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Il "Il "tutore" di Dylan Dog diventa regista horror: "Studio la paura, alla Hitchcock"


di Alessio Lana


Cinema e fumetto possono sembrare mondi lontanissimi... e lo sono!», dice subito Roberto Recchioni, disegnatore e sceneggiatore che alla soglia dei 50 anni ha scelto di passare dalle parole disegnate a quelle filmate. Oltre a "curatore di Dylan Dog", l'indagatore dell'incubo, e "autore di Orfani", sul suo Cv ora c'è una nuova riga, "regista di Carne fredda", serie Tv di cui abbiamo gustato in anteprima l'episodio pilota, l'unico girato finora. La trama è cruda e amara come il titolo, un caleidoscopio di delizioso terrore psicologico che vede una famosa e anziana scrittrice (la magnifica Orsetta De Rossi) vessare una collega senza talento (Chiara Baschetti). Tra loro c’è un patto: se vuole avere successo, la ragazza deve pagare una libbra di carne di shakespeariana memoria alla vecchia. E lo fa. Inizia privandosi del braccio ma non basta e da qui innesca un gioco al massacro che spiazza e colpisce alla pancia ma partendo sempre dalla testa.

«Carne Fredda sarà una serie composta da più puntate auto conclusive e un finale che raccoglierà e intreccerà i diversi personaggi», racconta Recchioni con il suo accento romano, la voce nasale e il trasporto del neofita che si è lanciato in una nuova impresa. «Per quanto indipendenti però i vari episodi saranno legati da un filo comune, il conflitto di classe, quella tensione che si crea tra chi ha troppo e vuole qualcosa in più e chi non ha niente ed è disposto a fare di tutto pur di ottenere un miglioramento di qualche tipo, economico, amoroso, di carriera».

A condire la scena c'è un bianco e nero netto che ricorda carta e inchiostro e un formato, il quattro terzi, che strizza l'occhio alle Tv del passato. Il ritmo poi è lento e meditato, le inquadrature statiche e curate, spesso intraprendenti, nate da chi ha un occhio e una mano che tutto possono sulla carta e cerca di trasferire questa onnipotenza sullo schermo.

Ma non è possibile. «Nel romanzo sei Dio e le tue parole arrivano senza filtri al lettore. Nel fumetto, come autore unico, trasformi la parola in immagine, mentre da sceneggiatore c'è già una mediazione con chi disegnerà.

Tutto ciò che viene girato invece e frutto del lavoro di diverse persone e più pensi che tutto sarà come dici tu più perdi il controllo», racconta Recchioni. Fumetto e cinema infatti «sono linguaggi diametralmente opposti, giusto l'inquadratura e la composizione sono paragonabili», spiega.

«L'attore, per esempio, non è come un personaggio su carta, ha una vita propria, così come il direttore della fotografia (l'eccezionale Timoty Aliprandi), i tecnici, gli operatori... Tutti aggiungono la propria sensibilità alle idee del regista. E poi c'è lo spazio. Nel fumetto lo costruisci mentre nel cinema è quello che hai scelto e spesso ti influenza, è dinamico. Però è pure più comodo (e qui ride, ndr): nei film per cambiare lo spazio basta spostare la cinepresa, nel fumetto devi ridisegnare tutto».

OMAGGIO ALL'AMERICA

Da esperto del mondo pop (nerd direbbe qualcuno), dietro la sua opera Recchioni cela citazioni che verranno colte solo dagli "iniziati" ma qui ne sveliamo qualcuna. «Le puntate auto conclusive e il bianco e nero sono un mio omaggio alle serie americane e inglesi che amo come Ai confini della realtà e Alfred Hitchcock presenta. Il formato quattro terzi invece assomiglia alla vignetta Bonelli», spiega riferendosi all'editore di Dylan Dog, Orfani e Tex (a proposito, anche il celebre cowboy è passato per la penna recchionesca). C'è poi un accenno biografico: «Io sono entrambi i personaggi: la giovane è il me regista, che sta iniziando, la vecchia il me fumettista, che è arrivato».

E qui la conversazione assume i toni della confessione. «Sono trent'anni che faccio fumetti, sono un po' stanco e così mi sono messo in pre pensionamento», dice Recchioni con quel tono tra l'ironico e l'istrionico che i suoi fan ben conoscono. «Il cinema è una mia passione da sempre, faccio il critico da più di vent'anni e ho pensato di mettermi alla prova». La parola che non ci si sarebbe mai aspettata da Recchioni arriva subito dopo: «Umiltà». «Si, Si, l'ho detta davvero», puntualizza intuendo la nostra sorpresa. «Non volevo fare il cinema come fumettista ospite, come personaggio famoso in un ambito che viene prestato a un altro mondo. Volevo cominciare da zero, facendo la gavetta come tutti». Gavetta che in questo caso significa chiedere ospitalità a due signori del cinema pop, quei Manetti Bros che hanno dato vita al vampiresco in salsa trash romana Zora la vampira, al musical Ammore e malavita (David di Donatello nel 2018) e a Diabolik (altro personaggio sceneggiato da Recchioni).

«I Manetti mi hanno invitato sul set e lì ho iniziato a studiare questo mondo.

Guardavo attentamente e imparavo non solo la tecnica ma anche a farmi accettare, a curare tutti, a parlare con chiunque. I tempi dei registi dittatori sono finiti: non sono più degli dei che urlano contro le maestranze. Oggi, se urli, ti chiedono: "Perché mi tratti così?».

GIUDIZI

Adesso però è il momento della prima prova. L'intera serie di Carne Fredda (che è stata prodotta da Red On e Adler) non ha ancora una data di uscita né una piattaforma di destinazione ma l'episodio pilota sarà proiettato in anteprima, il 29 ottobre, al Lucca Comics & Games, una delle più importanti fiere pop al mondo. E qui parte un'altra confessione. «Ho scoperto che il momento della proiezione mi mette particolare ansia (finora spezzoni dell'opera sono stati proiettati al Romics e al Comicon, ndr). Nel fumetto non vedi mentre viene letto ma in sala hai davanti le facce di tutti. Noti chi si distrae, chi ride al momento sbagliato o non ride per niente, chi non ha paura... è una sensazione interessante, stranissima, che mi mette a disagio. Sono però anche curioso e così mi sono creato delle comfort zone molto forti. Lucca è il mio ambiente, lì c'è il mio pubblico e sono in un ambito controllato». Tutto bene, quindi? In realtà no. «Ciò che davvero mi angoscia sono i registi che ho criticato durante questi anni in cui ho scritto di cinema, quelli che ora diranno "Vediamo cosa sai fare tu"».






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