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Il nostro film gioca con le regole del gioco


di Vanni Santoni


Dungeons & Dragons ci riprova - al cinema. Lo fa per la quarta volta, dopo tre infelici tentativi che hanno sempre deluso gli appassionati (Dungeons & Dragons di Courtney Salomon, del 2000; D&D: Wrath of the Dragon God di Gerry Lively, del 2005; D&D: The book of Vile Darkness, del 2012, sempre di Lively), con un reboot, D&D: L'onore dei ladri, firmato da Jonathan Goldstein e John Francis Daley, registi che vengono dalla commedia, e dal produttore Jeremy Latcham, in orbita Marvel (Iron Man, Guardiani della Galassia e Spider-Man: Homecoming). I tre saranno ospiti a Lucca Comics & Games nell'ambito dell'Area Movie, a cura di Qmi, e li abbiamo intervistati per l'occasione.

La prima cosa che salta alla niente se si pensa a «un film tratto da "D&D"», è che non si tratta di un libro con contenuti specifici. ma di un sistema di gioco utilizzato per creare infinite storie.

JOHN FRANCIS DALEY - È così. Ora, D&D: L'onore dei ladri si svolge nei Forgotten Realms, una delle ambientazioni classiche del gioco, e questo ci ha fornito dei punti di riferimento, ma ciò non toglie che non ci fosse alcuna storia da cui partire, nessun eroe predefinito, nulla. Questo era interessante, perché non dovevamo confrontarci con problemi di coerenza rispetto alle fonti, come capita a chi trae un film o una serie da un libro.

Ciò rende tuttavia più difficile catturare il «quid» di «D&D», anche perché ogni gruppo gioca a modo suo.

JONATHAN GOLDSTEIN - È qualcosa su cui abbiamo riflettuto moltissimo. Come facciamo a trasferire in un film l'atmosfera di D&D in quanto gioco, e non solo le sue ambientazioni?

Bel problema, anche considerando i risultati avvilenti dei tentativi precedenti al vostro.

JEREMY LATCHAM - SI, c'era da fare qualcosa di più, qualcosa che potesse galvanizzare i fan, e al tempo stesso risultare godibile per chiunque.

JOHN FRANCIS DALEY - Quello che ci siamo detti è che ciò che definisce D&D non sia tanto l'ambientazione, che pure è importante, quanto il tono, l'atmosfera che si sviluppa al tavolo di gioco. Un'atmosfera che è si epica ...

JONATHAN GOLDSTEIN - ... Ma è anche esilarante. Voglio dire: giocare a D&D è divertente, no? Ci si immedesima in personaggi immersi in situazioni pericolosissime, ma si ride da matti tra giocatori: che so, quando qualcuno fa un errore clamoroso ...

JOHN FRANCIS DALEY - Oppure ci si esalta quando entra un critico. Questo, anzitutto, è lo spirito di D&D.

Così avete finito per realizzare una commedia.

JOHN FRANCIS DALEY - Una commedia d'azione che tenesse conto del modo in cui comunicano i giocatori. Ci sono i momenti teatrali, in cui il giocatore fa esprimere il personaggio in modo epico, come si conviene a un eroe ....

JONATHAN GOLDSTEIN - ... Ma allo stesso tempo ci sono quelli in cui i giocatori parlano tra loro in modo informale, si insultano, si incitano a vicenda, cazzeggiano... Anche questo è D&D. Allo stesso tempo, però, non volevamo che fosse troppo commedia, perché allo spettatore deve importare del destino dei personaggi. Jeremy, il nostro produttore, viene dalla Marvel, che in questi anni ha saputo creare un certo modo di raccontare storie in cui c'è in ballo il destino del mondo ma allo stesso tempo si riesce a scherzare.

JEREMY LATCHAM - Con Guardiani della Galassia avevamo un obiettivo simile, anche se tra lo «stile Marvel» e lo «stile D&D>» c'è una gran differenza: le storie di D&D sono improvvisate dai giocatori.

JOHN FRANCIS DALEY - È come se avessimo cercato di portare un po' della coscienza dei giocatori nei personaggi del film, che sono sì eroi, ma in qualche modo sono anche eroi... giocati da qualcuno che esiste nel nostro mondo.

Tuttavia avete scelto di non mostrare giocatori.

JONATHAN GOLDSTEIN - È un'opzione che abbiamo considerato, ma a parte che Jumanji questa cosa la fa già, non volevamo fare un meta-film: rischiavamo di complicare le cose e impoverire la vicenda principale.

C'è anche una rivalutazione del ladro come personaggio: fin dal titolo si ammette che i personaggi di «D&D», in fondo, sono tutti ladri, al di là della classe specifica.

JOHN FRANCIS DALEY – Qualunque personaggio di D&D alla fine è un tombarolo. Fanno per lo più questo, no? Si cacciano all'interno di sotterranei infestati nella speranza di riempire gli zaini d'oro e manufatti.

JONATHAN GOLDSTEIN - Questa riflessione ci ha suggerito un altro spunto chiave: una delle cose divertenti di D&D sono le imperfezioni dei personaggi. Se hai qualche caratteristica alta, significa che ne hai altre basse... È seguendo questo ragionamento che abbiamo creato il nostro gruppo di avventurieri.

Il momento è fertile per il fantasy, Soprattutto per quello corale. Nella precedente epoca d'oro, anni Ottanta, i film si concentravano su un singolo eroe anche se poteva avere dei compagni...

JOHN FRANCIS DALEY - L'archetipo fondante è Il signore degli anelli, in cui ci sono molti protagonisti, quindi per certi versi siamo tornati alle origini. Non bisogna poi dimenticare che ci sono di mezzo questioni tecniche: una volta era difficile e costoso rappresentare su schermo gli incantesimi, così veniva naturale mettere al centro del film il guerriero, l'eroe atletico-muscolare. Ora si può fare molto di più, non solo a livello di persona, ma anche a livello di scenari e mostri.

E nel frattempo il fantasy è diventato del tutto «mainstream», giochi di ruolo inclusi.

JONATHAN GOLDSTEIN - Dico soltanto una cosa. I miei figli sono giocatori, nella loro scuola giocano tutti, e quelli che un tempo avreste chiamato jock, quelli che avrebbero preso in giro i nerd che si dilettavano con D&D, non sono giocatori meno accaniti degli altri. La percezione del fantasy e dei giochi di ruolo è del tutto cambiata, e per questo credo che il nostro film esca al momento giusto: speriamo che la gente si diverta a guardarlo quanto ci siamo divertiti noi a realizzarlo.






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