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Un discorso sulla fantascienza italiana


di Alessandro Paronuzzi


È evidente che la fantascienza in Italia sta vivendo in questi tempi un vero e proprio periodo d’oro.

Indipendentemente dalle motivazioni - di carattere psicologico, sociale, economico - che possono essere ricercate per spiegare questo "boom", è un dato di fatto che mai sino ad ora nelle librerie sono stati dedica i grandi spazi ultimamente concessi a questo riscoperto settore della letteratura.

Sono sorti nuovi periodici, tra i quali fa spicco la testata di Robot, e continuano a spuntare fanzines che, al di là del loro contenuto, sono senz'altro indice significativo dell’interesse che tuttora sta suscitando la Sf.

In mezzo a tale florilegio di volumi, gli scrittori italiani si fanno sentire, chiedono attenzione, reclamano a gran voce i loro giusti diritti.

A tale proposito, vediamo rapidamente quali sono le opinioni di alcuni degli 'addetti ai lavori', per focalizzare in seguito la reale situazione del mercato, per quanto concerne la Sf italiana.

Dice Vittorio Curtoni, direttore di Robot:

"… dai primi giorni in cui ho iniziato a preparare Robot ho tenuto presente la necessità di ospitare gli autori italiani con continuità, senza nessuna discriminante nei confronti degli autori più famosi d'oltreoceano. La mia speranza è che oggi, con un pubblico nuovo, capace di ragionare di testa propria, senza lasciarsi. soffocare dagli imbonimenti dei vari editori, il discorso possa riprendere."

E ancora "La caratteristica più interessante dei nostri scrittori è che in genere s tratta di dilettanti, quasi mai dei professionisti. Questo è un enorme vantaggio, in quanto consente un'assoluta libertà d'azione, un'assoluta noncuranza di certi canoni commerciali, una perfetta rispondenza ad esigenze interne… Come rovescio della medaglia, la cosa può implicare un minor magistero stilistico ed una scarsa continuità di lavoro."

Dice Ugo Malaguti, responsabile della Libra, nella lunga interessante prefazione del volume di Nova Sf dedicato alla fantascienza italiana:

"Nel nostro paese esistono almeno otto-dieci scrittori di Sf che potrebbero tranquillamente sostenere il confronto con molti loro colleghi stranieri, ed alimentare costantemente delle pubblicazioni. capaci di ottenere il consenso di buona parte del pubblico e della critica. È una situazione potenzialmente buona, che richiede adesso assiduità, attenzione, fiducia da parte degli editori o del pubblico, e soprattutto richiede una certa collaborazione tra gli autori, non alla ricerca di una utopistica unanimità d'intenti, ma alla ricerca di una serietà di lavoro e di comportamento capaci di far riguadagnare i consensi perduti, da parte del pubblico, in periodi meno fortunati e rissosi."

Dice Piero Giorgi, responsabile della fanzine Kronos:

"In Italia manca un numero sufficiente di autori di Sf: autori validi, intendiamo, degni di comparire sulle pagine delle varie riviste e collane specializzate… Per emergere, per riuscire come scrittori, è necessario scrivere, scrivere e ancora scrivere. È l'autore che deve approdare all'editore, non è l'editore che deve battere mari e fiumi alla ricerca degli autori."

Sandro Pergameno e Maurizio Nati, redattori di Fantascienza:

"Non abbiamo un'eccessiva simpatia per gli scrittori italiani di Sf. E questo non per esterofilia o stupidi pregiudizi ma perché ci sembra che il genere fantascientifico non possa che trovare adeguati interpreti in seno alla cultura anglosassone… In effetti, gran parte della produzione fantascientifica italiana quando non è un vuoto ripetere gli schemi d'oltreoceano, è tutt'altro cha fantascienza, almeno come la intendiamo noi. Qui non si discute la validità letteraria dello scrittore italiano, bensì l’appartenenza della sua opera ad una fantascienza ortodossa e, possibilmente, personale.

Le matrici della cosìddetta fantascienza italiana si possono ritrovare in una tradizione favolistica e leggendaria, e ci leviamo tanto di cappello di fronte ai vari Calvino, Buzzati etc..: ma nessuno ci convincerà mai che le avventure del barone rampante siano fantascienza."

A questo proposito, sembra quasi ribadire Ugo Malaguti:

"…perciò ci si voglia perdonare il fatto che, in questa breve presentazione, si sia voluto trascurare completamente quelle cosiddette "parentele di nobiltà che la Sf scritta in Italia va cercando, sia fra gli antenati sia tra gli scrittori contemporanei. Non parleremo perciò né di Italo Calvino né di Primo Levi e nemmeno di Dino Buzzati... non tanto perché certe opere di certi autori già affermati nella letteratura che alcuni chiamano ufficiale - ma che noi preferiamo chiamare 'tradizionale' - non abbiano diritto di cittadinanza tra le opere di Sf, quanto perché non ci sembra che corte opere, o questi autori, abbiano la possibilità d'influenzare in un modo o nell'altro la nascita o lo sviluppo di una 'letteratura' di fantascienza in Italia."

Per concludere, un'osservazione di Inísero Cremaschi:

"Proprio sulla data di 'nascita' vorrei soffermarmi un attimo. Prima di strapparsi i capelli, o battere sul tamburo trionfalistico, sarà bene ricordare che la Sf italiana è ancora una bambina rispetto a quella dei paesi nei quali è ormai ultracentenaria. Gli anni Cinquanta sono stati quelli della Gestazione.

Le prime opere in volume sono uscite dopo il 1962: come dire che la nostra Sf ha solo quattordici anni."

Da questa rapida carrellata, è facile constatare come le opinioni siano diverse, ed il più delle volte discordanti: c’è chi sì rivela ottimista, come Curtoni, o Malaguti, chi invece rimane sostanzialmente scettico come Pergameno e Nati. Cerchiamo, per quanto ci è possibile, di attenerci unicamente ai dati di fatto e di avvicinarci conseguentemente il più possibile alla reale situazione della Sf in Italia.

È un dato di fatto, ci sembra, l'acuta osservazione di Inísero Cremaschi, che tende a sottolineare la giovane età della Sf in Italia. E se il 62 come data di edizione delle prime opere in volume può sembrare un po' addomesticata all'occorrenza, è pure vero che - in ogni caso - non si può andare più in là del 1952, anno in cui fecero lo loro comparsa in edicola i primi numeri di Urania. Se ricordiamo che la data ufficiale della nascita della Sf in America risale al 1926 (con "Amazing Stories" di Hugo Gernsback), vediamo come siano quasi trenta gli anni che separano i due filoni letterari e che permettono alla Sf americana di possedere oggi una certa tradizione che inevitabilmente la contraddistingue da quella italiana.

Trent'anni sono infatti un periodo di tempo sufficiente per permettere la formazione di un substrato che è il presupposto indispensabile alla matura formazione di tutta una generazione di scrittori. Ed è un presupposto che solo adesso sta cominciando a concretizzarsi qui da noi.

A tale proposito giunge opportuna una considerazione che forse sfugge ai più: e ciò che, solitamente, il tipo di scrittore viene plasmato dal tipo di lettore. Ed il lettore medio di oggi rispetto a quello di soli dieci anni fa è un lettore diverso, più preparato, disposto ad accettare un discorso che non si limita alla narrativa, ma che si allarga alla critica, alle recensioni, alla saggistica, alla biografia. La breve vita di Gamma parla in modo sufficientemente esplicativa: troppo coraggiosamente aveva anticipato i tempi, il suo fallimento era inevitabile.

Oggi viceversa Robot - che in parte ne ricalca le orme - prosegue in fondo lo stesso discorso, ottenendo però a quanto sembra risultati decisamente positivi.

In ogni caso, intendiamoci, qualsiasi previsione, sia essa pessimistica oppure ottimistica, è prematura: troppi sono i fattori in gioco (in primo luogo il delicato momento economico che l’Italia sta attraversando) per poter prevedere alcunché. Però, questo ci teniamo a sottolineare, è una situazione sostanzialmente diversa da quella degli anni 60, proprio perché diverso è il pubblico cui la Sf si rivolse.

Vengono a schiudersi nuove prospettive editoriali, e queste possono dare adito a qualsiasi risultato: certo, molto dipenderà dall'atteggiamento assunto non solo dagli editori ma anche, dobbiamo dirlo, dagli scrittori stessi.

Per quanto riguarda gli scrittori, il pericolo più grande è rappresentato dalle illusioni. L'illusione, in primo luogo - veramente 'fantascientifica' - di poter vivere esclusivamente della propria attività di scrittori: perfino in America, sono pochissimi gli autori che godono di tale privilegio. Nessuna soddisfazione economica, quindi. 0 quasi.

L'illusione poi (prerogativa soprattutto degli spiriti giovani) di poter arrivare in breve tempo alle riviste con tiratura nazionale ed alle grandi case editrici, senza prima aver fatto un tirocinio più o meno lungo sulle fazines, che costituiscono in questo senso l’indispensabile trampolino di lancio verso mete più elevate.

L'illusione - e la presunzione - che oggi come oggi la fantasia, l'idea geniale, siano qualità di per sé sufficienti per poter emergere: niente di più sbagliato. Se una volta, in America questo poteva essere vero, attualmente il mercato, non solo in Italia, è particolarmente esigente dal punto di vista stilistico.

Bisogna riconoscere che, se queste esigenze rendono il cammino per lo scrittore in erba molto più difficile ed impegnativo, nello stesso tempo assicurano alla Sf quella qualità letteraria indispensabile per sottrarla al ghetto delle sotto-letterature nel quale sinora si è cercato di relegarla.

E lo stile, c'è poco da fare, si acquista con il tempo.

Una volta liberatosi da tali illusioni, e messosi al riparo delle delusioni che inevitabilmente ne sarebbero conseguite, lo scrittore può finalmente partire con il piede giusto, armandosi di costanza, di perseveranza - soprattutto di pazienza. In un primo momento egli deve scrivere soprattutto per sé, non per altri. Deve scrivere par soddisfare una personale esigenza che, in lui, chiede sfogo. Solo allora, di riflesso, quasi automaticamente, riuscirà ad ottenere quegli ufficiali riconoscimenti che gli costituiscono una notevole soddisfazione.

Lo scrivere, in ogni caso, dev'essere un fine e non un mezzo.

Come si comportano gli editori, da parte loro?

Galassia, che in passato ha fatto molto per la Sf italiana, ed ha sempre agito con coraggio, sta attraversando un periodo che potremmo definire di ristrutturazione: ultimamente, se vogliamo fare una critica alla rivista, predica bene ma, in un certo senso, razzola male.

Gianni Montanari stesso afferma che le rubriche d'appendice non gli piacciono molto: "Se un racconto è buono lo si pubblica e basta, non è necessario etichettarlo in un modo o nell’altro."

Ma allora - ci si chiede - perché l'esistenza di una rubrica discriminante qual'è Accademia? Perché non pubblicare, con una certa continuità, gli autori italiani accanto gli stranieri? (Sembra che appunto un lavoro di tale tipo sia stato già iniziato nel frattempo, con la pubblicazione di Quando le radici di Lino Aldani nel SFBC. Vedi anche più avanti. N.d.R.).

Bisogna dire che, a tale proposito, il buon esempio l'ha dato Vittorio Curtoni che sin dai primi numeri di Robot ha inserito nella rivista racconti italiani, pubblicandoli accanto agli altri, senza operare appunto alcuna discriminazione (e la scelta, ci sia consentito dire, è stata sinora particolarmente felice).

Che dire di Fantascienza? Proprio nell'ultimo numero Pergameno e Nati ribadiscono 'senza peli sulla lingua' (usando le loro parole) la loro scarsa simpatia verso gli autori italiani di Sf. Logicamente, è un'opinione come un’altra: da parte nostra ci sembra solamente che il volersi rifare ad autori quali Calvino o Buzzati per parlare di Sf italiana sia un atteggiamento controproducente, e l'osservazione di Malaguti, che abbiamo riportato, bene riflette anche la nostra opinione. Pure, paradossalmente, Fantascienza predica male e razzola bene: sul n. 3 è stato pubblicato un breve racconto di F.P. Bellisà, breve sì ma in compenso senza etichettatura.

Veniamo ora a parlare della Libra e di Malaguti, il quale ha nello stesso tempo grandi meriti e grandi difetti. È vero che Malaguti, dai tempi in cui dirigeva Galassia, ha sempre cercato di portare avanti un discorso sostanzialmente onesto e positivo - soprattutto concreto - nei riguardi della Sf italiana: ne è ultima palese prova l'interessantissimo volume Nova Speciale '76, completamente dedicato agli autori di casa nostra (ed è un volume particolarmente significativo: bene mette in evidenza le qualità e i limiti degli autori di questi tempi). Però nello stesso tempo il suo - da quando ha fondato la Libra - è un discorso decisamente elitario, riservato agli addetti ai lavori, o si è con noi o contro di noi, e solo ultimamente, miracolo!, siamo riusciti a vedere i volumi della Libra in distribuzione anche presso le librerie aperte a noi, comuni mortali .

E le grandi case editrici?

Anche in questo campo qualcosa, impercettibilmente, si sta muovendo.

La Mondadori ha pubblicato negli Oscar un romanzo di Roberto Vacca, "Morte di Megalopolis" (ed altri in seguito, certo non dei migliori, N.d.R.); un altro dello stesso, "Il Robot e il Minotauro", è stato pubblicato da Rizzoli nella BJR. Di Garzanti, è imminente una corposa antologia, "Week-end su Marte", dedicata agli autori italiani, a cura di Inísero Cremaschi. Da tempo, la Longanesi ha l'abitudine di inserire nelle sue antologie anche autori italiani, ed ha pubblicato un libro di Lisa Morpurgo (Macbarath).

Più di tutte, senz’altro ha fatto la Dell'Oglio con la sua collana "Andromeda", nella quale sono stati presentati romanzi di Gilda Musa, Anna Rinonapoli, Gustavo Gasparini, e metà di una antologia ("Zoo fantascienza") è riservata agli italiani.

Sempre Cremaschi ha poi curato la prefazione del libro "Oltre il cristallo" di Besana e Caroglio, edito da Landoni.

Si dirà: non è molto. È vero. Ma si pensi alla situazione, editoriale, anche di soli cinque anni fa: mai e poi mai avremmo potuto sperare di trovare un Vacca negli Oscar Mondadori. Se ancora non è stato completamente sciolto, il ghiaccio si sta incrinando abbondantemente.

Purtroppo, accanto a queste note positive - o meglio sostanzialmente positive - non dobbiamo ignorare quelle negative: così è altresì vero che ancora oggi, nell'anno del Signore 1976 (quello in cui il pezzo è stato redatto. N.d.R.), compaiono nelle edicole riviste tipo Altair (sigh!), contenente romanzi firmati da Jack Azinov (!), con l'unico intento di gabellare lo sprovveduto lettore e di portare ulteriore discredito alla Sf stessa.

Comunque, è una situazione che complessivamente fa ben sperare: nella quale, inoltre, bisogna tener presente la nuova palestra d'allenamento che si è venuta a creare a disposizione dei giovani scrittori. Sono più di dieci, infatti, le fanzines disseminate in tutta Italia, le quali permettono alle giovani penne di esercitare quel magistero stilistico – come lo definisce Curtoni - indispensabile per lo sviluppo della qualità del racconto, e per il raggiungimento di quella maturità narrativa che già hanno conseguito altri autori, nuovi per il mercato italiano, sui quali senz'altro si può contare (Cersosimo, Catani, ad esempio).

Prima seminiamo. Sono rose: quindi fioriranno.






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