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Johnny il magnifico


di Mike Duncan


Lo spettacolo più favoloso dell'universo... Direttamente dalla cintura di Orione.

Tre anelli di acrobazie che sfidano la morte per meravigliarvi ed emozionarvi!

I fratelli Jared che domano i cherhog, maligni mangiatori di uomini nella gabbia del non ritorno.

Lorietta Lavish che cavalca i pony cornuti di Phoebe bendata e senza sella attraverso l'anello proibito di fuoco!

La troupe dei Bozo Buster che arriva alla grande cima con la piccola macchina della transduplicazione!

E per la prima volta nell'universo conosciuto e nell'area trilunare ...

Johnny il Magnifico che cammina sulla microcorda da funambolo della morte proprio davanti ai vostri occhi!

Ragazzi, qua! L'ingresso è gratis se la vostra tuta a pressione sta sotto a questo segno!

E poi, a gigantesche lettere arancione che sfrecciavano attraverso la sommità, gonfiandosi a destra e a sinistra in modo tale che gli occhi di Joey di sette anni non poteva afferrarlo tutto assieme:

Il circo delle stelle Barnum Universal e Bacchus Bros.!

Joey premette con impazienza il bordo del suo casco grigio-nero sul segno gigantesco.

Ne uscì un suono allegro e ronzante e una vocetta disse:

"Benvenuto, piccolo Joey Thomas, al Circo delle stelle Barnum Universal e Bacchus Bros.! Sei alto 96 cm e mezzo e puoi entrare nella grande cima gratis!"

Eccitato, Joey continuò a leggere, sfregandosi i guanti a maglia per l'eccitazione. In caratteri molto più piccoli in fondo trovò:

Dopo l'acquisto dei biglietti la Barnum Universal non è responsabile per perdite alle tute, decompressioni esplosive, ferite da parte degli animali del circo, o di qualsiasi altro grave danno fino e compresa la morte mentre il possessore del biglietto e il gruppo si trovano sotto la grande cima. Grazie -la direzione 28/4/2055.

La maggior parte delle parole le comprendeva appena, ma si attacco alla Grande Cima e la testa gli si riempì di immagini selvagge e magnifiche. La cupola sarebbe stata immensa, fuori là nella zona fieristica della vecchia Base di Lancio Uno, di questo ne era certo.

Torreggiante e rotonda, ancorata da grandi strisce gialle e rosse, con pennoni che volteggiavano da ogni angolo o punta, con uno spazioporto aperto alle moltitudini che sarebbero accorse per vedere Johnny il Magnifico camminare sulla Microcorda da Funambolo della Morte.

Johnny il Magnifico! Devo vederlo! Sono sicuro che mamma non si accorgerà della mia mancanza.

Corse via dal muro del cortile della scuola dove stava appeso il manifesto per andarsi a mettere la slitta a razzo nuova fiammante.

Ben presto si ritrovò a correre per i condotti affollati dal traffico giornaliero di Beta City. Di solito si sarebbe guardato attorno di tanto in tanto, attraverso la plastica pesante e trasparente dei condotti, là allo scarso panorama della luna e forse anche alla sua casa distante sulla dorsale, ma era fisso sulla roccia grigia di fronte.

I Fratelli Jared! Accipicchia! Scommetto che non hanno paura di niente! Dentro la gabbia con nient'altro che delle fragili fruste elettriche per tenerli lontani da morte certa!

Il tunnel terminò e lui schizzo fuori da Beta City, oltre e sopra i crepacci sinuosi che segnavano la terra attorno allo stanziamento. Modellati dal flusso dell'antica lava lo avrebbero guidato verso i terreni della fiera. Colpì i propulsori e schizzò in avanti.

I pony di Phoebe! Perché papà non vuole mai comprarmene uno? L'unica spesa è l'invio dall'orbita di Marte! Non hanno bisogno neppure dell'aria, mangiano i sassi… papà...

La mente gli si affannava attorno a nuovi motivi con cui convincere i genitori mentre passava oltre le pareti interne del cratere Eratostene, la slitta soffiava fuori gli scarichi caldi che rimanevano dietro scendendo lentamente per via delta bassa gravità. Spense i jet picchiando i pendii con del gas bianco fischiante, gli sembrò quasi di mettersi in mostra anche se non c'era nessuno a guardarlo.

Probabilmente i clown saranno noiosi. Non è che mi piacciano. Chissà se posso entrare nella macchina? Qualche altro me farebbe i miracoli, di sicuro!

La slitta si precipitò lungo un mare, dove tutto era largo, liscio e scuro. Se ne stette appeso sul panorama con soltanto il lampeggio blu del suo controllo di navigazione che gli indicava la direzione. Frammenti rocciosi schizzavano attraverso la superficie a specchio, spinti con forza dal suo passaggio. Spostò la barra e le rocce polverose scassate sotto di lui schizzarono via, rivelandogli lentamente la lunga striscia luminosa di pietra polverizzata che tagliava attraverso il terreno come una specie di strada naturale.

Ma Johnny il Magnifico! L'occasione di tutta una vita! Non se ne ritrova uno in mille anni luce, probabilmente!

Seguì il raggio lunare con imprudente sfrontatezza, volando alto e basso, eccitato e smanioso. In lontananza vedeva le terre alte, frastagliate e piene di crateri.

E la sua destinazione.

La grande cima!

Quasi come se l'era immaginata, tranne che dal vivo era ancora più grossa.

Gli alti pennoni stavano fissi in posizione senza alcun vento a smuoverli, ma erano comunque rossi e immensi e si alzavano dritti. C'era anche una grossa fiera piena di colori gialli e costruzioni verdi e un'ondeggiante corsa di slitte d'alta gravità che ingabbiava il terreno della fiera in acciaio giallo. Il grosso rigonfiamento della grande cima esercitava il potere sul centro.

La slitta surriscaldata si arrestò con una scrollata in mezzo a delle altre e lui saltò a terra e schizzò via verso il cancello e attraversò la fiera. Superò i baracconi coi giochi di forza e la casa dell'orrore e le corse ad alta gravita che lo facevano sempre sentire male. Non fece caso ai giochi kewpie. Li notò appena mentre correva diritto verso la grande cima.

Quando la pressione della folla silenziosa si fece eccessiva prese una scorciatoia attraverso i fenomeni da baraccone. Una forma a scaglie verde, piena zeppa di arti e di orifizi e che urlava senza emettere suoni e che sputava dell'acido, si allungò verso di lui; una cosa grigia imponente senza braccia e occhi, solo una grande bocca spalancata piena di incisivi come rasoi, si buttò contro la gabbia e lui strisciò via, incespicando. E c'era la lunga forma a serpente che aveva bisogno di due gabbie di forza, con braccia e gambe messe a caso e senza testa; afferrò con forza le sbarre delta sua prigione e le scosse violentemente con una forza spaventosa.

Li superò correndo, con occhi spalancati e gli scarponi che lasciavano impronte soffici sul suolo lunare.

Col respiro pesante nella tuta raggiunse finalmente il botteghino e si mise accanto al segno davanti al bigliettaio, sicuro che lo avrebbero fatto entrare. Era basso abbastanza.

Era arrivato troppo presto. Una mano ferma dall'alto lo respinse indietro.

Torna alle 9, ragazzino! E come sei arrivato così lontano tutto da solo?"

Con furia Joey si fiondò oltre l'adulto sorpreso e si tuffò nell'oscurità dell'ingresso. Andò a sbattere contro altre persone vestite di grigio come lui, passò attraverso le gambe quando necessario ed entrò in una presa dell'aria prima che riuscissero ad acchiapparlo.

Una volta dentro si tolse il casco ed emerse sul passeggio che circondava gli anelli e le gradinate.

Tutto era al di sotto e colossale. Lo spazio vuoto incombeva per la sua pesantezza; non aveva mai visto prima d'ora tanta aria nello stesso posto. Ventilatori giganteschi nel soffitto la facevano circolare tutt'attorno e gli riempì i polmoni quando fece un respiro profondo.

Venendo dall'aria viziata di una tuta si sentì caricato, rinvigorito e capace di qualsiasi cosa.

A dispetto di questo sentimento ritrovato, si sentì come se l'enorme scena lo avrebbe inghiottito e soffocato se solo fosse rimasto fermo. Col casco ficcato sotto braccio corse lungo una delle rampe che portavano agli anelli. Si guardò alle spalle una volta e non vide nessuno che lo seguiva.

Dei cavalli Tenebani, poderosi e docili venivano allineati la di fronte e lui si intrufolò sotto la pancia corazzata di uno, drappeggiata di stoffa lucente e disseminata di campanelle e semi colorati. Una volta dall'altra parte si ritrovò da solo nel lato destro dell'anello.

Era arrivato proprio presto. Le immense gradinate si andavano riempiendo lentamente ma con continuità, e c'era personale del circo in giro che faceva prove e lavorava con cavi e corde in un modo allegro tutto particolare da prima dello spettacolo.

Si volse e poi si immobilizzò.

Johnny il Magnifico torreggiava sopra di lui.

Il corpo era snello e muscoloso e potente in ogni movimento. Gli occhi erano delle pulsar blu lampeggianti e i capelli perfettamente neri gli scendevano senza muoversi, come le dune del Mare della Tranquillità. La tuta a pressione era d'un bianco fantastico con pagliuzze di metallo lucente che foderavano ogni piega, e la stessa cosa succedeva col mantello. Aveva un sorriso abbagliante, accecante, incredibile e davanti al suo sguardo Joey non poté far altro che incespicare e cadere giù nella sabbia della buca degli animali, dimenticando completamente di essere caricato, rinvigorito e capace di ogni cosa.

"Hey, ragazzino... " chiamo Johnny, apparentemente incurante della sua caduta.

Rimase a bocca aperta, provò a dire qualcosa, ma tutto quello che gli riuscì fu di sorridere in maniera stupida alla sua fortuna.

Johnny il Magnifico!

Johnny sorrise, e Joey fu sicuro che stesse ridendo dentro di sé.

"T'acchiappo più tardi, ragazzino. Sta attento a dove metti i piedi. Devo prepararmi per lo spettacolo. Si stanno preparando ad accendere la rete di gravità. Meglio stare sulle gradinate quando lo scudo viene giù."

"Aspetta," pregò Joey, rimettendosi a fatica in piedi. I pensieri gli stavano tornando e lui dette forma al primo che arrivava. "Dimmi qualcosa! Che si prova lassù?"

Johnny il Magnifico si fermò per osservarlo. Sorrise.

"È la cosa più grande del mondo."

Le spalle di Joey furono strette da una morsa. Le guardie infine lo avevano acchiappato e lo tenevano con mani potenti. Joey si sentì immediatamente molto piccolo.

"Ma lasciatelo entrare, ragazzi," disse Johnny, e strizzò l'occhio.

Si voltò e saltò sulla scaletta e salì su nell'oscurità. Luci potenti brillavano proprio in cima e Joey non poteva guardare là senza provare dolore.

E poi corse via, verso gli spalti, prima che il direttore di pista in marsina nera e guanti bianchi potesse acchiapparlo o prima che le guardie ci ripensassero.

Precipitò tra i seggiolini e si arrampicò velocemente fino alla fila più alta. Il campo di forza scendeva di fronte a lui, liscio e simile al vetro, per proteggere la folla. Era arrivato giusto in tempo.

L'ho fatto! Per la miseria! Ho parlato con Johnny il Magnifico! Per la miseria!

Si sedette e si mise a guardare e sorrise e usò i pochi crediti che aveva per dei pop-corn dolciastri e per una massiccia incartata di dolci color porpora. Non dovette aspettare molto che si sollevasse la rete gravitazionale; allora passeggiò e si tirò un po' insieme a tutti gli altri nel camminatoio. Avrebbero potuto vedere i più grandi acrobati quando fosse arrivata a un g, incluso il grandissimo che Joey era venuto apposta a vedere.

Quando iniziò lo spettacolo fu incredibile, riusciva a malapena a seguire tutti gli avvenimenti. Non poteva guardarne solo uno, doveva guardarli tutti e di conseguenza gli occhi schizzavano qua e là. Guardo i fratelli Jared, Jim e Luke, combattere i massicci mostri Cherhog di due tonnellate fino a sottometterli. Il pubblico trattenne il respiro quando Jim fu inghiottito completamente dalle fauci capaci di spezzare le ossa, ma Joey non era un pivello. Qualche secondo e il domatore abbronzato era già fuori, un po' viscido per via dei fluidi dello stomaco, ma senza altri danni al vestito. Jim salutò con la mano e la folla si infiammò.

Osservò Lorietta Lavish che cavalcava gli incavalcabili Pony Phoebiani, saltando attraverso cerchi formati dal laser che si muovevano e restavano appesi nell'aria e che poco prima Joey aveva visto che potevano tagliare tubi d'acciaio durante la dimostrazione che era preceduta. Sobbalzò e chiuse gli occhi più di una volta, ma lei ogni volta ce la faceva, col sorriso che lampeggiava verso la folla in modo rassicurante. Aveva gambe belle lunghe e l'uniforme d'argento era proprio stretta e il torace proprio pieno. Si chiese quanto fosse difficile camminare, per non parlare di cavalcare, vestiti a quel modo.

Allora la misteriosa Auto delle Transduplicazioni arrivò nel centro dell'anello e butto fuori dozzine di creature strane e magnifiche che sapeva fossero i clown. Iniziarono a gettarsi torte in faccia e si dettero fuoco. Il clown donna, piuttosto grassottello fu quasi sopraffatto dagli altri quando altre sette versioni di lei emersero dall'auto.

Stava iniziando a ridere, ma era anche annoiato.

Dov'è Johnny?

I clown tornarono ad impilarsi nell'auto, tutti e sessanta, e partirono. Le grandi luci finirono con lo scomparire e nell'oscurità Joey iniziò a tossire per via dei pop-corn.

Tutto era immobile, anche lui, finché non apparve un piccolo cerchio di luce al centro dell'anello, col capo dell'anello in mezzo.

"ED ORA," fece la voce tonante.

Joey si sporse in avanti finché non si ritrovò in punta al sedile, con la bocca spalancata, in attesa.

"LO SPETTACOLO CHE TUTTI ASPETTATE!"

"Sì!" fece Joey ad alta voce.

"SI STA FACENDO LA STORIA, SIGNORI E SIGNORE DELLA CYBER-COMUNITÁ TUTTA."

Il direttore di pista alzò il sopracciglio, raccogliendo le forze.

"PER LA PRIMAVOLTA."

"JOHNNY IL MAGNIFICO."

"CAMMINERÁ."

"SULLA MICRO."

"CORDA."

"DELLA MORTE!"

La folla esplose e lontano lontano sopra di loro si accesero altre luci.

Per primi vennero illuminati i grandi cavi al titanio che tenevano la grande cima e i fari giocarono con loro in modi strani e misteriosi.

E poi poté vedere Johnny!

In alto e minuscolo, eppure scintillante e bianco, invincibile. Salutò dalla sua piattaforma piccolissima, così in alto, e la sua tuta lampeggiò nel catturare la luce e si trasformò in una miriade di splendidi puntini. Joey riusciva a guardarlo con difficoltà perché era troppo luminoso. Si strofinò gli occhi con forza.

"NOVANTA METRI DI MICROFILO CHE PUÓ FENDERE L'ACCIAIO!"

Il filo era talmente sottile che non poteva essere visto, ma Joey sapeva che c'era.

Osservò Johnny che tirava fuori con ostentazione un tubo d'acciaio da sotto il mantello e che lo gettava nel vuoto. Da qualche parte tra le due estremità, il tubo si spaccò immediatamente in due ed entrambi gli spezzoni vennero a cadere rumorosamente sul pavimento, molto molto al di sotto.

La folla sobbalzò e il direttore di pista tuono.

"SOLTANTO GLI STIVALI SPECIALI DI JOHNNY STANNO TRA LUI E LA MORTE SICURA!"

Johnny mostrò allora i magnifici stivali ed erano certamente speciali, Joey lo sapeva; il filo non poteva passare attraverso le suole.

Fu tirata via la copertura rosso-e-oro sopra il grande conteiner sotto al filo portando allo scoperto un liquido arancione orribile che bolliva e che nel ribollire sembrava allungarsi verso l'alto maliziosamente.

"SOTTO C'È UNA VASCA STRACOLMA DI TERRIBILE ACIDO!"

Di nuovo la folla fece oooohhh, ma Johnny fece un gesto, sorridendo, come se questo fosse solo un inconveniente da poco, e l'applauso che ricevette fu uno scroscio tuonante che scrollò la cupola. Il sedile di Joey vibrava. Tremò per l'emozione.

Johnny si preparò.

Lorietta Lavish era anche la sua assistente personale e volteggiò da un altro pennone atterrando elegantemente per stendergli i guanti e un lungo bacio a cui la folla rispose con lunghi fischi.

I Guanti di Acciaio!

Joey poteva vedere ogni cosa. La sottilissima linea invisibile contro l'oscurità che poteva appena rintracciare; la figura vestita di bianco che luccicava in un bagliore fantastico per via delle luci su di lui; e il viso di Johnny, trionfante per la sua destrezza e per la gloria del momento.

Johnny allontanò Lorietta col gesto di una mano e senza altro rumore si incamminò.

Rimase nel nulla con un piede, in gravità normale, per un istante e poi fu sul filo.

Joey non poteva immaginare quanto allenamento e quanta attitudine innata fossero necessari per bilanciarsi su un filo dello spessore più piccolo di un micron.

Fissava intento. Ci sarebbe voluto troppo a rimettersi il casco così non poteva zumare la sua visione. Ma poteva immaginare di più di ciò che vedeva e osservava, mesmerizzato da ogni nuovo passo di Johnny.

Ogni movimento rappresentava la perfezione. Le braccia, tenute casualmente in fuori ai lati, non erano proprio orizzontali; sembrava fossero fisse come roccia, anche se sapeva che facevano importanti micro aggiustamenti. Johnny era sospeso sopra a niente altro che alla morte che lo aspettava al di sotto e camminava lentamente ma con sicurezza, come se stesse passeggiando lungo il camminamento esterno.

Il suo bilanciamento ondeggiò.

Lo riguadagnò e il cuore di Joey martellò nel suo petto e la folla sobbalzò ed applaudì quando Johnny si fermò abbastanza a lungo per salutare cordialmente.

Ad un terzo della strada fece una verticale con soltanto la punta delle dita dei guanti a tenerlo eretto. Nulla poteva toccarlo. Joey lasciò andare i pop-corn, gli occhi trasfigurati.

Johnny si risollevò sul filo tra gli applausi e poi, quasi di colpo, saltò in aria ad almeno un metro.

Joey gemette e la stessa cosa fecero tutti gli altri.

Johnny fece una capriola e atterrò agile come un gatto della giungla marziana. La sua forma magra andò su e giù al vibrare del suo peso sul filo invisibile. Si inchinò dalla vita in su e Joey non riusciva ad immaginare come era riuscito a controllare ciascun movimento.

Era incredibile.

Johnny sorrise e con noncuranza fece un altro passo avanti.

Poi successe qualcosa, che Joey vide immediatamente, anche se era il più lontano sugli spalti, tanto era fisso su Johnny.

Uno degli stivali di Johnny non trovò il filo.

Poté vedere il viso confidente e sorridente contorcersi immediatamente per la paura.

Cade! Spegnete la rete gravitazionale! Spegnetela!

Una corrente vagante dalle unità d'aria, un riverberò della cupola per via degli applausi, qualcosa che la grande abilità di Johnny non poteva attendersi aveva distrutto il suo equilibrio perfetto.

Scivolò cadde, dritto verso il basso.

Joey chiuse gli occhi e li nascose dietro le mani. L'orrore lo assalì, lo fece accovacciare.

Quando udì le urla tutto attorno a lui, rimbombargli nelle orecchie, fu abbastanza colpito da sollevare le mani e vedere la fine.

La forma bianca di Johnny cadeva immobile, il mantello che sfolgorava dietro di lui, nessuna ala che lo tenesse su.

Ma il mantello catturò qualche corrente dai grandi ventilatori al di sopra e si riempì e si gonfiò d'aria e le braccia si muovevano, guidandolo verso il basso.

Si sollevò, planando per un breve momento, a sufficienza da fargli mancare la vasca di acido e si accartocciò in modo sordo sulla dura pietra del suolo lunare.

Scosso, Joey balzò in piedi, qualcuno stava alzando il campo di forza e tra il pubblico c'era chi rimaneva scioccato a sedere e chi si buttava in avanti. Si mise a correre, spingendo tra i corpi più grandi di lui per trovare la strada.

C'erano dei medici che portavano tutto l'equipaggiamento e stavano lavorando già su di lui, attaccandolo a cose che Joey non comprendeva.

Arrivò abbastanza vicino a Johnny da poterlo vedere e anche se il direttore di pista riuscisse a prenderlo per il braccio e cercasse di tirarlo via, Joey non si mosse. Lottò attaccandosi all'uomo di fronte a lui. Voleva vedere.

Il viso di Johnny era segnato e stanco e c'era del sangue che gli usciva dalla bocca e da uno squarcio della tuta. Il bianco era smorto e non scintillava più. Gli occhi erano tristi e spauriti e quelli di Joey li incrociarono senza distoglierli attraverso tutta quella distanza.

Per un momento fu quasi convinto che nulla avrebbe potuto separarli.

Johnny sorrise, solo un po', ma Joey non avrebbe potuto dire se lo avesse fatto a lui perché i suoi occhi s'erano chiusi. I medici sollevarono il suo corpo rotto e lo portarono via, e da dove si trovava Joey non poté vedere nient’altro per via della calca e per via delle luci accecanti dall'alto. Si divincolò dalla stretta del capo degli anelli e corse dietro al mezzo che stava portando via il suo eroe, mentre non voleva e non poteva credere che Johnny il Magnifico fosse caduto.


Tit. orig. Johnny Wonderful






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