È nel nome di Chadwick il sequel di "Black Panther"
di Stefania Ulivi
I1 re è morto, viva il re.
Non era facile trovare la chiave giusta per proseguire la saga della Pantera Nera, il primo supereroe afroamericano. Entrato nell'universo cinematografico Marvel ai tempi di Captain America: Civil War, Chadwick Boseman si era dimostrato capace di rompere diversi tabù con il film che portava il suo nome, Black Panther, compreso quello di assicurargli tre Oscar nel 2019, cosa mai successa prima.
La morte prematura dell'attore e produttore amatissimo dal pubblico e dai colleghi, ucciso da un tumore nell'agosto 2020, aveva messo in forse i passi successivi. E il nuovo film, Black Panther: Wakanda Forever è, prima di tutto, un omaggio a lui. Centrato sulla scelta, condivisa dal regista Ryan Coogler e dai produttori, di non affidare a nessun altro attore il ruolo di Pantera nera, ovvero re T'Challa, sovrano di Wakanda.
«La scomparsa di Chad ci ha colpito tutti nel profondo - ha spiegato Coogler, in occasione dell'anteprima mondiale a Los Angeles -, il senso di solitudine è stato acuito dalla pandemia. Ritrovarci sul set ha voluto dire poter elaborare il lutto insieme, abbracciarci nel suo nome». Era più di un interprete. «Era un partner artistico, con cui condividere scelte riguardo al suo e agli altri personaggi. Il modo per rendergli onore era continuare, raccontando questo mondo senza di lui.
Anche i supereroi piangono: lo aveva già insegnato Avenegers Endagame. In questo caso è Wakanda, la nazione africana che fa i conti con la perdita di T'Challa, stringendosi intorno alla Regina Ramonda (Angela Bassett), la sorella Shuri (Letitia Wright), le Dora Milaje (tra cui Florence Kasumba). Saranno loro, supportate da War Dog Nakia (Lupita Nyong'o), a fronteggiare le nuove minacce, tra cui la più insidiosa è rappresentata dal mutante anfibio Namor (Tenoch Huerta), sovrano di una nazione sottomarina.
Tutt'altro che una forzatura mettere le donne in primo piano, avverte il direttore creativo Kevin Faige, presidente dei Marvel Studios. «È l'evoluzione naturale della storia, il modo giusto di celebrare T'Challa. Dopo la sua morte tocca a loro difendere Wakanda». Di fronte si trovano Namor. Si tratta di uno dei primi eroi dei fumetti entrati nell'universo Marvel, uscito dalla matita di Bill Everett nel 1939, e diventato poi un comprimario dei Fantastici Quattro. Il suo regno sulla carta era Atlantide. In questa versione cinematografica, il trentesimo film del Mcu, diventa Talokan, una civiltà discendente dai Maya. Per prepararsi alle riprese, Tenoch Huerta e i suoi concittadini, come Mabel Cadena che interpreta Namora, si sono sottoposti a un lungo training, fisico (scene d'azione e in apnea) e linguistico. «Avevamo un coach di lingua maya, è stato impegnativo. Tutti noi in Messico abbiamo origini indigene e africane, eppure tendiamo a rimuoverlo. Invece è ora di rendere omaggio ai nostri avi, essere orgogliosi delle proprie radici. Anche un film di supereroi, Black Panther insegna, può portare a cambiamenti culturali».
Wakanda forever arriva in sala il 9 novembre. E già da tempo si è scatenata, come tradizione vuole, la corsa allo spoiler. Rovinare la sorpresa al pubblico è una cattiveria da veri villain. Basti dire che non mancano i colpi di scena. Anche dopo i titoli di coda, accompagnati dal ritorno di Rihanna, a sei anni da Anti, con il brano Lift Me Up. Lo firma con il cantautore nigeriano Terns, Ludwig Göransson, autore della colonna sonora, e lo stesso regista. «Non posso prendermi il merito da solo di averla convinta - racconta Coogler -. Con Ludwig cercavamo un grande artista capace di far risuonare i temi del film. La forza di ripartire dopo una ferita e le emozioni legate alla maternità. Tutto nel nome di Chad».
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