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Atto immorale (2ª parte)


Posso bere l'acqua salata per cui potrei mangiare, se solo riuscissi a pescare, il sistema esperto dice che un canotto come questo non fa rumore e quindi non spaventa e non allontana i pesci. Stando attento a non bucare il canotto provo a pescare con la lenza usando come esca dei piccoli pesciolini che ho acchiappato con le mani, di giorno l'ombra del canotto dovrebbe attirare i pesci. Provo anche con dei pezzetti di stoffa cosparsi di aminoacidi, ma non riesco a pescare nulla.

Ho molta fame, anche se è quasi notte mi lego una cima al giunto e mi tuffo con cautela. La corda di nanofibra lunga cento metri si srotola dal rocchetto, e spessa meno di un millimetro ma è estremamente resistente. Mi allontano di alcune bracciate, prendo dei respiri e poi mi immergo. Non urino e non evacuo l'intestino per non attirare gli eventuali squali grandi.

Usando le membrane nittitanti trasparenti che fungono da lenti posso vedere nitidamente, l'acqua è fin troppo trasparente, nel blu rischiarato dalla luce lunare ci sono solo delle piccole meduse fosforescenti che assaggio, nonostante il bruciore alla lingua. Mi perdo un po' nel piacere di nuotare, ma stando attento che la corrente non mi allontani troppo dal canotto.

Dopo sei minuti e mezzo riemergo per vedere il canotto, televedo che la donna sembra essersi riaddormenta. Dopo altri dieci minuti riemergo, qui non ci sono pesci e non si vedono neanche gli squali.

Ma sento dei lievi rumori provenire dal canotto lontano più di venti metri. Televedo vagamente che il marinaio si è alzato in piedi e si avvicina ai bambini! Vuole ucciderli per risparmiare acqua?! Torno indietro nuotando più in fretta possibile.

Da quello che il marinaio ha detto finora, ho capito che pensa che i bambini siano già mezzi morti e che non sopravviveranno comunque, ma consumano l’acqua che potrebbe essere usata dagli adulti più forti...

Con gli ocelli fuori dell'acqua ocivedo che il marinaio cerca di fare del male ad un bambino, ma la donna si è svegliata, e gli dà una remata violentissima in testa. Il marinaio cade in acqua, forse l'ha ucciso!

"GrrrrrRRR!", ma sono ancora troppo lontano. Il marinaio ha aspettato che non fossi presente, sapeva che altrimenti sarei intervenuto. Anche se ho solo sedici anni la mia ingenuità non è giustificabile, sono stato più ingenuo di uno di quei bambini!

Sono vicino al canotto, giro il marinaio sdraiato supino nell'acqua, ha una grossa ferita poco sopra la fronte, gli urlo "COME STAI? Mi senti?", ma non risponde. Ha gli occhi spalancati ma immobili, e l'acqua gelata credo gli stia già fermando il cuore, Dovrei riportarlo sul canotto.

Devo sbrigarmi, altrimenti sarà troppo tardi. Conosco la rianimazione cardio-polmonare, ma la mia nanoIA mi fa apparire comunque delle scritte e delle immagini sul margine inferiore del campo visivo.

Gli apro parte dei vestiti, gli reclino la testa completamente all'indietro, gli apro la bocca e premo la mandibola in alto; controllo, non c'è respirazione spontanea.

Con un canino mi buco un dito di una mampa e gli buco la pelle sull'addome, il mio sangue viene a contatto col suo. Alcuni naniti entrano nel suo corpo e usano le risorse locali per sintetizzare dell'adrenalina; si disattiveranno tra poco più di un minuto.

Nel mentre, con una mano gli ho chiuso il naso e gli soffio due volte nella bocca senza fargli entrare troppa acqua, le vie aeree sono libere.

Cerco il pomo d'Adamo, sposto le dita lateralmente fino alla fossetta tra il pomo e la muscolatura del collo, e premo leggermente per percepire il polso. Devo essere molto delicato per non fargli del male. In dieci secondi capisco che il polso è ancora presente, al minino.

Devo massaggiargli il cuore, ma non mi hanno insegnato a farlo in acqua! Gli metto una mampa sotto la schiena, con le dita cerco la zona di compressione, la metà inferiore dello sterno. Dovrò fare con una mano sola, stando attento a comprimere perpendicolarmente rispetto all'asse dello sterno e a non esercitare pressione sulle costole. Comprimo delicatamente il torace per circa quattro centimetri, poi rilascio. Devo ricordarmi che gli umani sono molto fragili. Dopo altre quattordici compressioni toraciche gli soffio due volte nei polmoni, poi ricomincio le compressioni; ho regolato il mio metronomo al ritmo di un novanta compressioni al minuto. Dopo quattro cicli due-quindici controllo il battito, è ancora appena percepibile.

Continuo per alcuni minuti, tenendomi al canotto con la coda. Ocivedo che la donna sta quasi immobile e abbraccia forte i bambini, credo stiano tutti piangendo piano.

Dopo sei minuti il battito spontaneo è ancora minimo, e la sua temperatura corporea è calata molto, a questo punto potrò rianimarlo circa allo zero uno di probabilità. Questa rianimazione si è svolta nel peggiore dei luoghi possibili, e anche se riesco a rianimargli il cuore il mio sistema medicale stima che la probabilità che torni ad uno stato cosciente è bassa. Il freddo però dovrebbe avergli abbassato il metabolismo dei neuroni e dovrebbe avergli protetto un po' il cervello dai danni.

per cui proseguo per altri due minuti, ma poi mi fermo. Anche se si riprendesse sarebbe probabilmente menomato, adesso è giusto che smetta. Lo osservo esalare l'ultimo respiro.

Adesso piango un po' anch'io. Come Chakasa voglio aiutare gli umani, ho studiato come comportarmi nei casi di emergenza, credevo di essere preparato a quasi tutto, ma ho fallito... la vita delle persone è così preziosa, ma anche molto fragile.

"Smith è morto. Non sarebbe stato necessario ucciderlo", dico alla donna.

"Era l'unica cosa che potevo fare, cough! Lo capisci, stava per uccidere i bambini!"

La capisco, ma non riesco a condividere. Ma ha ragione? Forse non aveva veramente scelta, poteva solo scegliere tra la vita dei bambini e quella di Smith. Nella sua situazione avrei pensato anch'io che la vita di mio figlio è più importante, ma prima avrei cercato di disarmarlo. Già, ma lei sapeva di essere più debole di lui, e che forse aveva una sola possibilità ...

I bambini sono terrorizzati, sono pallidissimi e abbracciano la donna. Salgo cautamente a bordo all'estremità dove prima stava il marinaio, e con una mano tengo il corpo galleggiante vicino a me. Con gli artigli gli strappo un po' i vestiti e inizio ad issarlo a bordo. Sta già diventando rigido.

"Che fai? Lascialo in mare quel porco, che se lo mangino gli squali!", dice lei.

"Mi dispiace per gli squali, ma sarebbe uno spreco enorme di proteine. E io ne ho molto bisogno per rigenerare la coscia."

Per un attimo sembra non capire, poi inorridisce, "Vorresti mangiarlo, animale?!"

"Ormai ho visto che qui non ci sono quasi pesci. L'etica umana vieta di mangiare gli omosap, ma in una situazione come questa mangiare un umano morto per poter dare sostanze al proprio corpo ferito è molto molto meno grave dell'aver ucciso tale persona. Per cui adesso mangerò questo corpo. Sei libera di non mangiarlo, ma non potrai impedirlo a me."

"Schifosa bestia egoista! Ma non pensi ai bambini? Non possono assistere ad un abominio del genere! Cannibale!"

"Non sono un omosap, e tecnicamente. non è cannibalismo; e comunque lo farei anche se fosse della mia specie, e forse un altro Chakasa farebbe la stessa cosa con me. Potrei mangiarlo in mare, ma stimo che sarebbe troppo pericoloso, attirerei troppo facilmente gli squali, e non ho voglia di essere morsa di nuovo. Per cui lo mangerò qui."

"Questi bambini sono vegetariani! Nessuno mangia più carne! Vederti sbranare una persona e farla a pezzi li rovinerà per tutta la vita!"

"Non è necessario che i bambini guardino. Se pensi che loro siano in grado di assistere ad un omicidio, ma non possano vedere come sono fatti i loro corpi, allora basta che tu gli tenga gli occhi bendati mentre lo macello. In meno di un'ora dovrei essere riuscito a farlo a pezzi e non sarà più uno spettacolo troppo brutto."

Finisco di issare a bordo il corpo, e poi gli strappo ancora i vestiti. Gli svuoto le tasche e butto via il contenuto, ma tengo la stoffa e il suo coltello, potranno esserci utili.

La donna alza ancora il remo per colpirmi, ma con uno scatto glielo strappo di mano. Sono ancora piuttosto calmo e non gli ho mostrato neppure i denti, "Io non sono come questo omosap grasso! Sono molto forte, ed è del tutto inutile che cerchi di uccidermi o di farmi del male. Non voglio farvi del male, voglio proteggervi. Ma ho intenzione di usare questo corpo per alimentare il mio, e tu non potrai impedirmelo. Avere un Chakasa in forze e magari anche integro potrebbe esservi molto utile."

La donna sembra accettare la situazione, e benda i bambini con delle strisce dell'uniforme del marinaio.

"Voglio vedere!", protesta Mirko.

"No, devo bendarti! Il gattone farà cose molto brutte ed è meglio che non vediamo nulla. Comunque il gattone non vuole farci del male, basta che stiamo qui", dice lei, poi si benda.

Finisco di svestire il marinaio, apro il suo coltello, e gli recido la testa. È già quasi in rigor mortis e non esce troppo sangue. La soppeso in mano, il cervello omosap è circa un chilogrammo e mezzo ed è nutriente, ma provo un certo disgusto nel pensare di mangiare una testa umana, vorrei scagliarla via lontano. Ma qui il pesce è quasi inesistente, e il mio istinto di sopravvivenza è forte. Pressandolo delicatamente tra le mampe schiaccio il cranio, taglio la cotenna con un artiglio e tolgo dei pezzi della calotta. Taglio le membrane con un artiglio e con le dita raccolgo il cervello. Chiudo gli occhi, giro all'indietro le antenne e con un morso gli mangio la faccia, poi lancio via il resto.

Riapro gli occhi e mi lecco le labbra, il sapore è buono, dolciastro e grasso, ma è bastato solo a risvegliarmi la fame.

Anche se l'ho fatto senza guardare forse in futuro mi verranno comunque degli incubi. Ho parlato e sono stata in compagnia di questo umano fino a poco fa, non era gentile con me, ma non gli avrei mai fatto del male. Era una persona, ma ora devo pensare a questo come ad un corpo, come carne, come proteine utili. Coraggio.

Gli apro l'addome e gli tolgo le interiora, strappo vari fili sintetici di un vecchio cyberimpianto in disuso, che salgono su fino al collo, strappo una protesi a forma di sacchetto morbido, usata probabilmente per sintetizzare qualche medicina direttamente nel corpo. Ma poi mi fermo e mi osservo le mani rosse. Cosa sto facendo? È un atto abominevole come dice lei?

Sono un essere civile, come posso fare una cosa del genere? A lui il corpo non serve più.

Cosa ne penserebbero i miei creatori? Penserebbero che sto facendo qualcosa degno solo di una leonessa, di un animale senza linguaggio; o che al contrario data la situazione sto facendo la migliore cosa possibile, sia per me che per gli altri? Lecco dalle dita il sangue ancora un po' liquido. Non è cattivo, il sapore non è molto diverso da quello dei tessuti colturali di maiale. È la prima volta che faccio una cosa del genere, ma a quanto pare mi riesce abbastanza, so di avere anche gli istinti predatori felini. Mi sto comportando in maniera non troppo diversa dai leoni che mangiano grosse prede negli olofilmati. O come un leone mangiatore di umani.

Taglio gli intestini, mi sporgo fuori e li svuoto aprendoli longitudinalmente, poi li sciacquo ripetutamente in acqua, li annuso e li assaggio. Mi faccio coraggio, a quanto pare i miei istinti mi suggeriscono di concentrarmi prima sul fegato, poi mangio la milza e gli altri organi interni. Sono già coperta di sangue, e ho appena cominciato. Poi attacco coi muscoli delle cosce e delle natiche. Mi sforzo di pensare a questo solo come ad un corpo, ad una pietanza che mi darà la forza di aiutare me stessa e gli altri... Mi stupisco di quanto siano fragili le ossa, riesco a masticare agevolmente anche alcune di quelle grandi. Finora non mi era mai trovata in una situazione di pericolo, non avevo mai fatto nulla di tutto questo, non avevo mai salvato nessuno sott'acqua, ma a quanto pare riesco a fare tutto senza troppo sforzo. Ho la sensazione di essermi avvicinata ai miei limiti solo quando mi sono imposta di rimanere cosciente appena dopo essere stata morsa. Anche se in passato ho fatto parecchi allenamenti, in realtà credo di non aver quasi mai raggiunto i limiti del mio corpo, l'allenatore d'Autodifesa aveva ragione.

In totale mangio una ventina di chilogrammi di cibo, tutta la pelle è quasi tutto il grasso sottocutaneo, gli organi interni, alcune ossa, più un bel po' di muscoli. La donna vomita un po' due volte, probabilmente per il puzzo di carne, sangue e interiora, ma i bambini non vomitano mai. A me questi odori disgustano, ma mi eccitano anche. Ho scoperto istinti che mi avevano detto che possediamo, ma che finora non avevo mai provato e visto all'opera. È la prima volta che macello il corpo di un grosso mammifero, al massimo avevo pulito dei grossi pesci, e un paio di volte qualche pollo, per il resto ho mangiato per lo più soia e pasta di grano. Mi auguro che questa sia la prima e anche l'ultima volta.

CrrrroOCK!! Crrraaack!

Afferrandolo con una manpa ho spezzato rumorosamente il bacino in tre parti. Fare a pezzi i femori e la spina dorsale è stato più facile di quanto immaginassi, anche un omosap robusto come questo sembra un mucchio di stecche tenute insieme da sputo e fili di plastica. Ecco perché gli insegnanti mi hanno detto centinaia di volte di stare attento a come mi muovo in presenza di umanoidi, posso rompergli delle ossa senza quasi accorgermene. Ma il mio Yuri non me l'ha mai detto, anche se più di una volta l'ho visto massaggiarsi dove l'avevo toccato.

Butto via solo alcune vertebre, le teste dei femori e degli omeri, e un pezzo di bacino. I miei denti non hanno ancora raggiunto il massimo possibile della loro resistenza, e i muscoli delle mascelle non sono allenati, e dopo una stima di probabilità decide che non vale la pena che rischi di danneggiarli masticando anche le parti più dure.

Tutto quello che non getto via e che non mangio subito lo faccio a pezzi piccoli, in modo che non siano più riconoscibili come parti di un corpo umano, ma solo come carne sanguinolenta con qualche osso sporgente. Mani e piedi li mangio, sgranocchiando le ossa. Ho entrambi gli stomaci quasi dolorosamente pieni. Il nanosistema si è occupato di farmi iniziare subito a digerire alla massima velocità possibile.

Adesso sono proprio sazio, mi sciacquo via il sangue dalla pelliccia del muso, dalle mani, dalle braccia, dalle zampe e dal canotto. Ho cercato di non sprecare nulla, ma il poco sangue finito in acqua potrebbe attirare degli squali o dei barracuda. Spero che non si mettano a mordere il canotto! Mi affretto a lavare via il sangue dai fianchi del canotto. Poi copro la carne con un telo sintetico opaco, in modo che non si veda nulla.

La donna è rimasta quasi tutto il tempo abbracciata ai bambini, non ha detto nulla e si è mossa poco. Ho cercato di fare in fretta, ma è passato un bel po' di tempo.

"Ho finito, se vuoi puoi togliere la benda. "

I bambini sono rimasti molto tranquilli. È l'alba e il sole è ancora basso. Si toglie la benda e dopo pochi secondi si toglie le gocce di sangue che le sono schizzate addosso. Poi alza gli occhi, fissa il mucchio coperto dei pezzi di carne che ho ammucchiato in un angolo e vomita di nuovo fuoribordo, ma ormai ha lo stomaco vuoto. È pallida e credo sia piuttosto debole.

Invece io mi sento meglio, pieno come un uovo. Credo che i miei istinti sociali mi stiano facendo provare un lieve senso di colpa per non aver condiviso il cibo con gli altri compagni, ma capisco che non l'avrebbero voluto.

La donna si riprende e senza dire una parola toglie la benda ai bambini. Anche se lei non se ne è accorta e gli ha tenuto le mani sulla faccia, credo che Mirko abbia sbirciato almeno un paio di volte. Nei videogiochi certe volte ci sono scene sanguinose tridimensionali e realistiche come fotografie, forse anche stavolta ha pensato che fosse tutta un'illusione?

Per qualche ora rimaniamo in silenzio. Non mi immergo in mare per non rischiare che lei butti tutto via.

"Come ti chiami?", chiedo alla donna. Finora non me l'ha ancora detto, ma non mi risponde, sembra troppo disgustata. Spero di non essermi fatto una nemica.

Durante le digestioni faccio dei sonnellini, ma appena lo stomaco inferiore si svuota mi ridesto, prendo dei pezzi infilando una mano sotto il telo e riprendo a mangiare; lo faccio quasi ininterrottamente, anche per tutta la notte. Entro la mattina successiva ho mangiato più di altri venti chilogrammi di carne e ossa. Li sto digerendo molto in fretta, almeno quattro volte più in fretta di un leone comune, ed evacuo frequentemente fuoribordo. La mia amputazione non mi fa più male, la schiuma chirurgica si è staccata perché si è già coperta di pelliccia fitta e l’osso sta crescendo molto lentamente, il sistema esperto medicale nei naniti stima che serviranno più di quindici giorni perché la zampa torni come prima, ma il moncherino è così caldo, per colpa del nano-metabolismo, che devo raffreddarlo continuamente con l'acqua. In questo modo so che guarirà prima del previsto.

"Puzzo!", dice la bambina verso metà mattinata. In effetti la carne rimasta sotto il sole sta iniziando a fermentare, comunque in mezzo all'oceano non ci sono mosche.

La sera sono riuscito a finire la carne, ho mangiato quasi settanta chilogrammi e il mio peso corporeo è aumentato di parecchio, quasi tutto sotto forma di grasso. Non credevo di poter mettere su del peso a questa velocità, Adesso forse galleggerei come dell'aerogel... Pulisco il canotto e il telo lavandoli accuratamente. Dopo qualche ora l'umore della donna sembra lievemente migliorato. Passano altri due giorni, dormo molto poco e sto sempre di guardia per cercare di avvistare mezzi volanti o marini, ma i soccorsi non si vedono ancora.

Sto piuttosto bene, ho riacquistato del tutto le forze perse dopo l'attacco dello squalo, tutta la mia pelliccia si sta scurendo piuttosto in fretta per raccogliere meglio l'energia solare per via fotovoltaica, e il naso e i cuscinetti sulle mani e piedi mi sono già diventati del tutto neri perché siano protetti dagli ultravioletti. Ma la donna è quasi febbricitante per la disidratazione e si muove poco, e anche i bambini iniziano a stare male. Ma non posso farci un bel niente, o quasi.

Non ci parliamo quasi mai, ma ora non mi trattengo, "Coraggio, non bisogna mai arrendersi. Farò tutto quello che posso per aiutarvi."

Un "Grumff" è tutto quello che ottengo come risposta da lei. In effetti non ci sono molte cose che possiamo fare; ma lei si sta già arrendendo, e per la mia mente Chakasa è quasi inconcepibile, siamo fatti per cercare sempre di sopravvivere, come mi disse Rostropovich.

Tra tre giorni sarò in pieno calore, ma data la situazione credo che potrò convincere la nano-IA a produrre nel mio corpo le sostanze per attenuare un po' la libido.

Anche se non sta bene, Mirko è molto annoiato, e viene ad abbracciarmi. La donna lo trattiene un attimo, poi me lo lascia. Ha un po' di voglia di giocare, Lo sollevo in aria e lo faccio quasi volare, poi mi drizzo, me lo metto cavalcioni sopra il collo e gli faccio osservare ancora il tramonto. Lui pare apprezzare la mia pelliccia che dal suo colore originario avorio sta diventando sempre più bruna. In realtà i singoli peli non cambiano colore, quelli color crema vengono sostituiti lentamente da peli nerastri.

Mi sdraio un po', per quanto lo permette lo spazio, e mi metto Mirko sulle pance. Lui risale fine al sutorace, mi carezza con curiosità il lato del muso, e poi mi dice in un orecchio, "Grazie per avermi salvato!"

Ahww! "PprrrrrrrRRRRrrrR!"

Nella sua semplicità è il più bel ringraziamento che mi sia mai stato fatto, accenno delle fusa e gli carezzo la testa affettuosamente, "Perrrr merr è statorrr un piacererrr."

"Ho tanta sete", dice.

Però adesso non piange più per la sete, in questi pochi giorni è cresciuto un po', "Lo so. Adesso sto di nuovo bene e ho una piccola sorpresa per te", gli sorrido e gli do una leccatina sul naso, "Un piccolo segreto", gli strizzo l'occhio.

Mi guarda con curiosità coi suoi occhi azzurri e raggrinzisce le labbra bruciate dal sole e dalla disidratazione.

"La tua mamma ti dava il latte al seno?"

Non risponde, forse non lo sa. O forse la domanda l'ha spiazzato.

"Spostati più in basso", gli dico.

Mirko fa come gli dico e si abbassa fino a che la sua testa arriva all'altezza del mio giutorace.

Con una antenna ocivedo che la donna sembra addormentata.

Metto una mane sotto un seno, "Prova a succhiare qui. È buono", gli bisbiglio.

Strizzo un capezzolo e gli faccio vedere che esce qualche goccia. Dopo un attimo Mirko si getta sul seno e inizia a succhiare! Con avidità. Ahi! "Piano! Più piano, ecco così."

"Mmrrrr! sì, così PrrrrrRRrrrrr!"

"Adesso cambia.", Gli faccio cambiare seno.

"Che stai facendo!?", mi chiede la donna, con voce leggermente allarmata. Mi volto verso di lei mentre Mirko si stacca per riprendere fiato.

"Lo squalo mi aveva indebolita, ho perso molto sangue, ma ora sto bene. In condizioni normali e quando non siamo in allattamento i seni Chakat e Chakasa producono latteacqua, una specie di tonico energetico molto acquoso. È adatto anche per voi."

La donna richiama Mirko a sé, e sento che lui le bisbiglia che il mio succo e buonissimo.

Succo?

"Bevendo l'acqua di mare posso produrre latteacqua, non è salato e posso farlo bere ai bambini... Credo di poterne produrre almeno un litro e mezzo al giorno. Se vengo tettata con regolarità credo che col tempo la produzione dovrebbe aumentare un po', almeno del quaranta percento."

La donna distoglie lo sguardo, non dice nulla e torna a guardare il mare. Passano tre ore e cinque minuti circa, è il tramonto e la donna dà a sua figlia tutta l'acqua distillata rimasta, ma è molto poca.

"Ho sete! Mamma!", dice la piccola. La mamma la carezza e cerca di farla calmare, ma dopo un po' la lascia andare. L'accolgo tra la braccia e la faccio tettare finché non sta meglio. Per me è stata una sensazione estremamente piacevole, e la bambina ne aveva proprio bisogno. Se fosse stato per me gliel'avrei dato anche prima, ha sofferto la sete inutilmente, ma forse ho fatto bene a lasciare che le cose seguissero il suo corso, senza forzare troppo la donna. Lei non mi ringrazia neppure, forse pensa che stia dando da bere a sua figlia il sangue del marinaio...

Soffrono tutti di stitichezza, ma data la situazione per gli umani è normale.

La notte passa lentamente. Per passare il tempo mi metto a fare delle epitture nel mio campo visivo. Se il canotto dovesse affondare non potrei aiutarli, forse potrei salvare solo uno di loro. Potrei nuotare seguendo la corrente, stimo che in circa due settimane arriverei ad una zona piena di coltivazioni marine, e lì dovrei trovare soccorsi. Se incontrassi una brutta tempesta potrei sopravvivere Accendendo la coda, ma forse perderei l'umano che è con me.

* * *

Ieri notte. ho visto un mezzo volante ad alta quota, ho lanciato anche un razzo svegliando tutti, ma credo che non ci abbiano avvistati. Un'ora e mezzo dopo qualcosa, probabilmente un pesce, ha bucato il canotto. Mi sono dovuto immergere e ripararlo da sotto, al buio.

Dopo un altro giorno e mezzo calcolo la nostra posizione sulla mappa nautica del mio nanosistema… Oh! Una grossa sorpresa.

"Le correnti ci hanno spostato molto... più di quanto credevo fosse possibile. Non troppo lontano da qui dovrebbe esserci una piccola isola galleggiante artificiale, usata come punto di attracco per delle coltivazioni di alghe."

"Dov'e?", chiede Mirko.

"In quella direzione, ma è troppo lontana perché si possa vedere. Cercherò di tirare il canotto fin là."

Gli mostro la rotta sul display del computerino del canotto, "A nuoto?! Non puoi farcela", dice la donna scuotendo la testa.

"Ci proverò", mi butto cautamente in acqua, prendo tra i denti la cima del canotto e inizio a nuotare tirandola nella direzione giusta. Ma dopo un po' devo cambiare direzione per compensare le correnti, e devo legarla alla coda perché è molto sottile e mi taglia la bocca.

* * *

Nuoto e tiro il canotto per circa ventisei ore, passo il tempo leggendo un romanzo nei miei occhi, riesco finalmente a trovare un pesce, che catturo e inghiotto intero. Per due volte torno a bordo per dare un po' di latteacqua ai bambini, adesso sua madre ne sembra quasi felice.

Di tanto in tanto mentre nuoto mi immergo e ruoto su me stessa, perché se ho degli squali in coda non posso vederli e percepirli con le vibrisse. Una volta per colpa di un grosso squalo devo tornare in ritirata al canotto, avrei potuto lottare, ma preferisco evitare di ricevere altri morsi.

La notte, verso le deciore nove e ottantacinque, arriviamo alla piccola isola corallina artificiale galleggiante. Sono abbastanza stanco, e ho i muscoli molto indolenziti, mi avvicino alla riva...

"Ahhhrr! Grrrr!"

Dopo un momento di dolore lancinante e rabbia torno abbastanza lucido. Sono stato assalito da una grossa rete-medusa, mi ha sparato molto veleno dove non ho pelliccia spessa, brucia come fuoco e mi ha quasi paralizzato. Se fossi un omosap probabilmente sarei morto, ma in un paio di minuti il mio nanosistema neutralizza il veleno, e posso liberarmi stracciandola con gli artigli. Tra qualche giorno si sarà rigenerata. È uno dei più semplici biobot mai creati, ed è usato per la pesca. Cattura pesci, poi con un argano viene sollevata dall'acqua come fosse una rete a paranco, e toccandola con un segnale chimico rilascia i pesci. [6]

Salgo sulla riva sottile, sbriciolandola un po' sotto il mio peso, seguendo i raggi colorati tracciati nella struttura del corallo biancastro mi trascino fino ad una console posta nel centro, apro lo sportello e attivo un allarme.

Dopo meno di trentotto minuti arriva un mezzo volante del soccorso, che rimane sospeso in aria ad una certa distanza. Con le antenne gli trasmetto di aiutare gli altri, che forse non possono muoversi. Due persone si calano in acqua e raccolgono la donna e i bambini con una barella. Poi la calano anche per me, ci salgo seduto sopra e ci portano tutti via. Durante il volo ci prestano i primi soccorsi; la donna e i bambini non dicono nulla e sembrano a malapena coscienti.

Sulla costa ci stava aspettando il padre di Mirko, uno dei superstiti della nave. Le ricerche dei dispersi sono ancora in corso, ma forse saremo gli ultimi ad essere trovati. Gli altri superstiti erano già stati tutti raccolti perché avevano legato insieme le scialuppe e non si erano dispersi come noi.

La donna e i bambini vengono trasportati su delle barelle, li seguo zoppicando su tre zampe.

Una giovane donna mi offre perfino una spalla per aiutarmi a camminare; non ne avrei bisogno, ma accetto volentieri, è molto bello ricevere qualche gentilezza. Mi verrebbe voglia di leccargli la faccia, per qualche secondo mi trattengo, ma poi lo faccio, e lei ride.

Veniamo portati in una grande sala dell'infermeria unificata per umani e morfi, e i miei compagni umani vengono curati subito. La giovane umana sembra apprezzarmi. e io gli do anche una leccatina alla mane per riconoscenza. Mi aiuta a lavarmi via un po' di sale dalla pelliccia in una vasca di metallo. Sembra che qui non sappiano quasi nulla di anatomia e fisiologia Chakasa, infatti si collega in telemedicina per chiedere informazioni. Noi Chaka siamo ancora pochi, e la maggior parte dei medici non sa molto dei nostri corpi. A parte l'amputazione sto abbastanza bene, e gli spiego che non sento il bisogno di cure, e che ho solo bisogno di dormire.

È la prima volta che sono in un Ietto per omosap, oltretutto a due piazze. Non lontano da me stanno riposando la donna e i bambini, sul corpo hanno vari apparecchi che non conosco.

Hanno danni ai reni e alla pelle. Il mio sistema esperto medicale dice che dopo le cure dovrebbero guarire bene. Probabilmente i bambini dovranno essere seguiti da uno psicologo per un certo periodo. Forse anche per colpa di quello che ho fatto... non potevo sapere quanto tempo saremmo rimasti in quel canotto, e ho dovuto pensare all'eventualità peggiore.

* * *

È mattina, dalle tende filtra una luce piacevole, l'infermeria è abbastanza tranquilla, mi portano una prima colazione leggera e insipida. Il padre di Mirko ha vegliato suo figlio tutta la notte.

Adesso Mirko si è svegliato e sta parlando con suo padre. Se li orecchiassi potrei sentire cosa si dicono, ma è giusto che gli lasci la loro privacy, le telecamere del Controllo Planetario sono già abbastanza. Poi il padre di Mirko parla un po' con la donna, e infine a metà mattinata si avvicina al mio letto.

Chino le antenne e la testa, "Mi dispiace di non essere riuscita a salvare sua madre."

"No, per fortuna lei non era a bordo... ", fa una pausa, "Alcuni anni fa abbiamo divorziato. Adesso Mirko è tutta la famiglia che mi resta. Ti sono infinitamente debitore. Io ripago sempre i miei debiti in maniera tangibile, ho già trasferito sessantamila Globi sul tuo conto."

Poi torna da suo figlio senza lasciarmi il tempo di ringraziarlo. Insieme ai soldi dell'assicurazione del viaggio adesso ho abbastanza soldi per comprarmi un appartamento tutto mio. E posso anche aiutare un'amica antrovolpe. In questo modo potrà pagare il debito della propria esistenza e diventare una liberta.

Ho contattato l'Istituto Novagenetica, il mio nanosistema gli ha trasmesso le mie condizioni di salute, e visto che sto abbastanza bene hanno dato subito all'infermeria l'autorizzazione a lasciarmi andare. Mi alzo, mi spazzolo un po', poi bacio l'infermiera, le do i miei contatti teleolo, la saluto e mi preparo ad andarmene, mi ha anche regalato una camicia bianca, che mi sta un po' stretta.

Mi avvicino al letto di Mirko, ha gli ho occhi chiusi, vorrei baciargli la fronte, ma lo saluto solo con un gesto silenzioso, e con un cenno ringrazio suo padre. Quando sono quasi fuori della porta la donna apre gli occhi e con una mano mi fa segno di avvicinarmi.

"Non ho detto a nessuno che hai mangiato un uomo", dice piano.

"E io non ho detto che l'hai ucciso", è stata legittima difesa, o eccesso di legittima difesa?

Forse non aveva altra scelta. Per quanto ne sa la polizia unificata il marinaio è affogato durante il naufragio. Mirko forse ha raccontato la verità a suo padre, ma lui è riconoscente anche nei confronti della donna, e probabilmente la verità rimarrà nascosta. Sono combattuto, i miei tutori umani mi hanno insegnato il valore della verità, ma stavolta credo che tacerò.

La donna mi regala il coltello del marinaio, poi ci salutiamo freddamente con un gesto del mane e delle antenne.

Esco camminando su tre zampe e aiutandomi con la coda, ma senza stampelle. Appena possibile dovrò ripristinare il nanosigillo dei miei naniti.

* * *

Dopo alcuni giorni Mirko ha mostrato di parlare poco, l'esperienza l'ha segnato. Così sono tornato da lui, la mia vista credo che l'aiuti un po', per alcune settimane riesce a parlare fluentemente solo in mia presenza.

A distanza di un anno ho perso i contatti con la donna, ma ogni tanto Mirko e suo padre mi contattano e ci vediamo. Prima non ci conoscevamo, ma adesso considero Mirko come un fratellino; un'esperienza del genere è capace di stringere i legami tra le persone. Anche se è solo un bambino di poco più di sei anni è voluto diventare ufficialmente mio Compagno del Cuore, e mi ha promesso che quando sarà adulto mi chiederà di diventare suo Compagno di Tana. Chissà se lo farà, ma in tal caso penso che accetterò.

Ho fatto buona conoscenza anche con suo padre, mi ha raccontato che a tre settimane dal concepimento di Mirko, le simulazioni morfogenetiche stabilirono che il feto avrebbe sviluppato delle malformazioni al talamo, nel cervello. Così lui e sua moglie decisero di fargli una cura genetica. Lei voleva solo la cura, mentre lui insistette molto per 'dargli il meglio possibile'. Alla fine sua moglie accettò e gli fecero fare varie piccole modifiche genetiche, non solo per correggere il difetto, ma ad esempio anche per potenziare la sua memoria a breve termine. Purtroppo l'intervento fallì parzialmente, e Mirko nacque con un talamo normale ma con dei lievi problemi cognitivi. Dopo un'operazione chirurgica, delle cure e un'istruzione specifica ha recuperato, e adesso è diventato praticamente normale, ma sua madre non ha mai perdonato ll marito, e per questo divorziarono.

Alla fine decisi di non dire nulla ai miei tutori dell'istituto, sia per coprire la donna, sia me stesso.



Riferimenti bibliografici e note:

Questo racconto è stato ispirato da una scena iniziale del film sentimentale e sciropposo "Laguna blu" (1980, regia Randal Kleiser. ispirato al romanzo del 1903 di Henry De Vere Stacpoole), che ho deciso di far sviluppare in modo diverso.

Ho fatto il possibile per garantire la massima accuratezza riguardo l'algoritmo per il trattamento dell'ipotermia, della rianimazione cardio-polmonare e della gestione della sete in mare, ma suggerisco di non prendere questo testo come riferimento. In Internet esistono molti documenti al riguardo, ma non sempre sono accurati, talvolta sono pericolosamente errati (in particolare per quanto riguarda la gestione dell'acqua di mare)

Questa è una storia inventata, ma è ispirata ad eventi avvenuti realmente. Ad esempio nel 1912 un aereo contente una squadra di rugby cadde sulle Ande e in tredici morirono nell'impatto. I sopravvissuti non hanno ricevuto soccorsi per 70 giorni, e alla fine, dopo molti giorni, per non morire di fame sono stati costretti a mangiare i morti.

Da questa vicenda è stato tratto un film e anche un romanzo - "Tetus: la vera storia dei sopravvissuti delle Ande: Piers Paul Read, Terza edizione Milano, Sperling & Kupfer, 1989, 356 pagine, titolo originale "Alive"


[1] I "biobot" mi sono stati inizialmente ispirati dal romanzo "Incontro con Rama". di Arthur C. Clarke, che poi ho sviluppato.

[2] Quale che sia l'entità dell'ipotermia, il riscaldamento deve essere sempre graduale e deve avvenire dall'interno verso l'esterno. Infatti mettere la vittima in un bagno o doccia molto calde ha come effetto quello di fargli abbassare ancora di più la temperatura interna. Questo perché la pelle viene ingannata a credere che la crisi di freddo sia finita e segnala al cervello dl ricominciare a far circolare nelle estremità il sangue molto raffreddato. Questo sangue freddo e acido ritorna direttamente nel cuore e può produrre un rapido arresto cardiaco. Per colpa di questo fenomeno sono morte numerose vittime che erano state "salvate''. In genera le chi si occupa di aiutare delle vittime in difficolta deve stare molto attento a non andare contro le naturali difese dell'organismo, ma a lavorare insieme ad esse. Infatti i nostri corpi non sono stati progettati in funzione di un possibile aiuto medico dall'esterno. Altro caso affine è stata la scoperta che i soldati con grosse ferite, anche interne. avevano più probabilità di sopravvivenza se rimanevano privi di assistenza medica per alcune ore. Infatti inizialmente c'era l'uso di fargli subito trasfusioni di liquidi e sangue. e questa pressione di liquido può avere l'effetto di riaprire le emorragie.

[3] Tale superficie è ispirata al funzionamento della superficie della schiena di un coleottero del deserto. Lo Stenocara. Tale superficie e coperta di noduli rotondi di 10 micron ordinati in un pattern esagonale. L'intera schiena del coleottero è coperta di grandi protuberanze. Tutta la superficie delta schiena del coleottero è coperta dei piccoli noduli, eccetto che le cime delle protuberanze. I noduli sono coperti di cera, mentre le cime delle protuberanze sono prive di cera. Le superficie dei noduli ricoperta di cera è alquanto idrorepellente mentre la superficie priva di noduli e cera è igroscopica, La combinazione delle due superfici spiega la capacità di questo insetto di vivere estraendo acqua dalle nebbie del deserto del Namib.

[4] Gli ocelli Chakasa, tra le altre cose, possono "ocivedere" anche in banda infrarosso ottico. Questo gli permette di vedere sotto i vestiti sottili, specialmente costumi di tessuto sintetico, di vedere gli occhi attraverso occhiali o vetri scuri, e le facce nascoste dal trucco. Anche i sensori ottici CCD delle comuni telecamere sono sensibili a tale banda, ma dietro l'obiettivo hanno un apposito filtro che elimina tale banda luminosa. Se si riesce a togliere tale filtro e filtrare la luce visibile in modo che al sensore CCD possano arrivare esclusivamente gli infrarossi, si possono ad esempio ottenere delle immagini della biancheria indossata dalle persone (Parole chiave per motori di ricerca: xray nightshot)

[5] Ouesti apparecchi esistono già oggi, come il "PUR Manual Survivor 06 Watermaker", che pesa poco più di un chilogrammo e può produrre quasi un litro di acqua dolce all'ora. Si basa sul principio dell'osmosi inversa (reverse osmosis), ma richiede una pressione molto alta per produrre acqua dolce dall'acqua di mare.

[6] L'isola corallina galleggiante artificiale e la rete-medusa sono tratte dal romanzo "Distress' dl Greg Egan.


© 2002 Leonardo Maffi.

Specie Chakasa © 2000-2002 Leonardo Maffi e Alessio "Scale" Scalerandi.

Specie Chakasa basata sui Chakat ideati da Bernard Doove (www.chakatsden.com).

Ringraziamenti:

a Isis, Bernardo "BJ the Farer" Chiti, Alessio "Scale" Scalerandi, Fabio Crosara e Giuseppe De Micheli per i loro consigli e correzioni.






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