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Cinema italiano di Sf


di Angela Vistarchi


È opinione diffusa che 'Nirvana' di Salvatores rappresenti l'esordio dei film italiani di fantascienza, in realtà il nostro cinema ha una lunga e onorata tradizione in questo campo.

Spacemen, umanoidi, sopravvissuti del Day after, cose da un altro mondo e, naturalmente, alieni hanno popolato i nostri schermi ad iniziare dal lontano 1940 con 1000 Chilometri al minuto di Mario Mattoli: Marte non risponde.

Seguirono poi Totò nella luna di Steno (1958) e, sempre nello stesso anno il primo film italiano di S.F. "pura", La morte viene dallo spazio di Paolo Heusch.

Sarà il periodo d'oro del cinema italiano, negli anni '60 quando si giravano circa trecento film l'anno, ad offrire oltre alla "commedia all'italiana" la maggiore produzione di S.F. e di Horror, che venivano generalmente assimilati. In realtà nessuno dei generi sembra completamente definito o esente da contaminazioni e nell'immaginario degli spettatori si accomunava la fuga verso gli spazi infiniti e quella verso i luoghi infestati da maleficio che, come sostiene M. Garofalo,"coincideva con l'esigenza tutta nostra di rielaborare il 'fantastico alieno'",

Una delle caratteristiche peculiari della nostra produzione cinematografica di S.F. è di essere 'più umana' con l'uomo al centro della narrazione quale protagonista indiscusso.

Dati gli scarsi mezzi finanziari a disposizione si ponevano dei problemi per cui gli effetti speciali ad esempio erano a volte costruiti con mezzi di fortuna (batterie da cucina per gli UFO) e sempre all'insegna dell'economia, lo stesso set veniva utilizzato più volte per diversi film.

Generalmente si girava a Roma nelle zone già usate per i 'peplum', quindi in gran parte all'EUR e, tuttavia, gran parte del prodotto era buono.

Ci sarebbero tante altre cose da dire ma, dato lo spazio ridotto a mia disposizione mi limiterò ad accennare a coloro che hanno contribuito maggiormente a realizzare il genere.

A parte quelli citati in precedenza ritroviamo nomi di registi famosi che si cimentarono anche nella S.F.: Gregoretti con Omicron (1953), Elio Petri con La decima vittima (1965). E poi Mario Bava; Emidio Greco; Aristide Massaccesi; Castellani e Pipolo; Lucio Fulci; Enzo G. Castellari e tanti altri. Il più prolifico è comunque A. Margheriti (alias Anthony Dawson, alia Anthony Mattews per gli effetti speciali) con una vastissima filmografia S.F che provocò richieste di collaborazione da parte di Andy Wharol, e Stanley Kubrick per '2001 Odissea nello spazio'. Famosa la sua quadrilogia del 1966 composta da I criminali della galassia (rieditato nel 1980 sulla scia del successo di Guerre stellari); I diafonoidi vengono da Marte (il nome piacque tanto a Ginsberg che lo citò nella poesia "Pentagon Exorcism"); Il pianeta errante; e La morte viene dal pianeta Aytin.

Come dicevamo nel numero precedente, gli anni '60 del cinema italiano di fantascienza, in complesso, furono dominati dai film di Margheriti. C'erano anche altri autori, cui abbiamo già accennato, meno prolifici e di minor successo: Hugo Fregonese (I raggi mortali del Dr. Mabuse, 1963); Pietro Francisci (2 + 5 Missione Hydra, 1966); Primo Zeglio (4... 3… 2... 1 Morte, 1967); Emidio Greco (L’invenzione di Morel, da Bioy Casares, 1968); e altri quasi dimenticati. Ci furono tuttavia alcune eccezioni notevoli, vedasi ad esempio Mario Bava con Terrore nello spazio (1965) un film ben fatto che per molti aspetti anticipa Alien. Sul versante parodico è diventato un 'cult' 00-2 Operazione luna di Lucio Fulci (1963), in cui Franco e Ciccio, astronauti per errore, incontrano nello spazio lo scheletro di Laika.

Nei primi anni '70, il filone italiano dei film di Fantascienza che fino ad allora aveva prodotto opere comunque di scarso impegno, per certi versi comiche e alquanto naif, che mescolavano generi diversi venne praticamente abbandonato. Dopo il '68 i gusti del pubblico si orientavano verso un altro genere di cinema più impegnato, anche politicamente.

Alla metà degli anni '70, sulla scia dei successi di Hollywood quali Guerre Stellari e Alien, il genere fantascientifico italiano rinasce a nuova vita con caratteristiche autoriali. In America in quel periodo si assiste al boom degli effetti speciali, che diventano sempre più perfetti dal punto. di vista tecnico e conferiscono maggiore credibilità e una forma migliore al genere. Quindi anche per la cinematografia italiana, capitali permettendo, non sarebbe stato più necessario ricorrere a modellini in legno e all'uso del piombo dei saldatori per mostrare inferriate di ferro che si piegavano sotto l'urto di masse immani e padelle o tegami ripresi dal basso per simulare gli UFO.

A parte la scarsità dei mezzi a disposizione e di conseguenza l'impossibilità di utilizzare gli effetti speciali più sofisticati d'oltre oceano, i nostri film di S.F. si differenziano in maniera sostanziale da quelli delle produzioni americane e inglesi almeno per due morivi: il primo è ascrivibile alla percezione di un vuoto di fondo. Marco Giusti (Segno Cinema n. 85) si chiede se questa assenza sia dovuta alla fretta, alla mancanza di effetti o di una musica adeguata, oppure ciò derivi dalla paura di perdersi nello spazio infinito propria a chi è cresciuto negli anni '60 col ricordo di Laika vagante per sempre nell'immenso vuoto del cosmo. Il secondo motivo è da attribuire alla mancanza di una spinta ideologica personale, come ad esempio quella che si avverte alla base della serie Star Trek. In quel caso si tratta di americanismo conservatore, e tuttavia, o forse proprio per ciò, riesce a dare origine e a sviluppare un mito. Nel nostro cinema di genere affiorano piuttosto l'erotico e la parodia, come è evidente anche solo osservando i titoli della produzione di quel periodo: Incontri molto ravvicinati del 4° tipo di M. Gariazzo (1978); Alien 2 sulla terra di C. Ippolito (1979); Giochi erotici nella terza galassia di B. Albertini (1980); 1990 I guerrieri del Bronx di E.G. Castellari (1982); Sette uomini d'oro nello spazio di A. Brescia (1980).

Negli anni '80 anche il cinema italiano di> S.F. sì concentra sul postatomico, resta tuttavia sempre trasformabile e trasformistico senza che nessuno dei generi resti concluso in sé, tutti imparentati fra loro in maniera ingannevole, esemplare a questo proposito uno scadentissimo Anno 2020 I gladiatori del futuro di Aristide Massaccesi (alias Joe d'Amato) del 1983, che è stato definito splatter + western + postatomico.

Fra i postatomici 'contaminati', 2019 Dopo la caduta di New York di S. Martino (1983); Endgame - Bronx lotta finale di A. Massaccesi (1983); Fuga dal Bronx di E.G. Castellari (Trash, il protagonista quale epitome dello Snake Plissken americano) (1983); I Guerrieri dell'anno 2072 di L. Fulci (1983); I nuovi barbari di E.G. Castellari (1983); Il Giustiziere delta strada di G. Carnimeo (1984); Rush di T. Ricci (1984) con un seguito da dimenticare: Rage del 1986.

L'elenco può continuare con Vendetta dal futuro di S. Martino (1986); Urban Warriors di G. Vari (1987); Robowar - Robot da guerra di B. Mattei (1988); Alien degli abissi di A. Margheriti (1989); Terminator due Shocking Dark di B. Mattei (1989); Blue Tornado di A. Bido (1990); Fuga dal >paradiso di E. Pasculli (1991). Nel 1995, ormai sulla scia dei film autoriali, appare l'interessante I buchi neri di Pappi Corsicato, che Segno Cinema (n. 85) definì "esempio di regressione della fanta-coscienza".

Conclude la serie Nirvana di G. Salvatores (1997). Per ora.

Naturalmente l'elenco qui presentato non è esaustivo, può servire però a dimostrare che in Italia sono stati girati parecchi film di S.F., anche se per svariati motivi - soprattutto finanziari - quelli veramente buoni sono pochi, tuttavia mi sembra interessante riscoprire una parte poco nota nella storia del nostro cinema.






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