Recensione a "Lo spirito dei tempi"
(Zeitgeist. A Novel ot Metamorphosis, 2000, edizione Statunitense: (Bantam)), Bruce Sterling, traduzione Simona Fefè, Collezione dell'immaginario n. 1, ed. Fanucci, 2000, 315 pagine, 25.000 £, 12,70 €
Non-romanzo, romanzo filosofico, o, forse, altro, ma quest'ultimo lavoro di Sterling è qualcosa di assolutamente diverso dagli altri, suoi.
Fin dal titolo, infatti, si intuisce che, più che raccontare una storia, all'autore, qui, interessasse dire delle cose, in maniera più netta, evidente, che nei sui presedenti lavori; è, infatti, una storia che, all'inizio, sembrerebbe incanalarsi in una direzione normalmente narrativa, ma ben presto ha come un brusco scossone, e, come, deraglia, esce dai binari e va in una direzione che sembra impazzita, che non ha, una direzione, ma brancola, in un'incertezza in cui, ha prevalere, è il disorientamento.
Lo spirito dei tempi, appunto; la sensazione che domina le nostre vite oggi, quest'incertezza che sembra pervadere il nostro futuro, in ogni ambito.
La parte centrale di quest'opera, diciamo il sessanta per cento, di essa, è un guazzabuglio insensato, nel quale succedono le cose più impossibili e incredibili, senza direzionalità, nella narrazione; Carlo Formenti ("Sterling-Globalizzazione, guerre e rock'n'roll", "Corriere della sera" del 17/10/2000) dice: "... proliferano enunciati metanarrativi (con personaggi che discutono se certe azioni siano compatibili con il "piano" del racconto)... ", cosa verissima ("Pensavo che non saresti più tornato."-"Be, non ho avuto scelta. Di fondo rientrava nella struttura narrativa." (pag. 255); ""Deus ex machina", lo spirito nella macchina. Sei rimasto bloccato sulle tematiche, Starlitz. Sei nel mezzo di una crisi nella grande narrazione. Non puoi andare avanti né tornare indietro, non c'è via d'uscita. Ecco la tua situazione. Al che, il dio scende dal divino carro celeste e ti salva la pelle. Sto parlando di me. E questo è il momento in cui mi manifesto." (pag. 286)), e che ha, anche, e prevalentemente, il significato che la "narrazione" sia, appunto, la Storia, la direzionalità verso la quale ci si sta muovendo oggi, che, appunto, pare aver perso coerenza, e vagare in quell'ambito di incertezza che abbiamo detto.
Se si riesce a non farsi sorprendere, da questo improvviso cambiamento di tono, di prospettiva, di tutto, poi, ne risulta una narrazione piacevole, decisamente divertente, e molto distensiva; che significa, nel macro, che se si riesce ad adattarsi ai mutamenti repentini, e spesso molto, troppo grandi che si susseguono nel mondo, si ha la possibilità di sopravviverci, e di divertirsi, magari anche.
Ecco, è questo che penso Sterling volesse veicolare, riuscendoci, direi, in maniera ottima.
Il nichilismo che, oggi, prevale e soverchia, il nostro vivere e il nostro sentire, lo si percepisce netto, acuto: "...non esiste una cosa che corrisponda alla "verità''. Esiste solo il linguaggio. Non esiste un fatto. Non esistono la verità o la falsità, ma solo dei processi dominanti attraverso i quali la realtà viene socialmente formulata. In un mondo decifrato dal linguaggio non c'è alternativa possibile." (pag. 171).
Ma, già in questa frase, si vede l'angolatura che, in Sterling, ha preso l'inevitabile superamento, del nichilismo, che, nel finale, assume sembianze decisamente più concrete: "... abbandonare tutto. Annullare tutto, depennarlo. Seppellire quel che è morto in noi." (pag. 308); "Non si può spingere verso il futuro la storia che è già passato. Si trasforma in farsa. O diventa letale. O entrambe." (pagg. 313-4).
C'è, infatti, da dire, che la storia che vi viene raccontata è ambientata nel nostro passato prossimo, il '99, e che il fatidico (e matematicamente erroneo) capodanno del 2000 vi ha un ruolo, per così dire, simbolico, di evidente primaria importanza.
Dunque, per Sterling sembrerebbe che la via da seguire sia quella di voltare le spalle al passato, e rivolgersi decisamente verso il futuro, coraggiosamente.
Dico sembrerebbe perché l'ottima antologia "Un futuro all'antica" (A Good Old-fashioned Future, '99), sembrerebbe dire l'esatto contrario.
Dunque: un messaggio grosso veicolato in un prodotto divertente; la Sf non finirà mai di riconfermare la sua migliore qualità; ci sono molti bei, ponderosi, saggi, che dicono quello che si dice qui, ma che mai verranno letti dalle persone comuni, che, se eventualmente lo facessero, non li capirebbero affatto.
Ecco, fa veramente piacere che la Sf lo riesca ancora a fare.
Ad un certo punto, nel giro di poche righe, vengono citati alcuni grandi del pensiero contemporaneo, a far capire che si, se si era subodorato che si stava leggendo non un romanzo normale ma qualcos’altro, si era intuito bene: "Umberto Eco... E Deleuze e Guattari? Derrida? Hai mai letto Adorno?... Jean Baudrillard." (pagg. 88-9).
Il romanzo è stato editato, in ottobre, in anteprima mondiale, dalla Fanucci, bruciando sul tempo l'edizione statunitense, che è apparsa solo ai primi di novembre; davvero un gran colpo, per la nostra editoria!
Nell'articolo citato il Formenti dice anche, e molto giustamente, che, in quest'opera, Sterling ha cambiato: "... stile rispetto ai romanzi precedenti, ricorrendo a dialoghi più secchi, eliminando le lunghe descrizioni e accelerando il ritmo narrativo.".
Dunque, per chi volesse, stranamente, tentare di capire lo spirito dei tempi ...
Altri contributi critici: "Sterling-Globalizzazione, guerre e rock'n'roll", di Carlo Formenti, "Corriere della sera" del 17/1012000
"Rassegna stampa", "Futuro news", n. 1/2001, ed. Fanucci; interventi di Benedetto Vechi, da "il Manifesto" del 16/11/2000 e di Rossella Martina, da "Il giorno" e "Il resto del Carlino" del 3/11/2000
A proposto, interessantissimo l'articolo dell'autore in "Parco giochi con pena di morte", "Piccola biblioteca Oscar" n. 264, ed. Mondadori, 2001, "La nazione invisibile" (One Nation, Invisible, ‘99), pag. 243
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