Io, robot
di Massimo Giraldo
Robot che mangiano lumache di terra? bleah! per carità!
Questo può apparire assolutamente un'idea ridicola oggi, eppure in un futuro non molto remoto questo potrebbe divenire una realtà. Ma a che scopo?
Uno dei più grossi limiti dei robot costruiti al giorno d'oggi è che, ovunque si trovino ad operare, hanno bisogno di una continua supervisione da parte di uno o più operatori, soprattutto per quanto riguarda il controllo e il rifornimento energetico.
Un gruppo di scienziati dell'università del "West England" con sede a Bristol (Gran Bretagna) afferma di essere interessato alla costruzione di robot che siano completamente autosufficienti in termini di gestione dei propri comportamenti e soprattutto per quanto concerne l'approvvigionamento dell'energia.
Robot dunque non solo in grado di badare a sé stessi e in grado di organizzarsi il lavoro, ma anche capaci di procurarsi il "nutrimento" in maniera completamente autonoma.
I ricercatori britannici, diretti dal dottor Chris Melhuish, stanno ora valutando alcuni modi per creare un sistema "digestivo" che permetterà agli automi di convertire il cibo in una forma di energia che sia per loro notevolmente più facile da utilizzare: l'elettricità.
"Slugbot" è il nome di questa nuova generazione di robot, i quali stanno apprendendo ad individuare e cacciare le lumache di terra, separandole da altri oggetti quali ad esempio i sassi. Al momento, grazie infatti a loro occhi dotati di sensori ad infrarossi e ad un complesso algoritmo di controllo che ne coordina le funzioni, sono in grado di selezionare con cura il loro cibo preferito meglio di notte che con la luce del giorno. Una volta raccolto un certo numero di molluschi, Slugbot li trasporta fino ad una unita separata, la quale ha il compito di fermentare le lumache e, attraverso i biogas così prodotti, l'unità è in grado di generare energia elettrica.
Successivamente l'elettricità ricavata dalle celle viene immagazzinata in accumulatori (batterie) utilizzati per nutrire quegli automi a corto d'energia.
Se siete vegetariani, o trovate repellente la soluzione delle lumache, il team di scienziati inglesi sta sviluppando un progetto parallelo che permetterà ai robot di alimentarsi anche di carote e di altri tipi di frutta e verdura, utilizzando un vero e proprio sistema digestivo nel quale l'energia verrà estratta attraverso quella che gli studiosi chiamano MFC (Microbialogical Fuel Cell, cella di carburante microbiologico).
È quindi palese che questo tipo di sperimentazioni implicano non solo conoscenze di carattere meccanico, elettrico, elettronico ed informatico, ma coinvolgono anche altre discipline quale chimica, biologia, matematica e fisica. Non ultime tra queste, anche sociologia e entomologia ricoprono un ruolo notevolmente importante: cooperazione e mutuo soccorso sono fondamentali per il raggiungimento degli obbiettivi prefissati. La natura offre un vasto campionario: di esempi, con numerose specie di insetti che sono davvero dei maestri da questo punto di vista.
Questa è dunque la ragione per cui il professor Melhuish e il suo team al IASL (Intelligent Autonomous System Laboratory) stanno studiando molto attentamente il comportamento di alcune colonie di formiche. Le formiche lavorano con un cosìdetto "set di informazioni" estremamente semplice e basato su una serie di messaggi generati da alcune reazione di carattere chimico e rilasciati nell'aria perché possano essere percepiti dalle altre compagne. Questa è in sostanza la modalità con la quale questi efficientissimi insetti riescono a trovare il percorso più breve per arrivare al cibo (ecco la ragione per cui vediamo spesso le formiche in una lunga e ben ordinata fila indiana).
"Complessità dalla semplicità" recita il motto dello IAS Laboratory: sembra sia questa infatti la chiave che permetterebbe di creare sistemi robusti e al contempo flessibili, composti di migliaia (quando non anche di milioni) di piccoli robot che lavorano assieme. I grandi apparati elettronici sono infatti estremamente complessi, fragili e incredibilmente costosi, mentre robot di piccole dimensioni sono facili da realizzare e, quando sono prodotti in larga scala, hanno costi notevolmente ridotti. Un altro enorme vantaggio è che se in una o più unità avviene un guasto ed il funzionamento viene parzialmente o completamente a mancare, le riparazioni o le sostituzioni possono essere apportate senza pesanti conseguenze economiche e in tempi relativamente ridotti.
Siete per caso ancora un po' scettici a questo proposito? Prendiamo dunque in esame un esempio concreto sui benefici apportati da un sistema di questo tipo: i satelliti per telecomunicazioni sono delle strutture incredibilmente complesse e, se qualcosa và storto mentre l'apparato si trova alto nel cielo, a terra ci sarà gente che si dispera e si strappa i capelli per l'enormità di denaro e di tempo sprecati.
Questo tipo di problema è facilmente superabile proprio grazie ad una rete di migliaia di semplici ed economici nano-satelliti in grado di autoassemblarsi in una struttura complessa, capace poi di coordinare e controllare la trasmissione e la ricezione di informazioni.
Immaginate poi in che altro modo potrebbero essere organizzati migliaia di piccoli automi: potrebbero, essere spediti su Marte alla ricerca di forme di vita, oppure sulla luna alla ricerca dell'acqua potenzialmente presente nel sottosuolo e nei numerosissimi crateri che la ricoprono. È infatti abbastanza ridicolo pensare di mandare una sola macchina, per quanto efficiente possa essere, a cercare la vita in un territorio vasto quanto la totalità delle terre emerse del nostro pianeta, mentre una valida alternativa potrebbe essere l'uso massiccio di piccole unità di ricerca.
Quanti sono i libri di fantascienza che parlano di colonizzazione e di terraformazione condotti da automi intelligenti? Credo che fin dall'età d'oro del nostro genere letterario preferito si fosse parlato di tutto ciò, ed ora la tecnologia è veramente ad "un passo" dal realizzare quello che per decadi è rimasto solo nel nostro immaginario. Recentemente infatti, la Nasa ha preso in considerazione i progetti del professor Melhuish, il quale sta collaborando nella stesura di un capitolo per un libro che verrà pubblicato dal JPL (Jet Propulsion Laboratory) di Pasadena.
Sarà questo un nuovo passo verso la conquista delle stelle?
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