Rileggendo "Futuro"
di Bruno Brunetti
Devo francamente confessare che sono stato a lungo indeciso su questo approccio a "Futuro", la rivista diretta da Lino Aldani, Massimo Lo Jacono e Giulio Raiola, viva per soli otto numeri, dal giugno del '63 al novembre del '64, "che a tutt'oggi" - per dirla con Curtoni - "rimane l'episodio più brillante della nostra science ficion" (l).
Troppi i racconti e splendidi, dotati del fascino raro e prezioso che la fantascienza conserva, quando a pieno titolo dimostra di essere "non un sottoprodotto della letteratura, ma letteratura tout-cour (2), così come gli uomini di "Futuro" intendevano, accingendosi al proprio lavoro.
Ho scelto Ritorno di Gustavo Gasparini ("Futuro" n. 3), non tanto perché narrazione più efficace di altre nel rendere quel senso della sf - da questo punto di vista, ripeto, resta solo l'imbarazzo della scelta - quanto perché nella sua brevità, per il modo in cui è costruito, questo racconto rende ragione di quella sorta di "filosofia della composizione", che presiede alla letteratura di fantascienza, così come mi pare intendessero i redattori di "Futuro", Aldani per primo.
Se la caratteristica del racconto di sf non è nella esattezza del dato scientifico, ma nel modulo, nella cifra esteriore (3) e quel dato deve essere semmai pensato come "qualcosa che riguarda la forma e non il contenuto", consistendo perciò nel "procedimento" narrativo, così come lo stesso Aldani avevo sottolineato nel suo saggio del '62 La fantascienza, si deve allora dedurre che la poetica della sf precede ogni estetica della stessa, e quel "procedimento" è parte integrante del meccanismo dello short-story, alla cui efficacia costruttiva è subordinato ogni "valore" della affabulazione. Ritorno di Gasparini mi pare vada in questa direzione, la plausibilità di quella narrazione è nel suo effetto, più che nell’attendibilità del presupposto" consiste nella capacità di "sviluppare coerentemente la premessa, anche... (se) inverosimile, rispettandola come se fosse una inoppugnabile verità scientifica (5), così come in maniera lucidissima aveva spiegato Aldani nel saggio indicato. Senza quella coerenza, avrebbe detto Ejchenbaum, citando Poe - l'indiscusso padre della short-story - se "l'effetto pensato in anticipo" non è parte integrante del racconto, se "la stessa sua prima frase non serve a svelare codesto effetto", lo scrittore "ha sin dal primo passo inciampato (6).
Note
1 V. Curtoni, Le frontiere dell'ignoto, Ed. Nord, Milano, 1977, p. 61.
2 Nell'editoriale del n. l di "Futuro".
3 L'osservazione è di Aldani, in "Futuro" n. l, p.48.
4 L. Aldani, La fantascienza, Ed. la Tribuna, Piacenza, 1962, p. 17.
5 lvi, p. 17.
6 Cfr. B. Ejchenbaum, Teoria della prosa in I formalisti russi, a cura di T. Todorov, Einaudi, Torino, 1968, p. 243.
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