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Forse sognare


di Danilo Santoni


... To die, to sleep -

To sleep - perchance to dream.

Shakespeare, Hamlet, III 1,64-65


Una prospettiva rispetto alla realtà virtuale suggerisce che tutte le rappresentazioni simboliche, come l'arte, la musica e il cinema siano delle realtà virtuali di primo livello. La tecnologia del tipo Quick Time VR che è attualmente a disposizione per il web design rappresenta il secondo livello d'esperienza di realtà virtuale. « ...e quando la tecnologia sarà sufficientemente avanti da farci credere che I'RV sia la VR (Vera Realtà) allora saremo al terzo livello.»

Mike Gunther


La vita è sogno

Nella preistoria un qualche sconosciuto cacciatore un bel giorno ha iniziato a riportare sulle pareti di una grotta scene di caccia o di vita quotidiana. Tutte immagini che in molti casi è ancora possibile ammirare e che sorprendono per la loro incredibile vitalità e bellezza.

Immagini simboliche. Immagini reali.

Da sempre l'uomo ha cercato di riprodurre la realtà che lo circondava, a volte prefiggendosi lo scopo di essere il più fedele possibile nei confronti di ciò che osservava, a volte interpretando secondo il proprio punto di vista i fenomeni osservati: interiorizzare... stravolgere... la statuaria bellezza di un bronzo di Riace o il tragico dolore del cavallo di Guernica; la macchia di colore dell'uomo primitivo o il tratto di sanguigna di Leonardo; le ingenue sproporzioni in un affresco di Giotto o l'inebriante abilità prospettica di un pittore tardo rinascimentale… nient'altro che mezzi per riuscire a raggiungere una meta sfuggente, riprodurre la realtà così com'è, così come si crede che sia, così come si desidererebbe che fosse. In ogni caso ci troviamo di fronte a rappresentazioni visive (spesso molto complesse) che si fondano su una capacità presente solo nell'uomo, quella di estrapolare un aspetto di una cosa e di riprodurla come rappresentazione della cosa stessa. Una capacità che sta alla base di importanti forme artistiche della vita dell'uomo come il teatro il rituale o la celebrazione.

Questa capacità umana è stata in grado di permettere all'uomo stesso di sfuggire all'aspetto letterale di ciò che lo circondava, di produrre la visione di un mondo possibile che fosse diverso da quello attuale, ma pur sempre simile ad esso e, in ogni caso, plausibile (1).

Col passare dei secoli molti obiettivi sono stati raggiunti e molte mete sono state realizzate e poi... e poi siamo arrivati a quella che può essere definita la singolarità.

L'uomo è riuscito a crearsi strumenti in grado di fornirgli la capacità di affinare tutte le varie tecniche e abilità di riproduzione precedenti, di poterle fondere, di poterle far reagire ed interagire e di riuscire a fare uno sforzo fino ad ora impensabile.

Con la capacità di computo degli odierni elaboratori l'uomo può permettersi una forza creativa nuova ed inimmaginata e con essa riprodurre la realtà in un modo sempre più fedele al modello di partenza. È ormai generalizzata la tendenza ad indicare con il termine di Realtà virtuale i manufatti di questa capacità riproduttiva (2).

L'avvento di questa singolarità ha portato ad una accelerazione delle capacità progettuali dell'uomo e, in parallelo, una accelerazione nelle aspettative del pubblico.

Il punto focale di questa accelerazione può essere individuato nella prima metà degli anni '80 e si può dire benissimo che l'avvento della singolarità sia stato descritto quasi in tempo reale dal movimento cyberpunk grazie al formarsi di una connessione stretta tra le opere di autori che cercavano di esplorare la nuova frontiera elettronica e le realizzazioni pratiche che il mondo dell'informatica permetteva all'uomo di realizzare, tanto che molto spesso termini inventati in un ambiente sono poi passati con successo nell'altro influenzandolo.

Una forte spinta verso l'innovazione e la sperimentazione è venuta, forse per la prima volta nella storia dell'uomo, dal mondo dell'intrattenimento: si pensi all'approfondimento tecnico dietro ad un moderno videogioco o alla capacità creativa degli effetti speciali cinematografici. Arte e tecnologia assieme per servire il nostro bisogno di fuggire in mondi solo apparentemente ancora adatti a noi umani.


(1) - Una analisi di questo processo di imitazione della realtà si trova nella serie di articoli di Ken Seanes in Transparency. Da sottolineare soprattutto l'articolo Virtual Realities: Then and Now dove si ricercano le similitudini di base tra le tecniche di simulazione moderne e le pitture rupestri di 17.000 anni fa a Lascaux in Francia.

(2) - Michael Heim nel suo The Essence of VR cerca di fornire una definizione precisa e non ambigua del termine "Realtà Virtuale". Da notare anche in questo articolo, come succede spesso negli articoli sulla realtà virtuale, un parallelo tra realizzazioni tecnologiche e realizzazioni artistiche (in questo caso Wagner del Parsifal)


MUD: un mondo virtuale di parole

Una delle caratteristiche più sorprendenti di quella rete che chiamiamo Internet sta nel fatto di riuscire a trasformare tutto ciò che viene a contatto con le sue maglie. Un esempio è rappresentato forse dal caso delle email: in una società dove ormai la lettera era un mezzo preistorico di comunicazione l'esplosione del successo delle email ha riportato in primo piano la parola scritta, coinvolgendo poi anche il mondo della comunicazione cellulare con gli SMS. Certo grammatica e sintassi ne hanno risentito ed anche il periodare è cambiato, ma una cosa è certa, Internet ha fatto riscoprire al mondo l'uso della comunicazione veloce della parola scritta.

Negli ultimi anni, e sempre grazie ad Internet, un altro tipo di interconnessione scritta tra i naviganti della rete ha trovato un successo inatteso, quello legato ad un tipo particolare di gioco in rete che prende il nome di MUD, acronimo di Multi-User Dungeon. Si tratta di un tipo particolare di gioco in cui il giocatore si collega tramite rete ad un mondo virtuale ben definito, in cui vivono razze diverse e in cui esistono leggi precise. Il giocatore si crea un proprio personaggio scegliendo il tipo di razza o clan a cui appartenere ed inizia a girare per questo mondo, incontrando altri personaggi, incontrando oggetti, risolvendo enigmi e acquistando punti e forza e capacità.

Salendo nella gerarchia acquisterà dei poteri sempre più vasti e riuscirà a costruire oggetti e ad ampliare il mondo in cui vive ...

Bè, si potrebbe anche dire che ci troviamo di fronte ad un comunissimo videogioco, uno dei tanti che inondano PC e consolle varie. No. Perché c'è una cosa che non si è detta: il MUD è un gioco solo di parole scritte, nel senso che il mondo in cui entra il giocatore, gli oggetti che trova, le azioni che svolge e i personaggi che incontra non sono riportati sullo schermo attraverso la grafica, ma attraverso la descrizione scritta.

Un mondo (virtuale) di parole.

Il primo ambiente di questo tipo fu creato nella primavera del 1979 da Roy Trubshaw in Inghilterra alla Essex University per il DEC KL 10 dell'università (usando il linguaggio macchina MACRO-10). Non si trattava altro che di alcuni luoghi connessi tra di loro dove ci si poteva muovere e chattare.

Il programma fu subito riscritto dall'autore che lo rese più complesso e assunse per la prima volta il nome di MUD. Con l'aumento del numero dei partecipanti ci fu una complicazione del sistema che portava ad un uso smodato di memoria. Tra il 1979 e il 1980 l'autore riscrisse tutto in BCPL e sono molti a credere che questa versione numero tre sia il MUD originale.

L'autore in queste prime versioni fu aiutato dall'amico Richard Bartle che curava soprattutto l'aspetto del gioco nel programma e che prese in mano il progetto allorché Trubshaw lasciò Essex.

Il gioco all'inizio fu accessibile soltanto agli studenti della Essex, ma poi le autorità universitarie lasciarono che in ore di non utilizzo del sistema informatico (dalle 2 alle 6 di mattina) fosse accessibile a chiunque, e divenne un successo fra tutti i possessori di un modem allacciato ad un computer in Gran Bretagna.

Il gioco fu poi commercializzato dalla CompuServe ed è ancora in funzione sotto il nome di British Legends.

Da questo primo MUD è nata tutta una serie di giochi basati sullo stesso principio e il termine ha finito con l'indicare tutta la categoria invece che il singolo gioco "progenitore".


La pillola rossa

Morpheus, nel film 'Matrix, offre a Neo la possibilità di scegliere tra una pillola di colore azzurro, che gli permetterà di risvegliarsi nel proprio letto senza ricordare nulla in merito al loro incontro, e una pillola rossa che gli farà fare un'esperienza indimenticabile.

Neo sceglie la rossa e scoprirà la vera natura del mondo che lo circonda, scoprirà, cioè, che quella che lui crede essere la realtà, altro non è che un'immensa realtà virtuale.

Nella vita quotidiana l'individuo si trova molto spesso di fronte ad "alterazioni" della realtà, a trucchi, ad interpretazioni errate... Molte volte il fenomeno è di origine naturale, si pensi ad esempio alle illusioni ottiche di cui siamo spesso vittime, ma altre sono di tipo artificiale. Forme avanzate di arte e di tecnologia, poi, vengono usate per creare versioni fantastiche del mondo con lo scopo di indurre emozioni ed esperienze nell'osservatore, si guardi ad esempio il caso dei parchi tematici (1).

È possibile ritrovare un nesso tra situazione storico-politico-economica e rappresentazione del mondo. Secondo Fredric Jameson (2) si possono estrapolare tre momenti precisi nella storia dello sviluppo storico che corrispondono a tre precisi momenti di mutazione del capitalismo: il decennio del 1840 (capitalismo di mercato) con lo sviluppo del realismo sulla spinta della diffusione della fotografia; il decennio del 1890 (capitalismo monopolista) con lo sviluppo del modernismo con la diffusione del cinematografo; decennio del 1940 (capitalismo delle multinazionali), postmodernismo, elettronica.

La diffusione del computer ha avuto un doppio effetto sull'individuo per quanto riguarda la rappresentazione del mondo: da un lato ha aumentato a dismisura la capacità di calcolo a disposizione del tecnico permettendo di realizzare programmi di riproduzione degli oggetti sempre più vasti e potenti: dall'altro ha portato colui che utilizza il computer a proiettare al di là dello schermo la propria visione del mondo materiale: in uno dei suoi articoli per SfEye, Bruce Sterling parla proprio della tendenza a vedere l'interno del computer come un mondo governato dalle stesse leggi del nostro mondo quotidiano (3).

Con tutto questo in mente e con una conoscenza abbastanza aggiornata in merito alle sperimentazioni delle frange più avanzate del mondo informatico, William Gibson dette vita alla matrice.

La diffusione odierna di internet ha messo in evidenza che ci sono dei paralleli evidenti fra la matrice e il web così come lo conosciamo e lo sperimentiamo quotidianamente, anche se la visione gibsoniana presenta un concetto di matrice che potremmo definire desertico. Il modello della matrice è la città americana: i grattacieli ad indicare gli ammassi di dati, le arterie autostradali per indicare il flusso di dati e il concetto di sprawl per indicare il tipo di crescita a macchia d'olio della massa di dati.

Colpisce una cosa, la mancanza di cittadini.

In opposizione a questo modello abbiamo il metaverso di Neal Stephenson che si presenta come una megalopoli affollata di avatar.

Il web, nato ad immagine della matrice (o meglio la matrice, nata come previsione immediata del web) sta assumendo, col passare del tempo, sempre più un aspetto che lo avvicina al metaverso e questo anche e soprattutto sotto la spinta delle esigenze e delle realizzazioni del mondo dell'intrattenimento: la matrice è il luogo freddo della corporation, il metaverso è il nodo caldo del divertimento (4).

Se la matrice era un luogo pericoloso e di confronto, il metaverso tende ad essere un luogo sicuro e di proiezione dell'eventuale confronto perché la morte diventa parte del gioco: «quante vite ti sono rimaste?» si chiedono sempre più spesso i ragazzini.

C'è poi un altro mutamento in atto, e questo spinto più dagli interessi commerciali che da quelli dell'intrattenimento: dopo decenni passati a sognare di realizzare l'intelligenza artificiale (IA), molti ricercatori stanno passando ad un tipo di ricerca diverso, l'amplificazione di intelligenza (AI).


(1) - I parchi tematici sono forse il caso più evidente (ed occulto) di alterazione: nati per presentare al visitatore il lato vero della natura, fanno un uso rilevante di materiale progettato e costruito a tavolino e finiscono col dare un'immagine della natura idealizzato e artificiale, completamente opposto rispetto alla "versione originale".

L'inventore dei parchi naturali, così come li conosciamo, è Carl Hagenbeck.

Il parco naturale più famoso di tutta la narrativa è forse Jurassic Park.

Per una analisi del rapporto realtà/ricostruzione si veda Ken Seanes, Il narciso e la necessità, perché si stanno creando le realtà virtuali.

(2) - Frederic Jameson, Postmodernism, or The Cultural Logic of Late Capitalism" New Left Review 146 (July-August, 1984). Citato in Vivian Sobchack, La scena dello schermo: prevedere una "presenza" cinematografica ed elettronica (The Scene of the Screen: Envisioning Cinematic and Electronic "Presence").

(3) - Bruce Sterling, Cyber-Superstition: Science Fiction Eye, Winter 91, #8, pp 11-12 [«… i computer sono creazioni che mettono paura, cariche di mistero e di potenza. Anche per un ingegnere del software e per un progettista di hardware i computer sono, in un senso profondo e basilare, sconcertanti in modo totale... Macchine che svolgono milioni di operazioni interattive in un solo secondo sono semplicemente troppo complesse perché un qualsiasi cervello umano possa comprenderle pienamente. La gente sembra capirla questa verità sui computer, sentono il capriccio di base di questo grosso potere che ora è indispensabile nel controllo del traffico, nella medicina, nelle industrie chimiche, nelle centrali, nel sistema degli armamenti e in ogni altro spetto della nostra vita quotidiana. Il capriccio combinato con la potenza sconosciuta genera una reazione tutta umana: la superstizione». L'autore poi analizza la risposta bizzarra della gente ai problemi connessi al computer e la nascita di termini come virus, vaccino, worm e bug.] - cfr

Anche Vivian Sobchack, La scena dello schermo: prevedere una "presenza" cinematografica ed elettronica (The Scene of the Screen: Envisioning Cinematic and Electronic "Presence''): "[... Non è un caso che i computer vengano spesso descritti e compresi in termini di mente e/o corpo umano (per esempio intelligenti allo stesso modo o ugualmente suscettibili alle infezioni virali)... "

(4) - Cfr. il sito Transparencv: Ken Seanes, The age of simulation; del quale qui traduciamo il solo Il narciso e la necessità, perché si stanno creando le realtà virtuali. L'autore analizza quelle che definisce arene simboliche che per affrontare prove e desideri dell'individuo trasformano la cultura popolare in un enorme arcade. Due sono i pericoli di queste arene:

- si finirebbe col rappresentare, in forma camuffata, aspetti centrali per la nostra personalità o la nostra cultura, invece di arrivare ad averne una coscienza precisa

- potremmo ritrovarci in un terreno in cui nulla è messo realmente in pericolo, allontanandoci dalle cose e portandoci ad agire solo quando non esista alcun pericolo da parte nostra di commettere degli errori


Degli Idoru e degli Agenti

Uno dei principali miti sulla nascita dell'uomo vuole che esso sia stato creato dalla divinità con della materia inorganica, uno dei progetti ricorrenti tra i grandi sogni dell'uomo è quello di creare artificialmente esseri intelligenti (1).

Man mano che la tecnologia si fa più potente e complessa questo sogno prende forme più precise e razionali, dal Golem alla creatura di Frankenstein all'automa, al robot e giù giù fino ai sistemi esperti del mondo informatico.

A questo mito, fin da subito, si sono intrecciate paure, fobie, ansie e speranze proprie del rapporto uomo-macchina (2).

Sotto l'aspetto antropomorfo possiamo dire che all'interno di questa dicotomia tra l'umano e il meccanico esistono tre gradini ben precisi che possiamo indicare in uomo, cyborg e androide.

Negli ultimi tempi, con la diffusione del ciberspazio, si è aggiunto un nuovo elemento alla bipartizione originale il sintetico.

Anche per il sintetico si è sviluppata tutta una mitologia (nata anch'essa dalle paure e dai sogni che hanno accompagnato il meccanico) e che ha come visione ultima il travaso della personalità umana in un contenitore elettronico.

Nella situazione attuale il sintetico ha due realizzazioni precise: l'Idoru e l'Agente.

II termine Idoru è di origine giapponese e significa 'idolo', viene usato per indicare le personalità costruite completamente al computer e deve la sua diffusione soprattutto ad un romanzo dallo stesso titolo scritto da William Gibson che narra le avventure di una pop star sintetica, Rei Toi. Il primo Idoru è stato Kyoko Date (conosciuta anche come KD-96, dove le due lettere stavano per digital kids e il numero è l'anno di realizzazione, anche se la progettazione è iniziata nel 1995) realizzata dalla Hori Productions Inc., una agenzia giapponese di modelle.

Kyoko è stata creata sfruttando la tecnica della motion capture e possiamo dire che ha tre madri, infatti dietro a lei ci sono una ballerina, una cantante e una presentatrice in carne ed ossa. Ha anche un padre spirituale, quel Max Headroom che negli anni '80 anticipò l'era degli idoli virtuali (3).

Ad esclusione di Max e Rei Toi, la figura dell'ldoru non ha avuto una grande diffusione nella cultura occidentale, mentre si è ben sviluppata in quella giapponese (non a caso lo stesso romanzo di Gibson è ambientato in Giappone). Gli idoli più famosi sono forse quelli legati al mondo degli anime, Eve la idol di Megazone 23 e Sharon Apple la idol di Macross Plus (4).

Lo sviluppo del mondo dell'elettronica e delle realizzazioni sintetiche ha avuto ricadute anche sulla ricerca e sullo studio nel campo dell'intelligenza artificiale.

Se I'RV ha trovato grosse possibilità economiche nel campo dell'intrattenimento, l'IA sr è trovata di fronte un'ampia autostrada in discesa nel campo dell'e-commerce, tanto da riuscire a dar vita ad una zona di ricerca del tutto nuova che studia l'ampliamento di intelligenza, un ribaltamento di prospettiva sottolineato ironicamente dal ribaltamento della sigla, da IA si passa ad AI.

Senza dubbio la persona più rappresentativa di questo nuovo corso è Pattie Maes (5), una studiosa di origine belga trasferitasi al MIT. Le tecniche usate sono diverse, ma principalmente si fa riferimento a quelli che vengono definiti agenti o anche bot (diminutivo di robot): si tratta di piccoli programmi abbastanza semplici sempre in funzione che svolgono compiti particolari o che automatizzano azioni particolari. Ogni riferimento alle figure e alla funzione degli Agenti in Matrix non è casuale.

Una delle limitazioni delle nostre menti così come sono adesso sta nel fatto che siamo bravi a fare una cosa alla volta e a seguire un'unica cosa, ma la natura delle nostre preoccupazioni quotidiane è ben diversa e dobbiamo trattare con problemi multipli e fare cose complesse e seguire continuamente tutte queste cose differenti. È qualcosa che non ci riesce molto bene, qualcosa per cui non siamo fatti. Ma possiamo estendere noi stessi, ampliarci, avendo delle entità software che siano un'estensione di noi stessi e che agiscano per conto nostro (6).

L'uso di questi agenti permette di automatizzare molte azioni quotidiane ripetitive che ci intralciano continuamente, liberandoci così da impegni gravosi e noiosi: il controllare per esempio le scorte di un magazzino o il seguire l'andamento in borsa di un particolare tipo o genere di azioni. Essi promettono di essere particolarmente proficui nel mondo elettronico: per esempio si potrebbe monitorare tutto ciò che una persona legge e poi ricercare collegamenti che possano essere compatibili con gli interessi della persona stessa; si potrebbero monitorare tutti i prodotti che una persona acquista on-line e proporre alla persona stessa prodotti che presentino affinità con quelli acquistati... Gli agenti potrebbero anche essere elementi non necessariamente intelligenti, ma in possesso di un'unica funzione come quella, per esempio, di rendere accessibile ad una persona con un problema da risolvere o con un bisogno da soddisfare l'esperienza e i dati di altre persone che hanno già risolto il problema o soddisfatto il bisogno.

Si è scelto il termine agenti per indicare che si tratta di qualcosa di diverso dal solito software, qualcosa a cui si delega una nostra abilità rischiando poi di perderla (Pattie Maes fa il paragone con la calcolatrice tascabile che, nonostante la sua indubbia utilità, ha tolto all'uomo la capacità e l'abilità di risolvere a mente operazioni anche complesse).

C'è poi il rischio che l'estrema specializzazione nelle risposte di questi agenti porti ad una semplificazione delle proposte che, invece di ampliare gli orizzonti del fruitore, finirebbe con il restringerli (e di molto).

Il problema principale con gli agenti riguarda comunque la privacy dell'utilizzatore e tra i ricercatori si sta diffondendo uno standard definito OPS (open profiling standard) che dovrebbe riuscire a lasciare all'utilizzatore la capacità e la possibilità di scegliere di mantenere segreti o meno i propri dati.


1] - Sogni di metallo

2] - cfr Adam Mooney, Fantascienza distopica e tecnofobia

3] - da notare che Max non ha nulla di virtuale in quanto la sua 'virtualità' è totalmente fasulla: È stato interpretato da un attore reale, Matt Frewer, che per la parte dovette sottostare prima a quattro ore di trucco per farsi applicare la maschera di plastica sul viso che lo rendeva 'generato al computer' e poi ad un'altra ora di pulizia

4] - cfr. Andrea Iovinelli, Le idols virtuali negli anime

5] - cfr Pattie Maes, Pattie Maes on Software Agents: Humanizing the Global Computer, intervista per The Internet Computing online - Intelligence Augmentation, A Talk With Pattie Maes, intervista di John Brockman)

6] - da Intelligence Augmentation, A Talk With Pattie Maes, intervista di John Brockman


Misticismo.com

In questa panoramica su ciberspazio e RV si è parlato molto del concetto di 'frontiera' mettendone in evidenza le valenze simboliche e il suo uso strumentale. L'informatizzazione, nella sua espansione a macchia d'olio, ha finito con l'interessare aree di pensiero sempre più vaste ed eterogenee. Le linee di confine tra i vari campi culturali nel momento in cui sono state interessate hanno subito modificazioni e ciò ha generato delle novità.

Lungo la frontiera tra il territorio della cultura tecnologica e quello del sentimento spirituale la spinta cibernetica ha dato vita ad atteggiamenti e modi di sentire che vedono nella tecnologia un mezzo di salvezza personale e globale. I più importanti sono quelli dei tecnognostici e degli extropiani.

Il termine techgnosis è stato coniato da Erik Davis che in un articolo del 1994 e poi nel libro Techgnosis, Mith, Magic, and Mysticism in the Age of Information del 1998 è stato tra i primi ad analizzare questa tendenza spirituale. La visione tecnognostica prevede la capacità di scaricare l'io individuale in una tecnosfera o regno interamente computerizzato, liberando così l'uomo dall'intralcio dell'aspetto materiale che lo rende mortale:

Nel momento in cui si arriva al concetto che siamo realmente informazione e non corpo e anima, allora si ha questa possibilità di tecnognosi.(1).

II concetto di Davis è che la tecnognosi è una specie di aggiornamento della vecchia eresia cristiana dello gnosticismo in cui veniva rifiutato il mondo della materia per aspirare alla gnosi, un lampo di illuminazione trascendentale attraverso cui l'individuo riesce ad ascendere al mondo reale dello spirito.

Gli extropiani sono gli aderenti di una setta californiana che osservano la problematica da un punto di vista essenzialmente materialista, tecnologico ed evolutivo; sono ostili verso ogni aspetto spirituale o religioso. Essi vedono nel computer, attraverso sviluppi tecnologici come per esempio la nanotecnologia, la capacità di creare una nuova dimensione per l'evoluzione umana.

Il discorso non è poi così peregrino come potrebbe apparire a prima vista. Certo, va tolta gran parte del cascame mistico per accettarlo.

Il concetto base è che nei sistemi chiusi l'entropia aumenta generando disordine; nei sistemi aperti l'entropia si può espellere grazie alla possibilità del sistema di diventare sempre più complesso e improbabile, si tratta dello stesso processo che si riscontra nell'evoluzione e che va da organismi più semplici ad organismi sempre più complessi.

Con l'aumento della complessità però si ha anche come conseguenza che il mondo divenga sempre più artificiale, la terra infatti si può benissimo dire si stia trasformando in un manufatto che ha bisogno di un intervento intenzionale di controllo: fino ad oggi ogni realizzazione dell'uomo era compatibile col mondo, a partire dalla creazione delle armi atomiche si sono iniziati a produrre manufatti che non erano più compatibili col mondo.

Questo fatto ha portato in prima piano il controllo e la sperimentazione rispetto alla realizzazione.

Lo sviluppo dell'elettronica può consentire la simulazione dell'innovazione consentendo una selezione senza trasformazioni materiali.


1] - Erik Davis, Techgnosis






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