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Philip K. Dick al cinema


di Giuseppe Iannozzi


Ecco come il mercato cinematografico ha insultato le opere di Philip K. Dick ... un'analisi del tutto soggettiva di alcuni film il cui soggetto è ispirato alle opere del grande scrittore di fantascienza.


Blade Runner di Ridley Scott; il primo lungometraggio ispirato a un romanzo di P. K. Dick... che dire?

Blade Runner è ambientato nella Los Angeles del 2019: la Tyrell Corporation ha sviluppato tecnologie in grado di dar vita a dei Replicanti, cioè organismi viventi (sintetici) assai simili agli esseri umani. I Replicanti, in Blade Runner (il film), venivano usati nelle colonizzazioni di altri pianeti e nelle esplorazioni pericolose. Rick Detkard (Harrison Ford), ex-poliziotto, ex-cacciatore di replicanti, ex-killer, viene costretto, dal capo della polizia Bryant, a riprendere il suo vecchio lavoro di cacciatore di replicanti; Deckard viene incaricato di ritirare quattro replicanti fuggiti dalla schiavitù delle colonie e venuti sulla Terra. Deckard si reca presso la Tvrell Corporation dove conosce Rachel, una ragazza replicante, la donna di cui si innamorerà. Dopo alcune indagini, riesce a scoprire il primo dei quattro replicanti: Zhora, e Deckard riesce ad eliminarla, ma subito dopo aver ritirato Zhora viene attaccato da un secondo replicante, Leon. La situazione è disperata. Deckard è alle strette: solo l'intervento provvidenziale di Rachel, che ritira il replicante Leon, da a Deckard una seconda possibilità... per il momento la vita gli appartiene ancora. Ma rimangono ancora due Replicanti, Pris e Roy, i più pericolosi. E Roy sarà per Deckard un osso davvero duro. Dopo un corpo a corpo nulla affatto facile, Deckard riesce a ritirare anche Pris: rimane Roy, follemente incazzato, perché Roy amava Pris. Deckard incontra Roy e questi fa capire al cacciatore di androidi. che i replicanti volevano solo quello che tutti vogliono: una vita. Roy potrebbe uccidere Deckard, ma non lo fa, e gli salva addirittura la vita rendendosi conto quanto questa sia importante, mentre la sua vita fugge via dal suo corpo di androide. Per chi ha letto Do Androids Dream of Electric Sheep?, Blade Runner è solo un riadattamento del romanzo dl P. K. Dick, onorevole, ma comunque un riadattamento.

Blade Runner, cult movie degli anni Ottanta, uscito nelle sale cinematografiche nel 1982, è diventato ormai oggetto di culto per gli appassionati, tanto da esser stato sottoposto a tante e tante analisi sociologiche e tecniche, molte delle quali superflue e inutili. Comunque, Blade Runner ricevette il premio Hugo quale miglior spettacolo nel 1983: in un referendum eseguito fra i membri della convention della World Science Fiction nel 1992, Blade Runner è stato considerato al terzo posto fra i migliori film di fantascienza di tutti i tempi. I primi due furono Guerre Stellari e 2001 Odissea Nello Spazio. Blade Runner, diretto dal regista Ridley Scott, con Harrison Ford come protagonista nei panni di Deckard, e attori del calibro di Sean Young, Rutger Hauer, Daryl Hannah, è oggi una pellicola che si è sostituita al romanzo dickiano Do Androids Dream of Electric Sheep?

Il film prende spunto dal romanzo di P. K. Dick ma niente di più; non è assolutamente la fedele trasposizione del romanzo del grande autore di fantascienza. Il titolo del film può, forse, essere ricondotto ad Alan E. Nourse, che scrisse una storia chiamata The Bladerunner; nel 1979, William S. Burroughs prese il libro e scrisse Bladerunner (A movie) e i diritti del titolo, senza limiti di tempo, furono venduti poi a Ridley Scott. Il collegamento fra il Bladerunner di Nourse e il Blade Runner di Scott consiste soltanto nel nome; il titolo di Nourse infatti si riferiva a persone che vendevano strumenti medici a dottori fuorilegge che non potevano ottenerli in maniera legale. Scott pensò che il titolo fosse un buon "nome in codice" per il suo personaggio Deckard. Alcuni degli scenari del film, Blade Runner, furono ispirati da una storia di Dan O'Bannon e Moebius (Jean Giraud) intitolata The Long-Tomorrow in un numero del giornale a fumetti francese Wonders of the Universe: la quarta di copertina del fumetto recita: "Questo albo contiene anche altre storie famose, come The Long Tomorrow, che fu pensata come una parodia, ma finì con l'essere più reale della parodia stessa, della classica detective-story Americana. Questa storia fu usata in seguito come riferimento visuale per il film Blade Runner."

Blade Runner di Ridley Scott, pur essendo un ottimo film, non è un film dickiano, per quanto molti (il sottoscritto compreso) si ostinano a credere che Blade Runner fu visionato e approvato da P. K. Dick.

Dick visionò buona parte del film di Scott e odiò e la sceneggiatura e la pellicola: questa e la realtà. Poi, qualcuno, dice che Dick approvò il lavoro di Ridley Scott: è una leggenda, una bella leggenda, e forse non c'è niente di male se uno ci vuole credere. In fondo, i registi quando operano trasposizioni cinematografiche di grandi romanzi scritti da grandi artisti, non possono fare a meno di essere artisti a loro volta: il risultato è quello che ormai conosciamo... un film va bene, ma oggi P. K. Dick è conosciuto dalle nuove generazioni solo attraverso i film ispirati ai suoi romanzi e racconti. E questo non è giusto.


E dopo Blade Runner, Total Recall di Paul Verhoeven perché la fantascienza al cinema rende bene soprattutto quando è mercificata e massificata...

Marte, anno 2084: cosa sta succedendo a Doug Quaid? (Arnold Schwarzenegger) Dove termina l'incubo e dove comincia la realtà? Marte, sempre il pianeta rosso nei suoi sogni... l'unica via d'uscita è entrare nell'incubo, raggiungere quel pianeta sconosciuto e rispondere all'unica domanda possibile: Se io sono io... allora chi diavolo sono? Se qualcuno riesce a condizionarti totalmente per i suoi loschi fini, allora è necessario un "atto di forza"! La moglie di Quaid è contraria al viaggio del marito. Ma Quaid è ossessionato da Marte. Quaid non si può permettere di intraprendere un viaggio reale sul pianeta rosso, quindi si rivolge alla Recall, una società che vende ricordi "personalizzati" e compra il pacchetto che gli innesterebbe nella memoria la convinzione di avere vissuto un'avventura come agente segreto su Marte.

Ma l'esperimento non funziona e Quaid, sfuggito ai sorveglianti della Recall, senza un motivo apparente, diventa preda di una spietata caccia all'uomo. Da una registrazione che gli viene affidata, Quaid comincia a capire di non essere la persona che ha sempre creduto e che neppure la donna che ha accanto è sua moglie: la risposta a tutte le sue domande si trova su Marte, dove una organizzazione di poche persone controlla il flusso di ossigeno necessario alla moltitudine per vivere. Su Marte, l'uomo incontra la ragazza dei suoi incubi/sogni e messosi in contatto con i capi della resistenza, si assume il compito di attivare un gigantesco reattore costruito dalla scomparsa civiltà marziana che potrebbe fornire a tutti l'aria respirabile e restituire alla colonia la libertà.

Total Recall, per gli effetti speciali, è stato premiato con l'Oscar. Total Recall è uno dei film di maggior successo di Arnold, circa 119 milioni di dollari incassati negli USA; la regia del film di Paul Verhoeven (già regista di Robocop) ha creato un mondo futuribile di pianeti rossi, macchine della memoria e donne con tre tette che il pubblico internazionale ha decisamente apprezzato.

Sicuramente il più brutto riadattamento cinematografico che abbia mai visto: la pellicola di Paul Verhoeven è essenzialmente una buffonata, un’abbuffata di effetti speciali, niente che abbia a che vedere con il racconto di Dick. Ma al pubblico è piaciuto e anche tanto: purtroppo!


E dopo Blade Runner e Total Recall, Screamers di Christian Duguay, forse il miglior adattamento cinematografico di un racconto dickiano...

Screamers, ovvero robot assassini: creati da una delle due corporazioni umane che si contendono il pianeta Sirius 6B, ricco di giacimenti minerari, scivolano velocissimi sotto la sabbia attaccando con lame affilate come rasoi ogni essere vivente che non sia provvisto di una particolare piastrina di riconoscimento. La terribile efficienza di questi robot è tale che ormai i superstiti delle due fazioni, considerandoli come il vero nemico, accettano di incontrarsi per negoziare la pace. Il comandante Hendricksson parte per raggiungere la base avversaria, ma il gruppo deve attraversare la terra di nessuno dominata dagli screamers. In questo deserto si rinnova lo scontro uomo contro macchina, ma l'intelligenza artificiale autonoma, che crea e guida i robot ha escogitato una nuova tecnica per superare le sempre più impenetrabili difese: mimetizza i killer sotto perfette spoglie umane. Così durante il viaggio, poveri bambini sperduti, pietosi soldati feriti, indifese fanciulle, si rivelano spietate macchine mortali. Nessuno sa più di chi fidarsi ed il già sparuto gruppo si assottiglia rapidamente. Hendricksson, rimasto solo, riesce a malapena a raggiungere una piccola astronave che lo riporterà sulla Terra.

Screamers, pur permettendosi molte libertà, pur vantando pochi effetti speciali, è forse il migliore adattamento cinematografico ispirato a un racconto di P. K. Dick. Il soggetto per Screamers è stato tratto dal racconto Modello due: il racconto originale raccolto in diverse raccolte antologiche è presente anche in una antologia della Fanucci che raccoglie alcuni tra i migliori racconti di P. K. Dick (P. K. Dick, Screamers - Urla Dallo Spazio o L'uomo variabile edito nel 1996, titolo originale, The variable Man and Other Stories): ne L'Uomo variabile c'è anche il racconto Rapporto di Minoranza (Minority Report) che Steven Spielberg ha· recentemente sfruttato per trarne l'omonimo film con Tom Cruise; un film tanto acclamato da critica e pubblico, ma che poco o nulla rispecchia le ossessioni dickiane).


E Steven Spielberg, con tanti effetti speciali e una trama ridotta all'osso, firma Minority Report, un successo di critica e pubblico negli USA... ma c'è un ma!

La pellicola è ambientata in una Washington del futuro: la polizia per prevenire il dilagare della violenza ha pensato bene di istituire una sezione precrimine, il cui potere è illimitato, infatti ha facoltà di arrestare e condannare i possibili assassini in base alle loro intenzioni criminali. La procedura è possibile grazie alle visioni di tre giudici-veggenti, che sono in grado di identificare con certezza i futuri colpevoli. In anni di pratica a Washington il metodo si è dimostrato quasi - solo quasi - infallibile, quindi il Congresso degli USA ha intenzione di estendere la lotta ai criminali in tutto il resto dell'America. John Anderton (Tom Cruise) è un poliziotto della squadra preventiva, che dopo aver fermato un uomo a cui è stata individuata l'intenzione di uccidere la moglie, viene accusato a sua volta di un crimine da compiere. Con l'aiuto di una veggente (Samantha Morton), Anderton cerca di fuggire al suo destino, scoprendo che la sua condanna non è il risultato di un giudizio unanime, bensì di un caso di minority report, ovvero di non accordo tra veggenti e quindi di un giudizio sommario.

Fino a questo punto la pellicola rispetta il pensiero dickiano, purtroppo subito scade in un crescendo di sequenze veloci e giochi circensi che fanno di Minority Report una pellicola non troppo dissimile da Missione Impossibile II.

Todd McCarthy, recensore per Variety, in merito a Minority Report si è così espresso: "Il successo di questo film è in linea con quello che i film americani storicamente hanno fatto meglio: raccontare in modo eccitante una storia forte, con stile alto e abbastanza di sostanza." Di altro parere è Lisa Schwarzbaum (Entertainment Weekly) che critica abbastanza aspramente il nuovo lavoro di Spielberg: "Cosa è eccitante riguardo a Minority Report è la dimostrazione senza soste che ogni convenienza tecnologica è sempre inestricabilmente; intrecciata con una profonda invasione della privacy. Cosa simultaneamente ci riporta indietro al presente antirivoluzionario e il viaggio sentimentale dell'autore, ed il suo reiterato immaginario di idealizzate scene di vita domestica quotidiana." Ed Eric Harrison dell'Houston Chronicles dice: "Il film si avvicina ad essere grandioso ma non ci riesce perché è troppo perfettamente una proiezione del suo creatore (Spielberg). Comunque sia dovremmo celebrarlo perché questo lo fa essere - difetti compresi - molto più di valore di mille filmetti senz'anima fatti su ordinazione".

Minority Report, il nuovo film di Steven Spielberg, rilancia nel 2002 sul mercato cinematografico da botteghino le atmosfere inquietanti dell'opera dickiana. Ultimamente, Spielberg, in occasione del ventennale del timido E. T., ha rivisto e corretto la pellicola purgandola di tutte quelle scene che agli occhi della critica e del pubblico potevano sembrare vagamente violente. Le critiche sul restauro di E. T. non sono mancate e il regista è stato accusato di revisionismo storico-cinematografico sia dal pubblico, sia dalla critica, un’accusa che purtroppo non manca di verità.

Oggi, Spielberg torna a propagandare la violenza con Minority Report: il film targato Fox è uscito negli USA il 21 giugno 2002.

La nuova pellicola promette atmosfere rarefatte, orwelliane, qualcosa come 477 effetti speciali firmati ILM e Pacific Data Images, e un attore protagonista come Tom Cruise, la cui fama ultimamente è stata oscurata dal successo della bella e brava N. Kidman, ex moglie dell'attore americano. Il film, prima di uscire in sala, è già stato oggetto di pesanti critiche: sembrerebbe infatti che la pellicola proponga tanta, tanta azione infarcita di effetti speciali, ma nulla di più; insomma, anche questa volta, il nome di P. K. Dick con Minority Report ha poco o nulla da spartire con la pellicola di Spielberg.

In rete, sul sito ufficiale del film, sono disponibili 4 trailers che non lasciano adito a dubbi: Minority Report è essenzialmente una pellicola d'azione.

L'indignazione della critica americana e non si è subito fatta sentire: Spielberg è stato tacciato di essere un opportunista che fino a due mesi fa non voleva violenza nei suoi film e che oggi si rimangia le sue stesse parole. Il regista si difende: "È qui che i produttori hanno cominciato a toccarsi in segno scaramantico... Minority report era fantascienza solo un anno fa, e d'improvviso lo è molto meno. Oggi vediamo che FBI e CIA hanno acquistato un potere enorme [...] hanno il potere di entrare nelle nostre vite private [...] per decidere chi di noi rappresenta una minaccia alla sicurezza nazionale o meno. Mi spaventa che qualcuno mi controlli tutto il tempo, perché so che tanti innocenti verranno incriminati." E Tom Cruise, attore principale del nuovo lavoro del regista americano, spiega: "... il film pone questa domanda: se puoi prevedere il futuro e vieni a sapere che qualcuno ti ucciderà, approveresti una legge che permette di arrestare questo qualcuno prima che commetta il delitto? È difficile rispondere [...] il problema è che chi ha più potere tende ad abusarne... è un film realista sul futuro..."

È ancora Spielberg a difendere Minority Report: "Ci sono gli aficionados che ritengono un'eresia cambiare un qualsiasi elemento di un libro di fantascienza, sia esso Childhood's End, Fahrenheit 451 o The War of the Worlds… Su quei tipi di appassionati non riuscirò mai ad averla vinta... Ma riuscirò a soddisfare quegli appassionati di fantascienza che vogliono che sia raccontata loro una buona storia, anche se non è esattamente uguale al libro che hanno letto vent'anni fa. Non diranno mai che è meglio del libro, ma se dopo aver visto il film almeno verrà loro da dire: 'Mi sono davvero entusiasmato', allora sentirò di aver fatto bene il mio lavoro."

Minority Report, una buffonata stile Total Recall con la firma di Steven Spielberg, niente di più, niente di meno, lasciatevelo dire da uno che l'ha già visto in lingua originale: Tom Cruise è il solito spaccone vestito (e prigioniero) della sua fama di belloccio e la trama è... non c'è una trama, solo un adattamento volgarissimo e commerciale del racconto di P. K. Dick. E questo è tutto.


Ma se Spielberg ha firmato Minority Report, Gary Fleder non vuole essergli da meno... buffone quanto Spielberg se non di più... Ecco Impostor!

Gary Fleder inizia la sua camera nel 1993 lavorando inizialmente per la televisione; la sua prima regia è un episodio della serie Tales From the Crypt con cui vinse un Cable Ace Award; tra le altre sue pellicole per il piccolo schermo spicca un episodio della serie Homicide: life on the Street dal titolo Subway con cui vinse un Peabody Award. Il suo debutto sul grande schermo avviene nel 1995 con il film Cosa fare a Denver quando sei morto, una pellicola sospesa tra la commedia nera e il genere drammatico con Andy Garcia e Christopher Walken, che ottenne un discreto successo al Festival di Cannes. Il suo più grande successo, soprattutto per quanto riguarda gli incassi, è Il collezionista, film con Morgan Freeman e Ashley Judd tratto da un bestseller di James Patterson. Del 2002 è Don't Say a Word, pellicola tratta da un romanzo di Andrew Klavan, che vede tra gli interpreti, Michael Douglas, Sean Bean e Brittany Murphy. Per Impostor, Fleder stringe e salda definitivamente la sua collaborazione con lo scenografo Nelson Coates, con il quale realizza l'ambientazione futuristica necessaria per mettere su pellicola il racconto breve di Philip K. Dick Impostor.

Impostor, il film di Gary Fleder, accoglie nel cast attori dignitosi come Garv Sinise, Vincent D'Onofrio e Madeleine Stowe.

La trama di Impostor: anno 2079, la Terra è da oltre un decennio in guerra con gli alieni, geneticamente superiori, di Alpha Centauri. Spence Olham (Gary Sinise), un geniale progettista di armi, è nel mirino del nemico. La loro intenzione è ucciderlo e rimpiazzarlo con un replicante dotato di una bomba micidiale. L'esercito, nella persona del Maggiore Hathaway (Vincent D'Onofrio), è convinto che gli alieni siano già riusciti nel loro intento. Lo stesso Olham comincia a nutrire dei dubbi sulla propria identità. E sua moglie Maya (Madeleine Stowe) non sa cosa pensare. Non c'è tempo da perdere: con gli uomini di Hathaway alle calcagna, Olham cerca di raggiungere l'ospedale dove sono conservati i dati del suo DNA, per provare, anche a sé stesso, la propria identità. Impostor è ambientato in un futuro dickiano? No. Il solito riadattamento a mero uso commerciale e neanche tanto, perché Impostor è un b-movie che imita i soli effetti speciali di Total Recall e la trama, come al solito, è un di più, quasi un orpello. Ad ogni modo, i produttori hanno incaricato lo scenografo Nelson Coates per l'ideazione delle tecnologie plausibili del domani: Coates si è avvalso della consulenza dei maggiori futurologi disponibili sul mercato, così almeno si vocifera. Il team di Coates ha approfondito la conoscenza delle tecnologie d'avanguardia come i videotelefonini e i palmari: "Volevamo mostrare tutto quello che oggi è all'avanguardia - racconta lo scenografo - o che è anche solo in via di progettazione, per inserirlo nel futuro. E la sfida è stata anche la realizzazione di tutti questi dispositivi conferendogli un aspetto del tutto diverso. È difficile reinventare uno scenario fantascientifico perché la fantasia è molto codificata dal genere, dalla maniera. Noi non volevamo citare i classici ma tentare di inventarci qualcosa di nuovo che fosse credibile e ancorato alla realtà di oggi".

Molti dei progetti futuribili di Coates sono stati creati da Industrial Light & Magic sotto la supervisione di Joe Grossberg, mentre la sceneggiatura è di Scott Rosenberg (Fuori in 60 secondi, Con Air) e David N. Twohy e Ehren Kruger.

In definitiva, l'ennesimo film pacco che invano cerca di tradurre in opera cinematografica il pensiero, la filosofia esasperata e pessimista di P. K. Dick con risultati a dir poco osceni. Ma, forse, anche se Impostor porta la firma di Gary Fleder e non quella di Steven Spielberg, non è detto che, soprattutto quanti hanno amato e conosciuto le opere di P. K. Dick solo attraverso il cinema, non riusciranno ad amare anche questo filmetto.


CONCLUSIONI:

K. W. Jeter si è detto che non può essere l'erede di P. K. Dick ...

E il cinema?

Il cinema ha tradotto le opere dickiane in pellicole usa & getta: se Dick fosse ancora vivo, non si sognerebbe mai, neanche nel suo peggiore incubo, di andare al cinema a vedere una trasposizione cinematografica dei suoi racconti. Poco ma sicuro.

Lapidario? Non ho altro da aggiungere... o forse sì.

Blade Runner, tutto sommato, mi può star bene (a forza, s'intende, ma se non altro Dick ha avuto modo di dire la sua a proposito del film, anche se non ha visto il risultato finale...

Ormai è un cult-movie e volente o nolente lo devo tenere in debita considerazione per parlare di P. K. Dick con piena - romantica! - onestà), ma poi Dick è diventato un prodotto UBIK per il mercato cinematografico e questo non mi sta proprio bene.

I registi moderni non capiscono un cazzo di fantascienza e non hanno mai compreso la levatura artistica di P. K. Dick. Mi sembra di essere stato chiaro a sufficienza.

Alle generazioni che hanno conosciuto P. K. Dick solo attraverso il Cinema voglio dare un consiglio: leggete prima i libri di Dick, prima di andare al cine a vedere un qualsiasi adattamento cinematografico delle sue opere. Solo così potrete rendervi conto della differenza: Dick è Dick, il cinema non è Dick.






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