Avventure nel tempo
di Maurizio Porro
Indiana Jones nasce nel 1981 con «I predatori dell'arca perduta» dalla coppia Spielberg e Lucas in cerca di un'avventura che a loro sarebbe piaciuto vedere.
L'operazione funzionò per quattro round (1984, 1989, 2008): quest'ultimo quinto capitolo, si direbbe conclusivo non solo per l'età dell'archeologo Harrison Ford, classe '42, aiutato dal ringiovanimento digitale, e il primo film della saga non diretto da Steven ma da James Mangold («Quel treno per Yuma», «Le Mans '66 - La grande sfida») mentre le musiche di John Williams resistono al loro posto, soldatini sonori.
La troppo lunga ma a tratti divertente avventura dei personaggi creati da Lucas e Philip Kaufman parte nella New York del '69, nei giorni dell'allunaggio e della disfida spaziale, e in 2 ore e mezzo fa più viaggi nel Tempo, in fondo protagonista (ma la scrittura è stata più volte rifatta, produzione molto laboriosa). Girando tra Inghilterra, Sicilia (a Siracusa, presso l'orecchio di Dionisio) e Marocco, spendendo 300 milioni di dollari per farci sospendere così a lungo l'incredulità.
Indy col cappellaccio, alla fine appeso definitivamente, deve combattere contro alcuni ex nazisti della Nasa per ritrovare con l'aiuto della sua figlioccia Helena il congegno meccanico del grande scienziato Archimede, metà del quale sottratto ai nazisti che ora cercano l'altro pezzo, per viaggiare nel tempo e cambiare il corso della Storia cambiando le lancette dell'orologio (Nolan insegna). Nel corso del «tempo» cinematografico si decifrano codici greci e incontriamo pure gli antichi Romani, alla fine perfino Archimede ma con la sensazione leggendaria della comparsa di Ben Hur con l'orologio.
Esplosivo il prologo nel 1944 con l'inseguimento sul treno, originale Indiana che cavalca nella galleria della metropolitana, prima di tuffarsi nel fondo degli abissi. C'è di tutto un po', ricordi di «Ritorno al futuro», citazioni di Bond, lunghezze non richieste nella parte centrale ma anche momenti di follia hollywoodiana. E un buon finale con l'ultimo tocco di malinconia della miliardaria saga che proprio alla fine aggiunge l'irruenza di Phoebe Waller-Bridge e il villain Mads Mikkelsen, oltre al genio matematico siracusano Archimede, 287 a.C., cui comunque rubano nello script la famosa battuta «Eureka!».
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