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Intercom, the next generation


di Danilo Santoni


Il tempo passa e continua a passare

Mad Max, oltre la sfera del suono


Il ritmo di una ballata, lento e ripetitivo che, con pazienza, distende tutta la propria gamma di sentimenti, nota dopo nota. La consapevolezza di dare qualcosa, anche solo un cenno o un giro di accordi semplicissimo e per questo sorprendente. Il suono di uno strumento povero e senza pretese, che tutti possono suonare e che per questo ti avvicina a tutti gli altri.

Come in ogni ballata, giunti alla fine dell'ennesima strofa, la canzone sembra finire poi, con uno scatto che sorprende, il ritmo riprende e ti regala nuove emozioni. Finisci con l'amare quella ballata e quasi sembra essere tua perché quel ritmo è il tuo e perché quella semplicità è la tua e perché le immagini che crea sono quelle che hai cercato per tanto tempo: Intercom è stata come una vecchia ballata e ha attraversato, con le sue strofe e con il suo ritmo lento e ripetitivo e dolce e aspro e forse duro, le sue diverse incarnazioni quasi con noncuranza.

I crediti verso alcuni abbonati sono già stati rimborsati. Piccola nota contabile di correttezza che chiude l'editoriale del numero novantanove.

Gallo e Valle chiudevano Intercom: “Dopo oltre sei anni, dopo qualcosa come duemila matrici, il ciclostile è caduto a pezzi...”. La testa scheletrica dell'androide di copertina disegnata da Alberto Pizzetti alzava verso l'alto la testa, fissando le orbite vuote verso il cielo, senza illusioni e senza delusioni.

Intercom di Gallo e Valle chiudeva al numero novantanove.

So many important things pass quickly without being understood at the time.

So many powerful moments are buried beneth the absurd.

Dan Simmons. Endymion

Il numero 100 di Intercom fu il primo della mia 'gestione'.

Il numero era datato luglio/agosto 1988 e dieci anni dopo, parlare ancora di una fanzine può sembrare una cosa inutile, a meno che il discorso non venga posto su basi molto generali.

Iniziai quel numero in perfetta solitudine, con entusiasmo e senza esperienze tipografiche.

Il risultato fu un disastro: il computer che avevo usato per l'impaginazione (e che costava più del Pentium III che uso ora) era ingovernabile sotto tutti gli aspetti (visto gli standard odierni) ma soprattutto era un incubo per quanto riguarda l’aspetto della grafica: la stampante ad aghi (nove soltanto e tutti molto pigri) riuscì solo a gettare sul foglio l’ombra dei caratteri desiderati e la fotocopiatrice (entusiasticamente incline ad incepparsi o a spiegazzare i fogli) riuscì a malapena a riprodurre l’ombra dell’ombra dei caratteri e, in più, tagliava i bordi tutto intorno ai margini: il testo era quasi illeggibile e saltarono tutti i numeri di pagina.

Quando uscì il numero 100, Neuromante e La matrice spezzata erano in circolazione da un anno e mezzo e poco più, il cyberpunk iniziava la sua corsa travolgente, ma erano molti ancora a deriderlo. La realtà virtuale e il cyberspazio erano ancora un'idea sorprendente e i collaboratori alla rivista mandarono i loro articoli scritti a macchina (uno o due anche scritti a mano) e io li ricopiavo.

Archeologia.

Ma fu così almeno fino al numero 109/110, dopo la fusione con Follow my dream di Sturm e Marsili ci fu il salto tecnologico che introdusse Intercom nell'editoria elettronica.

La strofa della vecchia ballata si ripete, ritmicamente e ipnoticamente, sempre uguale eppure ogni volta leggermente diversa, ogni volta e ogni volta e ancora e poi ti volti indietro e scopri quanto tutto sia cambiato.

Didn't I come to bring you a sense of wonder,

Didn't I come to lift your fiery vision bright,

Didn't I come to bring you a sense of wonder in the flame.

On and on and on and on we kept on singing our song ...

Van Morrison, A sense of wonder

Uscì il numero 100 di Intercom e rappresentò una mezza rivoluzione riuscita a metà.

Ero arrivato a pubblicare una fanzine praticamente all'oscuro della situazione del fandom italiano.

C'erano state alcune lettere scambiate con Prassi e la partecipazione alle due convention di Montepulciano.

Prassi si trovava nella sua fase di massimo entusiasmo nei confronti della fantascienza, si stava formando la cooperativa Ambra e a parlare con lui era facile farsi un'idea positiva della fantascienza italiana, anche perché tramite lui avevo conosciuto le opere di Ricciardiello e Sturm. Le due convention di Montepulciano avevano rappresentato due punti di incontro interessanti: l'incontro con Kim Stanley Robinson fu forse il momento più emozionante, ma avevo incontrato finalmente anche Gallo e Asciuti e Cammarota e Tinivella e Prassi e Ricciardiello (io e Sturm ci eravamo sfiorati, ma senza conoscerci). Mi era fatto un'idea abbastanza positiva del fandom italiano.

Uscì il numero 100 e tolti i problemi grafici era convinto di aver assemblato un bel numero. E forse era un bel numero: il punto di forza era rappresentato dal racconto di Richard Kadrey, Goodbye Huston Street, Goodbye. Con quel racconto pensavo di aver dato una spinta ad una maggiore diffusione del cyberpunk in Italia senza sapere, invece, che avevo aperto le porte all'Avant Pop che Larry McCaffery teorizzerà molto dopo.

Uscì il numero 100 e scoprii le mie carte: avevo abbandonato il modello di Gallo e del “gruppo genovese” per un altro modello, quello dell’inglese Interzone (dal numero 110, con l’allargamento a Sturm e a Masili ne adottammo anche l’aspetto grafico) che stava cercando di creare una via inglese alla nuova fantascienza. Portando alla ribalta autori nuovi e giovani.

Uscì il numero 100 con la speranza di creare una via italiana alla nuova fantascienza, una via che partisse da quello che aveva fatto Prassi per dirigersi verso una nuova meta.

Per questo feci il grande passo di aprire le porte di Intercom alla narrativa. Un tradimento per molti, e furono in tanti a dirmelo. Pubblicammo Richard Kadrey, Ian Watson, Richard Paul Russo, James P. Blaylock, Karen Joy Fowler, Paul McAuley, Richard Weiner, Connie Willis, Judith Moffett, Greg Egan... gente sconosciuta che è diventata famosa anche in Italia... gente che in Italia non è riuscita mai a sfondare... gente che comunque aveva una voce che valeva la pena di ascoltare. Tutta gente che poteva essere un esempio per tracciare i sentieri di una nuova via italiana alla fantascienza, una via più informata sulle nuove tematiche e sui nuovi autori. Una via meno provinciale meno chiusa in stereotipi ormai insopportabili.

They say the world is smaller now. Small world.

They say that man is taller now. Tall man.

They say the stars are closer now. Thank you lucky stars.

Laurie Anderson, KoKoKu

Quella via italiana che sognavo non nacque mai.

Il fandom italiano non era quello che avevo sperato di vedere a Montepulciano ma quello che incontrai con sorpresa a San Marino.

L'ospite quella volta era Robert Silverberg, ma il grande spettacolo venne dalla svendita di tutti i concetti fantascientifici da parte di fazioni altezzose e superbe. Ci fu la conquista del potere da parte del fantasy più retrivo e bigotto con la sua controparte 'scientifica' dei vari Star (Trek & Wars). Nel numero di agosto del 1989 di Locus Karen Haber, compagna di Silverberg, bolla così quella convention (World Sf/Eurocon 1989): "quattro giorni nebbiosi di confusione, acrimonia e difficoltà linguistiche ambientati nel piccolo principato di San Marino, che fu ricostruito da uno studio di Hollywood che seguiva i bombardamenti della seconda guerra mondiale, e si vede."

Fascicolo dopo fascicolo Intercom e arrivata al numero 149 e di nuovo il ciclostile è caduto a pezzi: il mondo delle fanzine delle varie convention e dei premi Italia non rappresenta più la fantascienza italiana, non segna più la via italiana alla fantascienza da molto tempo. Quello che si spaccia per fantascienza e che non è fantascienza non è andato molto lontano: continua a rimbalzare tra le colline che si affacciano verso l'Adriatico e le montagne che guardano verso il Monte Bianco. Tra San Marino e Courmayeur si continua a parlare di fantascienza, ma si è perso completamente il significato di quella parola. Oggi la nuova strada potrebbe passare per la rete e Mocchi ha iniziato a curare la nuova incarnazione di Intercom, quella elettronica, all'interno di un contenitore più vasto che vorrebbe arrivare a segnare i confini precisi della fantascienza autentica: l'SfWeb.

“Purtroppo ci hanno tolto anche la possibilità di sembrare intelligenti citando, quanto più spesso possibile, le qualità dell'araba fenice.” Iniziava così l'editoriale di Gallo a quel numero 100 di dieci anni fa, le parole che scrivo appaiono nel numero cinque dell'edizione elettronica. Qualcuno che cerchi di sembrare intelligente da qualche parte c'è sicuramente.

E il tempo passa e continua a passare.

Ricciardiello che è stato uno dei collaboratori dell'edizione ternana di Intercom ha vinto il premio Urania.

E il tempo passa e continua a passare.

Asciuti, che è stato uno dei collaboratori dell'edizione genovese di Intercom ha vinto il premio Urania.

E il tempo passa e continua a passare.

I'll need tonight to sit and think about this

Think what to do.

I'll take some strenght to banish hollow sorrow.

Hollow sorrow's nothing new.

Just enough strenght to last until tomorrow

Until I believe in my soul.

Kevin Rowland and Dexys Midnight Runners, Until I believe in my soul






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