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Continuerò nei miei tentativi di sconfiggere il mondo


di Emiliano Farinella


"Continuerò nei miei tentativi di sconfiggere il mondo…" (intervista a Lino Aldani a cura di Emiliano Farinella, 1997)


Emiliano Farinella ("Delos sf"): Inizio col chiederti subito un'autorevole definizione di Fantascienza.

Lino Aldani: Ogni autore di fantascienza ha la sua definizione, chiaramente rivelatrice della propria sensibilità e struttura mentale.

Possiamo spaziare così dalla "narrativa del condizionale" al "folklore atomico", da "le fiabe del nostro tempo" a definizioni più strettamente tecniche, tutte più o meno condivisibili in parte, ma giammai esaustive.

Ovviamente, io sono affezionato alla mia, che proposi nel 1962 nel mio vecchio saggio sulla science-fiction. Fantascienza è una rappresentazione fantastica dell'universo operata secondo una consequenzialità logico-scientifica, capace di porre il lettore attraverso l'eccezionalità o l'apparente impossibilita della situazione in un diverso rapporto con le cose.

EF: Cosa ti ha attirato nella fantascienza prima di iniziare a scriverne?

LA: Mi attiravano quegli aspetti e peculiarità racchiusi nella definizione di cui sopra, cioè il carattere fantastico; l'eccezionalità ecc. Mi piaceva quel sentirmi sprofondare in un diverso rapporto con le cose.

EF: Uno scrittore di sf chi è? Da un'idea adeguata dire che più di ogni altro artista egli deve essere un artista di metafore?

LA: La prima è una domanda pietrificante, una di quelle che irretiscono e paralizzano, sui tipo "Perché scrivi?" o "Non ti sembra di avere un alto concetto di te stesso?", insomma, domande alle quali è impossibile rispondere senza cadere nella balordaggine o nella presunzione. In quanto all'immagine dell'artista come artista di metafore, vorrei qui notare che la letteratura, ogni letteratura, è costellata, anzi basata sull'impiego di metafore, di tropi, di metonimie (che nella metafora rientrano). Anche la lingua parlata. Non possiamo aprir bocca senza farne uso. E allora, che vuol dire artista di metafore? Forse che l'autore di science-fiction è un artista ridondante?

EF: Scrivere fantascienza quanto ti ha aiutato nello scendere in profondità nelle tematiche che hai affrontato? Quale arma in più ti ha dato la sf che non ti avrebbe garantito la letteratura realista?

LA: Ovviamente, assumere il punto di vista della sf vuol dire assumere un punto di vista privilegiato. Da una postazione privilegiata il volume di fuoco risulta moltiplicato, gli effetti sono indubbiamente maggiori. Lo spostamento nel futuro consente di poter ingigantire (e quindi rendere più evidenti) le tendenze nel presente già abbozzate. Insomma, i vantaggi sono molteplici e non sarò certo io a misconoscerli. Il problema sorge quando in sede di elaborazione, meglio, di immaginazione, tu già ti trovi a pensare secondo il modulo fantascientifico. Nel momento stesso in cui tu pensi secondo sf non puoi usare la sf come lente di ingrandimento.

I rapporti tra letteratura fantastica e letteratura realistica vengono a essere ristabiliti secondo i parametri di partenza, e ti ritrovi con le armi spezzate, inutilizzabili

EF: Il Giappone è la cultura più aliena fra quelle con cui più frequentemente riusciamo a confrontarci noi occidentali. La tua antologia Quarta dimensione come è stata accolta in quella terra?

LA: Bene, suppongo. Certo, i riscontri obiettivi mi mancano. Per esempio, la Hayakawa Shobo dopo quel mio libro non ne ha richiesti altri.

E questo, a guardar bene, è un segno negativo. D'altra parte le lettere di entusiastico consenso di alcuni lettori giapponesi e i numerosi articoli di critica (buona? cattiva?) e le recensioni sulle riviste specializzate m'inducono a pensare che un certo ascolto il libro lo ha ottenuto.

EF: Cosa cancelleresti al mondo?

LA: Niente. È tutto maledettamente così necessario. Se per esempio, volessi cancellare la stupidità, cancellerei nello stesso tempo la possibilità di una critica alla stessa stupidità.

EF: Cosa non sei riuscito a fare?

LA: A sconfiggere il mondo.

EF: Cosa farai?

LA: Forse, continuerò nei miei tentativi di sconfiggerlo.

EF: Quando ci si stanca?

LA: Quando la vittoria ci arride.

EF: La sf è mai stata capace di rompere il circolo? Pare averne le potenzialità, ma ci riuscirà mai?

LA: È vero. Si deve proporre una alternativa: andare oltre e rompere il circolo. Ma questo è compito dell'io pratico, non della letteratura, la quale è chiamata al più alla pars destruens, non certo alla pars construens.

EF: In molti tuoi racconti hai manifestato la tua opposizione a certe tendenze umane, ma qual è l'alternativa?

LA: Torno a ripetere: non sta a me indicare espressamente un'alternativa. Io mi limito a criticare l'ipocrisia e il bigottismo della società borghese. Sara poi il lettore a individuare la via d'uscita. In altre parole: la sf non deve fornire ricette, deve solo capire come stanno le cose. Ma, dicono certi animi impauriti, come dobbiamo agire? Vedendo nella giusta prospettiva i fatti, l'azione scaturirà da sola, l'ispirazione pratica sarà data per soprammercato.

EF: Molte tue opere sono stupefacenti. Dotate di grandiosa forza comunicativa ancora oggi, come se le avessi scritte ieri, e ancor più sconvolgenti in relazione al contesto culturale in cui nascevano. Scacco doppio: un racconto così fortemente letterario, stilisticamente sofisticato, come ha reagito l'ambiente letterario, che non era abituato a tanto? Come ha giustificato la produzione di una simile perla da parte di una letteratura tanto maltrattata? Visita al padre: un racconto dal carattere fortemente intimista (me la passi questa definizione?) che tocca profondamente tutti.

La sf è un limite o un'arma in più per questo racconto?

LA: Scacco Doppio. Come ha reagito l'ambiente letterario? Non se n'è nemmeno accorto. Ma non vedo come avrebbe potuto. Il racconto fu pubblicato una prima volta su una specie di indefinibile antologia (Il Subbio, n.d.r.) e una seconda volta nel mio libro Eclissi 2000. Infine su "Terminus".

In tutt'e tre i casi era chiaramente indicata in copertina l'etichetta "Fantascienza", un genere che i critici letterari assolutamente non leggono.

Visita al padre. No, la sf non è stata un'arma in più per questo racconto. Ma non è stata neanche un limite. Mi spiego: il racconto mi sembra un forte esempio di pensiero fantascientifico che nella sua esternazione non può però usare la sf come arma in più, lente d'ingrandimento o altro. Per molti anni Visita al padre fu giudicato racconto realista che inutilmente faceva uso di spunti fantascientifici (direi in misura minima) per camuffarsi come sf. Non si capiva che la sf era in quel bambino costretto a vivere su un balcone largo 70 cm, un bambino incapace di distinguere un salice da una querela, una lucertola da una lumaca. Ecco, questo è il pensare secondo sf, quando tutta l'apparecchiatura della sf diventa inutilizzabile, o se impiegata, superflua.

EF: In qualche modo è arrivato un certo riconoscimento della cultura ufficiale? Che effetto fa adesso, dopo tanti anni, vedersi tradotti in Italia dalla Mondadori, su "Urania", grazie alla traduzione di un'antologia americana? Che razza di beffa è quella di arrivare in Italia dagli Stati Uniti?

LA: Qualche riconoscimento è arrivato. Vedi Oreste del Buono, Luce D'Eramo e pochissimi altri. Ma si tratta di personaggi in qualche modo già compromessi con la sf, già guadagnati alle sue tematiche, e che pertanto erano già convinti. Normalmente, la cultura ufficiale ci snobba, ma a questo siamo ormai abituati. ovviamente la cosa non mi ha mai toccato più di tanto. Anche perché le traduzioni all'estero fioccavano.

Cosa posso volere di più? Mi dicevo. Essere tradotto in sedici lingue è un bel traguardo. Anzi, diciassette, se debbo tener conto della traduzione in italiano di Buonanotte Sofia, su "Urania", una rivista con la quale non sono mai andato tanto d'accordo.

EF: I motivi?

LA: Chiusura nei nostri confronti. A onor del vero, quattro o cinque racconti "Urania" me li ha richiesti e li ha pubblicati. Voleva, nel 1988, quando curatore era Gianni Montanari, pubblicare anche il romanzo La croce di ghiaccio, ma io non accettai: consideravo la rivista mondadoriana troppo settoriale.

EF: Il tuo pensiero ti ha creato problemi o fatti insoliti nelle frequenti traduzioni russe delle tue opere, nel periodo del pesante muro contro muro tra Oriente e Occidente? Quelle pubblicazioni le hai vissute con gusto particolare?

LA: Voglio innanzi tutto indicare alcune cifre. Il mio primo racconto pubblicato in Russia è stato Buonanotte Sofia, inserito in una grossa antologia internazionale la cui tiratura toccava le 300.000 copie. Un altro mio racconto, Gli ordini non si discutono, è stato pubblicato su una rivista scientifica stampata e distribuita in 3.100.000 copie. Con queste tirature da capogiro mi girava effettivamente la testa, tanto più che la Tv moscovita mandava in onda adattamenti televisivi dei miei lavori. Puoi immaginare il mio disappunto (eufemismo di rabbia) quando mi venne rifiutato Trentasette centigradi. Pensavano che volessi satireggiare il sistema sanitario sovietico. Comunque, il racconto dopo sei anni di anticamera fu accettato nel 1970 e pubblicato con accompagnamento di elogi e sviolinate in verità fuori misura. Lo stesso non posso dire per Scacco doppio, respinto perché Joyce in Russia non aveva diritto di cittadinanza. Idem per Quando le radici: non è piaciuta la mia simpatia per il mondo zingaro e la critica non tanto velata del sistema comunista del futuro. Oggi in Russia non ho più contatti. Mi spiace, comunque, veder le mie cose più impegnate rimanere senza esito in quella parte del mondo che mi è sempre stata a cuore.

EF: Negli altri Paesi hai trovato lo stesso complesso di inferiorità di cui soffriamo noi italiani nella sf? Talvolta qualcuno si para dietro la vecchia storia della tara umanistica italiana che non ci permette di scrivere buona sf.

Ma quanto è verosimile? All'estero un italiano e forse mal visto per questo?

LA: Più o meno negli altri Paesi si può trovare nella sf la stessa situazione di cui soffriamo noi italiani. A dire il vero non è che la forma mentis scientifica sia qui da noi diffusa e vincente. È più frequente la formazione umanistica. Ma sostenere che è la tara umanistica a impedirci di scrivere buona sf non è accettabile. La sf deve seguire uno schema logico-scientifico, d'accordo. Ma questo non significa che debba necessariamente occuparsi di problemi scientifici, anzi.

EF: Quando chiesero a John Cage come andassero le cose, lui rispose che vanno meglio, migliorano, solo che vanno così lentamente che nell'arco di una vita noi non ce ne accorgiamo. Adesso io lo chiedo a te: Lino, come vanno le cose?

LA: Le cose? Le cose stanno cambiando, cambiano certamente. Solo che cambiano così in fretta che nell'arco di una vita dovremmo anche noi mutare weltanschauung innumerevoli volte, diciamo ogni 8/10 anni. Per fortuna c'è la sf che può abituarci a superare lo shock dei reiterati cambiamenti.






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