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Perchè il fandom italiano "non ha idee in merito"?


di Fabio Nardini


L’articolo di Danilo Santoni "La parola, il sesso e la guerra" apparso sul n. 90 di Intercom è tale da meritare se non altro un'attenta riflessione. In sé l'articolo è di notevole interesse come disamina di certe tendenze presenti nell’ambiente della Sf americana, ma qui intendo riferirmi quasi esclusivamente alle ultime venti righe dello scritto, laddove l’autore chiama in causa il fandom nostrano.

Dopo aver rilevato le divisioni che il progetto Guerre stellari sta suscitando anche nell’ambito della fantascienza, Santoni nota, "il silenzio pressoché assoluto di tutta la cerchia degli addetti ai lavori italiani" e prosegue: "se lo scrittore di fantascienza americano è cercato e intervistato su questi temi, se è sentito quasi come l’esperto più attendibile, perché in Italia nessuno si interessa di sapere cosa ne pensa l’ambiente legato alla fantascienza?

Forse perché, per caso, questo ambiente non ha idee in merito (…)?"

Può darsi che questa sia la risposta giusta

Però è corretto, prima di qualificare come imbecille un’intera categoria di persone, andare a vedere se esistono altre risposte possibili. Innanzitutto è evidente perché il fandom non si divide sulle "guerre stellari"; perché si tratta, in sostanza, di un progetto americano, pensato, voluto e lanciato dall’amministrazione americana.

Per gli italiani si tratta di una tematica (per quanto scottante) "di importazione", più che altro un banco di prova per valutare il grado di subalternità di governi, partiti, ecc. alle scelte dell’amministrazione Reagan.

Fin qui è tutto chiaro. Meno chiara è la ragione del "silenzio" su altri punti che pure hanno diviso (e continuano a dividere) l’opinione pubblica italiana. Penso alla "questione energetica" come si è delineata dopo Cernobyl. O più in generale, al dibattito sul ruolo della scienza (e della tecnologia) nella società. All'ecologia. Tutti temi "alla moda" (e non in senso volgare). Eppure, anche qui, silenzio.

Come si spiega? Davvero "questo ambiente non ha idee in merito? Facciamo un passo indietro.

Santoni valuta la situazione americana e poi la paragona alla situazione italiana. Ma quale relazione esiste tra le due? C’è omogeneità? O c’è un’abissale differenza? Consideriamo la posizione degli scrittori. Asimov, per esempio, è una celebrità mondiale.

E non è il solo.

In ogni caso anche un autore americano non ancora assunto nell'olimpo dei "grandi" ha un’influenza senza dubbio non paragonabile a quella dello scrittore medio italiano. In Italia non esiste praticamente alcuna rivista professionale di Sf.

Che cosa significa tutto ciò? Evidentemente:

1) che l’autore italiano di fantascienza è un personaggio marginale (non è conosciuto, non coinvolge larghe masse di lettori ecc.);

2) che le sue (eventuali) idee in merito a una data questione non fanno testo.

Ecco perché "nessuno si interessa di sapere cosa ne pensa l'ambiente". Non certo perché gli americani pensino di più (e meglio) dei loro colleghi italiani.

Probabilmente questa è anche la ragione per la quale in Italia tutte le polemiche interne al fandom sono state polemiche sulla fantascienza (anche quelle più serie) e mai su qualcosa di estraneo. Non si tratta della produzione amatoriale "spensierata e occasionale" (vecchio stereotipo duro a morire: eppure ci sono in circolazione fanzine tutt’altro che occasionali e spensierate!); riflettiamo un momento.

Che senso avrebbe discutere pro o contro le guerre stellari, le centrali nucleari o altro su una pubblicazione che tira poche decine di copie? Un senso ci sarebbe, certo; ma meramente privato, un’occasione "per chiarirsi le idee", come in una discussione tra amici. Niente però che possa avere una rilevanza esterna, questa capacità di attirare attenzione che l’ambiente americano possiede (per ragioni soprattutto quantitative) e quello italiano no. Ma, data una tale differenza, è assurdo chiedere agli appassionati italiani di comportarsi come i loro colleghi americani. Sarebbe semplicemente velleitario.

Con questo non voglio certo esaltare l’apatia e il disinteresse; mi premeva unicamente precisare i limiti oggettivi di chi si trova ad operare nell’ambito della fantascienza italiana. L’importante è che, una volta riconosciuti, tali limiti non diventino un facile alibi per il ripiegamento e il silenzio, ma siano piuttosto di stimolo anche in vista di un loro futuro (improbabile benché non impossibile) superamento. Al la fin fine la domanda per gli appassionati italiani resta la stessa: come uscire dalla marginalità?






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