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Le strade dimenticate della fantascienza italiana


di Vittorio Catani


"Conferenza-spettacolo" con audiodrammatizzazioni su nastro interpretate da Pino Cacace, Annalena Cardenio, Roberto de Marinis, Lino De Venuto, Eugenio Ragone, Andrea Savoia, Ketty Volpe del gruppo "Fantascena" di Bari.

Courmayeur, XVI Convegno Nazionale della fs e del fantastico. 26-29 aprile 1990.


Come già avrete letto nei volantini distribuiti in sala, la nostra è una "conferenza spettacolo" perché si avvale di un supporto audio sceneggiato, in quanto la nostra esposizione sarà intervallata dall'ascolto di alcune registrazioni costituenti altrettante drammatizzazioni da racconti di fs.

Per quanto riguarda la scelta dei testi da sceneggiare ci siamo divisi i compiti secondo criteri ormai abbondantemente collaudati: la consulenza musicale è stata affidata a Vittorio Catani, la registrazione e il mixaggio a Roberto de Marinis (che ancora una volta, come fu per la realizzazione dell'audiocassetta "Voci dal domani", ha messo a disposizione le apparecchiature della sua benemerita "Radio 5") e la regia a Eugenio Ragone.

Va dato merito agli amici attori del gruppo teatrale "Fantascena" di Bari, i quali si sono prestati entusiasticamente e a titolo gratuito per la realizzazione dell'audiocassetta. Sono: Pino Cacace, Annalena Cardenio, Lino De Venuto, Andrea Savoia e Ketty Volpe, presente a Courmayeur e qui al nostro fianco.

Abbiamo adottato in varie occasioni il metodo di inserire in una relazione brani registrati e ci è sembrato particolarmente indicato in questa circostanza, per dare un'idea concreta di certi testi da noi citati, che forse alcuni tra i presenti non conoscono o non ricordano perfettamente.

Ma entriamo senz'altro in argomento, cominciando a chiarire gli scopi di questa nostra relazione.

Come già avrete intuito dal titolo, volutamente un tantino polemico, noi siamo (e siamo sempre stati) sostenitori di un'idea precisa: la fantascienza italiana, quasi dai suoi esordi, sia pure dopo un fisiologico periodo di inevitabile imitazione dei classici modelli americani, aveva cominciato a sviluppare, attraverso alcuni autori più consapevoli, un filone autonomo. Esso era caratterizzato da due connotazioni, non sempre compresenti, e cioè:

1. una maggiore attenzione all'Uomo: una letteratura antropocentrica, come lo stesso Aldani rilevava sin dal 1962 nel suo saggio sulla fantascienza, e prima che Ballard teorizzasse lo spazio interiore come punto-cardine della fs moderna;

2. una ricerca di approcci non tradizionali a questa narrativa, attraverso una costante sperimentazione stilistico-formale più o meno accentuata.

Tali due caratteristiche venivano lentamente e in modo spontaneo a tracciare una nostra visione originale della nascente (in Italia) letteratura di fs; francamente non ci sentiamo di condividere le opinioni di chi considera ormai artificiosa la differenza tra le diverse letterature nazionali, in quanto riteniamo che tuttora esistano evidenti e talora determinanti differenze storiche, sociali, culturali che non possono non condizionare un qualunque genere artistico (fortunatamente, anzi, da questo punto di vista il Villaggio Globale non si è ancora omogeneizzato del tutto).

A riprova di questa spontanea diversificazione degli standard prevalenti, cioè in questo caso quelli americani, i nostri autori migliori avevano cominciato a sviluppare degli stili personali, che caratterizzavano in modo abbastanza preciso le loro opere. Il motivo per cui vogliamo intrattenervi su questo argomento è costituito dal fatto che, a nostro avviso, queste strade già tracciate sono state in seguito percorse sempre più sporadicamente, in quanto via via ci si è andati adeguando proprio a quei modelli letterari dai quali sin dagli inizi si cercava l'autonomia.

Desideriamo chiarire a questo punto che ovvi motivi di tempo ci hanno costretti a restringere la nostra proposta a pochi racconti, da noi scelti tra molti altri non meno validi, scritti tra l'inizio degli anni '60 e la seconda metà degli anni '70.

E occupiamoci ora del primo brano esemplificativo, tratto da Senza saperlo di Maurizio Viano (1961).

In questo racconto si avverte chiaramente l'intenzione dell'autore, di rifarsi a situazioni e tematiche kafkiane ma per trasporle in modo originale e suggestivo in una tipica situazione fantascientifica.

Pur presentandoci nei suoi primi scritti temi tradizionali, Viano portava una ventata nuova: un uso accorto del linguaggio e delle immagini, l'approfondimento della psicologia dei personaggi; cose che nella fs (non solo italiana) mancavano quasi completamente; storie talora molto complesse che non si esaurivano nel semplice intreccio ma che suggerivano interpretazioni a più livelli. Così come accade appunto in questo intenso racconto.

Si immagina un futuro nel quale i viaggi spaziali sono alla portata di tutti, e compagnie private organizzano viaggi anche per poche persone. Una coppia di sposi noleggia una piccola astronave con relativo pilota per trasferirsi su un lontano pianeta dove al marito, ingegnere, è stato promesso un lavoro.

Da questa situazione apparentemente banale l'autore prende le mosse per sviluppare un suo personale e coinvolgente discorso sulla ambiguità e inconoscibilità del reale. Infatti, giunti a destinazione, i tre si accorgono subito che, a dispetto di un'apparente normalità di fondo, niente è come sembra essere: la stessa città in cui atterrano ricorda inesplicabilmente la Copenhagen dei primi del '900, e gli abitanti - all'apparenza umani - per quanto a prima vista cortesi e ospitali, pur accogliendo i protagonisti con la massima naturalezza non sembrano comprendere una parola della loro lingua. In questo contesto, già di per sé inquietante, il protagonista, una volta uscito dall'albergo, inspiegabilmente non sarà più in grado di trovare la via del ritorno, perdendosi per le strade di questa emblematica città, dove ciò che sta dietro la facciata di quel mondo (evidente allegoria del nostro) gli si rivelerà nel modo più inatteso e angosciante.

Da quel momento, e per lunghi anni, egli penserà sempre al giorno in cui potrà ritrovare la via del ritorno alla propria realtà. Ma ciò gli sarà sempre negato, ad egli si perderà in quella realtà estranea che finirà per annientare la sua personalità.

Audizione brano da:

Senza saperlo
di M. Viano

L'autore che ora vi proponiamo, cioè Sandro Sandrelli, appartiene al primissimo nucleo dei nostri autori, ed ebbe il merito di cercare un nuovo sbocco alla sf italiana, curando "Interplanet", una serie di antologie periodiche dove comparvero numerosi notevoli racconti italiani.

La caratteristica preminente di questo autore, secondo noi non sempre sufficientemente riconosciuta, consiste nell'aver - per così dire - innovato sull'innovazione. Ci spieghiamo. Nei tempi in cui la fs costituiva già di per sé una forma letteraria eretica, nella quale volutamente si mantenevano in sottotono psicologie dei personaggi e stile, per non sovraccaricare con troppe novità le capacità di assorbimento del lettore, Sandrelli non temeva di andare contro corrente. Le sue storie infatti presentano spunti tematici insoliti, anche prescindendo dalla cornice fantascientifica; utilizzano ambientazioni forzate fino al grottesco; i suoi personaggi sono, piuttosto, delle marionette manovrate da un destino beffardo che irride all'intelligenza dell'uomo e alla sua volontà di andare oltre i propri limiti. Anche dal punto di vista del linguaggio Sandrelli disdegna la pruderie d'obbligo a quei tempi nella fs, e aggredisce il lettore con una dissacratoria violenza espressiva che non arretra nemmeno dinanzi alla parolaccia (all'epoca solitamente bandita pure dal mainstream).

Tutto questo si può rilevare anche dal breve estratto che vi proporremo tra poco, ricavato da "Il suggeritrone" (1963). Qui, in uno scenario pittoresco e concitato, l'autore colloca il suo eroe donchisciottesco, inventore - per amore della sua bella - di una macchina straordinaria che costituirebbe il sogno di ogni regista e attore: appunto il "suggeritrone".

Audizione brano da:

Il suggeritrone

di S. Sandrelli

Come già si può intuire da questo estratto, il suggeritrone è tutt'altro che un congegno passivo. Infatti, posto temporaneamente in "stand-by" dal suo creatore, non si rassegnerà a restare inattivo lunghe ore e - complici anche gli effetti dell'urto subito cadendo per terra - s'impossesserà nottetempo delle menti di tutti gli abitanti di Tappi.

Gli infelici verranno così spinti ad agire come se realmente fossero i personaggi dei drammi e delle tragedie che il suggeritrone ha in memoria, abbandonandosi quindi ad ogni sorta di eccessi e di efferatezze che condurranno ad un'ecatombe nel giro di una notte.

Come dicevamo prima, in questo come in altri racconti di Sandrelli, al di là dello sberleffo, è facile intuire un'amarezza senza speranze nei confronti delle capacità umane e del significato stesso dell'universo, qui simboleggiato dal teatro cosmico che è nei circuiti del suggeritrone.

In tema di innovazione, Mauro Antonio Miglieruolo - che già appartiene ad una generazione successiva di scrittori - ha sistematicamente cercato nelle sue storie una propria via personale. Egli infatti era soprattutto interessato alla sperimentazione stilistica.

Questa caratteristica permette di riconoscere pressoché immediatamente la sua prosa, che sembra oscillare senza mai decidersi tra due poli apparentemente incompatibili: da un lato un fraseggio aulico ampollosamente arcaicheggiante, dall'altro una costruzione sintattica che richiama a tratti l'anonimo gergo burocratico. Questa insolita commistione, impiegata oltretutto in storie che si svolgono in lontanissimi futuri, crea un effetto provocatorio che Miglieruolo impiega per rendere, con sotterranea ironia, un suo personale senso di straniamento nei confronti della realtà.

Il brano che state per ascoltare costituisce il finale del suo racconto. Gli arpionatori (1970). La vicenda è apparentemente narrata da un erudito di un lontano futuro, un marziano discendente degli antichi coloni terrestri, che ci narra la cronaca dei lontani accadimenti responsabili della distruzione di Terra e Luna; ci narra inoltre del modo in cui i superstiti, su Marte, riuscirono a sopperire alla conseguente spaventosa carestia.

Audizione del brano da:

Gli arpionatori

di M. A. Miglieruolo

Un discorso un po' a parte merita Inísero Cremaschi, scrittore proveniente dal mainstream. Cremaschi conobbe la fs in età ormai adulta, quando già il suo nome era noto in campo letterario, e ne intuì le possibilità. Da scrittore già smaliziato, riuscì a far sue convenzioni e poetica della fs senza cadere nel trabocchetto di alterane o banalizzarne le caratteristiche, anzi arricchendole con la propria esperienza di uomo di lettere. Non a caso il suo racconto Il quinto punto cardinale comparve dapprima, nel 1962, sulla rivista letteraria "Tempo presente", diretta da Ignazio Silone, e suscitò l'interesse di Emilio Cecchi. L'anno successivo lo stesso racconto apriva il n° 1 di quella che fu la più significativa rivista italiana di fs, "Futuro".

In questo racconto, che resta una delle sue opere migliori in campo fantascientifico, Cremaschi si serve, in modo peraltro del tutto legittimo e ortodosso, di un pretesto tipicamente fantascientifico per tratteggiare in maniera garbatamente ironica una storia tutta incentrata sui rapporti umani.

Un gruppo di integerrimi moralisti si reca sull'asteroide Serapide che ospita una colonia terrestre dove si dice che accadano cose da Sodoma e Gomorra.

La spedizione però fa naufragio in una zona del pianetino distante dalla colonia. I superstiti, a questo punto, devono anzitutto cercare di sopravvivere. E ciascuno si ingegnera con ogni mezzo, lecito o illecito, di sfruttare a proprio vantaggio un sistema basato sullo scambio di quei pochi beni di consumo ancora a loro disposizione.

Audizione brano da:

Il quinto punto cardinale

di I. Cremaschi

La piccola comunità proveniente dalla Terra, quindi, messi da parte rapidamente i bei propositi di redenzione dei "peccatori" indigeni, ricreerà le basi e i presupposti di una microsocietà di tipo capitalistico in cui individui come Lavagna e Bilonti avranno la meglio su chi si fa ancora qualche scrupolo. E quando finalmente giungerà una spedizione di soccorso, questi personaggi riusciranno disinvoltamente a perpetuare anche in seno al nuovo gruppo la loro egemonia.

Livio Horrakh conclude e riassume alcune caratteristiche già rilevate nei precedenti autori: l'impegno filosofico-politico; la concezione della fs come letteratura che, al pari di ogni altra, ha per centro focale l'uomo; il rimando alla realtà quotidiana che tutti viviamo; la ricerca di vie espressive autonome originali e diversificanti rispetto al modello americano. E, quindi, anche la costruttiva sperimentazione stilistica.

Il suo racconto Tutto l'acido dell'impero (dove, com'è intuibile, l’acido è la droga e l'impero designa non solo gli USA ma qualunque espressione storico-politica del potere tentacolare e disumanizzante), comparve nel '77 sulla rivista "Galassia". Il racconto si poneva come una delle opere più innovative tra quelle che si pubblicavano allora sulle riviste di fs, e questo per un uso particolarmente anticonvenzionale del montaggio a mosaico nell'esposizione della trama, e per il ricorso frequente ad uno slang, in parte ripreso dalla cultura underground di quegli anni, in parte inventato per l'occasione. Tutto sommato, la narrazione è però abbastanza lineare. La storia, che ha echi orwelliani, si svolge in un futuro imprecisato ma non lontano, in un'America che è la proiezione di quella degli anni '70, inclusa la guerra nel Vietnam che, come ascolterete, è "infinita", a simboleggiare tutte le guerre di tutti i tempi; in questa realtà Horrakh, con straordinaria intuizione, prevede che l'uso della droga, capillarmente diffusa, venga imposto e regolamentato dal potere il quale, ancora una volta, dimostra la sua capacità di sfruttare ciò che non può combattere.

Nel corso della vicenda ascolterete vari flash, intrecciati fra loro: un automobilista, perfettamente integrato nel sistema, da un passaggio ad un giovane che si rivelerà poi come appartenente ad un'organizzazione rivoluzionaria, il "movement"; due sabotatori dei programmi radiofonici ufficiali, che cercano di inserirsi nelle trasmissioni governative per fare controinformazione; dialoghi tra due attentatori; voci della propaganda di stato. Il tutto unito dal fil rouge costituito dagli interventi della voce impersonale del "Narratore", che funge da tessuto connettivo del racconto.

Audizione brano da:

Tutto l’acido dell’impero

di L. Horrakh

Di fronte alle tendenze regressive manifestate nella fs italiana a partire dagli anni '80, sia sul piano ideologico-contenutistico sia su quello stilistico-formale, ci è sembrato opportuno ricordare agli amici meno giovani - e portare alla conoscenza di quelli più giovani - alcuni esempi dei risultati conseguiti dai nostri autori sin dagli esordi della fs in Italia. E c'è da chiedersi dove sarebbe potuta arrivare in questi trent'anni la fs italiana, se si fossero adeguatamente e coerentemente coltivati questi semi lanciati dagli autori che vi abbiamo proposto e da altri, attivi in quegli anni.

La fs è una letteratura per sua natura trasgressiva. I nostri autori migliori l'hanno capito sin dall'inizio e, come ci siamo sforzati di dimostrare, hanno raggiunto presto, partendo da questa premessa, risultati interessanti. Sarebbe paradossale e in certo modo mortificante per noi tutti se dovessimo rinnegare, per pigrizia o per convenienza le strade innovative che hanno saputo tracciare coloro i quali ci hanno preceduto.

(Courmayeur. 26-29 aprile 1990)






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