Prova di sopravvivenza in un mondo post apocalisse
di Maurizio Porro
Due uomini soli nel deserto australiano, senza nome, senza cibo né acqua, tra ventose tempeste di sabbia: il mondo post apocalisse, verso cui ci stiamo avvicinando, quasi lo scenario ideale per un atto senza parole di Beckett che non aspetta più neanche Godot. Ma improvvisamente i due trovano una pepita d'oro gigantesca, come potrebbe accadere a Paperone, quindi s'organizzano: uno va a cercare la scavatrice, l'altro, appunto, attende. Chi ricorda Greed di Von Stroheim, 1924, sa che il lieto fine non è dietro l'angolo, siamo sempre in una Death Valley.
Zac Efron, per uscire dal cliché del teen ager carino di High school musical, s'infanga e si deturpa, fisicamente e moralmente e, digeriti i panni del serial killer Ted Bundy, in questo monologo a 50 gradi rilancia la miseria umana con i peggiori optional. Con lui lo sconosciuto n° 2 è il regista Anthony Hayes che lascia Zac a briglia sciolta alle prese con cani lupo, scorpioni e una molesta e deturpata visitatrice.
Siamo in un mondo che ha già perso tutte le guerre, terra desolata dove si muore di sete e solitudine. Risplende la Banalità del Male, è storia nota, e Gold s'impegna ad allestire l'inferno in pieno sole tipo Mad Max, senza alcuna connessione col mondo se non con la rapacità che resiste al Tempo. Non cl sono data né indirizzo ma siamo gli spettatori ideali per questo messaggio che il cinema ripete da decenni e che non passa mai di moda.
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