Josh, il potere dei soldi
di Francesca Scorcucchi
«È stato uno dei lavori più difficili che abbia fatto». Josh Hartnett, 43 anni, 24 dei quali passati sul set di film come Il giardino delle vergini suicide, Pearl Harbor e Black Hawk Down, si è trovato in difficolta nell'interpretare il dottor Alex Hoffman, spregiudicato protagonista de L'indice delta paura, produzione Sky Original in quattro puntate che dal 18 febbraio sarà su Sky e Now. «Ho provato anche io un po' della paura del titolo, verso gli eccessi della tecnologia, verso l'avidità umana raccontata».
Tratta dall'omonimo romanzo di Robert Harris, la miniserie descrive un mondo in cui le peggiori paure legate alle tecnologie del ventunesimo secolo si materializzano. Alex Hoffman è un ex scienziato del Cem che, lasciato il mondo della ricerca, decide di fondare una società di investimenti. Hoffman Investment Technologies all'apparenza non è diversa da altre simili attività, ma nella realtà lo è in maniera inquietante. Alex ha sviluppato una tecnologia che si nutre degli eventi mondiali - dal terrorismo alle elezioni, dallo svilupparsi di un focolaio di malattia alle guerre - per manipolare i mercati finanziari. Il titolo si riferisce a quello che i professionisti del mondo della finanza chiamano indice di volatilità o, appunto, fear index. Non è una novità: la paura ha da sempre un impatto sull'economia globale e in fondo non ci sarebbe nulla di male nel predire l'andamento dei mercati sulla base dei fatti che stanno accadendo nel mondo. Le cose assumono un aspetto più sinistro quando Vixal, la tecnologia inventata da Hoffman, inizia a anticipare i fatti anziché il loro impatto, a intuire quando un disastro succederà e come. «È una storia che racconta di un potere incontrollato e di quanto questo possa essere pericoloso», dice Hartnett.
Secondo l'attore il racconto di Harris è la storia di Frankenstein applicata al mondo moderno. «Il mostro oggi è l'intelligenza artificiale usata in modo sbagliato».
Calza perfettamente con il periodo che stiamo vivendo. Ma Hartnett fa notare: «Non è solo caratteristica peculiare di questi tempi. Ogni epoca, ogni generazione ha i suoi drammi che sembrano insormontabili. Siamo passati attraverso guerre calde e fredde, assassinii di presidenti e attivisti. Siamo sempre sull'orlo dell'annichilimento della specie umana ma alla fine ce la caviamo».
Il problema, secondo l'attore è l'etica e il controllo del potere. «L'intelligenza artificiale, l'avanzare della tecnologia, possono essere grandi alleati dell'umanità, oppure una minaccia. Senza controllo e regolamentazione sono pericolosi. È difficile mantenere un'integrità scientifica ed etica se sai che nessuno controllerà quello che fai. La serie ragiona su questo: bisogna avere paura del potere non sottoposto a controllo e ne abbiamo visto molto ultimamente». Alex è un genio non controllato. «Non è un essere spregevole. Come tutte le persone geniali è isolato. Spesso, chi raggiunge certi livelli di competenza ha grosse difficoltà nel comunicare con gli altri. La ricchezza poi è un altro elemento di isolamento. Li fa sentire onnipotente e al di sopra della legge».
E a Josh Hartnett cosa fa paura? «La cattiva politica. La non azione, o la reazione sbagliata da parte di chi detiene il potere ai problemi che riguardano tutti: inquinamento, riscaldamento globale, tensioni sociali, divisioni. Ci vorrebbe una capacità di prendere decisioni comuni che non vedo da nessuna Parte. Ogni nazione agisce come un'isola e questo non porta a risultati apprezzabili. Chi ci governa dovrebbe essere dalla parte della gente. Non succede quasi mai. Il potere non controllato, la concentrazione del potere sono un'altra mia paura, raccontata così bene in questa serie».
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