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Un viaggio nel tempo


di Mauro Gaffo


Andrea Jarok mi ha chiesto un contributo. Un testo in cui io parlassi del fandom al quale ho partecipato, quello degli anni 70-80. Chissà che cosa sperava di ricevere... Questo, comunque, è quello che gli è arrivato.

Ricominciassi adesso, credo che sarebbe su Internet. L'idea che mi attirerebbe di più sarebbe quella di usare la Rete per fare una specie di catalogo permanente in continuo aggiornamento. Magari anche una mostra di foto del fandom dove ognuno potrebbe presentare sé stesso e le sue idee e chissà cos'altro.

Quando ho cominciato davvero, invece (era l'inverno del 1975), Internet non c'era e le fotocopie erano impraticabili. Erano gli anni dell'orrido ciclostile: si batteva a macchina su matrici di cera, poi si stendevano le matrici sul rullo inchiostrato, e si cominciava a girare, incrociando le dita. Ma le fanzine si facevano ugualmente.

In quel modo è nata ed e vissuta "The Time Machine": un circa-bimestrale che ha resistito dal 1975 al 1983, passando negli ultimi tempi alla stampa offset. L'idea che c'era dietro (e che probabilmente ha caratterizzato la testata) era quella di fornire uno sbocco a chi desiderava scrivere... ma non a tutti, solo a quelli che valeva la pena di leggere. Chi decideva? Principalmente noi della redazione, un gruppo di cinque padovani (Franco Stocco, Piero Bassi, Filiberto Bassani, Alessandro Bortolami e il sottoscritto) al quale nel tempo si sono aggregate molte altre persone, a volte per alcuni mesi, a volte anche di più. Quei cinque, comunque erano il gruppo storico. E per ogni racconto che non veniva pubblicato, ci preoccupavamo di scrivere una lettera di risposta, spiegando che cosa non ci era piaciuto nel testo che NON avremmo pubblicato... mi chiedo quante persone abbiamo fatto uscire dai gangheri, con quel sistema.

La cosa stupefacente è che alcuni bei racconti riuscivamo davvero a pubblicarli, aiutati anche dal Premio Mary Shelley: un concorso annuale, con un discreto premio in denaro (all'inizio 200 mila lire, alla fine 500 mila). Il premio faceva affluire racconti da cui poi attingevamo, se serviva, anche nel resto dell'anno. Con quel sistema, dicevo, ci siamo imbattuti in parecchi ottimi autori. Da Daniela Piegai a Gianluigi Zuddas, da Giorgio Placereani a Lorenzo Iacobellis, da Giuliano Giachino ad Angelo De Ceglie, Gianni Menarini, Luigi Menghini, Franco Ricciardiello... No, forse Franco no: di certo avrei voluto pubblicare qualche suo racconto, perché mi piaceva molto come scriveva, ma non sono sicuro che sia avvenuto. Alcuni, come Mariangela Cerrino, hanno avuto in seguito una carriera di tutto rispetto, altri, come Paolo Lanzotti, stanno probabilmente ancora scrivendo, ma non ho idea di quali mezzi abbiano scelta per pubblicare le loro opere. Altri ancora, come Vittorio Catani, hanno continuato a scrivere, ma solo saltuariamente.

Da "The Time Machine", TTM per gli amici, sono passati un po' tutti in quell'epoca, soprattutto negli ultimi anni. Io però ricordo meglio i primissimi, più intensi, quando ancora TTM doveva conquistarsi un ruolo e un nome. Avevamo un vantaggio, però, rispetto a oggi. Prima che noi cominciassimo, c'era stata una specie di tabula rasa del fandom: nel '75 erano attive solo due fanzine, il Notiziario del CCSF (veneziano), una fanzine di pura informazione, e "Kronos" (veneziana) che era una specie di emanazione del suo curatore, Piero Giorgi, e risultava del tutto isolata dal mondo degli appassionati, esclusi quelli che compravano Kronos.

Non ricordo nessun altro periodo nella storia del fandom italiano in cui si sia verificata una tale rarefazione di iniziative, tanto è vero che quel periodo è considerato una sorta di passaggio dal primo al secondo fandom (qualunque cosa questa frase significhi).

Ma torniamo a "The Time Machine" per accennare almeno a due fatti accaduti nel 1979 e nel 1980. Io ero pieno di entusiasmo, e diedi vita a una personalzine... una dimostrazione rara di follia, dal momento che già fare TTM occupava buona parte del mio tempo. All'epoca ero infatti convinto di due cose: primo, la narrativa italiana non aveva nessuna chance di affermarsi se "Urania" non avesse aperto ai romanzi italiani; secondo, quello che veramente mancava nel fandom era una specie di Locus autoctona, una pubblicazione di stretta periodicità e di informazione. La prima idea era giusta. Infatti, oggi che "Urania" ha aperto agli italiani (i miei complimenti a Giuseppe Lippi) si è finalmente affermata una piccola corte di autori italiani che - con un po' di fortuna - potrà allargarsi nei prossimi anni, portando la nostra narrativa specializzata a una situazione simile a quella francese. La seconda idea era forse prematura: conveniva aspettare Internet. Ma a me mancava la preveggenza e decisi di riempire quel vuoto, creando una fanzine italiana di informazione che uscisse con elevata frequenza.

Nacque così "Quark": il nome significava soltanto che sarebbe stata piccola, più piccola di un atomo, ma la cosa straordinaria non fu tanto il suo ridotto numero di pagine quanto la sua periodicità.

"Quark" fu (e rimane) il primo e unico quindicinale italiano del fandom. Ne uscirono 12 numeri, più lo zero, e la persona che contribuì maggiormente a caratterizzarlo fu un bravissimo disegnatore padovano, Massimo Giacon, che in seguito avrebbe avuto una brillante carriera nel settore del fumetto e dell'illustrazione.

Dopo la fine di "Quark", dovuta soltanto alla mia partenza per il servizio militare, l'episodio più significativo fu il tentativo di trasformare TTM in una vera rivista, di fare il "salto di qualità", Per farlo scegliemmo un momento nerissimo per il fandom, con le fanzine che morivano una dietro l'altra… e meno male: quel disastro ci aiutò a capire subito che il salto da fanzine a pubblicazione professionale non era fattibile, almeno non con i nostri mezzi e non in quel momento. Se non altro, nessuno ci rimise troppi soldi.

(Sono stato abbastanza sintetico, Jarok? Mi lasci lo spazio per un'ultima frase?) Si tratta di una considerazione che soltanto voi "fanzinari" del 2000 potete apprezzare: è avvero buffo che oggi, passato dalle fanzine ai libri e infine al giornalismo, mi ritrovi a essere il vicedirettore di un giornale di successo, "Focus", per il quale applico le stesse regole di selezione che mi sembravano valide venticinque anni fa per "The Time Machine"... e che il nostro più valido concorrente, arrivato nelle edicole pochi mesi fa, si chiami proprio "Quark"!






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