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Viaggio nella science fiction cinematografica italiana: due artigiani del sogno


di Giuseppe Zurlo


"La bottega degli incanti" (1): , potrebbe essere proprio questa la metafora giusta per la migliore sf cinematografica italiana, povera di mezzi ma ricca di idee, e proiettata verso "l'inconoscibile futuro" con modellini, trucchi da illusionisti e trame tessute con sublime sapienza narrativa, trapunte di romantico lirismo e intrise del gradevole profumo dell'avventura: ne sono esempio cristallino i due film di cui mi occuperò in questa sede, diretti da due dei non pochi carneade (per gran parte del pubblico italiano) del nostro cinema, Antonio Margheriti e Primo Zeglio (2).


Lirismo dal sapore baudeleriano

"Nessuna scena di questo film si svolge su quel pianeta del sistema solare conosciuto col nome Terra": si apre così Space Men (3), lo straordinario film di Antonio Margheriti, e questa didascalia non-sonora è subito seguita da un'altra, sonora e molto più lunga: "La storia di questo film è ambientata nel futuro, quando la grande avventura umana della conquista dello spazio è diventata realtà, e gli uomini, fondate nuove colonie, si preparano a spingersi oltre lo stesso sistema solare." Nel corso del film appaiono altre didascalie, il che conferisce allo stesso una connotazione quasi fumettistica: probabilmente ciò era dettato da un'esigenza pratica, cioè chiarire importanti elementi del racconto agli spettatori italiani della fine degli Anni Cinquanta, molti dei quali non avevano sufficiente dimestichezza con questioni scientifiche e tecnologiche (non è che la situazione sia migliorata di molto da allora...). Ma veniamo al livello diegetico del film.

L'astronave Beta Zeta 88, partita dalla Terra, si dirige verso la stazione spaziale ZX 34. A bordo c'è Ray (un reporter), Al (uno spiritoso astronauta nero con i capelli ossigenati) e Archie (il secondo astronauta). Una volta giunto su ZX 34 Ray impara a conoscere il capitano George, un ufficiale tutto d'un pezzo che chiarisce subito situazione e rapporti: "Imparerete che qui tutto è diverso... Libertà e democrazia corrispondono a sentimenti terreni... Qui tutto è regolato da macchine che non sono né liberali né democratiche [lugubre profezia, osservo en passant]... E c'è di più: queste macchine tentano di conformarsi alle leggi meccaniche dell'universo" - "Che non sono né liberali né democratiche", conclude ironicamente il reporter. Ray, però, non intende rinunciare alla sua libertà di movimento, e nel corso di una passeggiata spaziale non autorizzata salva la vita dell'astronauta Y 16. Scopre in seguito che si tratta di Lucy, la compagna del comandante. Comincia così una relazione tra Ray e Lucy, mentre George antepone ai suoi sentimenti feriti il compimento della missione affidatagli: distruggere l'astronave Alfa 2, che è sfuggita ad ogni controllo, ed emanando un micidiale "campo fotonico" sta per abbattersi sulla Terra con prevedibili effetti apocalittici. Alfa 2 viene neutralizzata nel periodo di Natale (Ray: "Se noi credessimo, veramente credessimo, saremmo bambini"), ma a caro prezzo (diversi astronauti perdono la vita, e tra questi il simpatico Al) e comunque grazie a Ray, che però sta per perdere la vita nel suo eroico tentativo e viene salvato in extremis proprio da George. La storia termina con la sportiva accettazione, da parte del comandante, del travolgente sentimento che unisce Ray e Lucy e che è sintetizzato dal reporter con parole dal forte sapore baudelairiano (4): "L'universo è racchiuso nel tuo sguardo". Del resto non è questo l'unico slancio romantico-surrealista di Ray, che già in precedenza aveva pronunciato frasi come "Un bacio sembra che duri un attimo, ma se noi lo sentiamo eterno, è eterno", e "Un uomo è un mondo". Ma questo vibrante lirismo non percorre solo le caste scene d'amore. Ecco, ad esempio, le commoventi parole dell'astronauta Louis, pensate per la donna che ama e registrate prima di morire: "Loren, Loren… Non è vero niente... Lo spazio, le stelle, tutto è morto, Loren... Un soffio gelido... Non è vero niente, Loren... Solo i tuoi occhi esistono... I tuoi occhi vivi, veri… I tuoi occhi sono il mio cielo...".

Margheriti rivelò un'abilita stupefacente nel gestire l'aspetto tecnologico del film.

I suoi cosmonauti nello spazio e le sue astronavi-modellini - che oggi fanno sorridere e che comunque sprigionano ancora un certo fascino retrò - all'epoca suscitarono l'attenzione e l'interesse di Stanley Kubrik e gli fornirono spunti per il suo noto capolavoro 2001: Odissea nello spazio" (5). L'aspetto astronomico, invece, non risulta ben curato: il pianeta Venere, ad esempio, non è così abitabile, anzi, non lo è affatto, e questo era noto anche all'epoca. Ma - sia chiaro - questa non vuole essere nel modo più assoluto una critica negativa mossa al regista romano: è evidente, tra l'altro, che l'approccio di Margheriti alla sf non sia caratterizzato da preoccupazioni di realismo di tipo verniano. Altro elemento caratterizzante del film - forse irritante per chi segue la sf nel XXI secolo, ma comprensibile per chi ha prodotto sf cinematografica negli Anni Cinquanta – è l'uso di pseudonimi prevalentemente anglosassoni (Gaby Farinon, ad esempio, che interpreta il ruolo di Lucy, altri non è che la "mitica" annunciatrice televisiva Gabriella Farinonj) (6).


Effetti speciali e cinema di qualità

Margheriti, dunque, era anche un abilissimo artigiano degli effetti speciali, e fu questo il ruolo che ricopri, evidenziando notevoli progressi, in 4... 3... 2... 1 morte (7).

Qui, infatti, essi sono presenti in quantità molto maggiore e sono di qualità nettamente migliore (alcuni, per la verità, ricordano The War of the Worlds, il film di B. Huskin del 1953): sono passati otto anni tra un film e l'altro, e si vede, a cominciare dagli interni delle astronavi, un po' meno spartani e un po' più ateniesi....

La compagnia spaziale "Intercosmos" organizza una spedizione lunare con quattro astronauti, ufficialmente per scopi scientifici (l'esplorazione del "Mare Nubium"), in realtà per lo sfruttamento economico di metalli puri dal peso atomico molto superiore a quello dell'uranio e del cobalto. Un'organizzazione criminale scopre tutto grazie alle informazioni di una talpa, mentre gli astronauti, una volta giunti sulla Luna a bordo dell'astronave "Stardust", si imbattono in un gruppo di extraterrestri costituito da un vecchio leader dalla salute cagionevole, dall'affascinante Tora e da robot efficientissimi. Si innesca così, tra la Terra e la Luna, un rocambolesco e originale gioco tra gli astronauti, gli extraterrestri e i criminali, "sul modello delle avventure di James Bond" (8), che però non si conclude in modo altrettanto originale...

I personaggi di Zeglio - a differenza di quelli di Margheriti - sono di poche parole, riguardo ai sentimenti: si veda, ad esempio, l'evolversi del rapporto tra uno degli astronauti terrestri e l'avvenente Tora, alla fine conquistata con una silenziosa veemenza tutta terrestre-"Latin lover"... Il film, comunque, si snoda con spensierata e godibile scorrevolezza ed agilità, e "sembra uscito da un clip di dopodomani" con la sua "purezza di sguardo, una trasparenza, una visività sublime, letteralmente sublime" (9) e - aggiungo - con la sua sigla iniziale (una miscela di vivaci colori cangianti al ritmo di rock 'n' roll) e con qualche incertezza fonetica (alcuni personaggi pronunciano "komputer")...

Space Men e 4... 3... 2... 1... morte sono - in misura diversa - la chiara dimostrazione che per realizzare buone opere cinematografiche di science fiction occorre prima di tutto talento, spessore e sensibilità culturale: certi film moderni, di provenienza soprattutto hollywoodiana, sprizzano effetti speciali da tutti i pori, provocando solo insopportabili malesseri gastrico-intellettuali... Chissà cosa avrebbero potuto realizzare i nostri due registi se avessero avuto a disposizione maggiori risorse finanziarie e tecnologiche; chissà cosa avrebbe potuto creare un genio come Mario Bava...



NOTE

(1) È il titolo di una piccola ma interessante rassegna - curata da Francesco Di Pace e montata da Dario Cece - del cinema di Antonio Margheriti e di Primo Zeglio - andata in onda su Rai Tre nella notte del 22 aprile 2001 nell'ambito del programma "Fuori Orario", a cura del geniale Enrico Ghezzi.

(2) Ho già fornito notizie su A. Margheriti in "Per una storia del cinema italiano di science fiction", Future Shock, Anno XIII, giugno 2001, n. 34. Non mi è stato invece possibile trovare notizie relative alla biografia di P. Zeglio, che ha diretto i seguenti film (ricordiamo solo i meno sconosciuti): Genoveffa di Brabante (1947), Nerone e Messalina (1949 - 1953 secondo altri), Il figlio del corsaro rosso (1958), Morgan il pirata (1961), Io Semiramide (1962). Zeglio ha inoltre collaborato con Augusto Genina come assistente regista di L'assedio dell'Alcazar (1940) e, infine, ha scritto la sceneggiatura di La monaca di Monza (1947 - regia di Raffaello Pacini), e di Attila (1954 - regia di Pietro Francisci).

(3) Interpreti: Rik Von Nutter, Gaby Farinon, David Montresor, Archie Savage, Alain Dijon, Frank Fantasia, David Moran, José Nestor, Joe Pallini, Anita Todesco - Soggetto e sceneggiatura: Vassilji Petrov - Montaggio: Sir Andrews - Effetti speciali: Caesar Peace - Commento musicale: J.K. Broady - Direzione della fotografia: Marcello Masciocchi - Regia: Anthony Daisies - Prodotto da "Ultra Film" - Distribuito da "Titanus" - Colore, Italia 1959.

È ormai noto che "Daisies" è stato uno dei primi pseudonimi usati da Antonio Margheriti e che il regista romano optò successivamente per "Dawson" in quanto "daisy", in inglese, non significa solo "margherita", ma anche "omosessuale...

(4) Penso, in particolare, a poesie come "Causerie" e "Danse Macabre" (Les Fleurs du Mal, 1857-1861). Curiosamente Danza Macabra sarà il titolo di un successivo film (1964) dello stesso Margheriti.

(5) Margheriti ne parla in un'intervista andata in onda in "Fuori Orario" (si veda la nota n. 1).

(6) Ho già provato a spiegarne le ragioni nel già citato "Per una storia del cinema italiano di science fiction".

(7) Interpreti: Essy Person, Luis Daavila, Pinkas Braun, Stefano Sibaldi, Joachim Hansen, John Karlesen, Ann Smymer, Lisa Halvorsen, Tom Felleghy, Gino Marturano, Mirella Pompili, Aleyandro Barrera, Gianni Rizzo - Soggetto: K.H. Vogelman - Scenografia: Giorgio Giovannini - Montaggio: Renato Cinquini - Effetti speciali: Anthony Dawson - Fotografia: Riccardo Pallottini - Musiche: Anton G. Abril - Sceneggiatura: K.H. Vogelman, Sergio Donati, Primo Zeglio - Regia: Primo Zeglio - Produzione: Produzioni Europee Associate-Roma, Filmproduktion E.V. Theumer-Monaco, Aitor Film-Madrid - Colore, Italia, RFT, Spagna 1967. Questo film ha avuto anche altri titoli: Mission Stardust, Mortal Orbit, Operation Stardust, You Only Live Once.

(8) Paolo Mereghetti, Dizionario dei film italiani, Video Club Luce - Video RAI, Roma 1994, II vol., pp. 88-89.

(9) Così Enrico Ghezzi nella introduzione a "Fuori Orario" (si veda la nota n. 1).






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