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monologhi inediti da "Eva"


Presentiamo i monologhi scritti da Nicoletta Vallorani per il romanzo "Eva".

Eliminati dalla stesura definitiva dell'opera, questi frammenti rimarranno inediti. Rispecchiano pienamente ciò che intendiamo per letteratura dell'inquietudine e dell'imperfezione. La loro imperfezione sta nell'essere completi nella loro stesura ma staccati dall'opera di cui avrebbero dovuto far parte, sono vite che appaiono lontane dal contesto che le ha generate. I personaggi sono figure imperfette nella loro apparizione narrativa e nella manifestazione dei loro pensieri.

L'inquietudine è presente in questi soggetti quale disagio di esistenza ed e parte essenziale delle varie pubblicazioni dell'autrice.

(i pinguini nel sottoscala - 10 novembre 2000)


(Tra cap. 7 e 8)

La bambina dimezzata

E certe volte mi sveglio.

Mi sveglio nella metà esatta della notte e penso i miei mezzi pensieri.

Chiedo al sonno se torna ma quello dice che no, non ci pensa nemmeno e che con me ci sta solo a mezzo servizio. E mentre penso questa cosa mi scappa da ridere perché capisco che è proprio una bella battuta per una come me che mai non è stata finita.

Sto lì. Accendo un fiammifero, così le ombre prendono forma e io provo a farmi raccontare com'è successo. Com'è stato cioè che mia madre mi ha finita solo a metà. Com'è che sono uscita con dei pezzi mancanti, come una gemella siamese senza gemella.

Ma nessuno mi risponde. E non sono stupida, perciò penso che è una cosa inutile ma molto inutile chiedere al buio le ragioni del tuo dolore. Perché quello è come dio: sta lì e sorride e qualunque cosa ti succede è la sua volontà ma non è vero lo pensiamo noi perché deve esserci un motivo per vivere anche quando nasciamo e siamo la metà di quello che dovremmo essere.

È la sua volontà. Perché se non fosse la sua volontà ma solo uno scherzo della natura uno si butterebbe subito sotto un treno. E ci vuole un gran coraggio per farlo.

Comunque sia, io non capisco queste cose. Voglio dire, la Signora dice che è meglio lasciar perdere i pensieri complicati e che noi siamo qui per passare i nostri giorni nella pace e nel silenzio, a parte quando andiamo per strada nella via degli Storpi a chiedere l'elemosina. Non è che si guadagna tanto, ma.

Mi guardano. Non so bene quello che vedono perché la Signora non tiene gli specchi. Io certe volte mi sono vista nei vetri appannati o in certi specchi nei bar prima che mi mandassero via perché impressionavo i clienti. Perciò, non so proprio bene come sono. Ma non importa. I soldi che porto alla Signora sono buoni, e lei mi dà da mangiare e poi questa stanza e questo letto e questo odore di casa lenzuola coperte silenzio. Insomma un posto dove si può vivere. E dormire. Almeno metà della notte.

Certe volte mi sveglio. Certe volte mi addormento mentre sto nella strada a chiedere i soldi che mi pagano tutti perché sono un mostro e faccio pena. E pure perché sembro piccola anche se sono già grande da un pezzo, ma dimostro metà della metà dei miei anni. Che poi come fai a capire l'età di una faccia a metà?

Non è che sono triste. Voglio dire, a essere così, Come dice la Signora, ci sono guai peggiori: avere dei pezzi mancanti significa solo che quelli che non hai devi cercarteli in giro. La Signora certe volte dice cose che non capisco. Ma poi quando facciamo le cose che lei dice si capiscono meglio anche i suoi discorsi.

Qualche volta si e qualche volta no. Io comunque penso che nessuno si prende una persona a metà per farla diventare la sua anima gemella. Però sarà meglio che non mi faccia tanto l'idea di cercare in giro i pezzi che mi mancano. Pure se sembro giovane, sempre brutto mostro sono. Che non è che ti sposano in tanti.

Dal punto di vista del mio mestiere è un bel vantaggio. Posso continuare fino a quando sarò decrepita. Siccome i vecchi di questi tempi fanno più schifo che pena, sembrare vecchi è una gran scocciatura. Spero che non mi succeda. Mai mai.

La Signora dice che mia madre era vecchia quando ha deciso di fare me. Ma io non lo so se è vero, perché secondo me la Signora mia madre non l'ha mai vista. Una volta ho spiato la Signora e stava con uno importante e per niente mostro e con la mano sul portafoglio e gli raccontava di noi e diceva che me mi aveva trovata per strada una notte e di sicuro era stata lasciata in giro perché era troppo brutta. Troppo troppo. Con una scatola di fiammiferi. Piena. Allora lei mi ha presa perché così potessi vivere al sicuro da quei maniaci e pervertiti e nazisti che uccidono tutti gli esseri imperfetti che trovano in giro. Mi ha presa e mi ha portata al sicuro qui dentro.

Qui non mi trovano. Sono salva.

Come il gobbo di Notre Dame.

Chissà se mia madre era una zingara.

Comunque certe volte mi sveglio.

Ascolto tutte le voci del silenzio. Slobo, Maria, la Signora, i Gemelli BumBum... tutti. Ascolto.

E mi viene il nervoso. Mai una volta che si possa dormire tranquilli, qui dentro.


Tra cap. 14 e 15

Slobo

I miei capelli sono bellissimi.

Mia madre me lo diceva e mi pettinava e io era contento.

Mia madre era vecchia e io sono nato.

Nel fango o nelle lenzuola, oppure sopra un materasso duro, in mezzo alle donne che dicevano le preghiere e signore fallo nascere bene e signore questa madre è vecchia e se il bimbo muore e se la madre muore e se noi non riusciamo a salvarli e se dopo sul materasso non ci resta che il sangue e la carne e tutto a pezzi senza un'anima e senza cuore per tenerli insieme?

Invece sono nato e tutto in un pezzo.

Grande e grosso e strillavo perché tutto quel dolore dio mio dio mio era insopportabile. E le donne pensavano che se strillavo così stavo bene e io non potevo spiegargli.

Non potevo.

Non potevo neanche dopo.

Io ci provavo ma nessuno capiva.

Il dolore aveva messo una bomba sotto il ponte tra il cervello e la lingua. Il ponte era saltato per aria. Il dolore è una bomba che funziona benissimo. Perciò adesso il ponte non ci sta più.

Le madri vecchie soffrono un dolore che non si può dire quando ti mettono al mondo. Io non lo dico, ma lo sento, me lo sento sempre nelle ossa e nel cuore ogni volta che ci penso. Forse dopo per quello mia madre è morta che io era piccolo e dopo che è morta lei nessuno mi pettinava i capelli.

Nel primo posto, mi hanno tagliato i capelli e tolto il pettine, che tanto quello hanno detto che non mi serviva più. Se non hai i capelli ti serve il pettine, mostro? Siccome ero il mostro mi facevano fare le cose schifose tipo pulire i gabinetti e raccogliere il vomito e stare nell'infermeria che era solo una stanza dove mettevano quelli malati e poi chiudevano la porta così quelli potevano urlare tranquilli.

Nell'infermeria ho imparato che sento.

È stata una cosa brutta da imparare.

Nel secondo posto, mi hanno dato da mangiare le mosche e gli scarafaggi. Erano tutti grossi più di me. Così si mangiavano la mia roba e mi davano delle altre cose schifose. Non mi importava perché tanto chiudevo gli occhi e mandavo giù, Non c'era dolore.

E i capelli crescevano e quelli non se ne importavano niente.

Anche quando mi facevano le cose da femmina e mi vestivano da femmina e mi mettevano il rossetto e i vestiti e insomma quelle cose lì non mi importava. Il mio dolore era una cosa facile da sopportare. E non dovevo stare all'infermeria. E i capelli crescevano.

Nel terzo posto, mi sono guardato nello specchio e ho visto che ero diventato grosso.

E i capelli crescevano.

Ero grosso perciò mi toccavano di meno. E a chi si avvicinava gli ringhiavo. Era facile e non mi faceva soffrire. Sentivo la paura di quelli, ma dopo ho imparato a sopportarla, la paura era diversa dal dolore. Ho pulito tanti gabinetti. La merda è meglio del dolore.

Nel quarto posto, Eva.

I capelli lunghi bellissimi pettinati col pettine.

E comunque qui ci sto bene. Non è proprio come con la mia madre vecchia. Chiudo gli occhi e sento l'odore di quanto sono nato. Poi mi arriva la frustata del dolore. Così forte da spezzarmi l'anima.

E allora io apro gli occhi e penso che forse è per quello che sono diventato scemo.

Allora prendo il pettine e mi pettino i miei capelli.

Che sono bellissimi.

Come diceva mia madre.


Tra cap. 19 e 20

Maria la sanguinaria

La gente pensa che solo perché non parli sei scemo. Non si rendono conto che la parola è solo una funzione del cervello, non l'unica.

Io non parlo. Ma capisco. Lo so.

E i miei occhi vedono quello che la gente normale sfiora soltanto. Mi ricordo ogni cosa dei miei cinquant'anni di vita.

Mentre lavoro nelle stanze o in cucina, mentre indosso la divisa o la tolgo, mentre guardo le mani di Eva muoversi veloci e capisco quello che vuole dirmi, io ripasso ogni momento della vita che ho vissuto, ogni gesto, ogni sorriso, indietro fino alla prima bomba. La gente pensa che solo perché sei piccola tu abbia pochi anni. Invece certe volte succede solo che non sei cresciuta, perché qualcosa ti ha fatto smettere di crescere e da un certo punto in avanti il tuo corpo bambino ha smesso di correre parallelo col cervello verso l'età adulta. Così hai cominciato ad essere due persone: il corpo da una parte e il cervello dall'altra.

Due mondi, separati come i binari di un treno.

Quando penso, non penso soltanto. La gente normale pensa e ammucchia ogni pensiero su quello precedente, e lo schiaccia, lo spreme fino a strizzarne fuori tutta l'energia, finché nel pensiero originario non resta il minimo succo. Io faccio ordine. Scavo dentro i pensieri e li sistemo al loro posto dopo averli tagliati in piccoli pezzi e aver separato le ossa dai muscoli e dal cuore.

Come quando lavoro in cucina. Preparo la carne e penso i miei pensieri. Faccio i pezzi senza fermarmi e ogni pezzo è un ricordo e dentro ogni ricordo ce n'è un altro e poi un altro ancora. Finché non arrivo all'ultimo ricordo e all'ultimo pensiero io continuo a tagliare, sezionare, impacchettare.

Eva è contenta di me. Le sue parlano parole gentili e io rispondo nello stesso modo. Dice che io faccio un lavoro buono e che sono utile al centro. Perciò questo mi fa sentire importante e significa pure che io qui sto bene. Non voglio andare in un altro posto. Non potrei, nemmeno.

Anche Slobo ha bisogno di me, perciò è un altro motivo per cui devo restare, Slobo pensa pensieri strani ma mai cattivi. E io sono il suo ponte perché leggo i pensieri nella sua testa e li traduco nel linguaggio dei segni. A volte li modifico un po', quando penso che sia meglio per Slobo. Ma so che lui è sempre d'accordo, altrimenti non lo farei.

Slobo è il mio amico migliore e io sono la sua migliore amica.

Pensa che io sia la persona più intelligente che conosce. E questo probabilmente è vero.

Comunque, a parte Slobo, è bello stare in questo posto. Perché qui non conta se sei intero o solo un pezzo. Tanto tutti quelli che ci abitano sono pezzi di qualcosa che magari se fosse intero sarebbe anche bello. E normale. Ma siccome nessuno è normale, qui dentro, ci siamo abituati a pensare che questa è la nostra forza. E siccome stiamo fuori dal mondo di tutti possiamo giudicarlo. E nessuno può venirci a dire che non dobbiamo permetterci. Prima ci mettono in una gabbia e poi pretendono di non essere guardati.

Ditemi un po' chi è scemo qui dentro?


Tra cap. 21 e 22

Vanessa

Né carne né pesce.

Squame pelle carne ossa

Ginocchia grandi

Piedi

Mani grandi

Branchie, no

Né carne né pesce

Bianca come la sposa

Bionda come la regina

Colorata come la donna

Libero

Libera

Né carne né pesce

E di questa cosa da maschio

Cosa faccio?

Tutto si aggiusta, bambina

Faremo di te una signora

Una signora

Né carne né pesce

Faremo di te

Le catene non si sciolgono

Dottore, che succede?

Dormi bambina

Dormi, stasera

Né carne né pesce

Se solo potessi respirare

Qua sotto

Se solo questo corpo maledetto

Mi lasciasse

Uscire

Libera


Tra cap. 27 e 28

I gemelli Bumbum

Insieme come due pezzi sbagliati del puzzle.

Siamo nati dentro la stessa conchiglia, con pensieri gemelli e anime dimezzate. Siamo nati per forza insieme pensando che così era più facile. Siamo nati lenti senza avere gambe abbastanza per correre.

Siamo nati. Se avessimo potuto decidere, non ci avrebbero separati. Avremmo diviso una gamba e una vita, e ci sarebbe bastato. Invece ci hanno fatto un regalo sciancato. Non per noi, no. Soltanto per non sentirsi turbati da noi. Ci hanno trasformato in due metà perché avevano paura di noi quando eravamo interi.

E per essere sicuri che non tornassimo mai ad essere uno, ci hanno regalato due passi diversi, così che potessimo continuare ad allontanarci. Avvicinarci. Allontanarci.

La signora dice che possiamo stare insieme. Dormiamo in un letto, mangiamo in un piatto, parliamo una voce. Ma è una voce che non capisce nessuno, una voce solo per noi che ci basta e ci piace.

Certe volte giochiamo che cadono le bombe. Ci buttiamo sotto il letto e ci tappiamo le orecchie a vicenda. Ascoltiamo i fischi nella testa e battiamo le mani a ogni botto.

Ci piace, perché possiamo stare abbracciati. Anche se siamo vecchi e i vecchi non si abbracciano come i bambini.

Stiamo come due nella stessa conchiglia.

È bello.

Solo che dopo ci esce il sangue dal naso.

E la signora lo asciuga.






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