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Nazionalismo ed anarchia tra "La corazzata Yamato" e "Capitan Harlock"


di Davide Siccardi


Commentando "La Corazzata Yamato", in questa stessa sede, ho scritto di epica, bellica e cameratismo. Dell'epica e del filo diretto che unisce la serie fantascientifica di Matsumoto al cinema bellico, ho già ampliamente detto. Vale la pena, invece, approfondire la componente cameratistica della serie.

Le vicende prendono il là dalla ferrea volontà dell'equipaggio della corazzata di difendere la Terra, proprio pianeta e propria patria, dall'invasione degli abitanti di Gamilas. L'equipaggio della Yamato è un equipaggio militare, ed i rapporti umani della truppa sono profondamente condizionati da questa caratteristica.

Sicuramente influenzato dalle sue origini e dall'ambiente familiare (il padre di Matsumoto era un pilota di Zero ed è evidente come la passione per gli aerei – direi, in particolare, per l’aeronautica – si sia trasmessa al figlio), l’autore ha dato vita ad un gruppo di personaggi tra loro uniti da legami di tipo militare e nazionalista.

Nel primo numero, sono cameratismo ed orgoglio militare a spingere Mamoru Kodai ad un'azione suicida (azione che, forse, lo porterà a divenire uno dei tanti Harlock della complessa cosmogonia matsumotiana).

"Ammiraglio Okita! Io non voglio fuggire. Combatterò, combatterò fino alla fine. E anche se non si è in grado di vincere, morire portandosi appresso almeno una nave di Gamilas...

Questo è quello che io penso debba fare un uomo".

Nessuna mezza misura, nessun mezzo termine: totale devozione alla causa ed idealismo che non ascolta ragioni. Sebbene l'ammiraglio Okita opti per una scelta tattica diversa (sacrificandosi in altro momento ed in altra maniera), si può dire che lo spirito che pervade protagonisti e vicende della serie sia precisamente questo. Quanto meno per ciò che riguarda l'avvio delle vicende.

Successivamente, a partire dal secondo volume, gli uomini (i terrestri) non si dimostreranno degni dei sacrifici dei soldati della Yamato; idealizzazione e realtà si dimostreranno profondamente diverse, e gli uomini faranno presto a deludere le aspettative dei loro salvatori. A conflitto finito i terrestri dimenticheranno i loro eroi ed i loro sacrifici, "scavalcandoli", dividendoli e smettendo di ascoltarli.

" ...La lunga traversata fino a Iscandar non è altro che una pagina ingiallita della storia. Gente che si ricorda della Yamato, oltre a noi, non credo ve ne sia più"

Con queste malinconiche parole, il dottor Sado saluta il dimenticato monumento funebre dell'ammiraglio Okita, il giorno del secondo anniversario della sua morte. Una nuova minaccia si avvicina dallo spazio, ma il governo terrestre non è intenzionato ad affrontare la crisi né a dare retta ai consigli del vecchio equipaggio della Yamato. Addirittura, viene decisa la demolizione della gloriosa corazzata.

"A cosa è servito il pericoloso viaggio che abbiamo intrapreso con l'ammiraglio Okita...

Ormai tutti hanno dimenticato la Yamato...

Dai loro discorsi pare quasi che il viaggio fino a Iscandar e quella guerra non ci siano mai stati! I Hanno costruito Andromeda e le altre navi spaziali da guerra confidando nella pace. Non si preoccupano del futuro, ma unicamente di banchettare dal mattino alla sera!!

E noi siamo andati fino ad Iscandar per questo?!"

I pensieri sono di Susumu Kodai, il fratello minore di Mamoru. Ripercorsi i passi del fratello, dopo le vicende di Iscandar, Kodai è divenuto ammiraglio - insoddisfatto - della flotta stellare.

Dalle sue parole si notano i caratteri morali che guidano i personaggi della serie: non è dato (realmente) sapere se Matsumoto vi si riconosca appieno, così come è difficile capire se il fumetto vuole essere metafora del conflitto in tutte le sue forme o se vi sono precisi e concreti riferimenti storici. In effetti, il tono sognante e poetico della narrazione fa sì che ad ognuno sia concessa libertà di interpretazione. Ad ogni modo, piuttosto chiaramente i sentimenti di Kodai sono di insofferenza nei confronti della mollezza e dell'incapacità dei terrestri, di rifiuto del senso di irresponsabilità che riconosce nella maggior parte delle persone che lo circondano, di desiderio di azione e di ricerca di gloria.

Kodai, ed il resto dell'equipaggio della Yamato, non sono in grado di vivere in un mondo in pace, e la diffusa ignoranza dell'approssimarsi del nuovo pericolo è solo l'ultima goccia che fa traboccare il vaso. Forse inseguendo quello spirito di cameratismo e di fratellanza che si vive solo nel momento del conflitto totale [1], uniti da amicizia e da ideali comuni, forse mossi da una connaturata irrequietezza, che in tempo di pace li spingerebbe a viaggiare, ad esplorare l'ignoto, l'equipaggio della Yamato si ricongiunge. Lo spirito dei personaggi muta: dal nazionalismo di stampo militare si passa ad una forma mediata, ad un tipo di nazionalismo più "ideale". Per certi versi, un idealismo di tipo più alto (nessuno, tra l'altro, è costretto a divenire parte dell'equipaggio della ricostituita Yamato), che ha i suoi referenti non nella popolazione reale, ma nello spettro di Okita e nelle inanimate, ma pregne di umanità e di vicende umane, lamiere della requisita corazzata Yamato.

Ad ogni modo, va però notato come alla base delle motivazioni dei personaggi persista ancora un ideale terrestre. Ideale cui dare risposta, presente da ricostruire con sacrifici e caparbia devozione. Tanto più che, sulla Terra, qualcuno (sebbene pochi) ancora conserva il ricordo dei giorni della guerra contro Gamilas. Il governatore del Governo Federale Terrestre, unico del suo gabinetto, simpatizza ed aiuta per quanto possibile l'equipaggio della Yamato; Yuki (l'addetta alla lettura ed all'interpretazione dei dati del sofisticato radar della nave stellare) da tutti creduta rimasta sulla Terra, decide di riprendere il proprio posto sulla corazzata; i Black Tiger, gli aviatori dei caccia di supporto della nave, tornano quasi al completo al loro posto, nel ventre della Yamato. Episodi che sono ancora segnali di speranza, semi di orgoglio terrestre: gli eroi si affidano l'uno all'altro, consci del fatto di essere partiti per un viaggio senza ritorno, ma decisi a dare alla loro vita un senso che non possono trovare sulla decaduta Terra.

L'orgoglio ed il residuo "seme" della civiltà terrestre, navigano a "braccio", nell'isolamento ed attraverso le insidie dello spazio. Questo è quanto è la Yamato (corazzata e serie): il simbolo di una speranza, una luce che cerca di sopravvivere nel buio dello spazio. Se il "lavoro nobilita l'uomo", la Yamato, la sua missione ed il suo equipaggio nobilitano l'intera razza umana.

Sensibilmente diversi i toni e le finalità di "Uchu Kaizoku Captain Harlock".

"Io vago per i confini dello spazio...

La gente mi chiama Capitan Harlock...

Il Black Jack è issato sulla mia nave, e con questa bandiera che sventola tra le stelle io vivo in libertà. L'universo è la mia casa...

La voce sommessa di questo mare infinito mi invoca, e mi invita a vivere senza catene...

La mia bandiera è un simbolo di libertà".

Parole come queste lasciano poco spazio alla speculazione: Harlock non ha la minima fiducia, né prova il minimo senso del dovere nei confronti dei governi terrestri. Le uniche persone ritenute degne di considerazione, sono quelle ospitate sull'Arcadia, la sua nave pirata. Sulla nave vige una sorta di sconclusionata anarchia: i marinai dormono, spesso ubriachi, lungo i corridoi della nave; il vicecapitano Yattaran si rifiuta spesso di prendere posizione in plancia, preferendo giocare con modellini di navi ed aerei nella sua stanza; il dottore Zero addestra il gatto a rubare sakè dalla mensa. Rispetto all'ordinata Yamato, un notevole cambiamento di "stile". L'Arcadia appare disordinata, disorganizzata, abbandonata a sé.

È solo apparenza, dato che è nelle situazioni di crisi che l'equipaggio dimostra l'abnegazione ed il coraggio pretesi dal capitano Harlock. Daiba, l'ultimo arrivato sull'Arcadia, a domanda:

"Cosa potrei fare a bordo di questa nave?" ottiene in risposta dal Capitano, "Puoi anche non fare nulla. Gira un po' e divertiti... Comincia a familiarizzare e vedrai che ci capiremo di più".

Disarmato da tanta accondiscendenza, e stupito da tanto caos, Daiba dovrà ricredersi sulla qualità dell'equipaggio e sulla tempra del suo capitano. Sarà lo stesso Harlock a spiegargli:

"... Pur trattandosi di una nave di pirati... pur essendo esposta a molte battaglie, l'Arcadia rimane sempre la nostra casa. Quando si è in casa propria, capita a chiunque di sbadigliare o fare un pisolino, oppure gridare...

La regola ferrea di questa nave dice che nel solo momento del bisogno si deve applicare la disciplina...

Lo spazio è immenso e la sua traversata lunga.

Capisci perché ritengo che questo modo di fare sia quello giusto?"

L'Arcadia, innanzi tutto, è dunque una casa. Contrariamente alla Yamato, nave militare, il cui equipaggio è composto da soldati con precisi compiti da svolgere (anche nel momento della dolorosa rottura con il governo terrestre, la Yamato rimane una nave da guerra con equipaggio militare: solo, non più equipaggio subordinato ai gerarchi dell'esercito terrestre), l'Arcadia è più simile ad una fortezza, ad un rifugio. Tra la truppa dell'Arcadia vigono regole e rapporti di tipo familiare e non militare. Non, dunque, un "seme" da diffondere, ma piuttosto una speranza ed un ideale da preservare dagli attacchi esterni. Questo, quanto meno, all'inizio delle avventurose vicende. Agli occhi di Harlock, l'umanità è già condannata e non c'è nulla che possa salvarla; anzi, arriverà a pensare:

"Forse sarebbe meglio che gli uomini spariscano subito invece di attendere che la Terra si riduca come Venere" (una Venere immaginata distrutta dalla decadenza sociale e tecnologica dei suoi abitanti, ndr).

Come detto, non bisogna pensare ad Harlock come ad un capitano accondiscendete o facilmente malleabile: Harlock sa essere dispotico, autoritario, e pretende totale fiducia e devozione da parte del suo equipaggio. Viene detto a Daiba:

"Capitan Harlock ti ha detto che saresti potuto scendere a tuo piacimento, qualora le tue idee fossero risultate differenti dalle sue. Però ha evitato di dirti un particolare importante. Tu puoi scendere solo se lui riconosce di sbagliare...

Finché lui non riconosce il suo errore... tu non puoi abbandonare la nave. I fuggiaschi sono condannati a morte.

Qui sulla nave pirata Arcadia vige una disciplina di ferro!! Si tratta di una nave dove salgono solo coloro che sono risoluti a combattere, e non temono la morte...".

Studiare la personalità di Harlock aiuta a comprendere le finalità e lo spirito dell'intera serie. Figura autoritaria e paternalistica, duro ma giusto (o, quanto meno, questo è quanto ritengono lui ed il suo equipaggio), il Capitano è mosso da violente passioni, rabbiose insofferenze e da assoluto rifiuto di tutto quanto, con inganno e viltà, gli viene imposto. "Io mi batto per quello in cui credo. Non per uno stato o pianeta in particolare. Lotto solamente per gli ideali che ho nel cuore". Un idealista, insomma, sofferente delle esaltazioni e delle depressioni tipiche del caso. Attenzione però: non un idealista violento o guerrafondaio. In effetti, Harlock non desidera neppure salvare gli inetti terrestri. C'è da capirlo: il primo ministro passa le giornate nascosto sotto la coperta o ad organizzare tornei di golf; gli abbindolabili umani si fanno ingannare dall'aspetto di bellissime donne degli alieni Mazoniani... la Terra di Harlock è ormai definitivamente decaduta, a differenza di quella della Yamato [2].

Le sole ragioni che spingono Harlock a reagire all'offensiva mazoniana sono, in sostanza: orgoglio, insofferenza per tutto quanto è subdola imposizione ed inganno, desiderio di essere lui il padrone del suo destino. Accettare di essere sconfitto da avversari che fanno della finzione e dell'inganno le proprie armi è per Harlock impossibile. Di conseguenza sposta l'azione sul campo da lui preferito: lo spazio ed il campo aperto. Pirata non a caso, fa dell'abbordaggio e dell'audacia le sue ragioni di vita. Questi caratteri erano già presenti in Mamoru Kodai, l'Harlock dell'universo matsumotiano della Corazzata Yamato.

Mamoru (fratello maggiore del principale protagonista della serie) compie il suo destino affrontando un nemico invincibile nell'unica maniera possibile: speronandolo con un'azione (apparentemente) suicida. Un gesto che tradisce (anche in quella sede) più orgoglio, audacia e spirito di indipendenza che nazionalismo e devozione alla patria (devozione che, invece, pare essere il principale fattore condizionante la diversa, e più meditata, condotta dell'ammiraglio Okita).

Non manca in Uchu Kaizoku Captain Harlock, però, anche un'importante e cruciale manifestazione di rispetto nei confronti di alcuni degli avversari. Ciò che non è tollerato dal capitano e dall'equipaggio dell'Arcadia sono i sotterfugi e la meschinità: Zoru, costretto col ricatto a combattere per conto dei mazoniani [3], verrà accolto con rispetto sulla nave di Harlock.

"Un vero soldato si vergogna moltissimo di non poter agire liberamente..."

Lo ribadisce Meeme, ma è il pensiero di tutta la truppa.

Solidali con chi si sacrifica in nome dei propri ideali di indipendenza ed onestà, il sentimento di capitano e truppa appare sempre più chiaro. Si tratta di una solidarietà sovranazionale e sovraplanetaria:

"Prima di morire mi ha insegnato a provare amicizia per qualcuno che non è terrestre, e che combatte come noi contro Mazone".

Harlock si allontana sempre di più da sentimenti di nazionalismo terrestre, per abbracciare e comprendere appieno la sua visione: una forma di nazionalismo che definisce i suoi confini negli spazi dell'universo e che molto deve all'esistenza di straordinari mezzi tecnologici (come, ad esempio, la nave stellare Arcadia), che ne permettono - in prima battuta - lo stesso concepimento [4]. La bandiera del Black Jack può sventolare per ogni razza e l'Arcadia può ospitare qualunque essere vivente. Umani o umanoidi (o ancora altro!) non è rilevante: l'importante è che siano animati dallo spirito e dagli ideali dei pirati dello spazio. La casa è l'Arcadia, il Black Jack la bandiera, i confini li segna lo spazio.

L'anarchia, dunque, si è rivelata (forse con sorpresa dello stesso Harlock) solo un momento, un passaggio. "La voce sommessa del mare infinito" può essere udita da gente di ogni pianeta e "la bandiera simbolo di libertà" può sventolare per chiunque si senta animato dagli ideali del capitano dell'Arcadia. La "nave", infine, allontanandosi per sempre dalla Terra un po' ritorna all'inizio, allo spirito del primo ciclo narrativo dell'autore: la nuova rotta è finalmente stata tracciata, ora sta all'equipaggio trasformare un'isola corazzata in una nazione aperta a chi ne condivide gli ideali.


Note:

[1] Kodai arriva anche a rimpiangere la stoffa e le qualità dell'antico, mortale nemico: "Deslar era un uomo veramente coraggioso e conscio del proprio valore. Sinceramente, ora ne provo nostalgia".

[2] Episodio a conferma di ciò: ne La corazzata Yamato il governatore aiuta sotto banco l'equipaggio ribelle; in Capitan Hallock il primo ministro cerca di sbarazzarsi dei terrestri più accorti. Il professor Daiba e suo figlio sono, forse, le ultime persone degne di considerazione rimaste sulla Terra: il professore, l'unico ad aver riconosciuto la minaccia Mazone, morirà nell'indifferenza generale ed il figlio lascerà, disgustato, la Terra per unirsi all'equipaggio dell'Arcadia. Sulla Terra non è rimasto più nulla per cui valga la pena rimanere: abbandonarla diventa un sollievo, da sacrificio che era nella precedente serie.

[3] Zoru è un soldato di Takahga. Il suo popolo è stato reso schiavo dai mazoniani. I soldati di Takahga sono costretti a combattere per conto degli invasori di Mazone: in caso di insubordinazione, è minacciato lo sterminio di tutta la popolazione di Takahga. Zoru, finalmente sconfitto, deciderà di suicidarsi.

[4] La tecnologia, nelle storie di Matsumoto, può anche essere strumento positivo: rende possibile la redenzione e la salvezza di uomini e talvolta popolazioni, e non manca mai di "contaminazione" umana. Il fantasma di Okita si aggira sulla Yamato, mentre l'Arcadia è animata dallo spirito dell'amico di Harlock. Da notare anche come la tecnologia possa essere usata per "dare nuova forma alla tradizione" piuttosto che per "rivoluzionare": dapprima l'Arcadia ricostruisce un tradizionale nucleo familiare, infine diviene mezzo indispensabile per la nascita di una nazione stellare.






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