a cosmic consciusness" (24) che lo ha ispirato nella composizione delle sue opere.
La cultura di Dick partecipa dunque di quella cultura della crisi, fiorita in Europa e che si fa interprete del crollo delle certezze e dei fondamenti. Dick esaspera il motivo dell'instabilità del soggetto, della morte di Dio, dell'illusorietà del reale, inserendo questi motivi in romanzi in cui ogni referente segnico risulta ribaltato: "[...] il reale diventa irreale e l'irreale diventa reale, fine ad un accumulo stratigrafico, delle tensioni in atto" (25). Egli crea "mondi d'incubo" (26) che si pongono come surrogati, simulacri della realtà. Ma nessun simulacro (cioè nessuna opera d'arte) che riproduce la realtà può essere più terribile di questa. In un'America responsabile degli orrori del Vietnam l’"incubo maggiore" è pur sempre la realtà. La realtà "simulacrata" è, per forza di cose, più orribile dello stesso simulacro che ambisce ad imitarla e rappresentarla" (27).
L'uomo, alter ego dell’androide
Nelle sue opere, come si è già osservato, Dick analizza temi tipici della fantascienza, come quello degli universi paralleli e del robot, trasformandoli completamente.
Per quanto riguarda il tema del robot, Dick in Do Androids Dream et Electric Sheep? riprende, come sì è già detto, il motivo del rapporto dialettico tra macchina ed uomo rinnovandola profondamente. Nelle sue opere, come in quelle di Asimov, la distinzione tra vita biologica e vita artificiale non è più possibile. Nelle opere di Asimov, i robot sono costruiti nel pieno rispetto delle Leggi della robotica, sono subordinati all'uomo e, nel loro desiderio di imitarlo, riconoscono la loro interiorità.
In Do Androids Dream of Electric Sheep?, invece, gli androidi, che non sono programmati nel rispetto di nessuna Legge, cercano di riscattarsi proprio dalla condizione di subordinazione rispetto all'uomo fuggendo da Marte e, talvolta, rivendicano la loro superiorità (28). Inoltre, mentre nei romanzi di Asimov il robot che cerca di imitare l'uomo rappresenta un'eccezione rispetto agli altri robot (29), in Dick è l'uomo a costituire un'eccezione rispetto agli altri uomini, quando, perse tutte le caratteristiche che lo contraddistinguono come tale (30), si robotizza, cioè diventa un'imitazione, un surrogato dell'androide, il simulacro di un simulacro (31).
L'uomo in Do Androids Dream of Electric Sheep?, inseguendo l'androide assassino, diventa egli stesso un assassino, "simulacrando" il simulacro. La distinzione tra "copia" e "originale" si fa, perciò, sempre più incerta. In questa realtà distorta è l'uomo che, imitando l'androide, diventa il suo spaventoso alter ego, la sua copia e cioè un "puro" simulacro (32).
Nelle opere in cui Dick si occupa di androidi, il discorso spesso si sposta sul destino dell'umanità. Le sue riflessioni sulla sorte dell'uomo sono sconcertanti. Infatti, come si è già detto, in Do Androids Dream of Electric Sheep? Egli prevede che l'umanità si autodistruggerà, mentre in Second Variety (33) Dick profetizza addirittura la progressiva estinzione dell'uomo, gradualmente sostituito da "a new species. The new species. Evolution. The race to come after man" (34), cioè quella dei robot (35).
NOTE
1 P.K. Dick, Introduction: How to Build a Universe That Doesn't Fall Apart Two days Later, in I Hope I Shall Arrive Soon, London, Grafton Books, 1985, p. 10 (trad.: "oggi viviamo in una società in cui realtà spurie sono fabbricate dai media, dai governi, .... dai gruppi religiosi, dai gruppi politici"). Si tratta di un'antologia di 10 racconti, apparsa su "Urania" (n. 1068, 1988) con il titolo: Ricordi di domani (ndr).
2 Ibidem, p. 11 (trad.: "pseudo-realtà fabbricate da persone molto sofisticate che usano congegni elettronici molto sofisticati. Io non diffido dei loro motivi; diffido del loro potere. Ne hanno molto. Ed è un potere sorprendente: quello di creare interi universi, universi della mente").
3 G. Panella, "Dreams Within Dreams". Considerazioni sulla realtà illusoria della realtà in Philip K. Dick, in G. VIVIANI-C. PAGETTI (a cura di), Philip K. Dick. Il sogno dei simulacri, Ed. Nord, Milano, 1989, p. 61.
4 Ibidem.
5 C. Pagetti, Il sogno dei simulacri, op. cit., p. 6.
6 P.K. Dick, Introduction: How to etc., op.cit., p. 13 (trad.: "il bombardamento di pseudo-realtà comincia a produrre molto rapidamente esseri umani inautentici, esseri umani spuri").
7 Come si è osservato, nelle opere di Dick i mass-media, gestiti dai gruppi al potere provocano "la dissoluzione della psiche e della struttura della realtà: una convergenza che designa il reale come autentico luogo dell'alienazione" (P. Nicolazzini, Dalla distopia alla meta-SF: il percorso narrativo di Philip K. Dick nella fantascienza degli anni '50, in G. Viviani-C. Pagetti, op.cit., p. 26).
8 Cioè esseri umani che, per la loro crudeltà, sembrano androidi.
9 Cfr D. Cammarota
10 P.K. Dick, Introduction, etc., op. cit., p. 13 (trad.: "falsificazioni di sé stessi").
11 P.K. Dick, Introduction etc., op. cit., p. 15 (trad.: "Lo strumento fondamentale per la manipolazione della realtà è la manipolazione delle parole. Se puoi controllare il significato delle parole, puoi controllare le persone che devono usare le parole. George Orwell lo ha chiarito nel suo romanzo 1984. Ma un altro modo di controllare le menti delle persone è controllare le loro percezioni ... La comprensione segue la percezione"). Nella sua spietata denuncia delle logiche del potere e dello strapotere dei mass-media, Dick si ispira non solo ad Orwell, ma anche a Pohl e Sheckley, scrittori, come si è già detto, di social science-fiction come Dick (Cfr. C. Pagetti, Il sogno dei simulacri, op. cit., p. 81).
12 G. Frasca, Non vale far paura, in G. Viviani-C. Pagetti (a cura di), p. 81.
13 Ibidem.
14 Ibidem, p. 82.
15 P.K. Dick, Introdution, etc., op. cit., p. 9 (trad.: "ogni essere umano vive in un mondo unico, un mondo privato").
16 P. Nicolazzini, op. cit., p. 28.
17 Come si è osservato, Dick si occupa spesso, nelle sue opere, della "mise en scene della natura artificiale della realtà" (ibidem, p. 28).
18 P.K. Dick, Introduction, etc., op. cit., p. 29 (trad.: "il vero paesaggio").
19 S. Moravia, Filosofia. Storia e testi, Vol. 3, Firenze, Le Monnier, 1984, p. 189.
20 D. Cammarota, op. cit., p. 10.
21 Ibidem, p. 8.
22 Ibidem, p. 16. Secondo D. Cammarota, i due romanzi kafkiani America e il Castello, sono "giganteschi monumenti ad una metafisica dell'incubo Assoluto" (ibidem). La K., con cui Philip K. Dick si firma, equivarrebbe a Kindred o Kendred, come osserva il Cammarota. Questi, fra l'altro, sottolinea che attraverso "le poche fonti anagrafiche documentarie" non è possibile riuscire a stabilire quale delle due ipotesi sia più probabile ed evidenzia il fatto che la K. doveva evocare in Dick reminiscenze kafkiane, dato che i cognomi dei protagonisti di America e del Castello non vengono mai scritti per intero ma equivalgono sempre ad una K. (ibidem).
23 P.S. Warrick, op. cit., p. 247.
24 P.K. Dick, The Divine Invasion, London, Grafton Books, 1989, p. 15 (trad.: "una coscienza cosmica").
25 D. Cammarota, op. cit., p. 8.
26 Ibidem.
27 Ibidem.
28 Come fanno Irmgard e Roy Baty.
29 È questo il caso di Andrew, il robot protagonista di The Bicentennial Man, di cui si è già parlato.
30 Come la sensibilità.
31 Osserva il Ceserani che l'idea che l'uomo è una macchina è nata nel Settecento con Descartes. Questi considera gli animali delle macchine che "non hanno anima distinta dalla materia". In Descartes "l'animale-automa comincia a confinare con l'uomo-macchina: nel Traité de l'homme il filosofo studia l'uomo ricostruendo ipoteticamente una statua animata sul modello di una macchina umana" (G.P. Ceserani, op. cit., p. 62). Lamettrie in L'homme machine sì ispirerà proprio a Descartes e alle sue teorie circa l'uomo-macchina. Questo tema sarà poi affrontato "nelle consacranti colonne dell'Encyclopedie" (Ibidem).
32 Questo del "puro" simulacro è un tema con cui Dick rinnova la narrativa fantascientifica che si occupa di robot e androidi.
33 Cfr. P. K. Dick, Second Variety, in I. Asimov, C. G. Waugh, M. H, Greenberg (a cura di), op. cit..
34 Ibidem, p. 196 (trad.: "una nuova specie. La nuova specie. Evoluzione. La razza che verrà dopo l'uomo").
35 Il motivo dei robot considerati come la specie che sostituirà quella umana viene affrontato, come si è già osservato, anche in romanzi come The End of Man? di Hannes Halfven e The Reproductive System di John Sladek.
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